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01italiapy100VISITANDO PALERMO – 1ra Parte
Di Omar Cristaldo

2 settembre 1989: giorno in cui la Santissima Madre di Gesù manifestava al mondo un segno di redenzione e di ammonimento per tutta l’umanità nel corpo di Giorgio Bongiovanni, che ha offerto la propria vita per i suoi fratelli portando avanti la Missione, il Messaggio e l’Opera “dal Cielo alla Terra” che la Vergine gli aveva chiesto.

Sono trascorsi 23 anni da quel giorno in cui Giorgio Bongiovanni ricevette dalla Celeste Madre le stigmate, il sacro sigillo del Monarca Universale Cristo. Un segno vivente che annuncia la seconda venuta sulla Terra del nostro Signore Gesù Cristo, come fece 2000 anni fa Giovanni il Battista, che non fu riconosciuto dal suo popolo quando camminò in mezzo a loro.
Giorgio, che personifica Gesù Cristo con i segni Divini che porta impressi nelle mani, nei piedi e nel costato, è il Calice Vivente della Comunione Cristica attorno al quale si stringono molte persone che lo riconoscono come tale, accompagnandolo in questa ultima tappa della sua missione, come annunciatore della Verità e della seconda venuta di Gesù Cristo sulla Terra.

Si avvicinava il 2 settembre del 2012, una data molto importante per noi, e sentiamo fortemente il desiderio di viaggiare in Italia per essere presenti in questa data insieme a chi riconosciamo come il Calice Vivente della Comunione Cristica, Giorgio Bongiovanni, e in questo modo dirgli: stiamo con te, ti amiamo e ti accompagnamo. Questo forte sentimento accomunava alcuni fratelli dell’Arca di Asuncion-Paraguay, ma solo Graciela, Hilda, Jorge e Omar hanno potuto realizzare questo sognato ed anelato viaggio partendo il 28 agosto del 2012. La nostra prima destinazione: la Sicilia, nella città di Palermo.

I nostri cuori erano colmi d’allegria per esserci ritrovati con tutti i nostri fratelli italiani, e con tutti quelli che viaggiavano con lo stesso proposito dall’Argentina, all’Uruguay, al Cile. Il 29 arrivati all’aeroporto di Roma, siamo sorpresi di vedere tutti o quasi i nostri fratelli argentini e insieme partiamo verso l’isola.
A Palermo ad attenderci due incantevoli sorelle, gemelle, che tenevano in alto dei cartelli con su scritto i nostri nomi: erano Vanesa e Georgina, incaricate di organizzare l’arrivo di tutti i fratelli. In attesa degli altri fratelli ci siamo resi conto che tutti eravamo felici per questo incontro.
    Un autobus ci ha portati nel luogo che ci avrebbe ospitato per 3 giorni, il Convento del Carmine Maggiore, dove in una delle sue vie si trova un mercato di prodotti tipici, e all’alba veniamo sorpresi dalle grida dei venditori che ogni giorno svolgono il loro lavoro.

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Secondo il programma previsto dagli organizzatori era pianificata la visita della città di Palermo che ci ha permesso di conoscere posti storici e ha fatto sì che comprendessimo quello che è la mafia e come si palesa in Sicilia.
Arriviamo al quartiere Brancaccio, nel luogo dove la mafia il 15 settembre 1993 uccise Padre Pino Puglisi, fatto tacere con un colpo di pistola alla nuca, un vero martire. In ricordo nel luogo esatto in cui è avvenuto l’assassinio si trova un murales. A dire del giornalista della rivista Antimafia duemila Lorenzo Baldo, Padre Puglisi era un sacerdote semplice che lavorando con i bambini per una educazione formale e spirituale in un luogo dove  imperava la mafia, interferiva con i loro piani perchè voleva allontanare i bambini e i giovani dai tentacoli di questa piovra.
La prima conferenza antimafia di Giorgio Bongiovanni a Palermo fu organizzata proprio grazie al “Centro Padre nostro” fondato nell’anno 1993 in memoria di Padre Puglisi. Così abbiamo visitiamo il centro e il responsabile ci ha raccontato la vita del sacerdote e le attività che vengono realizzate in esso.

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Ci spostiamo verso via Cavour dove il 6 agosto 1980 fu assassinato il procuratore della Repubblica di Palermo Gaetano Costa. Per il Pubblico ministero di Roma Luca Tescaroli, Gaetano Costa era considerato un Pubblico ministero rivoluzionario per il suo lavoro contro la mafia, quando lo stesso aveva condizionato gli uomini di allora nel Palazzo di Giustizia della Città e da solo, con una piccola minoranza, conduceva una lotta ostinata contro Cosa Nostra. Lorenzo ci descrive l'ambiente nel quale si viveva in quei giorni all’interno del Palazzo di Giustizia. Nel mese di maggio 1980 bisognava firmare 55 ordini di cattura contro numerosi presunti mafiosi delle bande di Rosario Spatola e Totuccio Inzerrillo: nessuno dei pubblici ministeri aggiunti vollero firmare quell’ordine. Davanti a questa situazione Gaetano Costa prese la decisione di firmarli, fatto che è stato reso pubblico da avvocati e giornalisti, esponendolo ad una vendetta della mafia.

 04italiapyQuindi abbiamo proseguito verso via Isidoro Carini. Le spiegazioni di Lorenzo non si fanno attendere: due correnti ben definite operavano in Italia uno stato-mafia potente a livello economico e politico, ed uno stato istituzionale al quale apparteneva Dalla Chiesa che lottava  per difendere i cittadini dal crimine organizzato che distruggeva la Sicilia - continua a commentare Lorenzo - ed è in questo contesto che i potenti dell'Italia inviarono il Generale Dalla Chiesa in Sicilia a combattere la mafia senza risorse economiche e logistiche, quindi senza un appoggio politico-istituzionale, affinché non potesse portare avanti le sue aspirazioni e lottare contro la mafia permettendo a quest’ultima di eliminarlo! Un commando di Cosa Nostra assassinò con spari di kalashnikov il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente di scorta Domenico Russo, il 3 settembre 1982.  
 
Dopo aver percorso questi posti storici, dove uomini assetati di giustizia furono assassinati vilmente dal crimine organizzato, ci siamo resi conto che la società civile o ha molta paura o ha perso la voglia di lottare per la vita e la libertà a causa dell’assenza dello stato che non da più sicurezza. In noi sentiamo nascere la rabbia per quanto accaduto anche nel nostro paese e la sete di giustizia si staglia dal nostro cuore facendo crescere il desiderio di lottare insieme a quei Giudici e pubblici ministeri che oggi offrono la loro propria vita per noi, la società passiva

Finisce così la prima parte della visita per il centro della città di Palermo partito da via Mariano D’Amelio dove domenica 19 luglio 1992, alle 16:55, 55 giorni dopo la morte di Falcone, venne assassinato il procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo Paolo Borsellino con un’autobomba collocata di fronte all’edificio dove viveva la madre, la quale Borsellino andava a visitare. Con lui persero la vita i poliziotti Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina, Agostino Catalano, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli.
 05italiapy Secondo le spiegazioni di Lorenzo Baldo, Borsellino investigava la relazione tra Stato e Cosa Nostra, e in un discorso agli studenti di Bassano del Grappa, il 26 gennaio 1989 disse: “No, non mi sento protetto dallo Stato… Lo Stato non si presenta con la faccia pulita… Che cosa si è fatto per dare allo Stato una immagine credibile?… La vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinché lo Stato diventi più credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni”. Commenta anche che in una conversazione con sua moglie le disse: “Esiste una negoziazione tra la mafia e lo stato dopo la strage di Capaci”.

 06italiapy Nel luogo, sotto l’ulivo piantato in ricordo del giudice, si legge uno scritto: “Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri”.
Quindi ci siamo diretti verso l'autostrada che unisce l'aeroporto di Punta Raisi con Palermo, luogo in cui venne assassinato il Giudice Giovanni Falcone, principale referente dello Stato nella lotta contro la mafia, il 23 maggio 1992, nello stesso attentato morirono anche sua moglie Francesca Morvillo, magistrato, e gli agenti Di Cillo, Montanari e Schifani. Dopo la sentenza della Corte D’Assise del 1992 che confermò le condanne storiche del “maxiprocesso”. Falcone spiegava "in fondo si muore per tanti motivi, un incidente stradale, un aereo che esplode in volo, una overdose, il cancro e anche per nessuna ragione particolare”. Pentiti hanno rivelato che pensavano di assassinarlo a Roma, dove viveva allora. Era tutto pronto, ma ricevettero l’ordine di aspettare. Si farà a Palermo, e con stile.
Un cambio dell’ultima ora che ha alimentato la tesi secondo cui a volere la sua morte erano “menti molto raffinate”, non solo mafiosi. Il 23 di maggio del 1992 Falcone e sua moglie viaggiarono a Palermo. Lo decisero in ultimo momento, con un volo di stato. Ma qualcuno avvisò Cosa Nostra che aveva già collocato 500 kg di esplosivi sotto l'autostrada dell'aeroporto. Alle 17:56 l'Istituto di Geofisica registrò "un piccolo evento sismico con epicentro tra Isola delle Femmine e Capaci". La morte di Falcone, sua moglie e tre uomini della scorta lasciò un buco gigantesco, ancora aperto nella democrazia italiana.
  07italiapyGiovanni Falcone e Paolo Borsellino, conosciuti come i magistrati del pool antimafia di Palermo erano i leader di un gruppo di magistrati che rivoluzionò la giustizia non solo in Sicilia, bensì in tutta l’Italia, avendo portato avanti quello che in seguito prese il nome maxiprocesso di 1986, dove furono sconnesse molte bande mafiose con la cattura di più di 400 personaggi che lavoravano per conto della mafia.  
 
Il 31 agosto, nel pomeriggio, ci dirigemmo tutti insieme nella redazione della rivista Antimafiaduemila, lì dove i nostri fratelli hanno stabilito le basi della lotta contro la mafia ed il crimine organizzato, donando la loro stessa vita per desiderio di giustizia offrendola a coloro che diedero la propria per la lotta contro questo cancro il cui raggio di azione ha sorpassato le frontiere del proprio paese, l'Italia, originando altri gruppi mafiosi in differenti posti del mondo.

 

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  Il locale è ubicato nel quartiere Baida. Qui veniamo a conoscenza delle differenti attività che ogni fratello svolge nella redazione e la metodologia di lavoro. Dopo abbiamo condiviso un brindisi con tutti i fratelli presenti.

Durante la riunione interviene Giorgio Bongiovanni che salutando tutti ci ringrazia per la nostra visita e ci raccomanda l’unità nel servizio e nell’azione necessari per rimanere forti perchè i tempi che si avvicendano saranno sempre più difficili da sopportare se stiamo soli o separati, e ci ricorda che il Cristo non ci riconoscerà se non stiamo insieme lavorando nell’opera manifestando l’amore fra noi così come ci ha insegnato Lui: “Amatevi come io vi ho amato”.

 

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Così finisce la nostra permanenza nella Città di Palermo (Palermu in siciliano) capitale della regione autonoma della Sicilia. Nella città vivono circa 658.112 abitanti (2009) e nel suo agglomerato urbano si contano circa 860.000, cifra che aumenta fino a 1.030.135 abitanti in tutta la sua area metropolitana (la quinta provincia più popolata dell'Italia, dietro Roma, Milano, Napoli e Torino).  

La sua storia millenaria l’ha dotata di un considerevole patrimonio artistico e architettonico. Il futuro di Palermo sembrava brillante. Purtroppo la città negli ultimi decenni è stata trascurata, a causa di incompetenza, incapacità, corruzione e abuso di potere.

L’aspetto generale dell’epoca contemporanea è stata, e continua ad essere, la lotta contro la mafia e i cammorristi come Salvatore Giuliano, che controllavano la zona vicina di Montelepri. Lo stato italiano dovette condividere il controllo effettivo, economico, così come l’amministrativo del territorio con le famiglie dei mafiosi.

Il conosciuto "Saccheggio di Palermo" è stato uno dei principali visi noti di questo problema. L’importante riduzione dell'agricoltura nell'economia siciliana diede luogo ad una migrazione massiccia verso le città, specialmente a Palermo, che aumentò considerevolmente il suo volume. Invece di ricostruire il centro della città si lanciò una frenetica espansione verso il nord, dove praticamente nacque una città nuova. Il piano regolatore per l'espansione fu in larga misura ignorato. Zone nuove della città apparivano quasi dal niente, ma senza parchi, scuole, edifici pubblici, strade adeguate o altre comodità che caratterizzano una città moderna. La mafia all’epoca era soprattutto un fenomeno rurale, ma durante questo processo di transizione progredì velocemente in un’organizzazione criminale adattandosi alla grande città. La mafia si approfittò della corruzione ufficiale della città, un ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, fu condannato per mafia.      
   
La città visse un vero inferno durante la decade degli anni 80 e 90, quando molti funzionari pubblici persero la vita nella lotta contro le organizzazioni criminali. Questi assassini inclusero quello del generale dei carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa, il presidente regionale Piersanti Mattarella, Don Giuliani, un sacerdote che aveva lottato per i giovani che vivevano nei sobborghi ed i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.  
Fine della visita a Palermo.  
Il nostro viaggio continua, come la storia che continuiamo a vivere nel corso dei giorni.

Omar Cristaldo
26 de setiembre del 2012
Sant’Elpidio a Mare