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reparto100Di Erika Pais
É arrivato l’inverno nell’emisfero sud e il cielo grigio sembra guardarci minaccioso, il sole scompare dal piccolo frammento di cielo azzurro. Ci sembra di essere entrati in una nuova fase non solo fredda e sempre più estrema, ma anche carica di prove. C’è freddo in strada, nella gente, nei cuori delle persone, tutto sembra amplificarsi negativamente.
Mi fermo di fronte alla vetrina di un grande negozio e guardo i prezzi delle scarpe, osservo e mi faccio dei conti, penso alle scarpe calde che potrei comprare a mio figlio che da un po’ di giorni mi dice: “mamma, sento freddo”. Ricordo la sua voce mentre osservo la vetrina e guardo l’immensa varietà di colori, modelli, ma soprattutto i prezzi, grandi marche che garantiscono che non sentirai freddo ai piedi ma che costano metà dello stipendio di un lavoratore povero.
Le più economiche, fabbricate in navi tessili di schiavi cinesi che lavorano per le grandi marche, sono scarpe che durano 15, 20, 30 giorni, perché fatti con materiali appositi per non durare nemmeno una stagione. Dentro me si scatena la ribellione perché materialmente non mi posso permettere quelle scarpe costose di marca che assicurerebbero a mio figlio di non avere più  freddo ai piedi in strada o a scuola, ma che sono per una classe sociale ben distinta. Allo stesso tempo sai che se compri le scarpe delle navi tessili cinesi ne sei complice. Stavo ormai optando per i cinesi e quindi dare dei soldi a quei mostri anticristici ma poi rifletto: quando compri a poco prezzo ti trovi a ricomprare nuovamente poco tempo dopo, in definitiva il povero che non ha accesso ad acquisti costosi e comodi paga molto di più del ricco che acquista cose di qualità che durano nel tempo.

Decido di entrare nel negozio e una ragazza mi accoglie con un grande sorriso, ma il calcolo che avevo fatto prevale sul mio dovere di mamma e torno sui miei passi. Salgo sul pullman in centro città e inizio ad osservare i volti dei lavoratori che a quell’ora ritornano a casa. Volti stanchi, di mal umore per non riuscire ad arrivare a fine mese. Guardando fuori dal finestrino osservo ragazzi che mangiano rifiuti e comprendo per un attimo perché i poveri saremo i primi ad essere colpiti dalle catastrofi naturali provocati dalla Giustizia Divina: perché siamo noi, i poveri, a sostenere l’ingiustizia, siamo noi che alimentiamo il sistema.
C’erano almeno 35 persone infelici su quel pullman. La vita ha riservato loro lavorare 10 o 12 ore al giorno per riuscire a mangiare una volta al giorno e comprare vestiti e scarpe economici che durano poco tempo, oppure comprare indebitandosi indumenti costosi e vivere così una vita illusoria, vestendoti come i ricchi pur essendo poveri. I potenti hanno bisogno dei consumi della classe bassa per sostenere le loro economie. E allora siamo tutti complici di un sistema anticristico che necessita dei poveri per sussistere e continuare a far girare il sistema. Se l’11% dei milionari del mondo è mantenuto dal 89% restante, perché non ci ribelliamo?
 
Come possiamo permettere ancora che siano loro a gestire il mondo se basterebbe semplicemente che smettessimo di consumare? Se ad esempio gli uruguaiani non usassero l’energia elettrica per due giorni comporterebbe una perdita milionaria per lo Stato e per una sola volta capirebbero che siamo noi ad avere veramente il potere, siamo noi che possiamo cambiare la situazione, nessun altro. Questa riflessione mi fa comprendere il perché il Padre punirà i potenti immorali ma anche noi che avendo la possibilità di fare qualcosa non lo facciamo, non amiamo abbastanza la Legge Divina, la Legge del Padre.

Non ci siamo mai chiesti perché noi possiamo mangiare tre volte al giorno, vestirci, anche con indumenti o scarpe economici, quando ci sono bambini che dormono in strada e hanno i piedi scalzi? Quando siamo seduti al caldo nelle nostre case non pensiamo che tutti gli esseri umani come tali dovrebbero avere gli stessi diritti? Non abbiamo compreso ancora che il mondo è tutto al contrario e che non è possibile vivere così? Osservo le persone strette l’una all’altra, in viaggio per ore, senza protestare quando vengono scaraventati dalle brusche frenate degli autisti, i quali cercano di vendere più biglietti di quanti sarebbero permessi costringendoli a viaggiare come sardine in scatola. Non abbiamo più dignità?
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Il freddo è pungente e all’arca abbiamo il desiderio di distribuire più pasti ai senzatetto anche solo un giorno in più alla settimana, ma le nostre risorse non ce lo permettono. Accogliendo nuove idee decidiamo di organizzare una colletta di donazioni e successiva vendita per raccogliere i fondi necessari per l’inverno e riuscire a distribuire dei pasti due volte alla settimana alle persone che soffrono il freddo molto di più di tutti noi che leggiamo queste parole. Trascorrono alcuni giorni e il giorno scelto per esporre i nostri prodotti per la vendita con musica, film per bambini, acrobazie, rinfreschi, hamburger, hot dog coincide con la riunione delle arche del Sudamerica con Giorgio via Skype.

Contemporaneamente proseguivano le attività di divulgazione e dopo l’incontro pubblico nella città di Mercedes, a 300 km da Montevideo, un fratello che vive a New York, Gustavo Nalerio, che si trovava in Uruguay, ci da la possibilità di organizzare un altro piccolo incontro a Los Cilindros in una bellissima zona verde abitata da gente umile che lavora la terra nelle periferie della città, persone con la pelle segnata dal sole e dal sale del mare, semplici ma ricettive. Il messaggio proveniente dalle stelle ha colpito i loro cuori e si sono sentiti vicino a noi nella necessità di avere cura dell’ecosistema.

Riusciamo ad esporre i diversi argomenti in modo chiaro e ordinato: il Ritorno di Cristo, i segni nei campi di grano, il pericolo dell’energia nucleare. Subito dopo due bellissime ragazzine si avvicinano a noi perché volevano partecipare nelle attività, sentivano di fare qualcosa. La loro mamma piangeva orgogliosa per la decisione presa dalle due adolescenti e non ho potuto fare a meno di abbracciarla con tutto l’amore che riuscivo a trasmettere in quel momento. Tra le lacrime questa giovane signora mi spiegava il suo sacrificio per dare un’educazione alle sue figlie, per trasmettere loro dei valori, e vederle oggi, dopo il nostro incontro, che decidono di lavorare a favore della vita era il regalo più grande per lo sforzo compiuto negli anni. Fátima, la figlia di Adriana che ci aveva accompagnato e che timidamente inizia ad accompagnarci nelle attività, si è offerta immediatamente per curare i contatti con le ragazze, invitandole al banchetto che stiamo organizzando per raccogliere fondi per offrire un piatto caldo un giorno in più alla settimana.

I buoni sono dispersi nel mondo stretti nella voragine delle passioni e nel frattempo l’anticristo raduna i suoi. Il ricorso di incostituzionalità contro la “Ley de Minería” presentato dal giudice Enrique Viana molto tempo prima del nostro, segue il suo corso nella Suprema Corte ed è stato accettato per essere analizzato, ciò indica che il nostro, presentato recentemente, seguirà lo stesso corso, per cui il giudice ha preparato immediatamente una istanza cautelativa per evitare che lo Stato firmi il contratto con la ditta Aratiri che è dietro il progetto omicida.

L’impunità ci colpisce l’anima ancora una volta. Il giudice Viana viene sospeso dalla carica sulla base che non si sarebbe presentato in alcune udienze dei processi che lo Stato gli ha assegnato, i quali non richiedevano presenza obbligatoria essendo possibile essere presente in video conferenza. Questa sospensione puzza, come puzzano le due pallottole che gli furono sparate alle gambe qualche tempo fa, tutto questo puzza di zolfo, di putrefazione, di corruzione di un governo dai bei discorsi esteriori per vendere un’immagine di onestà e austerità false, ma che perseguita i giusti dentro le proprie frontiere. L’attacco a Viana paralizza l’istanza cautelare che, ad ogni modo, avevamo incluso nel ricorso da noi presentato, per cui, nel caso in cui il nostro segua il suo corso il lavoro di Viana non sarà stato vano.

La grande manifestazione di fronte al Ministero di Educazione e Cultura per protestare contro la sanzione a Viana, alla quale abbiamo preso parte, non ha evitato però che l’anticristo muovesse un’altra pedina della sua diabolica scacchiera. È molto difficile spiegare ai manifestanti, che non sono vicini all’opera di Giorgio Bongiovanni, il concetto estremamente chiaro che lui ci ha insegnato su come bisogna proteggere un giudice onesto. Se tutti avessero fatto come noi e avessero presentato moltissimi ricorsi di incostituzionalità contro la legge, oggi Viana non sarebbe sotto misura disciplinare perché cosa potrebbero fare contro 200 o 300 ricorsi? Lo hanno sanzionato perché il suo era l’unico presentato fino a quel momento, adesso c’è anche il nostro, a sostegno di un giusto, e per la lotta a favore della Creazione del Padre: la nostra Terra.

Ed ecco che arriva il sabato, giorno scelto per la grande vendita. La giornata si presenta piovosa, fredda, molto invernale. Mentre mi reco all’arca in autobus parlo con il Cielo e chiedo al Padre che smetta di piovere per qualche ora, dico: “Non ti chiedo per me, ti chiedo per le persone che hanno bisogno di mangiare, ti prego, perché se piove così la gente non uscirà in strada e tanto meno per venire nel nostro locale, per favore Padre”, a momenti la pioggia diminuiva, usciva il sole, ma poi ricominciava di nuovo.
Sfidando la fortuna, collochiamo un altoparlante alla porta per far sentire la musica in modo da richiamare i passanti e riusciamo ad appendere alcune cose dove non si sarebbero bagnate, i migliori indumenti che avevamo di seconda mano per attirare le persone. I prezzi? Quasi simbolici, l’idea era permettere al povero di acquistare a prezzi bassissimi e aiutare chi ha meno. Così, completi di grandi marche che costerebbero 100 o 130 dollari, che qualcuno di buon cuore ci aveva donato perché non li usava più, giungevano in mano ad un povero per circa 6/7 dollari. Tutto perfetto, peccato la pioggia. Alcuni di noi si guardavano scoraggiati, guardavamo fuori, e imploravamo che il Padre ci aiutasse, ma sembrava che Lui avesse in serbo altri piani, altri insegnamenti.

All’improvviso, quando più pioveva e ormai stavamo perdendo le speranze il locale iniziò a riempirsi di gente che comprava freneticamente di tutto e tutto, non sapevo da dove uscissero tante persone e scherzando dico: “Ma vengono fuori dal pavimento?” Perché fuori c’era una pioggia torrenziale, ma la gente entrava nell’arca come se fosse l’unico posto dove andare. Entravano e si portavano borse enormi di vestiti o piatti, o tazzine o giocatoli, qualunque cosa, tutte persone di bassissime risorse che hanno trovato un’opportunità per vestirsi tutto l’inverno.

Guardo i loro volti segnati, i loro occhi, il loro aspetto, i loro indumenti consumati e la gioia di alcuni bambini di avere qualcosa che a volte è difficile comprare, e io do loro un volantino che spiega che grazie al loro piccolo contributo, possiamo dare un piatto caldo a chi non ha da mangiare. Alzo lo sguardo e vedo povertà, soltanto povertà, e quei poveri che ci donano gioia comprando, con sacrificio, ma contenti, indumenti caldi firmati, di grande marche o di piccole marche, di navi schiave cinesi o russe, ma comunque qualche indumento per passare l’inverno. Il povero che aiuta il povero e il Padre che ci dà una grande lezione, la verità è che non sappiamo parlare con il Padre, pregarlo, anzi, non bisogna chiedergli, soltanto esigere Giustizia.

Noi che chiediamo che non piova per poter vendere e Lui che lascia piovere ma ci aiuta comunque a vendere. Ci aiuta ad aiutare. Lui attende che reagiamo e riusciamo a mettere in ordine le nostre priorità, le nostre colpe, i nostri difetti, le nostre virtù, i nostri amori e disamori. Che riuscissimo a servirci dell’armonia del cosmo per istaurare l’armonia sulla Terra, lottare con forza, serenità, senza guardare indietro, cadendo, rialzandoci, abbracciandoci e abbracciando. Rimanendo uno con il Padre, accettando ciò che Lui ci dispensa e sfruttando al massimo quello che ci da. Poco o molto, ma se viene da Lui è il Giusto e Necessario per il compito che dobbiamo svolgere e l’Opera che dobbiamo servire.

Erika Pais
21 Giugno 2014