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Pressocché ignorata dai principali media nostrani, ha trovato spazio su molti blog anche italiani e su Europa quotidiano la notizia dell’incontro di qualche giorno fa avuto in Vaticano dal papa con un gruppo di ecologisti sudamericani fra i quali il regista e attivista e politico argentino Fernando “Pino” Solanas. Insieme ai quali Francesco si è lasciato  fotografare tenendo in mano due magliette: una con la scritta “No al fracking”, l’altra con lo slogan “L’acqua vale più dell’oro” che pare alludere alla protezione delle falde acquifere.
Un’immagine vale più di mille parole. E le fotografie dilagate nel mondo hanno valso al pontefice la definizione di papa “ambientalista” e addirittura “attivista” contrario al nuovo sistema per estrarre petrolio o gas dalle scisti, lo shale oil/gas che va per la maggiore negli Usa ma anche in altri paesi, fra i quali l’Argentina – in Europa Gran Bretagna e Polonia - fra le proteste degli ecologisti. Preoccupati dai rischi che il nuovo sistema di perforazione comporta: il grande consumo di acqua e, soprattutto, l’inquinamento delle falde dovuto all’immissione di liquidi tossici nel terreno per fratturare le rocce scistose. Il fracking, appunto. A cui papa Francesco sembra opporsi posando con quelle magliette.  
 
Ma è davvero così?
“Un papa già beniamino dei progressisti per le sue dichiarazioni sugli omosessuali e il controllo delle nascite caratterizzate da grande apertura lo sarà anche di più ora che si propone come crociato ambientalista”, scrive Foreign Policy , che non è un blog qualsiasi ma una rivista autorevole. E accredita una notizia aggiuntiva – e non da poco – secondo la quale il pontefice starebbe lavorando a un’enciclica sulla natura, l’uomo e l’inquinamento ambientale.  
 
Temi indubbiamente sensibili e attuali nel mondo di oggi.  
Le foto anti-fracking non sarebbero insomma un evento estemporaneo per compiacere gli ecologisti argentini suoi ospiti, ma il primo passo di una strategia di più ampio respiro.  
Ci sarebbe di che impensierire politici e industrie dal momento che il fracking  – al quale fra l’altro la chiesa anglicana si è appena detta favorevole – è l’ultima frontiera della tecnologia energetica. E le grandi società petrolifere sono già impegnate a promuovere anche all’estero quella rivoluzione dello shale oil e dello shale gas che agli Stati Uniti, a quanto si dice, garantirà presto un’autonomia energetica.  
 “Una promessa a cui paesi a basso reddito difficilmente possono resistere”,  scrive FP.   
A cominciare proprio dall’Argentina, che secondo gli americani è quarta dopo Russia, Usa e Cina quanto a riserve di petrolio da scisti (shale oil), e seconda dopo la Cina per le riserve di shale gas. L’accordo tra Chevron e governo argentino ha suscitato tuttavia fiere proteste, in prima fila comunità indigene che affermano di non essere state consultate come impone il diritto internazionale. Risultato: manifestazioni si susseguono, le ultime degenerate in scontri pesanti con la polizia che ha dovuto usare gas e proiettili di gomma  per disperdere le migliaia di dimostranti, ha riferito il NYT.  
 
Durante il recente incontro in Vaticano, quando i partecipanti gli hanno parlato dei vari casi - dalle proteste contro le trivellazioni nel parco naturale Yasuni in Equador, il cui presidente Correa vorrebbe far pagare a Chevron $19 miliardi peri danni causati alla foresta amazzonica;   a quelle contro le miniere d’oro e rame di Barrick Gold in Perù, dove un manifestante è morto; fino alle manifestazioni recenti  contro Chevron in Argentina -   la preoccupazione espressa da Sua Santità sarebbe stata “netta”, secondo un report linkato da FP.    
Già. Ma quel report non era affatto neutrale, fa notare un altro post,  di Time . Il noto magazine sostiene una tesi opposta, e controcorrente: papa Francesco non se ne è venuto fuori contro la pur controversa pratica del f racking, ma contro la povertà.      
 
Due gli argomenti della giornalista Elizabeth Dias.
Primo. Non sarà che gli ambientalisti hanno “usato” il Santo Padre per promuovere le loro causa? Il papa ha sì incontrato gli attivisti argentini anti fracking e posato insieme a loro con le magliette. Un’immagine forte, data la grande popolarità del pontefice, tanto più  che l’Argentina è il suo paese.  Ma a spingere per far apparire Francesco un Fractivista sono stati quegli ecologisti, non la Santa sede: il regista ambientalista argentino Fernando “Pedro” Solanas e Juan Pablo Olsson, autore del recente documentario La Guerra del Fracking .  
Loro sono i tweets con le fotografie che hanno fatto il giro del mondo. E l’account di Olsson era stato aperto da poco, forse proprio per l’occasione. Anche Antonio Gustavo Gomez, membro dell’EJOLT (Environmental Justice Organization, Liabilities and Trade) era presente all’incontro, ed è stato proprio l’EJOLT a postare il report di cui sopra.  
 
Report che la Santa Sede non ha confermato.  
Secondo. “La protezione dell’ambiente è una classica priorità papale, sostiene il post. E ricorda come Giovanni Paolo II avesse auspicato una nuova consapevolezza ecologista già nel suo discorso nella Giornata della Pace nel Mondo del 1990. Disse che la crisi ambientale era un problema morale e richiedeva una nuova solidarietà fra nazioni industrializzate e in via di sviluppo.  Papa Benedetto XVI continuò sulla stessa onda. E nella sua enciclica Caritas in Veritate si appellò alla necessità di una riforma agraria, l’ambiente come parte in causa del business moderno, il legame fra povertà e mancanza di cura per l’ambiente e ancora, la necessità morale di una solidarietà fra nazioni sviluppate e in via di sviluppo”.  
“Ma – e qui sta la chiave – per entrambi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI una giustizia ecologica non può darsi senza affrontare la povertà.  Come spiegava Giovanni Paolo II:  
 ‘Bisogna anche dire che un corretto equilibrio ecologico non può essere trovato senza affrontare direttamente le forme strutturali di povertà che esistono nel mondo’.  
 
Parlava, quel papa, dell’ingiusta distribuzione delle terre che ha prodotto un’agricoltura di sussistenza e l’esaurimento dei suoli, del conseguente abbandono della terra da parte dei contadini, che ha accelerato deforestazioni incontrollate. Delle nazioni indebitate che stanno distruggendo la loro eredità naturale al prezzo di squilibri ecologici irreparabili per sviluppare prodotti da esportare (…). Sarebbe sbagliato attribuire la responsabilità di ciò ai poveri. Piuttosto i poveri devono essere messi in grado di uscire dalla povertà, con coraggiose riforme di struttura e nuove relazioni fra Stati ‘ (abbiamo riassunto la lunga citazione).  
“Un tema, quello della povertà, a cui è particolarmente sensibile l’ultimo pontefice, che non ha caso ha scelto di chiamarsi Francesco. Come il santo di Assisi, che Giovanni Paolo II nel 1979 nominò patrono dell’Ecologia”, ricorda l’autrice del post.  E l’enciclica a cui sta lavorando Francesco, di cui si è parlato nei mesi scorsi, dovrebbe intitolarsi proprio Beati Pauperes, beati i poveri.  
 
Insomma, secondo Time “posare con attivisti ambientalisti di ogni genere è per Francesco un modo di mostrare la sua solidarietà per le popolazioni colpite dall’ingiustizia ecologica.   E’ questo il cuore della sua missione, del suo nome, della sua identità”.   E le foto sul fracking, a meno che la Santa Sede non decida di darne una spiegazione diversa, non sembrano tanto una presa di posizione contro un particolare tema ambientale quanto una presa di posizione a favore dei più poveri”.  
Una tesi interessante, e ben documentata. Sarà davvero così?