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juanyclaudio200
DAL CIELO ALLA TERRA
 
HO SCRITTO IL 16 GENNAIO 2014:
 
INTRODUZIONE TEOLOGICA SULL'IRA DI DIO
 
ABBIAMO DETTO E SCRITTO CHE L'IRA DI DIO È UN INFINITO ATTO D'AMORE A FAVORE DEI GIUSTI, DEI DEBOLI E DEGLI AMANTI DELLA VITA UCCISI DAGLI ASSASSINI DELLA VITA.
CHI NON COMPRENDE TALE LOGICA FILOSOFICA E TEOLOGICA, NON COMPRENDE LA CONTINUA EVOLUZIONE DELL'UNIVERSO MACROCOSMICO E DEI SUOI ABITANTI.
È UN ASINO DELLA FEDE E DELLA VITA, PERCHÉ LO SPIRITO ONNICREANTE É AMORE PURO, PASSIONE INFINITA DI CREATIVITÀ E MISERICORDIA.
LA SUA INFINITA GIUSTIZIA QUANDO SI MANIFESTA SUI PIANI FISICI MATERIALI È L'ESPRESSIONE DELL'IRA DIVINA CON FURORE ED EROICA PASSIONE AFFINCHÉ RITORNI IL COSMO (ARMONIA) LÀ DOVE C'È CAOS (DISTORSIONE), DETERMINATO DALLE BASSE FREQUENZE NELLE QUALI ORBITA L'ESSERE UMANO CON SCARSO DISCERNIMENTO E ABUSO DEL LIBERO ARBITRIO DONATOGLI DALL'ALTISSIMO, APPUNTO, CON GIUSTIZIA, AFFINCHÉ L'UOMO VIVESSE LIBERO E NON SCHIAVO.
L'IRA DI DIO QUINDI NELLA BIBBIA È COMPRENSIBILE SOLO SE LA NOSTRA COSCIENZA È PERSONIFICATA DALLA GNOSI E DALL'UMILTÀ.
LEGGETE E MEDITATE SU QUANTO MIEI ONORABILI FRATELLI DELL'OPERA CRISTICA HANNO SCRITTO.
GRAZIE, JUAN ALBERTO. GRAZIE CLAUDIO ALFONSO.

IN FEDE
G. B.
 
Pordenone (Italia)
16 Gennaio 2014

L’IRA DI DIO

Questo è il titolo di una serie di messaggi scaturiti dal Padre e trasmessi a Giorgio Bongiovanni tramite gli  Esseri Solari.  
Il titolo non è un caso, e non ho alcun dubbio che susciterà polemiche al pari del suo contenuto.
Ritengo - per capire la profondità dei concetti che scaturiscono dai messaggi – sia necessario comprendere che l'uomo ha oltrepassato ogni limite imposto dalla Legge Universale, sfidando Dio come nemmeno il demonio è riuscito a fare (sfruttando i suoi fratelli, stuprando i bambini, alterando la propria genetica, dissanguando la Madre Terra e quindi causa della distruzione del pianeta…).
Con le sue azioni l'uomo ha alterato l'equilibrio planetario mettendo in pericolo l'armonia del sistema. Per il Padre è un imperativo ristabilire l'equilibrio e l'armonia, eliminando tutto ciò che ostacola l'avanzamento evolutivo del pianeta e di coloro che hanno ubbidito alla Sua Legge.
Potrà sembrare una contraddizione che i futuri cataclismi, la deriva dei continenti, il fuoco che sgorgherà dal seno della Terra e quello che sarà emanato dallo stesso Padre Sole, le tribolazioni, la morte fisica di milioni di persone, siano un atto disposto dalla Suprema Autorità del Dio permissivo che i divulgatori di falsi insegnamenti religiosi ci hanno propinato.  
Dobbiamo comprendere che “l'Ira di Dio” è in realtà la manifestazione della “Sua Giustizia”  e che essa stessa è un potente “atto di amore” del Padre, che libererà gli oppressi della Terra, ma anche i perversi perché metterà fine al dominio della loro “coscienza oscura”.
“Chi ha orecchi per udire oda, chi ha occhi per vedere, veda”, perché la Giustizia del Padre ci salverà tutti e ci collocherà in un tempo e spazio che corrisponda al nostro stato evolutivo. Dai perversi che si trasformeranno in esseri unicellulari, galleggiando nei miasmi della prima dimensione, fino ai giusti che riceveranno il Regno promesso; ma ciò che importa è che “tutti” – assolutamente tutti – percorreremo (o ritorneremo a percorrere) il cammino che ci condurrà al cuore del Padre, perché Egli non ci abbandona mai.
Sono convinto che per comprendere tale concetto dobbiamo svuotarci dalle false emozioni ed essere allegri, perché finalmente la Giustizia si manifesterà sulla Terra con la sua forza liberatrice; e capire inoltre che quelle false emozioni non sono altro che l'attaccamento alla materialità, al velo dell'esistenza fisica e all’oblio della nostra vera esistenza spirituale.
 
Juan Alberto Rambaldo
12 Dicembre 2013
 
IL MIO DESIDERIO DI CONTRIBUIRE ALLA COMPRENSIONE DELL’IRA DI DIO
 
Dopo aver ascoltato Giorgio sabato scorso, in occasione della riunione via skype con le arche del Sud America, Messico, Spagna e Italia, mi è rimasta la sensazione che qualcosa di grande è cambiato dentro me. Mi sono reso conto che qualsiasi “sforzo” del Cielo per risvegliare le anime, come ad esempio l’Avvertimento annunciato dalla Madre Santissima a Garabandal in Spagna, poteva avere soltanto un effetto limitato. Niente avrebbe potuto fermare o evitare l’inesorabile destino dell’umanità, di cui certamente noi stessi siamo stati causa; si è risvegliato in me ancora di più il Santo timore di Dio, com’è naturale considerando i miei limiti, ma anche una gioia inspiegabile, nella certezza che la giustizia Divina è perfetta e prossima a manifestarsi. Anche se non siamo pronti, saranno liberati i prigionieri, i bambini appena nati e quelli ancora non nati, i sofferenti, i deboli, i perseguitati, gli emarginati ed i giusti, i quali erediteranno la Terra nella nuova Era (Mt 5, 5).  Forse, prima credevamo in maniera incosciente in un Dio che avrebbe applicato la Sua giustizia, ma nel vedere la conversione e la presa di coscienza dell’uomo, dettate dalla paura per gli errori commessi, cioè il pentimento per paura, il Cielo avrebbe potuto placare la Sua mano. Ma al di là del timore che possiamo provare, è comunque una grandissima liberazione dalla schiavitù alla quale siamo sottomessi. Io credo, inoltre, che l’Anticristo in questo nuovo scenario avrà meno opportunità di ingannare e continuare a rubare anime. Di fronte ad un’espressione tale della giustizia Divina, la gente si risveglierà per timore e sentirà in modo permanente la mano di Dio e dentro sé sarà consapevole che il comportamento estremo della natura è opera del Creatore.
 
Il primo elemento da tenere in considerazione per capire il significato dell’“Ira di Dio” è “il senso di reverenza verso una Maestà e di dipendenza dalla fonte di esistenza primaria”. In secondo luogo, “il senso dell’obbligo morale imposto da un Essere che ci trascende e dell’indegnità morale di fronte ad un giudice”. In terzo luogo, “l’ansia del perdono”. Questi tre elementi corrispondono alla nostra conoscenza di Dio come creatore, giudice e redentore, ma la cosa più importante è l’ordine in cui appaiono. Figurano in questa disposizione perché non è possibile conoscere bene Dio come giudice, se prima non comprendiamo i nostri obblighi verso di Lui come Creatore. Non possiamo nemmeno conoscerLo come redentore, fin quando non prenderemo coscienza di quanto siano terribili i nostri peccati nei Suoi confronti, e come, di conseguenza, ci troviamo sotto l’ombra della Sua ira.
Questo significa, certamente, che dobbiamo studiare l’ira di Dio ancor prima di riuscire ad apprezzare la dottrina della redenzione. A questo punto sorge il problema, perché molti - compresi molti cristiani - pensano che l’ira di Dio sia qualcosa di vergognoso, qualcosa che in fondo non è degna di Lui; pertanto non se ne parla troppo spesso, almeno pubblicamente.
 
Ascoltiamo molti discorsi sull’Amore di Dio e sulla Sua infinita Misericordia, soprattutto da parte della Chiesa Cattolica. Esistono migliaia di libri che ci parlano del potere di Dio per liberarci dalla tentazione, dalla depressione, dalla tristezza e da molte altre cose. Gli evangelisti spesso evidenziano la grazia di Dio ed il Suo piano verso di noi. Sentiamo parlare poco dell’ira e del giudizio del Padre. Cosa sta accadendo? Gli autori biblici non mostrano una simile reticenza.
Essi parlavano dell’ira di Dio considerandola ovviamente una delle Sue “perfezioni”. Tale principio li esortava a presentare il vangelo di Dio come un “comandamento” al pentimento (Atti 17,30). Forse ai cristiani moderni è sfuggito un valore che gli scrittori biblici conoscevano ed apprezzavano? Hanno sottostimato una dottrina senza la quale le altre dottrine inevitabilmente si distorcono? O forse il punto di vista moderno è più corretto? … Oppure è il maligno che ha distorto l’essenza degli insegnamenti?...
 
Il problema principale risiede nella relazione che esisteva tra la razza umana e Dio, una relazione che si è interrotta a causa del peccato. Esso ha generato uno stato che ci vede condannati come peccatori, che ci rende, a causa del peccato stesso, incapaci di ammettere la nostra colpevolezza; quindi, consideriamo che l’ira di Dio verso di noi sia ingiusta e non degna di Lui.
Perché i cristiani hanno la tendenza ad accettare questo giudizio contemporaneo, ma non biblico? L’idea dell’Ira di Dio non è mai stata popolare, tuttavia i profeti, gli apostoli, i teologi ed i maestri di un tempo non cessavano di parlarne. È biblica. In realtà, “una delle caratteristiche più evidenti della Bibbia è la forza con la quale entrambi i Testamenti mettono in risalto la realtà ed il terrore dell’ira di Dio”. Un modo per superare la nostra reticenza è cercare di riscoprirne l’importanza, attraverso uno studio dettagliato di tutti gli insegnamenti presenti nella Bibbia.
Nell’Antico Testamento ci sono oltre venti parole utilizzate per esprimere l’ira in relazione a Dio ed almeno seicento passi primordiali.  Non si tratta di passi isolati e staccati tra loro come se fossero opera di uno scrittore malinconico, che in seguito vennero pubblicati, da qualche altro autore altrettanto triste, nel testo dell’Antico Testamento.
 
Testamento: Emanazione della legge, la vita sulla Terra, la disubbidienza da parte del popolo di Dio e l’escatologia. Le prime citazioni sull’ira di Dio riguardano la consegna della legge sul Monte Sinaì. I primi riferimenti li troviamo nei due capitoli successivi al cap. sui Dieci Comandamenti. “Non maltratterai la vedova o l'orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l'aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani”. (Es 22, 21-23) Dieci capitoli dopo, nel passo riguardante il peccato commesso dal popolo per aver fabbricato e adorato il vitello d’oro, Dio e Mosè parlano dell’ira. Dio dice: “Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori”. Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: “Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d'Egitto con grande forza e con mano potente?  Perché dovranno dire gli Egiziani: ‘Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla Terra? Desisti dall'ardore della Tua ira e abbandona il proposito di fare del male al Tuo popolo”. (Es  32, 10-12)
 
L’ira divina presenta una prima caratteristica, esclusivamente biblica, che immediatamente la differenzia dall’ira manifestata dalle deità pagane: la sua consistenza. L’indignazione di Dio non è arbitraria, Egli non si scaglia per fatti insignificanti o per semplice capriccio su esseri che prima ha amato e favorito. Al contrario, l’ira è la duratura ed infrangibile resistenza di Dio di fronte al peccato e alla malvagità. Nel primo passo, essa è suscitata dal peccato verso gli altri, le vedove e gli orfani; mentre nel secondo è generata dai peccati contro Dio.
Possiamo fare molti altri esempi. Negli ultimi capitoli di Giobbe, i suoi amici provocano l’ira di Dio a causa dei loro consigli sciocchi ed arroganti (Giob 42, 47). Nel passo del De 29,23-28 essa si sparge su Sodoma, Gomorra ed altre città come conseguenza alla loro idolatria. In De 11, 16-17 il peccato viene descritto come “servire altri dei” e adorarli. Esdras ci parla dell’ira di Dio contro tutti coloro che Lo abbandonano” (Es 8,22).
 
C’è qualcos’altro che risulta evidente in questi passi. Il peccato che provoca l’ira di Dio è essenzialmente girarGli le spalle o rifiutarLo. Sono gli stessi esseri umani che scelgono la Sua furia.
Possiamo dire che l’ira di Dio è quella perfezione della natura divina nella quale ci immergiamo a causa della nostra stessa ribellione. Questo, naturalmente, non significa che l’ira di Dio sia passiva, perché in realtà opera attivamente e lo farà in modo perfetto durante il giudizio finale. Significa, invece, che l’ira è un aspetto della natura divina che non abbiamo bisogno di scoprire, ma avendola ormai conosciuta, essa diventa reale come altri aspetti della natura divina.
 
L’ira di Dio presenta sempre un elemento di giudizio. È evidente che non si potrà mai raggiungere pienamente la giustizia in questo mondo (per varie le ragioni); gli scrittori dell’Antico Testamento contemplavano il giorno, nel futuro, in cui sarebbe scaturita la perfetta ira di Dio contro il peccato: la resa dei conti.
 
Possiamo fare riferimento al secondo salmo che riferisce dell’Ira di Dio contro le nazioni pagane di quel tempo:
Egli parla nella Sua ira,
li spaventa con la Sua collera:
Io stesso ho stabilito il mio sovrano
sul Sion, Mia santa montagna».
Voglio annunciare il decreto del Signore.
Egli mi ha detto: «Tu sei Mio figlio,
Io oggi ti ho generato.
Chiedimi e ti darò in eredità le genti
e in Tuo dominio le terre più lontane.
Le spezzerai con scettro di ferro,
come vaso di argilla le frantumerai». (Salmi 2, 5-9)

Amos rivolge gli avvertimenti di Dio contro coloro comunemente considerati religiosi, i quali pensano erroneamente che il giorno della Sua Santa ira sarà il giorno della loro vendetta.
Guai a coloro che attendono il giorno del Signore!
Che cosa sarà per voi il giorno del Signore?
Tenebre e non luce!
Come quando uno fugge davanti al leone
e s'imbatte in un orso;
come quando entra in casa,
appoggia la mano sul muro
e un serpente lo morde.
Non sarà forse tenebra, non luce,
il giorno del Signore?
Oscurità, senza splendore alcuno? (Amos 5, 18-20)
 
Scorrendo i passi del Nuovo Testamento che, in minor misura, trattano il tema dell’ira di Dio, notiamo che era un argomento reale sia per Gesù che per gli scrittori del Vecchio e del Nuovo Testamento.
Nel Nuovo Testamento, gli insegnamenti di Gesù avallano il concetto di un Dio dell’ira che giudica il peccato. La storia dell’uomo ricco e di Lazzaro parla del giudizio di Dio e delle serie conseguenze per il peccatore che non si pente (Lc 16, 19-31). Gesù dice in Giovanni 3, 36 “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui". Chi crede nel Figlio di Dio non soffrirà l’ira di Dio per il suo peccato, perché il Figlio di Dio portò su di Sé l’ira quando morì in croce al nostro posto (Ro 5, 6-11). Coloro che non credono nel Figlio e non lo ricevono come Salvatore, saranno giudicati nel giorno dell’ira (Ro 2, 5-6).
 
Al contrario, in Romani 12,19, Efesini 4, 26 e Colossesi 3:8-10 si mette in guardia sull’ira umana. Solo Dio può vendicarsi, perché la Sua vendetta è perfetta e santa, mentre la rabbia dell’uomo è peccaminosa, essendo esposta all’influenza demoniaca. Per il cristiano, la collera e l’ira non si addicono alla nostra nuova natura, la quale è la stessa del Cristo (2 Co 5, 17). Per comprendere cosa significhi essere liberi dal dominio della rabbia, il credente ha necessità che lo Spirito Santo santifichi e pulisca il suo cuore dai sentimenti di ira e collera. Romani 8 mostra la vittoria sul peccato nella vita di colui che sta vivendo nello Spirito (Ro 8, 5-8). Fili 4, 4-7 ci dice che la mente controllata dallo Spirito è colma di pace.
 
L'ira di Dio è qualcosa di temibile e terrificante. Solo coloro su cui è stato sparso il sangue di Cristo, versato per noi in croce, possono essere sicuri che la collera di Dio mai ricadrà su di loro.  "A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui.." (Ro 5, 9).  
Gli scrittori del Nuovo Testamento parlano, in diverse occasioni, dell'ira che deve "venire". Nel testo si riconosce che stiamo vivendo il giorno della grazia di Dio, la cui caratteristica è la libera offerta di salvezza del Vangelo, mediante la fede in Gesù Cristo. Tuttavia, questo non significa che Dio abbia cessato di sentire ira verso il peccato o che non la debba manifestare nel giorno del Suo giudizio futuro. Al contrario, per quanto ci è dato comprendere, la Sua collera sarà sempre più intensa. Gesù in varie occasioni parlò dell'inferno. Avvertì sulle conseguenze del peccato e del castigo giusto e certo di Dio, per le persone infedeli. L'autore del libro degli Ebrei scrisse: "Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni.
Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell'alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia? Conosciamo infatti colui che ha detto: A me la vendetta! Io darò la retribuzione! E ancora: Il Signore giudicherà il suo popolo. È terribile cadere nelle mani del Dio vivente!” (Ebrei 10, 28-31).  
 
Tuttavia, anche la rivelazione sull'ira di Dio nel Nuovo Testamento trova riscontro nel presente, così come nell'Antico Testamento. In Romani 1:18 viene usato il tempo presente: “In realtà l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia”.
Anche Paolo, riferendosi al giorno dell'ira, ne parla al futuro (Ro 2:5; 1 Ts. 1:10, 2:16, 5:9), ma ne vede la prova negli effetti causati dal peccato presente. Dio ci ha avvertiti del giudizio che dovrò avvenire: innanzitutto attraverso la coscienza individuale che discerne il bene dal male, la giustizia dall'ingiustizia; in secondo luogo, attraverso gli eventi evidenti che osserviamo nel presente e dimostrano l’inevitabile giustizia del Padre. Paolo descrive questo processo come lo testimonia il paganesimo. Oggi, esistono prove simili.  
Quando gli uomini e le donne abbandonano Dio, Egli abbandona loro "all'impurità... a passioni vergognose... [e] ad una mente riprovevole" (Ro 1,24, 26-28). Possiamo apprezzare questo nella progressiva decadenza morale della civiltà occidentale, le famiglie spezzate, le psicosi ed altre forme di disintegrazione psicologica. Lo vediamo nelle nostre vite ed in cose presumibilmente senza importanza, come l'inquietudine, l'insonnia, la sensazione di infelicità e la mancanza di realizzazione personale.  
 
L'ira di Dio non è ignobile. Al contrario, è troppo nobile, troppo giusta, troppo perfetta: questo ci disturba. A livello umano, valorizziamo la giustizia e l’"ira" del sistema giudiziale, poiché ci protegge. Se dovessimo allontanarci dalla legge, esisterebbe sempre la possibilità di appellarci o di riuscire a sfuggire con qualche stratagemma, dichiarandoci colpevoli di un'offesa minore per poi essere perdonati. Ma non possiamo agire così rispetto a Dio. Quando trattiamo con Lui non stiamo trattando con le imperfezioni della giustizia umana, bensì con la perfezione della giustizia divina.  Ci rivolgiamo a qualcuno che vede non solo le nostre azioni, ma i nostri pensieri e motivazioni. Chi può sfuggire ad una tale giustizia? Chi può stare davanti a questo giudice tanto implacabile? Nessuno.
 
È quando prendiamo coscienza di tale verità che risentiamo della giustizia di Dio e cerchiamo di negare, in ogni modo, la Sua realtà. Tuttavia, non dobbiamo negarla. Se lo facessimo, non potremmo mai apprezzare le nostre necessità spirituali, come invece occorre fare per rivolgerci al Signore Gesù Cristo come al nostro Salvatore. Se non lo facessimo, non potremmo mai conoscere veramente Dio né tanto meno noi stessi. Solo legittimando Dio come il Creatore, saremo in grado di riconoscerLo come giudice e scoprirLo nostro redentore.  
Prima di inoltrarci in questo studio, dobbiamo analizzare in profondità l’interazione tra Dio e Mosè, per cercare di comprendere perfettamente la Santa ira di Dio sul peccato di Israele. In un certo senso, questo passaggio avviene tra la manifestazione della collera di Dio contro il peccato e la rivelazione del cammino di Dio verso la salvezza. Mosè rimase quaranta giorni sul Monte per ricevere la legge. Quando i giorni di attesa diventarono settimane, la gente che aspettava inquieta riuscì a convincere il fratello di Mosè, Aronne, a costruire un dio sostituto. Ebbene, sapendo ciò che avveniva a valle, Dio interruppe la rivelazione della legge e disse a Mosè ciò che il popolo stava facendo.
 
Era una situazione ironica. Dio aveva appena consegnato a Mosè i Dieci Comandamenti. Questi cominciavano dicendo: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù. Non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandi” (Es. 20, 2-6). Mentre Dio dettava queste parole, il popolo, liberato dalla schiavitù in Egitto, stava facendo precisamente quanto Egli aveva proibito. Non solo, commetteva anche adulterio, mentiva, bramava, disonorando i genitori e senza dubbio infrangendo tutti gli altri comandamenti. A quel punto, quando Dio dichiarò a Mosè la Sua intenzione di giudicare il popolo immediatamente, questi volle intercedere per loro con le parole che abbiamo citato in precedenza.  
 
Finalmente, Mosè discese dal Monte per incontrare il popolo. Da una prospettiva umana e senza pensare alla grazia di Dio, il peccato deve essere giudicato. Fu così che Mosè cercò di affrontare la situazione nel miglior modo possibile. Prima di tutto, rimproverò Aronne in pubblico. Poi invitò coloro che ancora erano dalla parte di Geova ad allontanarsi dagli altri e ad avvicinarsi al suo fianco. La tribù di Levi rispose. All'ordine di Mosè, furono inviati all'accampamento affinché giustiziassero quelli che avevano guidato la ribellione. Il capitolo ci dice che tremila uomini morirono, circa lo 0,5% dei seicentomila che avevano lasciato l'Egitto durante l'esodo, (Es 12,37; 32,28). Insieme alle donne e ai bambini, il numero totale dell'esodo si presume sia stato di circa due milioni di persone. Allo stesso tempo, Mosè distrusse il vitello d’oro. Lo ridusse in polvere, lo mescolò con acqua e lo fece bere al popolo.  

Dal punto di vista umano, Mosè castigò il peccato. I leader vennero puniti, Aronne o rimproverato. L'alleanza del popolo, almeno per un tempo, era stata restituita. Tutto sembrava in ordine. Mosè aveva un rapporto speciale con Dio, così come lo aveva con il popolo. Ma Dio aspettava ancora sul Monte e la Sua ira non si era placata. Cosa avrebbe dovuto fare Mosè?  
Per alcuni teologi, seduti in qualche biblioteca, l'idea dell'ira di Dio può sembrare nient'altro che semplice speculazione. Mosè non era un teologo da poltrona. Egli aveva parlato con Dio. Aveva ascoltato la Sua voce. La legge non era ancora stata data nella sua totalità, ma Mosè aveva già ricevuto quanto bastava per essere consapevole dell’orrore del peccato commesso e della natura intransigente della giustizia di Dio. Forse il Padre non aveva detto: "Non avrai altri dei al di fuori di me”? Forse Dio non aveva affermato di punire l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione? Chi era Mosè per credere che il giudizio limitato che Lui aveva messo in atto fosse sufficiente per soddisfare la santità di un tale Dio?  
 
La notte trascorse e la mattina seguente Mosè sarebbe dovuto tornare sul Monte.
Aveva riflettuto. In alcuni momenti, durante la notte, aveva pensato a qualche possibilità di deviare l'ira di Dio contro il popolo. Ricordò i sacrifici dei patriarchi ebrei ed il sacrificio recentemente istituito della Pasqua. Senza dubbio, in quei sacrifici Dio aveva dimostrato che era pronto ad accettare un sostituto innocente invece della morte giusta del peccatore. A volte la Sua ira discendeva sul sostituto. “Forse Dio potrebbe accettare...”. La mattina, Mosè salì sul Monte con forte determinazione. Arrivato in cima, cominciò a parlare con Dio. Probabilmente era pieno di angoscia, poiché il testo ebraico è irregolare e la seconda preghiera di Mosè è incompleta (Es 3, 32).  
È un grido soffocato, è il pianto che sorge dal cuore di un uomo che sta chiedendo di essere maledetto, pur di salvare il popolo che lui ormai ama. "Mosè ritornò dal Signore e disse: "Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro. Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!" (Es 32,31-32).

Mosè si stava offrendo al posto del popolo come contenitore del giudizio di Dio, per essere allontanato dal Padre al suo posto. Il giorno precedente, prima che Mosè discendesse dal monte, Dio aveva detto qualcosa che avrebbe potuto essere una grande tentazione. Se Mosè fosse stato d’accordo, il Padre avrebbe distrutto il popolo a causa del proprio peccato ed avrebbe creato una nuova nazione, iniziando da Mosè: “Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te invece farò una grande nazione” (Es 32, 10). Ma Egli aveva respinto l'offerta. Dopo essere stato con il suo popolo ed aver ricordato l'amore che nutriva nei suoi confronti, diede una risposta nuovamente negativa ed ancora più determinata. Mosè Gli rispose: "No, distruggi me e salva loro”.   
Egli visse nei primi anni della rivelazione di Dio al suo popolo, e probabilmente non comprendeva a fondo quanto stava accadendo. Senza dubbio, non sapeva, come noi oggi, che la sua richiesta non sarebbe stata accolta, perché lui non poteva salvare nemmeno se stesso, tanto meno loro; anche egli era un peccatore. Una volta aveva commesso un assassinio ed aveva infranto il sesto comandamento. Non avrebbe potuto sostituire e morire in nome del suo popolo.  
 
Qualcuno poteva: “Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli" (Ga 4,4-5). La morte di Gesù non avvenne unicamente per coloro che avevano creduto ai tempi dell'Antico Testamento, per chi aveva peccato nel deserto ed i loro discendenti. Era anche per noi che viviamo oggi, tanto ebrei come gentili.
Sulla base della morte di Cristo, che assunse su di Sé tutto il carico del giudizio dell'ira di Dio contro il peccato, oggi le persone credenti possono vivere la Sua piena grazia, invece di subirne l’ira (sebbene la meritiamo).  
La grazia non elimina l'ira; quest’ultima si accumula contro coloro che non si pentono. Ma ciò che la grazia elimina è la necessità che tutti subiscano l’ira del Cielo.  
 
Nessuno vuole essere oggetto dell’ira, tanto meno quella divina. Capisco perché alcune persone si sentano a disagio riguardo questo tema. A causa della condizione morale e spirituale della razza umana, tutti meritiamo e siamo per natura oggetto della collera di Dio (Efe 2,3). Viviamo in un'era di sentimentalismo e permissivismo che rende difficile accettare la realtà dell'ira di Dio. Pertanto, alcuni tendono a ridefinirla, enfatizzando il fatto che il Padre è amorevole di natura, suggerendo così che il Suo amore e la Sua ira sono incompatibili. Ma la realtà è che l'ira di Dio non può essere cancellata nelle Scritture. Dobbiamo tenerlo sempre presente, quando parliamo di questo importante argomento.  
 
La collera e la furia umane non possono essere utilizzate come modello di riferimento per interpretare e comprendere l'ira di Dio. La nostra collera è irrazionale, danneggia noi e gli altri. È l’espressione della nostra perdita di autocontrollo o dell’incapacità di controllare le nostre emozioni, e rivela il desiderio che abbiamo di controllare gli altri a qualunque costo. È un'espressione del deterioramento e dello squilibrio che il peccato ha causato nel nostro essere interiore, che ci rende impossibile coesistere con gli altri in una relazione armoniosa. D'altra parte, l'ira di Dio non è inquinata dal peccato e, pertanto, è sotto il controllo del potere dell'amore. L’intenzione è guarire, cercando di ristabilire l'ordine dentro la Sua creazione (Eb 12, 6; Apoc. 20,15 – 21,11).  
L'ira di Dio non sembra essere un attributo permanente della Sua natura, cioè una caratteristica costante delle Sue azioni. La collera di Dio non è irrazionale, esiste sempre una ragione che la provoca (De 4, 24), ossia il peccato. E’ fondamentalmente la reazione del Padre di fronte alla presenza irrazionale di questo peccato e del male nella vita delle Sue creature, e nel mondo creato (Ro 1,18). Di conseguenza, l’ira di Dio è momentanea ed avrà fine appena i buoni propositi saranno raggiunti. È in netto contrasto con il Suo amore che dura per sempre (Is 54,8).  
 
L'ira di Dio è la manifestazione della Sua volontà di ristabilire nel mondo l’ordine, l’armonia e la giustizia originali, è fondamentalmente un evento escatologico (Ro 2, 5; Apoc. 16) e può essere propriamente definita "un’opera singolare" di Dio: “…si adirerà per compiere l'opera, la sua opera singolare, e per eseguire il lavoro, il suo lavoro inconsueto” (Is 28, 21). In quel momento escatologico, l’ira di Dio si rivelerà in pieno (Apoc. 15, 1) e tutti riceveranno secondo le loro opere. Non è un'autodistruzione personale o una forza impersonale che agisce sui peccatori e Satana. Dio partecipa attivamente, mettendo personalmente il punto finale al peccato, al fine di ristabilire l'armonia cosmica da Lui decretata in principio.  
Pur trattandosi, fondamentalmente, di un evento escatologico, l'ira di Dio è già presente in questo mondo (Rom. 1,18). A volte consiste nell’abbandonare i peccatori al potere del male (Vers. 28). Altre volte, Dio interviene direttamente e punisce i peccatori che non si pentono (Gen. 6, 17), oppure libera le forze della natura, provocando distruzione e morte (Gen. 19, 24-25). Queste espressioni storiche dell'ira di Dio stabiliscono dei limiti al peccato nella società o nel Suo popolo (Esodo 32,11) ed hanno un'intenzione redentrice.  
 
L'ira di Dio contro il peccato umano rivela il Suo lato affettivo. Indica che prende seriamente il peccatore, che non ci ignora nemmeno quando ci ribelliamo contro di Lui. In altre parole, considera seriamente le nostre azioni e reagisce con ira di fronte alle stesse, dimostrandoci che ha il desiderio di interagire con noi. Ignorare le persone mostra mancanza di rispetto ed assenza di amore; quando Dio reagisce al nostro peccato, ci sta dicendo chiaramente che siamo importanti per Lui, non ci abbandona facilmente, perché la nostra relazione non è ancora terminata. L'amore di Dio e la Sua ira non sono incompatibili.  
 
L'ira di Dio non è il destino inesorabile degli esseri umani, a meno che essi lo scelgano. Gesù “ci libera dell'ira ventura" (1 Te 1,10), prendendo su di Sé, al nostro posto, la maledizione della Legge (Ga 3,13). Noi, che siamo stati giustificati per fede, "saremo salvi dall'ira"! (Ro 5:9). Grazie a Cristo, oramai non siamo più figli dell'ira. Lodiamo il Signore!  
Il libro di Naum spesso viene trascurato, poiché confuso e molto breve, al punto da essere letto raramente e ancor meno compreso, ma ogni brano delle Scritture è indispensabile, perché offre qualche insegnamento. Per tale motivo l'apostolo Paolo disse: "Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Ti 3, 16-17), e questa breve profezia di Naum non fa eccezione.  
 
La lettura di questo libro può dare l'impressione di un racconto di storia antica priva di rilevanza, in realtà, questa profezia rivela qualcosa di Dio con una tale chiarezza rispetto a qualunque altro libro della Bibbia; poiché fa parte del lavoro del profeta rivelarci il carattere di Dio. I profeti ci mostrano le prerogative divine ed ognuno di essi vede Dio sotto una luce differente. Pertanto, leggendo i profeti e collegando tra loro i diversi aspetti che essi fanno emergere, ne risulta un diamante alla luce del sole, il carattere possente e gli attributi di un Dio eterno.  
La caratteristica rivelata dal profeta Naum era l'ira di Dio. Non c'è attualmente dottrina che risulti più ripugnante alle persone che l'ira di Dio, e che tanti vorrebbero dimenticare. Tanti immaginano Dio come un cavaliere gentile che strizza allegramente l'occhio e non sopporta il pensiero di punire né giudicare nessuno. Tuttavia, il lavoro di Naum fu proprio mostrare la Sua collera, di fronte alla quale gli uomini devono presentarsi in silenzio e tremanti. Non è possibile leggere questa profezia senza percepirne la solennità.  
Dio è furioso e non si tratta di un'ira capricciosa, come quella di un bambino. È un'ira controllata, ma terribile e temibile, da contemplare. Potete farvi un'idea di quanto sia terribile, se pensate che tutte le parole ebraiche che significano ira appaiono in questi sei versetti e sono: gelosia, vendetta, collera, ira, indignazione, crudeltà e furore.  
 
Nel versetto 15, abbiamo il grido gioioso che si eleva da Gerusalemme, quando giunge la notizia della morte di Senaquerib: “Ecco sui monti i passi d'un messaggero, un araldo di pace! Celebra le tue feste, Giuda, sciogli i tuoi voti, poiché non ti attraverserà più il malvagio: egli è del tutto annientato"!  
Abbiamo l’immagine reale di come l'ira di Dio possa scagliarsi contro una persona! Ed è proprio questa la grande difficoltà delle persone nel credere, poiché asseriscono che Dio è amore. Come può allora non punire nessuno? Quando si dice che la giustizia di Dio esige la nostra punizione, esse affermano che non è possibile. Ritengono che l'amore di Dio sia superiore alla Sua giustizia, il Padre non potrebbe mai punire, e sono molte le persone che credono a questo inganno.
 
C'è una terza sezione che comprende tutto il capitolo 2° e rivela un altro aspetto dell'ira di Dio che sta per scoppiare. Qui Dio si riferisce a Niínive, la capitale di Assiria, e dice (versetto 3): "Contro di te avanza un distruttore: montare la guardia alla fortezza, sorvegliare le vie, cingerti i fianchi, raccogliere tutte le forze”.
Ho riflettuto tanto per capire l'Ira di Dio ed ho pensato: “Cosa proviamo quando siamo testimoni di una tremenda, spregevole ed inaccettabile aberrazione o di qualsiasi tipo di ingiustizia, in special modo se si tratta di persone deboli, bambini, anziani o anche animali?... Non si risveglia forse in noi un sentimento di Ira contro l’aggressore?...” Nonostante il nostro sentimento sia inquinato, forse per vendetta o da altri sentimenti umani, possiamo dedurre che se Dio è amore e perfezione, si tratta di riequilibrare tutte le cose; ed è certamente anche un tremendo atto di amore, poiché la Sua ira ci induce a riprendere la rotta persa.   
(Ebrei 9:28) “Così Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza”.
Con tutto il mio amore  

Claudio Rojas G.  
11.12.13  
       
Messaggi sull’ira di Dio