GIORDANO BRUNO. MUTAZIONE E REINCARNAZIONE

GIORDANO BRUNO. MUTAZIONE E REINCARNAZIONE

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GIORDANO BRUNO. MUTAZIONE E REINCARNAZIONE

I MUTANTI SONO ESSERI DI LUCE AL SERVIZIO DEL CRISTO E DELL’INTELLIGENZA COSMICA. LO SPIRITO, SCINTILLA DI DIO, NON HA TEMPO, È INFINITO.
GIORDANO BRUNO NON È  MAI  MORTO PERCHÈ LA SUA PATRIA È L’ETERNITÀ.
I CARNEFICI BRUCIARONO IL CORPO MA EGLI È RINATO NEL TEMPO E NEL MONDO PER ESSERE UNO DEI PRECURSORI DELLA VENUTA DI CRISTO, PER ESSERE IL TESTIMONE DELLA NUOVA FILOSOFIA E DEL RERUM DIVINARUM SCIENTIA NOVA (LA NUOVA TEOLOGIA).
GIORDANO BRUNO POSSEDEVA  E POSSIEDE LA SAPIENZA E LA SAGGEZZA DI GIOVANNI L’APOSTOLO IL QUALE INSIEME AL BATTISTA RAPPRESENTANO COLORO CHE ANNUNCIANO L’APOCALISSE, IL RINNOVAMENTO ED UN NUOVO RINASCIMENTO CHE PROIETTERÀ L’UMANITÀ VERSO UNA NUOVA ERA DI PACE, GIUSTIZIA E AMORE. VERSO L’INSTAURAZIONE DI UNA SUPERCIVILTÀ CHE AVRÀ IL DIRITTO DI ENTRARE A FAR PARTE DELLA GRANDE FAMIGLIA COSMICA.
PACE!      

                
DAL CIELO ALLA TERRA

Sant’Elpidio a Mare (Italia)
30 Luglio 2009. Ore 16:41
Giorgio Bongiovanni
Stigmatizzato

*POEMA DE GIORDANO BRUNO A SUS VERDUGOS

Decid, ¿Cuál es mi crimen? ¿Lo sospecháis siquiera?
Y me acusáis, ¡sabiendo que nunca delinquí!
Quemadme, que mañana, donde encendáis la hoguera,
Levantará la historia una estatua para mí.
Yo sé que me condena vuestra demencia suma,
¿Por qué?…Porque las luces busqué de la verdad,
No en vuestra falsa ciencia que el pensamiento abruma
Con dogmas y con mitos robados a otra edad,
Sino en el libro eterno del Universo mundo,
que encierra entre sus folios de inmensa duración;
los gérmenes benditos de un porvenir fecundo,
basado en la justicia, fundado en la razón.
Y bien, sabéis que el hombre, si busca en su conciencia,
la causa de las causas, el último por qué
ha de trocar muy pronto, la Biblia por la ciencia,
los templos por la escuela, la razón por la fe.
Yo sé que esto os asusta, como os asusta todo
todo lo grande, y quisierais poderme desmentir.
Más aún, vuestras conciencias, hundidas en el lodo
de un servilismo que hace de lástima gemir…
Aún allá, en el fondo, bien saben que la idea,
es intangible, eterna, divina, inmaterial…
Que no es ella el Dios y la religión vuestra
Sino la que forma con sus cambios, la historia universal.
Que es ella la que saca la vida del osario
la que convierte al hombre, de polvo, en creador,
la que escribió con sangre la escena del calvario,
después de haber escrito con luz, la de Tabor.
Más sois siempre los mismos, los viejos fariseos,
Los que oran y se postran donde los puedan ver,
fingiendo fe, sois falsos llamando a Dios, ateos
¡chacales que un cadáver buscáis para roer!…
¿Cuál es vuestra doctrina? Tejido de patrañas,
vuestra ortodoxia, embuste; vuestro patriarca, un rey;
leyenda vuestra historia, fantástica y extraña.
Vuestra razón la fuerza; y el oro vuestra ley.
Tenéis todos los vicios que antaño los gentiles
Tenéis la bacanales, su pérfida maldad;
como ellos sois farsantes, hipócritas y viles
Queréis, como quisieron, matar a la verdad;
Más… ¡Vano vuestro empeño!…Si en esto vence alguno;
soy yo porque la historia dirá en lo porvenir;
“Respeto a los que mueren como muriera Bruno”
Y en cambio vuestros nombres… ¿Quién los podrá decir?

¡Ah!…Prefiero mil veces mi muerte a vuestra suerte;
Morir como yo muero… no es una muerte ¡no!
Morir así es la vida; vuestro vivir, la muerte
Por eso habrá quien triunfe, y no es Roma ¡Soy Yo!
Decid a vuestro Papa, vuestro señor y dueño,
Decidle que a la muerte me entrego como un sueño,
porque es la muerte un sueño, que nos conduce a Dios…
Más no a ese Dios siniestro, con vicios y pasiones
que al hombre da la vida y al par su maldición,
Sino a ese Dios-Idea, que en mil evoluciones
da a la materia forma, y vida a la creación.
No al Dios de las batallas, sí al Dios del pensamiento,
al Dios de la conciencia, al Dios que vive en mí,
Al Dios que anima el fuego, la luz, la tierra, el viento,
Al Dios de las bondades, no al Dios de ira sin fin.
Decidle que diez años, con fiebre, con delirio,
Con hambre, no pudieron mi voluntad quebrar,
Que niegue Pedro al Maestro Jesús, que a mí ante el martirio,
de la verdad que sepa, no me haréis apostatar.
¡Más basta!… ¡Yo os aguardo! Dad fin a vuestra obra,
¡Cobardes! ¿Qué os detiene?… ¿Teméis al porvenir?
¡Ah!…Tembláis…Es porque os falta la fe que a mí me sobra…
Miradme…Yo no tiemblo… ¡Y soy quien va a morir!…

“Giordano Bruno nacque a Nola nel 1548. Durante i tredici anni passati nel convento di San Domenico a Napoli, maturò ed esplose la sua crisi religiosa, che doveva già essere in atto quando, nel 1572, ricevette l’ordine.  Non ebbe mai in quel periodo parole di sostegno per i protestanti, ma andò esternando ai novizi molti dubbi Sui dogmi fondamentali della Chiesa, né volle nella sua cella altra immagine che un crocifisso. Quando fu iniziato contro di lui un procedimento per eresia, il Bruno si rifugiò a Roma, nel 1576, nel convento della Minerva, e il Generale dell’Ordine gli mosse accusa per 130 proposizioni eretiche. Ormai soltanto la fuga poteva salvarlo: andò a Genova, ma dopo tre giorni passò a Noli, dove insegnò grammatica ed astronomia. Poi passò a Venezia e di lì a Ginevra, dove depose l’abito ecclesiastico e sferrò violenti attacchi contro la Chiesa dei dogmi e della corruzione.  Egli confidava che avrebbe trovato a Ginevra un ambiente accogliente; messosi in contatto con numerosi calvinisti italiani, trascinò faticosamente innanzi la sua vita correggendo bozze di stampe, sperimentando un’esistenza amara e scoraggiante. Si trasferì in Francia. A Tolosa studiò filosofia, ottenendo anche una cattedra presso quella università, da cui si allontanò dopo due anni, per recarsi a Parigi. Qui egli pubblicò il primo scritto filosofico «De umbris idearum», dedicandolo a Enrico III.  Ne ricevette una cattedra, che tenne per pochissimo tempo. Dal 1583, per quasi tre anni, si trasferì a Londra, dove trascorse il più sereno periodo di tutta la sua breve e tragica vita: tenne alcune esemplari conferenze e probabilmente ebbe cattedra ad Oxford. Pubblicò i «Dialoghi italiani» ed iniziò la stesura del poema latino «De immenso», ma le sue lezioni sull’immortalità dell’anima e sul sistema copernicano furono proibite. Ne seguirono altre opere: «arbor philosophorum», «Figuratio Aristotelici phisici auditus”, «De Monade, Numero et Figura», il «De triplici minimo et mensura» e il «De innumerabilibus, immenso et infigurabili» tra altre dopo aver dato alle stampe il «De lampade combinatoria Lulliana» e centosessanta tesi contro i matematici e filosofi del tempo. Dopo la sua partenza da Francoforte, si lamenta la mancanza di notizie attendibili e si perdono alquanto di vista i casi tumultuosi della vita del Bruno. La prima città in cui egli ritornò fu Padova, il cui clero perseguitò alacremente il Bruno, che andò a Venezia, dietro invito del nobile Giovanni Mocenigo, perché gli insegnasse la mnemonica e la geometria.  Purtroppo si trattò di una tappa particolarmente drammatica della sua vita tragica e inquieta. Denunciato al Sant’Uffizio dallo stesso Mocenigo, gli furono imputate numerose eresie: che il pane non si converte nel corpo di Cristo, che non c’è distinzione in Dio di persone, che il mondo è eterno, che vi sono infiniti mondi e tanti altri concetti, in verità degni di approfondimento e di analisi, non certo di indiscriminata e faziosa condanna. Dopo tristi e vergognose vicende processuali, fu pronunciata da Venezia la sentenza di estradizione, in virtù della quale il Bruno fu consegnato nelle mani del Tribunale ecclesiastico di Roma, vale a dire del suo carnefice.  Il penoso viaggio avvenne via mare, nel 1593. Ouando poi il Filosofo, tradotto inopinatamente a Roma, si trovò di fronte all’inflessibile volontà dei giudici di distruggere in lui quanto di più caro alitava nella sua mente ardita e solenne, impegnò la sua tenace volontà nella difesa appassionata e coerente delle sue altissime idee contro l’oscurantismo della Chiesa. La sentenza di condanna a morte fu pronunziata l’8 febbraio del 1600.  Secondo la prassi doveva essere eseguita entro il termine di ventiquatt’ore; ma essa venne ritardata fino al 17 febbraio, nell’estremo tentativo di far recedere il Bruno.  Ma tutto fu inutile: il suo coraggio fu così perseverante e ostinato, la sua coerenza morale tanto ferrea, che dai ministri di giustizia fu condotto in Campo de’ Fiori.  E quivi, spogliato nudo e legato a un palo, fu bruciato vivo e le sue ceneri si sparsero nell’aria e furono rapite dal vento. Con la morte del suo corpo, non poteva morire il suo pensiero, il quale certamente era diffuso negli ambienti dell’alta cultura europea.”   
(Tratto da “L’universo cosmico bruniano alla luce della filosofia contemporanea” Luigi Simonetti – Ed. Scala, Nola 1985).

*Nota: Abbiamo preferito non tradurre il poema di Giordano Bruno che abbiamo trovato in un archivio spagnolo per non intaccare l’originalità dei versi.