– Gazzetta del Sud, 29 agosto 2007. UE, nel mirino gli aiuti di Stato alla Chiesa.
– La Stampa, 12 settembre 2007. “Prove inquinate”. L’ultima accusa a don Gelmini. Terni, il caso degli abusi sessuali.
– L’Unità, 12 settembre 2007: Don Gelmini, altre indagini. E forse dei complici.
– Rivistaonline, 13 settembre 2007. Manicomio lager in Calabria: scoperto il tesoro di don Luberto.“Prove inquinate”. L’ultima accusa a don Gelmini
Terni, il caso degli abusi sessuali.
di Guido Ruotolo
Ancora sulla graticola, ancora nessuno scampato pericolo. Anzi, la posizione processuale di don Pietro Gelmini, il fondatore della comunità di recupero Molino Silla di Amelia (Terni), indagato per presunti abusi sessuali (compiuti nell’arco degli ultimi dieci anni) nei confronti di diversi giovani tossicodipendenti ospitati nella comunità, si starebbe aggravando al punto che la procura di Terni starebbe valutando di contestargli anche il ruolo avuto nell’inquinamento delle prove. Non solo, nel registro degli indagati sarebbero finiti alcuni collaboratori di don Gelmini.
Gli inquirenti e gli investigatori umbri, che hanno ottenuto dal gip la proroga delle indagini, stanno coltivando nuovi spunti investigativi, verificando nuove accuse: altre decine di ex ospiti della comunità si sarebbero prenotate per raccontare gli abusi subiti.
I soldi
I filoni dell’inchiesta umbra sono due. Il primo, quello delle denunce degli abusi sessuali subiti dagli ex ospiti di Molino Silla. Si sarebbero consumati non solo nella famosa «stanza del silenzio» della comunità – dove avvenivano i primi colloqui (collegiali) dei ragazzi che volevano entrarvi – ma anche nell’abitazione di don Gelmini.
Agli inizi di agosto, dopo che La Stampa aveva rivelato l’esistenza dell’inchiesta a Terni, don Gelmini si era difeso sottolineando che cinque dei suoi «accusatori» erano stati cacciati dalla comunità perché scoperti (e poi denunciati) mentre rubavano.
Il fondatore della comunità di Amelia aveva raccontato che uno di essi, «uno che fa le rapine», uscito dal carcere con l’indulto, gli scrisse una lettera invocando il «perdono» e chiedendo aiuto («voleva che gli trovassi un lavoro»). E quel lavoro l’ottenne salvo poi finire di nuovo in carcere, dove ritrattò le sue accuse nei confronti di don Gelmini.
Ma la storia che ha raccontato il ragazzo «che fa rapine» agli inquirenti di Terni è diversa. La lettera del perdono sarebbe stata suggerita da don Gelmini in cambio non solo di un lavoro ma anche di 60 mila euro. Una promessa non mantenuta, il ragazzo avrebbe ricevuto 2000 euro. Nel suo interrogatorio don Gelmini avrebbe ammesso di avergli dato dei soldi.
L’inquinamento
Ora l’inchiesta si starebbe orientando – ed è il secondo filone – a trovare conferme ai sospetti di dichiarazioni concordate a suon di migliaia di euro, di pressioni e ricatti. Tutti elementi che portano indiscutibilmente al tentativo d’inquinare le indagini.
C’è un altro ex ospite della comunità di Amelia che aveva accusato il prete, con una lettera poi ritrattata, spiegando che quando attaccò don Gelmini era sotto gli effetti degli psicofarmaci. Sentito di nuovo dagli inquirenti, il giovane ha invece confermato le accuse, negando di aver ricevuto dal sacerdote un contributo di 200 euro, così come aveva dichiarato don Gelmini.
Gli investigatori umbri hanno più di un sospetto che in realtà il «ragazzo» prima dell’interrogatorio abbia parlato con don Gelmini per ottenere soldi: 4000 euro gli sarebbero stati regalati da un prete amico di Gelmini, uno della «squadra» di Amelia gli indicò addirittura quale psicofarmaco dichiarare di aver assunto nel momento in cui scrisse la lettera (sotto dettatura) della ritrattazione. Sono elementi che gli investigatori hanno ottenuto anche con le intercettazioni.
La «squadra»
La squadra di don Gelmini sarebbe scesa in campo per tentare di tamponare la falla, di ridurre gli effetti delle dichiarazioni dei testi d’accusa. La procura di Terni sta verificando i rapporti che il legale di don Gelmini, Lanfranco Frezza, avrebbe avuto con alcuni testimoni. Ancora da chiarire è il ruolo di un altro della squadra, un volontario che sarebbe andato a Torino per capire che cosa avesse denunciato un’altra presunta vittima degli abusi sessuali.
Non solo, questo volontario sarebbe andato anche all’Aja per incontrare il rappresentante italiano presso Eurojust, Cesare Martellino, l’ex procuratore di Terni che archiviò nel maggio 2002 l’inchiesta su don Gelmini, accusato di abusi sessuali da due ospiti di Amelia. Dichiarazioni che invece la nuova inchiesta ha ritenuto meritevoli di approfondimento. Il volontario avrebbe chiesto consigli a Martellino, che avrebbe parlato anche con don Gelmini suggerendogli di trovarsi un buon avvocato.
Tratto da: la Stampa , 12 settembre 2007
Don Gelmini, altre indagini. E forse dei complici
Un supplemento all’inchiesta per le decine di denunce a carico del sacerdote per abusi sessuali Nel fascicolo potrebbero spuntare anche nomi di altre persone indagate. «Staffetta» in Procura
di Salvatore Maria Righi
Bufera. Ci sarà probabilmente un’appendice alle indagini su don Piero Gelmini e sulle presunte molestie sessuali compiute ai danni di ex ospiti delle sue comunità di recupero. L’inchiesta sta per esaurire la proroga di sei mesi nei quali ha lavorato sodo la procura di Terni, ma la posizione del sacerdote si sarebbe aggravata non poco perché sono aumentate in modo considerevole le denunce a suo carico. Dai dieci ragazzi che lo accusavano agli inizi di agosto, quando si è appreso dell’iscrizione nel registro degli indagati del popolare Pierino, ora sarebbero diverse decine le testimonianze di giovani che sarebbero stati oggetto di morbose attenzioni a sfondo sessuale. Due di loro, addirittura, sarebbero stati minorenni all’epoca dei fatti e questo -se troverà conferma negli atti del processo -metterebbe il fondatore della Comunità Incontro di fronte all’accusa di pedofilia, ancora più grave e imbarazzante della violenza sessuale che fino adesso il sacerdote ha bollato come «fantasie». Il lavoro degli inquirenti guidati dal pm Barbara Mazzullo e della squadra mobile umbra guidata da Luca Sarcoli è ancora in corso dopo oltre un anno di indagini, intercettazioni e interrogatori, quindi non si ferma e anzi si cercano ancora riscontri probatori alle dichiarazioni raccolte nelle scorse settimane. Alcune denunce sarebbero pervenute via internet, con mail, altre sono anonime. Occorre quindi un’opera di «filtro» per capire quali tra le segnalazioni giunte alla questura siano fondate e possano reggere alle verifica. Si è parlato anche del rischio-emulazione nell’ormai lunga lista di ex ospiti che hanno denunciato violenze da parte di don Gelmini, lui stesso ha dichiarato che le prime a pervenire sul tavolo del magistrato provenivano da un gruppo di ragazzi che era stato allontanato dalla comunità di Amelia per alcuni furti commessi. Una ritorsione, quindi, con tanto di tentativo di estorsione ai suoi danni. Di certo, per adesso, c’è ben altro. Pare infatti che alcuni stretti collaboratori di don Pierino che lavorano nella segreteria di Molina Silla, dove c’è il quartier generale della Valle della Speranza, avrebbero compiuto forti pressioni su alcuni dei ragazzi che hanno puntato il dito contro il loro “Don” o “Papà”, come viene chiamato il sacerdote dal suo popolo. Con telefonate o in qualche caso anche di persona, come in un colloquio a Torino con i due giovani detenuti che verosimilmente hanno dato inizio al clamoroso «j’accuse» contro il religioso, i collaboratori più fidati di don Gelmini avrebbero offerto soldi o favori per indurre gli accusatori a ritrattare le loro dichiarazioni.
Tratto da: l’Unità, 12 settembre 2007
Manicomio lager in Calabria: scoperto il tesoro di don Luberto
di Giorgia Maria Pagliaro
Il tesoro di monsignor Alfredo Luberto, scoperto dal magistrato della procura della Repubblica di Paola Eugenio Facciola, ammonta a circa 15 milioni di euro. Abitazioni di lusso, dodici automobili alcune delle quali di assoluto valore, quadri di pittori famosi tra i quali uno Schifano, libretti al portatore, certificati di deposito sono solo alcuni dei beni a disposizione del sacerdote amante del lusso, amministratore unico dell’Istituto Papa Giovanni XXIII° di Serra D’Aiello in provincia di Cosenza. Si tratta di una vera e propria isola del tesoro e nello stesso tempo della sofferenza umana. Un istituto nato per curare ed alleviare sofferenze atroci trasformato in un lager al punto che il PM Eugenio Facciola aveva chiesto, per don Luberto, gli arresti domiciliari all’interno della stessa struttura fra i letti disadorni e la scabbia. Il GIP però ha respinto la richiesta provocando la disapprovazione dei familiari dei ricoverati e di gran parte dell’opinione pubblica ansiosa di giustizia. L’ultimo “regalo” della Regione a quella che si è rivelata una delle piu’ potenti macchine mangiasoldi risale al maggio-giugno di quest’anno, mesi in cui sono stati elargiti 250 mila euro, mezzo miliardo delle vecchie lire, per far fronte alle esigenze piu’ urgenti dei ricoverati e per corrispondere ai dipendenti una parte degli stipendi arretrati. I consulenti del giudice sono adesso al lavoro per individuare la destinazione finale delle ingenti risorse sottratte all’Istituto e quindi ai malati. L’altro filone delle indagini riguarda le coperture politiche di cui il prelato godeva e che pare si diramino in tutta la penisola italiana. Dalle indagini eseguite dalla Guardia di Finanza si evince che le movimentazioni accertate seguono il flusso dei finanziamenti regionali elargiti per l’assistenza. Uno degli impegni maggiori del PM Facciola consiste nel ricostruire l’intricato e diffuso sodalizio creato dal sacerdote, nel quale pare svolgessero un ruolo importante personalità politiche locali e regionali.
Il caso Luberto è un vero e proprio terremoto per la chiesa cosentina, impegnata da anni a gestire un’altra questione dolente: quella di padre Fedele Bisceglia, il frate responsabile dell’Oasi Francescana di Cosenza, arrestato con la gravissima accusa di violenza sessuale. Per ambedue i casi i fedeli rimproverano alla chiesa cosentina gli inconcepibili silenzi, le complicità ed i mancati controlli nei confronti di amministratori che gestivano risorse importanti in una regione dove l’intrallazzo e l’appropriazione indebita sono diventate regole di vita. E’ appena il caso di ricordare che in Calabria ben 34 consiglieri regionali su 50 sono indagati dalla magistratura e che le vicende denominate “parentopoli” hanno messo a nudo un sistema tumorale che ha devastato, oltre al territorio, la coscienza civile e morale di un’intera regione. Persino i recenti test di ammissione alle facoltà mediche dell’Università di Catanzaro sono oggetto di indagine e si prevede con molta probabilità il loro annullamento, avendo trovato, il personale dell’ateneo calabrese, delle buste contenenti le tracce manomesse. Il coordinatore della Sinistra Democratica, On. Nuccio Iovene, appartenente al “correntone” di Mussi, ha dichiarato recentemente al quotidiano “La Provincia Cosentina” che bisogna finirla con i trasversalismi, che occorre porre fine a “Calabresopoli” ed alla cappa che impedisce la partecipazione democratica. Dure critiche piovono sulla Regione da parte dei rappresentanti della commissione parlamentare antimafia.
Tratto da: Rivistaonline, 13 settembre 2007
I FARISEI DEL TERZO MILLENNIO
A PARTE PADRE PIO, GIÀ SANTO E BEATO, PADRE ALEX ZANOTELLI, MISSIONARIO VIVENTE, DON LUIGI CIOTTI, MISSIONARIO VIVENTE, MADRE TERESA, GIÀ BEATA, E ALTRI RELIGIOSI CATTOLICI DEL PASSATO E DEL PRESENTE, LA CHIESA CATTOLICA VATICANA È STRACOLMA DI SCANDALI TALI DA FAR VERGOGNARE E OFFENDERE IL PADRE DI GESÙ, ADONAY, LA MADRE MYRYAM E LO SPIRITO SANTO STESSO.
COSA POSSIAMO DIRE? COSA POSSIAMO RIPETERE PIÙ DI QUANTO ABBIAMO DETTO E SCRITTO?
VOGLIAMO RICORDARVI ANCORA UNA VOLTA:
L’ANTICRISTO È RIVELATO CON TUTTE LE SUE MEMBRA, TENTACOLI E TESTE!
L’IDRA DAI MILLE VOLTI È NELL’ULTIMA PARTE DELLA SUA MALVAGIA TIRANNIA.
I FARISEI DI OGGI!
MOLTI DI QUESTI SONO AL SUO SERVIZIO.
L’OPPOSITORE DELL’ANTICRISTO, GESÙ IL FIGLIO DELL’UOMO, IL MESSIA, È SULLA TERRA E PRONTO PER RIVELARSI CON POTENZA E GLORIA NEL MONDO.
AI FARISEI PARTIGIANI DEL MALE VOGLIAMO RICORDARE CHE CRISTO DISSE: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché cosi voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci” (Vangelo, Mat 23, 13).
“È dopo aver invitato i discepoli a farsi piccoli e ad accogliere i bambini, che Gesù parla, con grande severità dello scandalo arrecato ad altri: «Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!» (Vangelo, Mt. 18,6-7).
STATE ATTENTI QUINDI, LA BATTAGLIA DI ARMAGHEDDON È IN CORSO.
SAREBBE SAGGIO E GIUSTO, PER IL CAPO DELLA CHIESA CATTOLICA VATICANA, PRENDERE SERI PROVVEDIMENTI CONTRO MOLTI DEI SUOI MINISTRI CHE SONO DI FATTO CAPI O FAVOREGGIATORI DI MENTI MALATE, DI SPIRITI PERVERSI, DI CUORI COLMI DI SETE DI POTERE E SENZA AMORE.
È SOLO UN CONSIGLIO, UN MESSAGGIO CHE VI TRASMETTIAMO TRAMITE UN TESTIMONE DELLA VERITÀ!
PACE!
GIORGIO BONGIOVANNI
14 Settembre 2007. Ore 15:30