LA GIUSTIZIA
DAL CIELO ALLA TERRA
VOSTRO SETUN SHENAR
Buenos Aires (Argentina)
18 marzo 2005. Ore 7:00
G. B.
P. S. Leggete, meditate e deducete uno scritto del mio amico e fratello Flavio Ciucani
Dipinto di Bruce Pennington
La Giustizia del Santo Spirito
Di Flavio Ciucani
In questo nostro tempo, in cui sembra una moda farsi paladini della “libertà”, e molti ne fanno il motto di partiti e movimenti politici, in cui tutto sembra a portata di mano, ogni desiderio, ogni necessità, ogni divertimento, e perché no, ogni abuso, la parola “giustizia” viene manipolata a proprio vantaggio ideologico e partitico. Cos’è la “giustizia”? E’ quella che rispetta la propria “libertà”? Ma “libertà” di cosa? Del libero pensiero. Della libera imprenditoria. Della libera morale. … E chi più ne ha, più ne metta! In questa nostra epoca sembra che tutto faccia parte della “libertà”. Ne consegue che la “giustizia” non deve intaccare il “tutto libero”.
Onestamente non penso che il problema principale sia il concetto di “libertà”, ma che cosa sia effettivamente la natura e il ruolo della “giustizia”. Per chi pone alla base della propria ricerca i valori dello spirito prima ancora di quelli della materia, ha il dovere di confrontarsi con gli insegnamenti di Colui che noi chiamiamo Maestro, Gesù Cristo. Egli infatti agli apostoli sbigottiti, prima che venisse “rapito da una nuvola” (At. 1, 9) verso il cielo e che scomparisse alla loro vista, diede una precisa direttiva: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato.” (Mt. 28, 19-20). Per alcuni la formula fondamentale della vera giustizia viene trovata in Matteo 5,6: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.” E’ questa certamente uno dei comandamenti lasciati da insegnare. Ma l’espressione, nella traduzione usata dalla CEI, da il senso di una normalità quasi fisiologica: aver fame è un istinto che si assopisce nel momento della sua soddisfazione.
In tutte le altre traduzioni si lascia intatto il senso greco dei verbi πεινάω (peináo) e διψάω (dipsáo) che significano essere affamato e essere assetato, che suggeriscono una ricerca affannosa di sopire un desiderio che stenta ad appagarsi. In questo caso la giustizia va ricercata, bramata, fa parte della insofferenza umana di raggiungere un fine che sembra non arrivare mai. In questo senso si spiegherebbe l’altro insegnamento: “Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.” (Mt. 5, 10) Il senso della “beatitudine” risulta diverso da quello che di solito si tende di attribuirgli: la persecuzione non avverrebbe per una mancanza di giustizia, dall’essere accusati ingiustamente, ma per il loro attaccamento alla continua necessità di ricercare la giustizia, perché sono affamati e assetati di giustizia. Perché costoro guardano il mondo con occhi diversi, scrutano gli avvenimenti con la consapevolezza del divenire, si comportano socialmente nella maniera di rettitudine che dà fastidio a chi detiene il comando, e quindi vengono perseguitati. Le sensazioni cambiano, la visuale si allarga, la parte materiale si affievolisce e appare un significato più ampio di giustizia. Ma se sono anche “beati gli umili e i poveri” va in secondo piano anche la cavillosità delle leggi umani, la loro ambiguità di significato. Resta quindi valida l’espressione evangelica: “Un’opera sola ho compiuto, e tutti ne siete stupiti. Mosè vi ha dato la circoncisione e voi circoncidete un uomo anche di sabato. Ora se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la Legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché ho guarito interamente un uomo di sabato? Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio!” (Gv. 7, 21-24). C’era un’espressione al tempo di Gesù che dava il senso di chi si comportava secondo il giusto giudizio, di colui che analizzava gli avvenimenti sottraendosi ai codicilli della legge, ma secondo il criterio universale dell’armonia della finalità: vir justus. Uomo giusto era Giuseppe che non si è fatto condizionale dalla tradizione levitica di ripudiare Maria incinta che al giudizio umano dei paesani era un’adultera; uomo giusto era Noè che ha vinto la derisione degli uomini e ha obbedito agli ordini datigli da Dio. Per costoro vale il salmo 25: “Guiderà gli umili nella Giustizia e insegnerà gli umili alla sua via”. “Veramente quest’uomo era giusto” gridava, indicando Gesù morto in croce, il centurione romano, sbalordito e confuso dall’ultimo urlo di Gesù spirante e dal buio improvviso.
Ma come conseguire e comprendere in pieno la giustizia? Se la giustizia è l’adeguamento all’ordine universale, all’armonia che regola l’Universo intero, bisogna guardare più in alto per ispirarsi al giusto giudizio, a una Giustizia che valga sempre, che si può praticare ovunque. Ancora il salmo 45 viene in nostro aiuto e ci illumina: “Il tuo trono, oh Dio, dura in eterno, lo scettro del tuo regno è uno scettro di Giustizia”. Quindi il Regno di Dio è retto da e con Giustizia. Quando si parla del Regno dei Cieli si fa riferimento alle leggi universale che regolano il Creato: la Creazione che il Santo Spirito ha ordinato, reso sensibile nel visibile e nell’invisibile, vivificato con una scintilla del suo stesso Spirito. Non può essere escluso, in questa sconfinata vitalità resa immortale dal Santo Spirito, gli innumerevoli esseri viventi, che hanno colonizzato gli infiniti mondi, nel rispetto delle leggi universali che li hanno resi capaci di realizzare una civiltà e una scienza per noi inconcepibile. In questo concetto quale ruolo ha avuto, ha e avrà Gesù Cristo?
Nell’apparizione a La Salette del 19 settembre 1846, la Vergine Maria aveva dato ai bambini veggenti un messaggio “criptato”, per loro naturalmente, non per la gerarchia ecclesiastica e per i reggenti della politica. La madre di Dio aveva mostrato un crocifisso, che “sembrava vivo”, al centro dei simboli del liberalismo e del comunismo. La Chiesa cattolica aveva perfettamente dato la giusta lettura al messaggio, promulgando l’enciclica Rerum novarum. Nel rapporto sociale tra gli uomini devono essere messi al centro i valori lasciati da Cristo ai suoi discepoli i quali, per ordine stesso di Gesù, dovevano insegnare a osservare. Evidentemente il suo messaggio, dal quale era nato un movimento che, sconfinato dalla Palestina, si era diffuso in tutto il mondo, non era stato capito, per cui l’intervento della Madonna arrivava a porre il giusto equilibrio tra i rapporti umani.
Stiamo vivendo gli ultimi tanti, i cui segni sono evidenti, e continuiamo a pregare “venga il tuo Regno in Terra come è nel Cielo”. Noi abbiamo la promessa di Gesù che sarebbe ritornato con potenza e gloria, accompagnato da quegli Esseri di Luce dalla scienza inconcepibile. Egli ritornerà a giudicare l’operato degli uomini, l’attuazione dei suoi comandi, e con l’aiuto degli Esseri, che lo accompagnano, “creerà” il Regno in terra.
Giovanni, nell’Apocalisse (20, 11), ha la visione dell’opera di Cristo: “Poi vidi un grande trono bianco e colui che vi sedeva sopra. La terra e il cielo fuggirono dalla sua presenza e non ci fu
più posto per loro”. La stessa cosa diceva il profeta Isaia (65, 17): “Poiché, ecco, io creo nuovi cieli e una nuova terra; non ci si ricorderà più delle cose di prima; esse non torneranno più in memoria.” L’apostolo Pietro, che aveva assistito alla trasfigurazione di Gesù in Luce abbagliante e che vestito della stessa Luce lo aveva visto scomparire il cielo su di una nuvola splendente, così ricorda ai primi cristiani il ritorno dello stesso Gesù: “Il giorno del Signore verrà come un ladro: in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi infiammati si dissolveranno, la terra e le opere che sono in essa saranno bruciate. Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi, quali non dovete essere voi, per santità di condotta e per pietà, mentre attendete e affrettate la venuta del giorno di Dio, in cui i cieli infuocati si dissolveranno e gli elementi infiammati si scioglieranno!
Ma, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la giustizia.”
Cristo quindi sarà il “creatore” della nuova terra dove si instaurerà la giustizia nella sua completezza. Questo significa che chi tornerà non è proprio quel Cristo che simo abituati a conoscere: egli infatti si siederà su un trono regale, ma con le competenze di giudice del Padre, e con il potere creante dello Spirito Santo. E la Giustizia sarà fatta!
Flavio Ciucani
27 Dicembre 2016