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LA FINE DEL MONDO PASSA PER L'ATOMO
Il terremoto in Giappone e l'incidente di Fukushima confermano che l'uomo non è in grado di controllare gli effetti distruttivi del nucleare. Come si era capito già nel 1945 con la bomba su Hiroshima
Adesso possiamo prevedere come finirà il mondo, abbiamo appena fatto la prova generale. Un terremoto sottomarino, di quelli frequenti nell'oceano Pacifico, ha prodotto uno tsunami che ha fatto crollare una centrale atomica, le sbarre di uranio stanno entrando in fusione, c'è il rischio che la morte atomica si allarghi per centinaia di chilometri portata dal vento e dalle piogge, e che gli uomini in fuga dal flagello distruggano il sistema economico, non ci sia più da vivere per tutti, sanguinose guerre di sopravvivenza facciano strage, nessun governo nazionale e internazionale riesca a vincere il caos.
In quella lontana estate del 1945 la notizia che una bomba atomica era esplosa su una città del Giappone pareva a noi occidentali quasi normale: una nuova arma fra le centinaia di nuove armi era apparsa sui campi di battaglia, ciascuno di noi sopravvissuto al massacro poteva dire come quel senatore americano amico di Truman: "Evviva, diamogli addosso a quelle facce gialle dei giapponesi". Ma non si trattava di una punizione dei cattivi e di un trionfo dei buoni, si trattava dell'inizio della fine del mondo, compreso il genere umano, si trattava del via libera al mostro atomico, una forza incontenibile capace di distruggere tutto e tutti.
Possibile che gli scienziati che la fecero, questa bomba, non se ne fossero resi conto? Se n'erano resi conto, ma erano prigionieri della loro opera, non potevano dire di no a una bomba infernale fra le infernali ma che metteva fine a un conflitto che aveva insanguinato il mondo intero.
La centrale di Fukushima fuori controllo in Giappone, proprio nel paese in cui il mostro atomico si vide per la prima volta in tutto il suo orrore, è la prova inconfutabile che il dolce mondo in cui siamo nati porta in sé una condanna a morte che lo minaccerà fino al giorno della sua distruzione, quella potenza distruttiva dell'atomo che l'umano ottimismo pensava di poter controllare è invece risultata incontenibile.
Il lucido pessimismo di Oppenheimer non bastò a evitare la scelta sbagliata. Egli fu uno di coloro che fabbricarono la bomba per salvare il mondo dal mostro nazista e capirono solo tardi, solo a disastro avvenuto, che si trattava di una falsa salvezza, che il mondo era stato consegnato a uno sterminio atomico rimandabile ma inevitabile.
Oppenheimer e altri come lui capirono che avevano aperto la strada all'apocalisse, ma erano impotenti di fronte a un presidente degli Stati Uniti come Truman, arrivato dall'America isolazionista, che si esprimeva in modo feroce e sincero nel plaudire a ogni bomba che fosse utilizzabile contro le facce gialle.
Nel film sulla decisione di usare la bomba compare un senatore americano che sembra l'uomo della cecità umana: piccolo, tracagnotto, sicuro di sé. La bomba? Ma lanciatela subito, è la nostra salvezza. E invece è il mostro che ci portiamo dietro per cui le massime potenze del mondo sono riuscite finora (ma per quanto?) a firmare dei patti di non proliferazione atomica, patti risibili dato che ognuna delle grandi e medie potenze possiede un numero di bombe sufficiente a distruggere il mondo le cento e le mille volte. E il piccolo senatore è fiero di aver voluto e approvato la nascita di una scienza atomica suicida, quella luce accecante che vediamo prefigurata da Picasso a Guernica, il mostro che sputa fuoco sopra uomini e bestie impazzite.
Arriva dal Giappone la conferma che questo mostro è stato come sempre affidato a coloro che per denaro erano pronti a liberarlo, ai costruttori di armi infernali che non hanno rispettato le cautele e le misure, che hanno creato le fabbriche di morte dentro una delle province più popolate del Giappone, la morte atomica che deforma e avvelena la popolazione dei quartieri più popolosi.
E ancora, a disastro avvenuto, la certezza che per il denaro si continua a mentire, a non dire come stanno realmente le cose in Giappone e altrove. Potremmo dire che la vera arma infernale nel mondo è la sete di denaro, a cui non resiste nessuno.
di Giorgio Bocca
L'ESPRESSO 6 MAGGIO 2011

fukushima-marFUKUSHIMA: GLI INVALICABILI DETRITI RADIOATTIVI NEI REATTORI E IL MISTERO DELL'AUMENTO DELLA CONTAMINAZIONE IN MARE
Ordinato a chi vive in alcune

CHERNOBYL 25 ANNI DOPO MA PER LE SCORIE È SOLO UN ISTANTE
Ban Ki-moon nella centrale dove il “sarcofago” non tiene più

CONDANNATI A VIVERE CON LE SCORIE RADIOATTIVE IN CASA
A Lumezzane hanno costruito un bunker dove verranno depositate 150 tonnellate di materiale contaminato. Ma nessuno lo sapeva.

NUCLEARE: 'L'ESPRESSÒ, ECCO LA MAPPA DEI SITI DI SCORIE = IN ITALIA 100 MILA MC DI SPAZZATURA RADIOATTIVA
Roma, 14 apr. - (Adnkronos) - In Italia

APOCALISSE FUKUSHIMA
La centrale nucleare è fuori controllo. Le autorità giapponesi non sanno come muoversi. Non possono cementificare prima di settembre.

NEL GIAPPONE IN GINOCCHIO UN MESE DOPO LO TSUNAMI
Viaggio attraverso sedici luoghi mutati: 500 km che non saranno mai più gli stessi
Centinaia di persone vagano alla ricerca di paesi rurali spopolati da occupare
Dopo l´inferno che abbiamo vissuto, è chiaro che muraglie frangiflutti e cemento antisismico non bastano Nessuno può più imbrogliarci
Sale e lagune hanno distrutto i campi. Per cinque anni non si potrà piantare e i prodotti saranno invendibili. E la pesca è una bomba pronta ad esplodere
ishinomaki
L´eccesso della natura e la miseria degli uomini: l´amplesso cieco che alle 14.46 di venerdì 11 marzo 2011 ha generato la fine di un´era, non solo del Giappone. Nella città che non esiste più è scomparsa anche l´anonima ragazza con i capelli e gli stivali rossi, rimasta impressa nelle prime immagini assetate di morte e di bellezza. Il vano viaggio attraverso sedici luoghi mutati, iniziato per chiederle chi fosse allora e chi sia diventata poi, penetra dunque nello spazio che essa ha lasciato, salvando la forza vuota della sua più vasta rappresentazione. Tornare nel Nordest del Tohoku, risalendo di spiaggia in obitorio, permette di rivedere il profilo spietato, per così dire interiore, della contemporaneità sul pianeta. Esplora però anche il nucleo di una nazione nuova, sospesa fra il tramonto di una generazione vecchia che si congeda, confondendo i propri errori con la fatalità, e l´aurora di un popolo giovane che inizia a riconoscersi, unito dalla necessità sadica di vivere. Terra e mare hanno ridefinito qui il loro territorio, respingendo gli umani oltre il confine che non possono varcare. Ma le scosse più violente e più costose della storia non si sono limitate a ristabilire un ordine idrogeologico tra i viventi. Hanno scatenato il conflitto, represso da oltre vent´anni, tra i due elementi anagrafici della popolazione: e i giapponesi ora sanno che senza una drammatica mutazione, sancita da un passaggio delle consegne, anche una ripresa indesiderata si rivelerà impossibile.
Cinque giorni nell´epicentro del terremoto, prolungato dal bruciore delle radiazioni atomiche e dal violento assestamento di giovedì notte, non bastano per intuire il destino delle persone vive e delle città morte. Sono però sufficienti per descrivere l´aspetto di un paesaggio ad ogni risveglio sconosciuto e i sentimenti di una massa privata di ogni certezza: chi nell´oceano ha perso la faccia e chi nel fango ha ritrovato l´onore.
Cinquecento chilometri di costa, qualche ora a nord di una delle capitali più ricche e moderne della terra, restano deserti, invasi da montagne di macerie espulse e di cadaveri inghiottiti, impregnati da un odore salino di scolo marcito. In vaste zone sono tornati elettricità, telefono, un po´ di acqua ufficialmente potabile e qualcosa di commestibile. Non si muore più di freddo e a decine hanno contratto il tifo. Si incontra qualcuno lavato da poco, coperto con abiti adatti. Individui soli scavano in distese di immondizia, cercano corpi e oggetti con le mani, piantano una bandiera rossa sul luogo dove presumono sorgesse la propria casa.
Sommozzatori e soldati chiusi in tute antiatomiche frugano nella melma fredda, sperando di imbattersi in un arto. Ora è possibile incrociare un sorriso e perfino il cedimento a una speranza.
Questa colpa, assieme all´ignominia di essersi fatti raggiungere dal Pacifico, definisce il significato nuovo della normalità. Un mese dopo, le vittime dello tsunami hanno accettato di esistere al minimo, senza seccare connazionali e stranieri, in attesa di capire come sarà la loro seconda vita. Nei centri di raccolta, tra Minami-soma a sud, nella prefettura di Fukushima, e Yamadamachi a nord, in quella di Iwate, duecentomila senza tetto accorciano la notte con una doppia litania. Il racconto della propria salvezza e dei defunti altrui. I numeri incalcolabili dell´epopea collettiva: 28 mila vittime, 600 mila sfollati, 30 milioni di tonnellate di detriti, 200 miliardi di euro di danni, Pil nazionale tra meno 3% e meno 5%, dieci anni per ricostruire. Narrare la catastrofe dona un sollievo misterioso, guarisce la fatica di fughe senza fine, ma contribuisce a motivare la scelta della maggioranza: andare via.
La scossa del nono grado ha riplasmato l´Honshu: l´isola s´è orientata 2,4 metri più a est e decine di villaggi sono sprofondati cinque metri sotto il livello del mare. L´onda alta 34 metri, i tremori e gli allarmi continui, si apprestano però a ridistribuire la popolazione sul territorio, riportandola all´interno e in quota, come secoli fa. Chi si sente vivo, pure se orgogliosamente reduce da tre o quattro tsunami, resta sconvolto dal terrore della marea, o dal presentimento di ricostruire per la prossima apocalisse. «Muraglie frangiflutti e cemento antisismico non bastano - dice Yuko Shida, panettiere di Ofunato - Nessuno può più imbrogliarci». Anche la fede nel mito dei propri primati, il complesso dell´invincibilità, risultano demoliti. Decine di gruppi di ecosfollati, fino a 300 persone, vagano oggi nell´entroterra alla ricerca di vecchi paesi rurali spopolati, da occupare. Altre carovane di profughi alimentari, in fuga da case intatte ma vuote di cibo, si spostano di rifugio in rifugio seguendo le consegne dei pasti, lontano dal mare. L´esodo dalla costa tradisce la rivoluzione antropologica in atto: un popolo di pescatori, insediato sull´oceano, cerca di recuperare la tradizione agraria, ritornando contadino e di montagna. «Sale e lagune - dice Michiyo Takahashi, orticoltore di Minami Sanriku - hanno distrutto i campi del litorale. Per almeno cinque anni non si potrà piantare, per un decennio i prodotti saranno invendibili. E la pesca è una bomba pronta ad esplodere».
E´ l´ultimo scandalo della lezione sprecata di Fukushima. Migliaia di tonnellate di acqua radioattiva scaricata nel mare, pesce e pioggia tossici, senza confini. Cesio, iodio e plutonio si aggiungono a equipaggi, flotte e porti distrutti. Nessuno, nemmeno nella Tokyo snob e fatalista, si fida più del pescato. La tragedia dell´acqua contaminata è una vergogna globale incredibilmente accettata.
Prelude alla fine della civiltà peschereccia del Nordest e ad uno sconvolgimento alimentare, ma conclude in particolare la parabola della classe dirigente nazionale. Burocrazia preistorica, politica corrotta ed economia cieca sono l´altra faccia dell´educata deferenza giapponese. Un mese dopo lo tsunami, ai superstiti è però chiara una realtà: la catastrofe era evitabile e prevedibile, il potere si è confermato in ritardo su ogni crisi e inadeguato ai problemi. «Quando tirano l´imperatore fuori dal sarcofago - dice Ryuiu Yamamoto, fabbricante di tatami a Taro - significa che siamo nei guai». In verità dice «il vecchio» e «siamo nella merda» e la rara scurrilità sottolinea la rabbia ed il disprezzo nuovi delle vittime verso una nomenclatura concentrata sugli interessi finanziari, piuttosto che sulle condizioni delle persone. I reattori di Fukushima sono esplosi perché s´è tentato di tutelare gli investimenti privati nella centrale. La radioattività resta avvolta nella reticenza per prolungare la crisi del governo.
Centinaia di sopravvissuti al sisma sono morti perché leggi-truffa hanno impedito per giorni di distribuire viveri, medicine e coperte, di percorrere strade, di ridurre le scorte di carburante, di scongiurare black-out, o di atterrare agli elicotteri. «Oggi esibiamo ordine e organizzazione - dice Hiromi Onodera, madre di una bambina di tre mesi uccisa dalla sete a Nobiru - ma fino a ieri s´è badato a stabilizzare la Borsa. Forse è il momento di smetterla di inchinarsi e di chiedere scusa». Il sacrificio dei kamikaze di Fukushima commuove il Paese e rincuora il cinismo del mondo. Ma a Onagawa 360 sfollati vivono tra i reattori di una centrale in crisi ufficialmente spenta, convinti che le turbine protette dal cemento armato siano il solo luogo sicuro della nazione. A Minamisoma 25 mila abitanti sono rimasti tappati in casa per quattro settimane, isolati e dimenticati senza viveri, come appestati, salvati infine dall´appello del sindaco su Youtube. Dentro i trenta chilometri off-limits di Fukushima la popolazione è abbandonata, chiusa nelle abitazioni sbarrate dall´esterno, esposta alle esalazioni atomiche e circondata da 2453 cadaveri putrefatti che nessuno vuole recuperare. I forni crematori contano migliaia di salme in attesa e anche in queste ore, per la prima volta, si seppelliscono corpi, o gli oggetti prediletti degli scomparsi, dentro fosse comuni. A Kesennuma, dove è crollata una casa su tre, esplode l´emergenza economica che lungo tutta la costa umilia chi non è morto. Molte assicurazioni non coprivano il rischio-tsunami, i risarcimenti non arrivano, gli stipendi sono finiti assieme al lavoro. Restano i mutui da pagare su edifici, auto e barche spazzati via.
Isamu Hashiba, falegname di Onagawa, scappa con la famiglia dal centro di raccolta. Quello che hanno, è buttato in una carriola. «Devo alla banca ottantamila yen al mese - dice - ma non li ho». Nessuno piange più e chi resta sulle distese di melma, nei quartieri cancellati di città non recuperabili, avverte che di fronte a queste nuove emergenze ignorate il problema di trovare quindicimila dispersi, spostare montagne di macerie e costruire cinquantamila prefabbricati in tre mesi, non rappresenta una priorità. La missione impossibile ora è salvare una comunità che si considera morta e che è decisa a partire per luoghi casuali e lontani, come se l´ignoto fosse un surrogato dell´oblìo. Entra nella storia come il «Grande sisma Tohoku del Nordest» e lascia 400 mila individui che non sanno come e dove vivere, migliaia di orfani e di ragazzi tentati di non credere che i sogni sono più veri degli incubi, un popolo minacciato da una tecnologia ingovernabile che non osa mettere in discussione, dopo che l´ha sterminato nel 1945 e riscattato nel dopoguerra. Sostando dentro sedici ex località, i nuovi non-luoghi del Giappone sparito, tra irrisolte difficoltà sovrumane e imperdonabili omissioni, dopo un mese non si può però ignorare la forza umana della volontà di risorgere, sostenuta da una disciplina d´acciaio. E´ uno spirito diffuso, impressionante per la sua assurdità, fondato sulla solidarietà, che distingue la gente semplice dai potenti che fingono di governarla. A Ishinomaki la ragazza dai capelli rossi ha lasciato i suoi stivali rossi dove tutti la ricordiamo, davanti allo scheletro della soglia di casa. Viene da pensare che qui i ciliegi torneranno a fiorire presto, forse già domani e per lunghi anni e che la felicità non è perduta. Le vittime vogliono sconfiggere l´oceano e il terremoto e questa resistenza alle avversità può essere incomprensibile, ma rappresenta un dono che infrange la disperazione di giorni quieti e vani. Tsukaito Ito, 84 anni, ultima geisha di Kamaishi, dice che «lo tsunami è una bocca spalancata, che inghiotte tutto ma che poi si chiude». Alle 14.46 dell´11 marzo si stava imbiancando per lo spettacolo nel ryotei Saiwairo. E´ stata salvata da un ammiratore. Si è ricordata che è l´unica, nella prefettura di Iwate, a ricordare la canzone che si dedicava ai giovani samurai in partenza per la battaglia. La signora Tsukaito, raccolta nel fango per la grazia della sua storia, qui resta una bellezza ricercata. Suonerà ancora lo "shamizen" e tornerà a danzare, come sempre, fino alla fine.
Giampaolo Visetti
LA REPUBBLICA 9 APILE 2011
DENTRO L'INFERNO DI FUKUSHIMA
Ecco dei giornalisti veri, con le palle. Una troupe è entrata in auto dentro la zona deserta attorno Fukushima.

FUKUSHIMA: MILLE CADAVERI CONTAMINATI ABBANDONATI IN STRADA
Un migliaio di corpi senza vita abbandonati per terra nel raggio di venti chilometri intorno alla centrale di Fukushima.

Un'immagine terribile, soprattuto perché i cadaveri sono lasciati al loro destino dall'11 marzo scorso, giorno del terremoto. I corpi, infatti, sono radioattivi e c'è tuttora un elevato pericolo di contaminazione. Per questo, anche solo prelevare i Dna per identificare le vittime rappresenta una scommessa la cui posta in gioco è la vita del tecnico che esegue le analisi. Senza contare il successivo problema del luogo dove metterli: la cremazione produrrebbe infatti fumi radioattivi e la sepoltura contaminerebbe il suolo.
E così vengono lasciati lì distesi a terra. Uno scenario da film dell'orrore in cui i vivi lasciano dietro di sé chi non ce l'ha fatta e si allontanano dal puzzo di morte in cerca della salvezza.
Intanto i livelli di radiazione dell'acqua del mare nei pressi della centrale hanno superato di 4.385 volte i limiti considerati non dannosi per la salute. E il sindaco di Fukushima Katsunobu Sakurai lancia un disperato appello su Youtube: «Siamo abbandonati a noi stessi, rischiamo di morire di fame – dice nel video sottotitolato in inglese – Anche i volontari e chi consegna gli aiuti non hanno altra scelta che entrare in città a proprio rischio e pericolo. Rischiamo di essere costretti a morire di fame».
E si cercano soluzioni per ridurre la radioattività. Un metodo potrebbe essere quello di spargere resina solubile in acqua sulla superficie del terreno per circa due settimane, a partire da oggi, come test per provare a trattenere la polvere radioattiva ed evitare la sua dispersione nell'aria.
di Luigi Nervo
1 aprile 2011
http://www.nuovasocieta.it/esteri/25584-fukushima-mille-cadaveri-contaminati-abbandonati-in-strada.html
japonradiactivityGIAPPONE, UN FIUME RADIOATTIVO SFOCIA NEL MARE
Rilascio "controllato" dell'acqua contaminata di Fukushima nel Pacifico
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