PARTE PRIMA
Ho dato volutamente in questo mio ultimo lavoro il titolo: “Gesù è laico e pratica l’antimafia”, rivolgendomi al verbo presente, perché Gesù è protagonista di questa storia, personaggio storico, vero, non è mai morto, infatti egli dopo essere stato condannato a morte mediante crocifissione, dopo tre giorni resuscitò e vive in eterno. Così come rimane vivo perennemente l’eco delle sue gesta e della sua opera. Il suo messaggio, l’informazione, la verità che diede in quell’angolo di mondo dove visse, oggi è più viva e attuale che mai. Dopo venti secoli, non è venuta meno, nemmeno di una virgola. Ricordate, così egli profetò: “In verità vi dico che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”, Mt. 24, 34-35.
Prima di proseguire in questo racconto credo sia necessario fare una precisazione, capire bene il concetto di “laico” e il concetto di “mafia”. Anche se la parola mafia è una parola moderna, nata poco più di un secolo fa, descrive molto bene l’espressione di valori negativi, vicende ed atti umani che sono successi e si sono succeduti nella storia dell’umanità nei secoli dei secoli.
Chi è un laico: “Laico è colui che nel campo delle proprie attività rivendica un’assoluta indipendenza dalla chiesa o potere religioso costituito, o di altre confessioni religiose”.
Laico deriva dal latino “laicus”, che a sua volta deriva dal greco “laikos”, cioè “del popolo”, contrapposto a chierico.
Mafia
Mafia o mentalità mafiosa. Per mafioso si intende: “che, o chi, al potere della legge tende a sostituire il potere, l’autorità o il prestigio personale, imponendo gli interessi propri o di un gruppo ristretto, e difendendo a oltranza i propri amici a danno di altre persone o del popolo”.
La mentalità mafiosa, o cultura mafiosa, non riguarda esclusivamente la mentalità della criminalità organizzata, ma ha una accezione più ampia poiché con essa s’intende la negazione delle regole sociali a favore delle regole private, egoiche e familiaristiche. Per mentalità mafiosa s’intende ogni forma di criminalità, organizzata e istituzionalizzata, volta a perseguire e proteggere interessi personali egoici o di gruppo, nei confronti della società costituita democraticamente e legalmente.
La legge 416 bis del codice penale individua il “metodo mafioso” mediante la fissazione di tre parametri caratterizzanti: forza intimidatrice del vincolo associativo, condizione di assoggettamento, condizione di omertà. Tutti e tre questi elementi sono da considerare necessari ed essenziali perché possa configurarsi questo reato associativo.
Antimafia, o movimento antimafia, è un termine generico con il quale sono indicati i movimenti spontanei contro la mafia e la criminalità organizzata.
Gesù è laico e pratica l’antimafia
PARTE SECONDA
In questa seconda parte ci occuperemo dell’aspetto storico e degli ultimi giorni di Gesù, prima di essere crocifisso.
Un dato è certo: «Gesù fu condannato a morte durante il regno di Tiberio, dal governatore e prefetto della Giudea Ponzio Pilato». Così ci informa negli «Annali» Publio Cornelio Tacito, celebre senatore e storico romano. Lo stesso afferma, nelle «Antichità Giudaiche», Giuseppe Flavio, celebre storico giudaico, aggiungendo dei dati di grande interesse: “Gesù attrasse a sé molti Giudei e molti individui di origine greca. E quando Pilato, a causa di una accusa mossa dagli uomini più importanti fra noi, lo condannò alla croce, coloro che prima lo avevano amato non cessarono di farlo”.
Tutti questi dati concordano con quanto sappiamo da fonti cristiane. Possiamo riassumerli così:
1) Gesù fu giustiziato su una croce.
2) La sentenza fu emessa dal governatore romano.
3) Vi fu previamente un’accusa da parte delle autorità Giudaiche.
4) Venne crocifisso soltanto Gesù, nessuno si preoccupò di eliminare i suoi seguaci.
Cosa significa
Ciò significa che Gesù venne considerato pericoloso, perché con il suo operato e il suo messaggio, nonostante fosse mite e pacifico, denunciava alla base il sistema vigente. Ma né le autorità giudaiche, né quelle romane, videro in lui il capo di un gruppo d’insorti; se fosse stato così avrebbero agito contro l’intero gruppo. Infatti così avvenne intorno all’anno 45 con Teuda, ribelle ebreo e i suoi seguaci, contro i quali il governatore Cuspio Fado inviò uno squadrone di cavalleria causando innumerevoli morti. Come così successe fra il 53 e il 55, quando il procuratore romano della Giudea, Marco Antonio Felice, mandò i suoi soldati contro un profeta popolare detto l’egiziano, uccidendo 400 dei suoi seguaci.
Nel caso di Gesù, vista la sua indole mite e pacifica, i capi dei Giudei e il procuratore romano Ponzio Pilato decisero che fosse sufficiente eliminare il leader, ma bisognava farlo terrorizzando i suoi seguaci ed i suoi simpatizzanti.
Nulla di più efficace, una crocifissione pubblica davanti a tutto il popolo.
Gesù laico
PARTE PRIMA
Gesù di Nazareth fu un predicatore ebreo che visse agli inizi del primo secolo, nelle regioni della Palestina, tra Galilea, Samaria e Giudea. Quei territori all’epoca erano provincia dell’impero romano, quindi sottomessi alla tirannia di Roma. Tutti i popoli, anche se sottomessi alla tirannia militare di Roma, avevano libertà di culto purché non in conflitto con le leggi e l’ordine sociale dell’impero, a quel tempo sorretto dall’imperatore Tiberio.
Gesù proviene da quelle regioni, Galilea e Giudea, dove si professava la religione Giudaica. Culto incentrato sul sacrificio e sul sacerdozio del Tempio di Dio, a Gerusalemme, al tempo centro religioso e spirituale del popolo ebraico. Il tempio, il culto, il sacerdozio, erano tutte istituzioni mediatrici create con l’obbiettivo di servire da canale di comunicazione con Dio. Il tempio era il luogo dove tu potevi incontrare Dio; il rispetto della legge era la tua santità per essere ben gradito a Dio; il culto era il modo con cui entravi in contatto con Dio; I sacerdoti erano le figure deputate a metterti in contatto con Dio.
Il culto consisteva, praticamente, nella conoscenza e nel rispetto delle leggi Mosaiche che erano riportate sui testi sacri, trascritti su diversi rotoli (libri), tra cui i più importanti sono la Torah e la Tanakh, comunemente conosciuta come la Bibbia ebraica. Altri testi, anch’essi di una certa rilevanza, sono il Talmud e il Midrash, che non rappresentano la Bibbia ma piuttosto testi esegetici che raccolgono gli insegnamenti di migliaia di Rabbini e studiosi delle sacre scritture, detti Scriba.
Al tempo di Gesù il Giudaismo non formava un blocco uniforme, ma era diviso in sette scuole. Le più diffuse erano quelle degli Erodiani, dei Sadducei, dei Farisei, degli Scribi, degli Zeloti e degli Esseni.
Gli Erodiani
Chi erano gli Erodiani nei vangeli? All’epoca di Gesù gli Erodiani erano una piccola fazione fedele al tetrarca Erode Antipa, candidato a occupare il trono d’Israele, appartenuto già a suo padre Erode il Grande. Erode e i suoi sostenevano che il passo in Deuteronomio 17:15 in cui si afferma: “allora dovrai mettere su di te come Re colui che il Signore tuo Dio avrà scelto. Metterai su di te come Re uno del tuo popolo; non metterai come Re uno straniero che non sia del tuo popolo. Però non dovrà avere molti cavalli e non dovrà ricondurre il popolo in Egitto per procurarseli, poiche il Signore vi ha detto: “non rifarete più quella via“. Non dovrà avere più molte mogli, affinché non perverta il suo cuore; neppure dovrà avere grande quantità di argento e d’oro”, potesse essere proibito (e dunque non essere più vincolante) soltanto nel caso in cui a farlo fosse stato un dominatore straniero, e quindi non applicabile in un caso come questo in cui l’uso della forza aveva reso impossibile una scelta da parte dei fedeli. Inoltre sostenevano che fosse perfettamente lecito tanto il sottomettersi all’imperatore pagano, quanto di pagargli il tributo.
Questa era una delle dottrine degli Erodiani. Altra dottrina Erodiana, ancora più subdola e ipocrita della prima, era “che fosse lecito, quando si era sopraffatti e costretti da forze maggiori straniere, il vivere senza osservare le leggi Mosaiche e perfino abbandonarsi a pratiche di idolatria“. Pare che Erode propagasse fra i suoi questo insegnamento per giustificare la propria condotta, così da poter costruire templi a Cesare ed ingraziarsi l’Imperatore, che era colui che lo poneva sul trono. La scusa che adduceva con i Giudei era che queste cose le faceva non già per propria inclinazione, ma per comando e ingiunzione da parte di altri al fine di compiacere Cesare e i romani, come a volergli dimostrare che gli stessero meno a cuore le costumanze giudaiche rispetto all’onore dei romani. Gesù non disprezza la dottrina degli Erodiani quando parla del lievito di Erode – ricordate il quesito posto proprio dagli erodiani, se pagare o meno il tributo ai romani – bensì la generale ipocrisia del regnante. Ed è da questa che egli invita i suoi discepoli a stare alla larga. Gli Erodiani, viceversa, odiavano Gesù tanto quanto i Farisei, e volevano metterlo a morte perché metteva a nudo l’ipocrisia del loro culto.
I Sadducei
Il sadduceismo non era una setta nel senso che viene dato comunemente a questa parola. Non avevano una dottrina speciale distinta dal Giudaismo ortodosso; era piuttosto un partito politico religioso. I Sadducei appartenevano alle classi facoltose, aperte alla cultura e al progresso delle altre nazioni; in questo si opponevano principalmente ai farisei. Si differenziavano da questi anche perché non ammettevano nient’altro che la legge scritta, le prescrizioni della Torah, che costituivano per loro l’unica regola di fede e di condotta. San Gerolamo sosteneva che, secondo alcuni padri, i Sadducei credessero e accettassero solo il pentateuco.
Rifiutavano così tutte le innovazioni e le falsificazioni che i Farisei avevano aggiunto allo spirito del vero Giudaismo, di cui si consideravano i custodi; in tal modo erano liberi da tutti quei pesanti fardelli che i Farisei avevano imposto a tutti i loro concittadini. Secondo Giuseppe Flavio, i Sadducei negavano la provvidenza e affermavano un fatalismo assoluto in tutto ciò che accade, poiché nulla dipende da Dio; negavano parimenti l’esistenza di premi e castighi dopo la morte, poiché l’anima scompariva dopo la decomposizione del corpo. La letteratura rabbinica attribuisce ai Sadducei la massima: “come la nube si disfà e scompare, così l’uomo discende nella tomba e più non torna”.
La resurrezione
Essi non credevano nella resurrezione dei morti e si rifacevano alla legge del levirato, destinata ad assicurare la continuazione della famiglia: se un uomo moriva senza discendenza, il fratello doveva sposarne la vedova perché il nome del defunto, che si attribuiva al primo figlio nato da questo secondo matrimonio, non fosse estinto in Israele. Loro non credevano nella dottrina della resurrezione, la negavano. Dagli “Atti degli Apostoli” sappiamo, inoltre, che non ammettevano né l’esistenza degli Angeli né di altri esseri Spirituali al di fuori di Dio. In tutto ciò si differenziavano dai Farisei, soprattutto per la negazione della Halacah che era un complesso di precetti pratici, norme rituali e giuridiche. Siccome non ammettevano la tradizione, i Sadducei interpretavano letteralmente le leggi Mosaiche in materia criminale e applicavano rigorosamente la legge del taglione.
I Sadducei, soddisfatti delle loro ricchezze e dalla loro posizione sociale, non si preoccupavano troppo della venuta del regno di Dio. Per questo si adattavano a coloro che comandavano, anche quando questi erano degli stranieri; il loro scopo era conservare la posizione sociale raggiunta e l’importanza del proprio partito.
Caifa e i Sacerdoti furono coloro che fecero condannare a morte Gesù. Essi furono lontani da Gesù quanto lo erano da quel Dio che essi dicevano di adorare.
I Farisei
Il nome “fariseo” deriva da un aggettivo aramaico che significa “separato”, “diviso”. I Farisei vivevano separati da tutto ciò che era impuro per loro, cioè “dal popolo della terra”. Essi stessi solevano chiamarsi “compagni” e perfino “santi”.
Essi ammettevano la libertà degli uomini e l’immortalità dell’anima; affermavano che ogni cosa è governata dalla Provvidenza. Oltre alla legge veneravano la tradizione in maniera esagerata, specialmente per quanto riguardava il sabato, la purezza legale e le decime. Tutto ciò che essi insegnavano a voce era scritto nel Talmud, al quale essi davano un’importanza superiore alla legge. Discutevano di minuzie, sottigliezze, e si fissavano con pratiche esteriori, su ciò che entra dal di fuori, senza rendersi conto che queste cose avevano “contaminato l’uomo” fino a rendere difficile la conoscenza delle nuove prescrizioni con le quali avevano complicato la vita.
Per fare un esempio, relativamente al riposo del sabato, c’era chi arrivava a proibire il trasporto di un fico secco, o di mangiare un uovo deposto dalla gallina in quel giorno. Quest’ampia casistica li aveva indotti a moltiplicare i precetti, che si potevano suddividere in due gruppi: 248 negativi, 365 positivi. Un numero così grande di precetti uccideva l’unità, disperdeva la vita spirituale e trasferiva l’attenzione dalla sfera dell’etica a quella delle cerimonie. Si perdeva perciò la distinzione tra il grande e il piccolo, tra ciò che nella legge era primario e secondario. In tal modo la pietà, che è del cuore, diventava pura erudizione, giacché si dovevano conoscere tutti i precetti. Ora, tutto ciò esigeva tempo, e la massa popolare non ne aveva più di tanto, per cui veniva definita impura. Questo eccessivo formalismo, così contrario agli insegnamenti di Gesù, rese fin dal principio i Farisei nemici del Maestro. E Gesù li tratterà con maggior durezza degli altri, mentre rivolgerà la sua compassione e la sua misericordia ai peccatori, ai poveri e agli ultimi. Gesù definì i Farisei e gli Scribi maestri del nulla, proprio per la loro grande ipocrisia e la loro durezza di cuore.
Gli Scribi
Per quanto riguarda gli Scribi, possiamo dire che erano quasi coincidenti ai Farisei, anche se non erano totalmente identici. Gli Scribi erano dei Farisei dotti, che per diventare tali dovevano esercitarsi nella scrittura per molti anni. Quasi 40 anni di studi sui vari testi delle sacre scritture, la qual cosa, per la maggior parte di essi, non era né facile né semplice. Scribi e Farisei costituivano un gruppo forte e compatto. Raramente uno Scriba apparteneva a una setta che non fosse quella farisaica. Tanto che Gesù, in diversi passi dei vangeli, mette assieme Scribi e Farisei. Gli Scribi erano le guide spirituali del popolo, i suoi moralisti. I loro insegnamenti erano decisivi perché godevano di un grande ascendente. Mettendo assieme Scribi e Farisei, come avviene spesso nel Vangelo, possiamo affermare che essi erano seguiti dalla maggioranza del popolo, di cui erano i responsabili, specialmente ai tempi Gesù. Vale anche per loro quanto detto sui Farisei.
Gli Zeloti
Una delle fazioni giudaiche presenti nel periodo storico di Gesù. Sorti all’inizio del primo secolo con Giuda il Galileo come movimento di resistenza partigiana, erano nemici giurati degli occupanti, in special modo dei Sadducei e degli Erodiani, perché non condividevano il loro assoggettarsi alle potenze straniere occupanti. Sopratutto, per poter mantenere il loro prestigio ed i loro privilegi, condividono gli ideali religiosi e le aspirazioni politiche dei Farisei, ma si distinguono per l’inestinguibile amore di libertà, per il loro disprezzo della morte e soprattutto per il ricorso alle armi, alla violenza e al terrorismo. Zelota significa propriamente “zelante”, anche nel senso di “intransigente” o “fanatico”. Ed è proprio con questo zelo che essi volevano cacciare i Romani dalla Palestina, poiché convinti che solo dopo la loro cacciata dal territorio Dio avrebbe redento il suo popolo. Rifiutavano, specialmente, di pagare i tributi ai Romani. Consideravano questa cosa un’azione illecita in violazione della costituzione teocratica della loro nazione.
Naturalmente, tutto ciò ci consente di comprendere quanto i valori espressi dagli Zeloti fossero all’opposto dei valori espressi da Gesù. Completamente all’antitesi.
Gli Esseni
Gli Esseni, con i Farisei e i Sadducei, rappresentavano uno degli indirizzi religiosi che si svilupparono all’interno dell’Ebraismo dal secondo secolo a.C.. Gli Esseni non sono espressamente nominati dal Nuovo Testamento, per cui sarà difficile relazionarli con la figura di Gesù. Le conoscenze sul movimento essenico sono state modificate ed arricchite dalle scoperte di Qumran poiché, secondo la tesi attualmente prevalente, i settari di Qumran si identificarono con gli Esseni o con una loro ala. Prima della scoperta di Qumran, le notizie sugli Esseni ci derivavano essenzialmente dalle opere di Filone di Alessandria, Giuseppe Flavio e Plinio il Vecchio. Da tali fonti storiche e dalla critica ad esse connessa risulta che: Filone affermava che il nome Esseni derivasse da una parola greca il cui significato era “Santi”, “puri”. Giuseppe Flavio, invece, nella sua opera “guerre Giudaiche” sembra voler fare risalire il nome ad una parola che significa “venerabili”, “religiosi”.
Gli scrittori sopra indicati presentano gli Esseni come una comunità di tipo monastico. Secondo quanto ci viene detto da Filone abitavano in villaggi o borghi, rifuggendo dalla corruzione delle città. Filone descrive gli Esseni come un popolo votato unicamente al servizio di Dio che basava la propria esistenza sul fondamento della Torah, la quale veniva letta continuamente, in particolare il sabato.
L’osservanza del sabato era rigidamente prescritta. Rispettavano inoltre il divieto di pronunziare non solo il nome di Dio, ma anche quello del legislatore (da intendersi Mosè, o forse il fondatore della setta), e per questo precetto erano disposti persino a subire ogni forma di tortura, finanche la morte. Sul piano dottrinale gli Esseni difendevano l’immortalità dell’anima, considerata prigioniera del corpo corruttibile.
Le anime
Le anime dei giusti, dopo la morte, risalivano al mondo perfetto che essi, secondo Giuseppe Flavio, ponevano al di là dell’oceano, come luogo al di fuori di ogni turbamento. I malvagi, invece, scendevano in una tenebrosa caverna dove venivano inflitte loro infinite punizioni. Credevano alla resurrezione, al giudizio finale ed alla consumazione del mondo. Erano in evidente polemica con il Tempio al quale inviavano tutte le loro offerte (comunque non vittime sacrificali). La setta si caratterizzava per la decisa avversione verso ogni forma di violenza ed ogni offesa perpetrata nei confronti di creature viventi. Respingendo, infatti, il mestiere militare, si rifiutavano di costruire arnesi da guerra. Non possedevano schiavi e condannavano il rapporto di schiavitù come offensivo del diritto di natura, sostenendo l’uguaglianza fondamentale di tutti gli uomini. Un altro aspetto etico importante riguardava il matrimonio. Secondo Filone gli Esseni avevano bandito il matrimonio e prescrivevano la perfetta continenza, ritenendo la donna causa di mali e di turbamenti della vita di perfezione che essi avevano scelto. Da qui si spiegherebbe l’altra notizia di Filone, secondo la quale le comunità erano costituite soltanto da anziani prossimi alla vecchiaia. Secondo Giuseppe Flavio gli Esseni riuscivano a rinnovare il numero degli adepti adottando i figli altrui come propri. Plinio il Vecchio scriveva, invece, che questo “popolo eterno nel quale non nasce mai nessuno” riuscisse a sussistere semplicemente perché ad esso accedevano continuamente nuovi giovani adepti. Altre fonti storiche riportano, comunque, l’esistenza di un ordine di Esseni in cui si ci sposava, ritenendo essenziale la propagazione della specie.
Gli Esseni di Qumran ritenevano di essere il vero Israele, perseguitato dagli Ebrei infedeli e dominati da governi stranieri, e in tale spirito attendevano la venuta del Messia (o meglio di due Messia). La setta credeva che le cose sarebbero finalmente cambiate con l’arrivo di un Sommo Sacerdote e di un Re, usciti dalla tribù di Levi e inviati da Dio per riscattare il popolo. La comunità di Qumran era convinta che i due Messia sarebbero vissuti negli ultimi giorni, prima del conflitto finale tra i figli della luce e i figli delle tenebre.
Sia il monastero di Qumran, sia la comunità degli Esseni furono distrutti dai Romani nel 68 d.C..
In conclusione, dato che nè gli storici dell’epoca nè tantomeno i vangeli fanno alcun riferimento ad un’eventuale relazione tra la setta e Gesù, non è possibile affermare che il Messia abbia aderito a questa setta. Un po’ per le differenti vedute, come il rispetto del sabato o la condizione della donna in generale, un po’ per mancanza di notizie storiche. Resta il fatto, quindi, che Gesù era laico e non aveva sposato nemmeno questa setta, nonostante qualcuno abbia scritto che Gesù fosse Esseno.
E, proprio perché laico, Gesù fu considerato eretico da tutte le sette ebraiche del suo tempo, in quanto non venne per creare una religione, né per esaltarne una esistente a quel tempo, come quella Giudaica. Venne per far conoscere agli uomini la vera natura del Padre, ossia che Dio non è solo il Dio legislatore di Mosè che conduce all’obbedienza, ma anche quel Dio Creatore che attraverso l’amore incondizionato conduce alla libertà. Il Dio di Gesù, il Dio di tutti.
Gesù laico
PARTE SECONDA
Gesù non venne al mondo per dare un nuovo credo, per creare una nuova religione: ce n’erano già molti di credo e c’erano tante religioni, non ne serviva una in più. Gesù proveniva da una regione, la Palestina, in cui la vita era regolata principalmente da religiosi di culto Giudaico, religione incentrata soprattutto nel culto sacrificale, nel sacerdozio del Tempio e nella Torah, libro sacro delle leggi Mosaiche. 613 erano i precetti da osservare nella quotidianità dal popolo ebraico. Pensavano di incontrare Dio, sforzandosi di rispettare tutti quei precetti per mantenersi puri e separati dal popolo del mondo. In realtà si separavano da Dio.
Abbiamo già visto, in precedenza, come alcune di queste correnti religiose tra quelle esistenti regolavano la quotidianità del popolino. La più significativa, ed anche la più numerosa tra queste sette, era la corrente dei Farisei. Essi costituivano un gruppo religioso, ma anche politico, nella Giudea di Gesù. In vari momenti si identificavano come un partito politico, un movimento sociale e una scuola di pensiero. Insieme agli Scribi godevano della fama di interpretare esattamente tutti i 613 precetti della legge Mosaica.
Poi c’era la corrente dei Sadducei, composta principalmente dalla casta sacerdotale: essi riconoscevano solo la Torah scritta, e respingevano la dottrina della Torah orale. Inoltre non contemplavano la resurrezione dei morti.
Gli Scribi e i Farisei si attribuivano autorità mosaica nelle loro interpretazione della legge, mentre i Sadducei rappresentavano l’autorità dei privilegi sacerdotali e delle prerogative stabilite fin dai tempi di Salomone.
Gli Zeloti erano un gruppo politico religioso giudaico armato, partigiano dell’indipendenza politica del regno di Giudea, nonché difensori dell’ortodossia e dell’integralismo Ebraico dell’epoca. Essi erano considerati dai Romani alla stregua di terroristi e criminali comuni. Si ribellavano con le armi alla presenza romana nel regno di Giudea.
Gli Esseni furono un gruppo semita di origine incerta. Erano comunità isolate e conducevano vita eremitica.
Infine vi erano gli Erodiani, gruppo che faceva capo al re Erode Antipa, tetrarca della Galilea e della Perea. Sovrano posto sul trono dai romani per motivi di ordine pubblico.
Gesù è stato un ebreo laico senza alcuna formazione rabbinica, che ha cambiato il modo d’intendere la scrittura e la legge religiosa. Con lui è sorto un altro progetto di salvezza, che ha incentrato la religiosità nelle aspirazioni umane, e l’ha tolto dall’ambito religioso. Non era più la religione del Tempio, ma un modo di vivere legato alla verità e all’etica, incentrato nella vita profana e segnato dall’urgenza della signoria di Dio tra gli uomini. Egli iniziò e portò avanti un processo di desacralizzazione del culto del Tempio, del culto del sacerdozio. Si pose in favore della vita come valore assoluto, e contro la pratica maniacale delle leggi Mosaiche, che erano incentrate nel culto del “peccato – castigo – olocausto”. Una Vita sacrificata per gli altri, centrata sulla sofferenza umana, sul perdono dei peccati e sulla misericordia divina. Duemila anni dopo viviamo ancora la sfida di ispirarci a Gesù. Il futuro sta nel tornare alle origini del suo messaggio, nel saper cogliere per intero la sua informazione, nel saper creare una comunità dove i laici, sia uomini che donne, siano i protagonisti.
Gesù pratica l’antimafia
PARTE PRIMA
Dire, oggi, che Gesù pratica e praticava l’antimafia 2000 anni fa può sembrare blasfemia. Anche perché il termine “Mafia” è un termine moderno. Praticamente, questo termine è stato coniato poco più di un secolo e mezzo fa, anche se comunque la sua origine rimane incerta. E mi fermo qui.
Non basta sapere, non basta neppure conoscere. Si deve tradurre nella pratica ciò che si sa e ciò che si conosce. Praticare, cioè trasformare il sapere e la conoscenza nella pratica della vita. Vivere le proprie conoscenze vuol dire averle trasformate in sé stessi. Questo è l’obiettivo del conoscere, così come il fine del cibarsi è quello di trasformare gli alimenti nel proprio sangue e nella propria energia vitale.
Lo stesso vale per il termine mafia, che sostanzialmente esprime certi tipi di comportamento, espressione di determinati valori negativi come l’ingiustizia, la corruzione, la prevaricazione, la sopraffazione, la violenza e la criminalità. Tutte qualità negative espresse dall’essere umano nella sua millenaria presenza su questo pianeta.
Gesù pratica l’antimafia
PARTE SECONDA
La mafia, o sistema mafioso, altro non è che l’evoluzione della criminalità comune in un’associazione a delinquere. In sostanza, per un mafioso tutto quello che veramente conta ed ha valore, l’unica cosa per cui vale la pena vivere o morire, il fine ultimo è il “business”, “l’affare sicuro”, il guadagno. Dove non importa se ottenuto con metodi illegali, finanche con l’omicidio a discapito di innocenti, l’importante è portarlo a conclusione abbattendo con la forza criminale ogni ostacolo che si oppone al raggiungimento del fine ultimo, il guadagno appunto.
Questo era il concetto di mafiosità fino a qualche anno fa, concetto che naturalmente era contrapposto alla legalità, alle leggi dello Stato, il quale, in un certo qual modo, lo contrastava e lo combatteva con le forze militari e di polizia. Oggi questo concetto di mafia si è evoluto, poiché il contrasto attuato attraverso il potere dello Stato e della Legalità viene aggirato con la corruzione di apparati dello Stato stesso, e con l’infiltrazione di affiliati alla mafia nel panorama politico, affinché gli eletti possano influenzare la legislazione di un governo e legiferare in proprio favore. In sostanza non c’è alcuna differenza tra mafioso e criminale, poiché entrambi vivono e si arricchiscono compiendo azioni disumane nei confronti dei loro simili e della vita su questo pianeta.
Qual’è il significato di “disumano”? Per disumano si intende colui che è: “privo di ogni senso di umanità, spietato, bestiale, che non ha e non conserva nulla di umano”. Contrapposto a quello di “umanità”: “complesso di doti e sentimenti solitamente positivi che si ritengono propri dell’uomo e lo distinguono dalle bestie”.
In sostanza
Quindi sostanzialmente un criminale, o un mafioso, è colui che pur avendo qualità umane esprime bestialità, adotta la legge del più forte, la legge del pesce grosso che mangia il pesce piccolo che può ancora andar bene nella dimensione animale, non certo nella dimensione umana. Questi uomini vivono nella preoccupazione perenne dell’instabilità sociale, della situazione economica e politica e di altre questioni che sorgono quotidianamente come la sicurezza personale, della propria famiglia, dell’avvenire che appare sempre più incerto, con colori oscuri e con nubi minacciose all’orizzonte. La mancanza di sicurezza al giorno d’oggi produce effetti disastrosi perché l’uomo reagisce col timore che si mantenga uno stato di tensione permanente. Ma il timore non è solo una difesa, è anche un aggravamento della propria condizione psichica. Chi nega la propria umanità, chi nega i valori positivi dell’uomo, chi nega la propria anima, il proprio spirito, affida la propria protezione esclusivamente alle proprie capacità, alla forza e alla potenza, che tradotte in entità materiali sono il denaro, le armi, la violenza. Essi fanno di tutto per raggiungere condizioni di privilegio e di potere, e una volta ottenuto il potere lo usano per scopi egoici. Tutto ciò è all’antitesi dei valori Cristici, per questo Gesù Cristo praticava l’antimafia. E per questo Gesù venne considerato pericoloso, perché con il suo operato ed il suo messaggio denunciava alla base il sistema vigente, fondato su privilegi e poteri ed in mano a degli egoisti ciechi, sordi, ipocriti e in mala fede che usavano la menzogna per ingannare il popolo.
Il tempio, la legge, il culto ed il sacerdozio erano tutte istituzioni mediatrici create con l’obbiettivo di servire da canale di comunicazione con Dio. Il tempio era il luogo dove si poteva incontrare Dio; il rispetto della legge era la santità per essere gradito a Dio; il culto era il modo con cui si entrava in contatto con Dio; I sacerdoti erano le figure deputate a mettere gli individui in contatto con Dio. Questo ci aiuta a comprendere come l’immagine di Dio fosse falsata.
Gesù pratica l’antimafia
PARTE TERZA
Quando Gesù salì a Gerusalemme e trovò nel tempio commercianti di buoi, pecore, agnelli e colombi e cambiavalute seduti, per i motivi citati in precedenza, fatta una sferza di cordicelle scacciò tutti quanti fuori dal tempio, animali compresi. Rovesciò i tavoli e sparpagliò il denaro dei cambiavalute, e a coloro che vendevano i colombi disse: “portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato”.
Cioè un luogo in cui si speculava, apparentemente legalmente, ma sulla base di leggi inique emanate da precetti umani, non divini.
Gesù non si limitò a esporre soltanto verità divine, ma tutta la sua vita fu un esempio di azioni atte ad affermare la Giustizia tra gli uomini. Quando Gesù comincia la sua missione per le strade della Palestina si accorge che la realtà sociale contrasta con la giustizia di Dio. Così il suo obiettivo diventa quello di dichiarare guerra a questo disordine creato dalle autorità e dai potenti del tempo, cercando di riportare ed instaurare la giustizia voluta dal Padre. Ma in che modo lo fa? Nel suo atteggiamento conflittuale Gesù non scende mai a compromessi: la giustizia, come egli la intende, non è mediabile e non può essere ammorbidita né tanto meno addolcita. Gesù è cosciente e ben consapevole del fatto che tutto ciò a cui assiste in terra d’Israele, a Gerusalemme, nel Tempio, non serve affatto a convertire il cuore di quelle persone a Dio ed alla Sua Giustizia, ma è frutto di un potere costituito non già per servire il popolo, bensì per asservirlo.
I sommi Sacerdoti erano scelti dal Prefetto romano per la loro disponibilità a collaborare con Roma, collaborazione che permetteva loro di conservare il potere per molto tempo. Il caso di Caifa ne è un esempio lampante. Caifa e il suo consiglio devono difendere il Tempio ed impedire che vi si intromettano dei fanatici difficili da controllare. I soldati adempiono agli ordini dei sacerdoti e controllano che non nascano ribellioni e disordini nei cortili del Tempio. Dalla funzionalità di quest’ultimo e dai pellegrini che lo visitano per praticare il culto molto probabilmente dipendeva la vita, l’attività ed il commercio di Gerusalemme. Il motivo di fondo è chiaro: la giustizia ed il regno di Dio difeso da Gesù mette in discussione allo stesso tempo l’intelaiatura dei rapporti con Roma ed il sistema del Tempio. Fedeli al Dio del Tempio, (un Dio creato a loro uso e consumo) le autorità giudaiche, non soltanto i sacerdoti ma anche gli Scribi e i Farisei che detenevano il potere politico e gli Erodiani che detenevano il potere militare, si vedono costretti a reagire: “Gesù disturba, svela l’inganno, va contro le bugie fatte passare per verità, invoca Dio per difendere la vita, per difendere gli ultimi, i miseri, i diseredati, i sofferenti. Caifa ed i suoi invocano Dio per difendere gli interessi del Tempio. Condannano Gesù in nome del loro Dio del Tempio, ma nel farlo condannano il Dio vivo del Regno, l’unico Dio vivente in cui Gesù crede”.
Lo stesso avviene con l’impero di Roma. In quel sistema imperiale difeso da Pilato Gesù non vede un mondo organizzato secondo la Giustizia ed il cuore di Dio. Egli difende i più emarginati dell’impero; Pilato protegge gli interessi di Roma. Il Dio di Gesù pensa agli ultimi; gli Dei dell’impero proteggono la Pax romana. Non si può essere nello stesso tempo amici di Gesù e di Cesare, non si possono servire gli dei di Roma e il Dio del Tempio, che sono dei di Stato. Le autorità Giudaiche ed il prefetto romano si sono mosse per assicurare il proprio ordine e la propria sicurezza. Non è però soltanto una questione pragmaticamente politica: in fondo Gesù viene crocifisso perché il suo operato ed il suo messaggio sono una denuncia alla radice di quel sistema organizzato al servizio dei più forti, dei potenti, dell’impero romano e della religione del Tempio. È Pilato a pronunciare la sentenza, previa denuncia del Sinedrio: “andrai in croce”. Ma quella pena di morte è firmata anche da tutti coloro che, per motivi diversi, hanno opposto resistenza al suo appello a riconoscere il Regno di Dio tra gli uomini.
Gesù pratica l’antimafia
PARTE QUARTA
Gesù non è stato accolto positivamente perché l’immagine di Giustizia divina che porta è così inaudita da distruggere la società politica e religiosa di quel tempo (e di ogni tempo).
Se Dio in Gesù è venuto a servire, allora i veri grandi del regno di Dio nella terra promessa sono coloro che servono. Ma come fanno i potenti a servire? I potenti vogliono essere serviti!
E’ evidente il motivo per cui Gesù sia stato consegnato a Pilato dai sommi sacerdoti (andava contro i loro interessi), ma perchè dalla gente!? È proprio la vittoria del potere: quel potere rappresentato dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dai farisei, che non solo lo condanna ma riesce a convincere perfino la gente comune che Gesù è contro il bene del popolo. Questo è il disastro causato dal potere politico e religioso: ti toglie la libertà e ti garantisce la sicurezza. Un personaggio rivoluzionario come Gesù non deve più esistere. Nessuno dovrà pensare in autonomia perché ci sarà sempre un capo che gli dirà cosa fare: basterà obbedire. Così chiunque diviene sottomesso, ubbidiente, da premiare e da santificare in quanto fedele al potere, senza accorgersi di essere divenuto un burattino, un dipendente, in mano d’altri.
Pilato capisce da subito che Gesù non è il pericoloso Messia di cui parlano i sommi Sacerdoti, cioè qualcuno che avrebbe potuto spodestarlo. In Gesù non c’è nulla di tutto questo, ma per la gente e per le autorità giudaiche, invece, è più pericoloso dei dominatori pagani romani. Consegnano il liberatore al dominatore Pilato perché per loro è estremamente pericoloso.
Per questo Pilato chiede a Gesù: “ma cosa hai fatto? “, cioè: “non riesco proprio a capire cos’abbia fatto tu di male perché possano odiarti così tanto”. Un uomo così, che fa vedere come le regole religiose, se non sono pregne d’amore, non servono a niente, che insegna all’uomo che Dio vuole la sua felicità e non le sue preghiere, che mostra come di Dio non bisogna aver paura ma che di Lui ci si può fidare perché non punisce e non castiga, è da eliminare. Un guerriero rivoluzionario è un uomo pericoloso, ma un dominatore delle anime e delle coscienze è da estirpare perché un’anima libera, poi, non puoi più imprigionarla, e soprattutto rischia di “contaminare” altre anime. Un liberatore di anime è come un virus, contagia, ed è per questo che decidono di uccidere Gesù, perché è in grado di convincere le persone che trasgredire leggi inique non solo non comporta che si attirino maledizioni, ma permette finalmente di vivere. Se quest’uomo riesce a convincere le persone ad ascoltare il proprio cuore e la propria coscienza, allora il potere religioso, che dice cosa è bene e cosa è male, non serve più! Allora per loro è finita! Quindi è già deciso: Gesù deve essere eliminato.
Così agisce un potere mafioso, elimina materialmente tutto ciò che lo contrasta.
Era chiaro che a Gesù non interessasse la regalità o il dominio ma la verità. La verità secondo cui Dio è Amore e per cui l’uomo, accogliendo questo amore, possiede la condizione divina. Gesù testimonia due verità: la prima è che Dio è Amore e desidera comunicare e riversare il suo amore su tutti gli uomini; la seconda è che l’uomo è figlio di Dio, non più un servo, ma un figlio che Dio ama e che possiede una dignità enorme.
Il problema del potere è che non può permettersi mai di dire tutta la verità: se la dicesse non sarebbe più eletto. Più potere hai è più devi stare attento a ciò che dici: più devi tacere, più devi nascondere, più devi mascherarti. Il potere è il padre della menzogna. Questo dice Gesù a Pilato: “chiunque è dalla verità” e non: “chiunque ha la verità”. Gesù dice: “io sono la verità”, non: “io ho la verità “. Chi dice di avere la verità esclude tutti coloro che non sono d’accordo con lui. Quando qualcuno crede di avere la verità allora giudica tutti gli altri. Gesù, invece, dice di essere (provenire) dalla verità: Dio è amore per l’uomo e Gesù vive in sintonia con questo amore. Per questo Gesù dice: “chiunque è dalla verità ascolta la mia voce” e non: “chiunque ascolta la mia voce viene dalla verità“. Quindi, chi vuol seguire e ascoltare Gesù dev’essere capace (condizione necessaria) di far verità su di sé e sulla propria vita.
Cioè, solamente chi è nella verità e fa dell’uomo la sua passione, chi ama l’umanità, chi ama e favorisce ogni uomo: solamente costoro possono capire Gesù e le sue parole e non viceversa.
Se al disopra del bene dell’uomo viene messa una dottrina: la legge Giudaica per i Farisei, l’ambizione di Giacomo e Giovanni, il Messia di Pietro, anche la migliore, nel tempo questa farà del male all’uomo.
Pilato rispose a Gesù: “che cos’è verità?”. Se da un lato Gesù non era interessato al tema della regalità, dall’altro Pilato non era interessato al tema della verità perché lui è un uomo di potere a cui interessa l’ambizione, il trono, il dominio. E quando interessano queste cose, la verità è il nemico di questo mondo dove regnano la menzogna, l’apparenza, l’inganno e le tenebre. Pilato non è interessato alla verità, a lui interessa ben altro: soldi, fama, ricchezza, donne, successo, ma capisce che Gesù è innocente e dice per ben tre volte: “io non trovo in lui nessuna colpa”.
Nonostante ciò egli lascia che Gesù sia crocifisso. Un sistema mafioso lascia che le cose vadano come devono andare se non c’è nulla da cui poter trarre un beneficio personale (business).
Gesù pratica l’antimafia
PARTE QUINTA
Gesù ha vissuto durante tutta la sua vita la tentazione di usare in maniera differente il suo potere (l’essere Gesù, il Messia, un leader), la sua posizione (Gesù come figlio di Dio), e le sue conoscenze (Gesù conoscitore del Dio Padre). Per tutta la vita Gesù fu tentato; per tutta la vita fu tentato di seguire altre strade: godimento, possesso, potenza. Ne aveva la conoscenza e tutta la forza e la potenza per farlo, invece di seguire la strada del servizio e della croce. Tutti volevano un re, un Messia potente, forte, ma nessuno un re di pace, di amore, di giustizia. Una guida di filosofia morale con un grande senso dell’etica (la filosofia morale, o senso etico, sono all’opposto della mentalità mafiosa o cultura mafiosa).
Gesù dovette deludere le aspettative del popolo ebraico e di molta gente, anche a lui vicina. Lui non era il Messia che la gente si aspettava, il figlio di Davide, cioè colui che avrebbe restaurato con la forza l’antico regno d’Israele. Per tutta la vita Gesù dovette combattere contro la grande tentazione di essere il Messia figlio di Davide. Questa tentazione non è un invito a compiere atti peccaminosi, ma una seduzione molto sottile. E questa seduzione, nel corso della storia dell’umanità, è stata e rimane sempre attuale. Perché ogni uomo che ha potere conosce questa tentazione, l’accetta e la usa largamente. Usare a proprio vantaggio e per il proprio tornaconto tutto il potere che ci viene concesso come guide, come governanti di un popolo, essere servito anziché servire vuol dire essere privi di una morale nonché essere privi di senso etico. E il tutto è apparentemente legale, perché chi detiene il potere può legiferare anche leggi inique. Questa era la massima aspirazione per un uomo di quel tempo e di ogni tempo. Tutti si comportano così, tutti proclamano certi valori ma poi non li vivono, non li praticano, nè permettono che il popolo li viva e li pratichi. Il mondo va così, siamo dentro a un sistema mafioso. Le banche, le industrie, le aziende commerciali devono produrre utili. C’è un budget da raggiungere e se lo raggiungi hai ottenuto quello che volevi. Non importa come, non importa se di mezzo ci va la dignità della gente, la salute, la vita stessa; non importa se di mezzo ci va la natura, il territorio, l’acqua, l’ambiente, l’equilibrio biologico naturale; l’importante è il business, gli affari, il denaro. Il popolo ebraico, stanco di aspettare Mosè e il suo Dio, costruì il vitello d’oro e ne uscì sconfitto. A Gesù sulla croce i sommi sacerdoti, gli Scribi, i Farisei, gli anziani e tutto il popolo gridò: “se tu sei il figlio di Dio, scendi dalla croce e noi ti crederemo!”. Gesù era ed è veramente il figlio di Dio, e se avesse voluto sarebbe potuto scendere dalla croce. Tuttavia non lo fece perché era eticamente integro. Egli non usò mai i poteri divini per sé o per motivi egoici e né uscì vittorioso. Mentre il popolo tutto né uscì sconfitto, ancora una volta, perché non era interessato a salvare Gesù quanto piuttosto sè stesso. Infatti, scendendo dalla croce, Gesù avrebbe dato dimostrazione di essere veramente il Figlio di Dio, e la gente avrebbe creduto e si sarebbe ricreduta, e credendo si sarebbe salvata. Mafiosi fino alla fine, insomma, ma Gesù pratica l’antimafia e così Giustizia è fatta.
Enzo Ranieri
2 Gennaio 2025