HO SCRITTO IL 27 MARZO 2017:
P. S.: LEGGETE! MEDITATE E DEDUCETE.
Di Juan Manuel Ferreira
Giorni intensi, forti e piacevoli, colmi di insegnamenti, di senso di libertà e di unione.
Attendevamo con ansia l’arrivo di Giorgio, Sonia, Sonia Tabita e dei fratelli dalle diverse parti del mondo. Appena arrivati siamo andati a trovarli, alcuni li conoscevamo già, altri erano volti nuovi. Poco a poco abbiamo familiarizzato, tra risate e scambi. Sentivamo l’unione tra noi, ma non sapevamo ancora quello che avremmo vissuto insieme.
Alcuni giorni prima era stato il compleanno di Diego Grachot, un’occasione per socializzare senza timori, conoscendoci attraverso l’arte, le risate, la musica… Non ci rendevamo conto di quello che avevamo di fronte a noi, ma già lo avevamo dentro. Quella sera ho conosciuto i ragazzi quanto basta per sentire il desiderio di cercarli continuamente, si respirava qualcosa di positivo nell’aria, un’energia inspiegabile che mi faceva amare quei momenti, e svegliare la mattina già col pensiero di correre da loro, dovunque si trovassero, imparare da loro e gioire della loro compagnia.
I giorni sono trascorsi ed è arrivato il giorno in cui ci saremmo riuniti per ascoltare Giorgio ed altri fratelli. Ma prima noi giovani ci siamo incontrati per parlare dei nostri progetti e sentimenti.
Già da lontano sentivo l’allegro chiasso, la felicità in ogni volto, in ogni sguardo.
Sonia Tabita, Matias e Diego hanno iniziato a parlare del loro movimento, della loro esperienza e di quello che sentivano, dando spazio anche agli altri di esprimersi. Ci sono stati pianti e senso di unione. Ma soprattutto ci sono state forza e decisioni da prendere, responsabilità e lealtà tra noi. In quel momento è arrivata Sonia e ci ha detto emozionata che Giorgio stava sanguinando mentre noi eravamo lì insieme. Ci ha chiesto di andare da lui, così siamo entrati nella stanza dove si trovava, a piccoli gruppi. Quando sono entrato ho sentito la stessa sensazione della prima volta, la sensazione di non voler vederlo soffrire, un uomo che stava soffrendo per il mondo, non potevo permettermelo, ho pianto, non sapevo come riuscire ad alleviare il dolore, ma sapevo il perché.
Quando siamo usciti dalla stanza, c’era il silenzio, sguardi e pensieri, angosce e carezze.
Poi abbiamo iniziato a parlare dei nostri progetti in diversi paesi, e siamo andati insieme alla conferenza, emozionati ed uniti come mai, tutti ci cercavamo continuamente, anche se non riuscivamo a stare sempre tutti insieme.
All’arrivo di Giorgio sono iniziati gli abbracci, una barriera di persone intorno a lui, l’emozione evidente era impressa nel suo volto, nei suoi occhi. Così ci siamo uniti formando un unico insieme che ci manteneva vivi e legati l’uno all’altro.
Dopo tante foto è iniziata la conferenza, tutti abbiamo preso posto ed i fratelli che venivano da diversi luoghi erano invitati a salire sul palco e parlare. Anche noi siamo saliti come gruppo.
Toccanti le parole di ognuno di loro, impossibile non piangere o sorridere.
A fine conferenza, ci siamo predisposti a prendere la comunione. Giorgio ha scelto due fratelli per tenere in mano il vino ed il pane, mentre si formava una lunga fila.
Vedevo molti piangere timidamente e mentre la fila avanzava il mio cuore batteva più forte. Arrivato il mio turno, il mio cuore si è fermato, la mia mente era in bianco, mi sono tolto il berretto, sono passato avanti, compenetrato dal suo sguardo, l’unica cosa che riuscivo ad esprimere era un sorriso. Sorridevo, perché mi sentivo pronto, preparato per servire ed ero felice, libero, e sentivo un rispetto immenso, non mi importava più niente, a parte lottare per questa opera. Sentivo una forza tanto grande che non riuscivo a smettere di guardarlo direttamente e sorridere, perché mi sentivo finalmente di far parte di qualcosa, pronto per questo.
Da quel giorno c’è stato un prima ed un dopo, sono cambiato tanto in così poco tempo che potevo vedere con chiarezza molte cose, perfino vedere l’amore di ogni persona attorno a me e ciò mi spingeva ad amarli. Il sentimento di unione era così forte che nessuno voleva più ritornare al proprio paese, pur sapendo che mancava poco alla partenza di ognuno. Si vedeva in alcuni volti la tristezza ed il desiderio di rimanere.
Il giorno in cui tutti dovevano andare via, io stavo lavorando con Diego, e non smettevo di pensare ai momenti vissuti, le mie lacrime scendevano di nascosto ad ogni istante. Anche Diego si vedeva che era triste e quando ci guardavamo sapevamo cosa stavamo provando tutti e due.
Poco dopo è arrivato Paco con una grande notizia che era una sorpresa, al punto che ci siamo abbracciati e ridevamo insieme. Tutti avevano deciso di rimanere ancora un po’, e noi giovani siamo andati alla periferia di Montevideo, capitale dell’Uruguay, per stare ancora un po’ insieme, in una casa di fronte alla spiaggia e piccoli colli. Il posto si chiama Piriapolis.
È stato veramente bello, ci ha lasciato tanto, tanti sentimenti, sguardi che parlavano, gesti disinteressati, abbracci indimenticabili, canzoni e paesaggi maestosi. Le mie emozioni esplodevano nel cercare l’unione, perché quando eravamo tutti insieme ci sentivamo bene. Abbiamo imparato anche alcune cose meno positive, tutto custodito in ogni cuore.
Il viaggio era finito, sapevamo che era ora di ritornare, mi sarebbe piaciuto fermare il tempo in ogni abbraccio, in ogni sorriso, in ogni sguardo, in ogni carezza…. È stata dura accettare che dovevamo andare avanti, ma bisognava farlo.
Il viaggio di ritorno è stato triste, ma Giorgio ci aspettava alla porta cantando forte, disegnando nuovamente un sorriso sul mio viso. Ci ha invitato a cenare insieme, ma non tutti potevano restare, così abbiamo iniziato a salutarci, abbracci stretti, pieni di sincerità che laceravano il mio cuore, ma doveva essere così. Dopo i saluti siamo andati in un ristorante italiano, e io sapevo che quello era l’ultimo momento per stare insieme, e così ho cercato di apprezzare ogni cosa che avveniva e che sentivo.
Giorgio ha visto i nostri volti tristi e ci ha detto: ”Sono felice che siate tristi, perché c’è un legame tra voi che è indistruttibile”.
E così è, oggi che loro non sono qui fisicamente, sento un legame, un legame che mi spinge ad andare avanti, che mi fa amare e lottare, ed ora capisco perché lui vuole che sentiamo questo, perché io per questo legame do la vita.
Juan Manuel Ferreira
26 Marzo 2017
Giorgio Bongiovanni con alcuni giovani del Sudamerica