Di Agustín Saiz
L’uomo bianco non vuole riconoscere il Dio dei fratelli aborigeni. Non cerca di vedere oltre il colore della pelle, né è disposto a superare i propri limiti, per riconoscere Dio nel tutto. Con superbia, spera che la verità gli sia servitrice e gli offra tutto ciò di cui ha bisogno intorno a sé. Non pretende altro. È per questo motivo che, nel corso della storia, ha vissuto costantemente sotto ammonimento e quando Dio si manifesta, sceglie di farlo tramite persone apparentemente inferiori nella gerarchia della nostra scala sociale. I bambini, gli emarginati e gli anziani, da noi trascurati e dimenticati, sono spesso i messaggeri che Cristo tanto ama. Ed è così, ad esempio, che alcuni “piccoli ignoranti” come i pastorelli di Fatima, sono lo strumento scelto dalla Santa Madre per umiliare i teologi della nostra fede e i magistrati della nostra scienza.
Allo stesso modo, San Francesco di Assisi, ci chiede di spogliarci di tutto fino a camminare quasi nudi, per essere degni di poter camminare al suo fianco. “Il mezzo è il messaggio” e il messaggio implicito di cui tutti loro sono tramite, evidenzia la nostra ipocrisia senza bisogno di parole. All’interno di questo schema va compreso anche il terzo Malón della pace (cammino dei popoli aborigeni), una prova collettiva, le cui conseguenze, anche se non vogliamo riconoscerle, determinano parte del nostro destino. Attraverso i suoi occhi, Dio ci guarda.
Quel popolo che chiamiamo argentino, contiene un esatto mix genetico, che l’intelligenza cosmica ha impiantato in noi con precisione nel corso della storia. La nostra mescolanza americana ed europea non risponde al caso, ma ad un disegno divino. I popoli ancestrali sono vivi nel nostro sangue e ci spingono verso quelle verità che dobbiamo realizzare collettivamente. È invece la falsa immagine puritana che abbiamo di noi stessi, cattolici e bianchi, a proiettarci verso quegli orizzonti catastrofici che la civiltà occidentale ripete più e più volte.
Il “terzo Malón per la pace” ha vissuto di tutto in questi due mesi, da quando questi fratelli hanno deciso di lasciare le proprie famiglie e il loro ambiente paradisiaco a migliaia di km., per portare la loro lotta sul cemento bollente della città di Buenos Aires. Uomini, donne, bambini ed anziani camminano lungo le nostre strade come Maria e Giuseppe quando Cristo stava per nascere. Hanno bussato porta a porta e sono stati respinti con disprezzo. I loro presepi sono state le piazze centrali, dove tutti passano e li vedono dormire all’aperto in inverno, coperti da sacchetti di plastica sotto la pioggia, quasi come fossero un altro rifiuto generato dalla città. Ma l’uomo bianco della città ha un altro ideale ed è dissociato mentalmente; nel suo immaginario folle, si identifica facilmente nella versione dello stereotipo ariano, divenuto nazista, seppur la realtà dice che la sua pelle è di colore marrone. La Malón marcia quasi ogni giorno lungo i viali con determinazione, portando in alto le loro bandiere e la loro richiesta di giustizia, sostenendo la lotta con allegria, di fronte alla gente che si rassegna perché il traffico rallenta un po’ di più del normale. Si incatenano agli edifici delle nostre istituzioni democratiche e in sciopero della fame, ci hanno dimostrato chi siamo noi.
Il Malón ha già raggiunto il successo, al di là se i loro richiami saranno accolti o meno. Un giorno torneranno a vivere liberi nelle loro terre, per riunirsi e cantare insieme alle loro famiglie e comunità. O saranno perseguitati ancora come oggi, braccati dalle forze militari per spogliarli delle loro case e imprigionati, se tutto dovesse continuare ad essere come ora. Loro hanno scelto come vivere e come morire. Di fronte al nemico hanno deciso di insorgere, e lo affrontano senza badare alle conseguenze. Pertanto, la loro essenza sarà preservata per sempre e sarà destinata a rinascere in ogni alba della storia.
Invece noi siamo rimasti dal lato opposto. E rifiutandoci di affrontare ciò che ci chiedono, siamo finiti per diventare per loro un problema senza soluzione. Complici, responsabili e artefici di un etnocidio evidente, nel simulacro della nostra democrazia, abbiamo scelto ancora una volta di lasciare la porta aperta su un inferno, che avevamo giurato di non rivivere NUNCA MAS.
Possa il sangue versato dalle vittime del terrorismo di Stato nel corso della nostra storia, riempire la coppa dell’ira di Dio e risorgere nel giorno del giudizio contro tutti i suoi carnefici.
Agustín Saiz
30 Settembre 2023
Allegati:– 10-08-23 Oppenheimer, architetto dell’annichilamento
https://www.thebongiovannifamily.it/cronache/cronache-dalle-arche/cronache-dalle-arche-2023/10102-oppenheimer-architetto-dell-annichilamento.html
– 7-06-22 Il male come risultato collettivo dell’azione degli uomini
https://www.thebongiovannifamily.it/cronache/cronache-dalle-arche/cronache-dalle-arche-2022/9471-il-male-come-risultato-collettivo-dell-azione-degli-uomini.html