Di Flavio Ciucani
Tra le Marche e l’Umbria si staglia una catena montagnosa degli Appennini che non prende il nome dalle regioni che attraversa né dalla cima più alta. Il suo nome è legato alla lunga tradizione e leggende popolari che avvolgono, in un manto di mistero e di storie, il monte della Sibilla.
La popolazione umbro marchigiana, che dà vita a paesi e borghi all’ombra dei monti sibillini, ha fatto sempre riferimento alla figura leggendaria della Sibilla, per spiegare le tradizioni culturali legate al matriarcato, alla medicina naturale, alle regole di coltivazione, agli organi sociali.
La stessa evangelizzazione ebbe qualche difficoltà nella diffusione in queste zone; ne dà testimonianza la stessa vita burrascosa di Benedetto di Norcia. La leggenda della Sibilla cerca in qualche maniera di spiegare gli impedimenti della piena diffusione del cristianesimo.
Ci sono molte storie legate a questo personaggio, ma la più nota è quella legata alla nascita di Gesù. La Sibilla, essere tra maga, fata, veggente, profetessa e stregone del villaggio, era considerata una organizzatrice sociale, instauratrice di “comunanze” dove conviveva solidarietà, rispetto della donna creatrice, dove c’erano terre e granai in comune, dove i figli, a una certa età, erano della comunità, dove le arti magiche provvedevano alla fecondità, alla salute dei bambini e dei contadini e alla buona raccolta.
Questo essere conosceva i piani divini che prevedevano la nascita del figlio di Dio per salvare l’umanità dalle ingiustizie e dal materialismo. La sua presunzione però fu la sua condanna.
La Sibilla infatti riteneva che lei, con le sue prerogative spirituali, sociali ed energetiche, fosse la donna ideale che avrebbe portato Gesù sulla terra. Quando invece seppe che una umile, sconosciuta palestinese sarebbe diventata la Madre di Dio, sollevò pesanti lagnanze al Padreterno prima e a suo Figlio poi. Gesù la convocò a sé e la punì per la sua arroganza e presunzione: ella fu condannata a continuare a vivere, pur sottoposta alla legge della vecchiaia e della inevitabile perdita della sua bellezza, fino al ritorno di Gesù-Giudice sulla terra!
Questa leggenda la conosceva benissimo Tommaso da Celano, che si era trovato spesso a passare per quei borghi sibillini, soprattutto da quando era andato a incontrare Francesco d’Assisi di ritorno dalla Spagna, e che da lui fu vestito col saio dei poveri frati. Fu colui che scrisse la prima biografia di San Francesco e colui che per primo testimoniò di aver visto le stigmate del santo. Ebbene fra Tommaso in una delle più belle poesie medievali, fino a qualche anno fa inclusa nei rituali della chiesa cattolica, cita la Sibilla e la leggenda che la lega al Giudizio Universale:
“Nel giorno della collera divina, proprio in quel giorno, tutte le cose mondane, materiali, spariranno come le faville in un caminetto. Di questo sono testimoni David e la Sibilla. Quando la paura sta invadendo l’umanità e il Giudice sta arrivando, tutte le opere umane saranno poste sotto un rigoroso giudizio.”
La Sibilla, simbolo di una umanità sorda e arrogante, assisterà alla venuta del Redentore e la sua fine seguirà quella dei suoi simili.
Alle ore 19,20 del 3 luglio 2015, due ragazzi stavano passando il fine settimana nella natura montana sotto i sibillini e hanno scattato una foto al monte Priora. Ora questa montagna, al lato nord del monte Sibilla, è anche chiamata “La Regina” perché le sue creste laterali, scendono dalla cima, danno l’impressione dell’immagine della Madonna, tanto cara nel medioevo, con le braccia allargate formando col suo mantello una specie di anfiteatro sotto il quale raccoglie l’umanità devota.
Nella foto scattata dai due ragazzi umbri il sole getta un ombra sulla parete sud (dietro il manto per intenderci) che forma il volto di una donna nell’atto, quasi animalesco, di emettere un urlo. La scena si potrebbe così raccontare (ma vuole rappresentare solo una mia idea per immagini): dietro al manto della Vergine Maria, in atto di proteggere i fedeli, i giusti, i martiri, coloro che hanno accolto i dettami cristici, la Sibilla urla di paura per l’arrivo promesso di Gesù. La spiegazione, pur sempre personale, è corroborata dalla presenza di linee sulla faccia dell’essere urlante che evidenziate formano una croce. Ma a ben analizzare la croce ci si accorge che questa rappresenta lo stesso Gesù stilizzato, col capo chinato a destra, le ginocchia ripiegate e i piedi sovrapposti.
Un’ombra, solo un’ombra!
Un’immagine, solo un’immagine di fantasia!
Ma mi conforta la frase evangelica: “Vi dico che se costoro tacciono, le pietre grideranno.” (Lc 19, 40)
Flavio Ciucani
15 Giugno 2017
Nota: La foto è stata ripresa dal Gruppo The X-Plan nelle persone dei suoi fondatori Diego Antolini, Alessio Sargentini, Manuele De Luca i quali hanno materialmente scattato le fotografie e ai quali va il mio ringraziamento.
http://www.flaviociucani.it/argomenti/non-solo-apparizioni/22-l-urlo-della-sibilla.html