Vivere o morire. Non è la parafrasi del titolo di un film né una semplice frase ad effetto.
E’ un bivio: quello di fronte al quale si trova la nostra umanità.
Ed è una scelta: la pace o la guerra; il passo indietro o l’inarrestabile sviluppo senza coscienza e senza speranza.
Saper scegliere bene, l’una o l’altra, dipende da un unico determinante fattore: la conoscenza. Sapere chi siamo, dove stiamo andando, qual è il reale stato del mondo, chi decide per il nostro destino e per quello dei nostri figli.
“Quanti di voi si rendono conto che siamo arrivati più o meno al capolinea?” La domanda di Giulietto Chiesa lascia attoniti i presenti in sala. Oltre duecento persone venute ad ascoltarlo e a commentare con lui il film “Zero, inchiesta sull’11 settembre”, evento del Festival di Roma 2007. Un film per il cinema nato da una rigorosa investigazione giornalistica condotta dallo stesso Giulietto, insieme ad un gruppo di studio dell’associazione Megachip, di cui è il presidente. E finanziato grazie agli sforzi dell’associazione stessa e ad una operazione di azionariato popolare. La serata era stata organizzata, lo scorso 14 marzo all’interno del cinema Multisala Moderno di Servigliano (AP) -ad una mezz’ora di distanza dalla nostra redazione -da ANTIMAFIADuemila, in collaborazione con la provincia di Ascoli Piceno, la Pro Loco e il Comune della città. Giulietto, il giornalista ed europarlamentare, amico di Giorgio, era venuto nelle Marche per partecipare a quell’evento pubblico e per visitare, il giorno successivo, le sedi delle nostre attività: gli uffici di Studio3 TV e, ovviamente, l’arca.
Un incontro che, come lui stesso ha poi dichiarato, avrebbe segnato l’inizio di una nuova fase della nostra collaborazione: da quel momento in poi ancora più stretta e proficua. La visione del film era durata circa due ore, durante le quali gli spettatori avevano potuto osservare, sgomenti, tutte le menzogne raccontate nella versione ufficiale sui fatti dell’11 settembre fornita dal governo americano. Ascoltando le analisi e le testimonianze di esperti, tecnici, scienziati, testimoni oculari, responsabili delle indagini, familiari delle vittime, giornalisti. Oltre che le assurde teorie formulate dalla commissione di studio statunitense che non ha inteso fornire alcuna spiegazione ragionevole ai fatti accaduti quel giorno. Perché le Torri Gemelle e l’edificio 7 del World Trade Center erano crollati a velocità di caduta libera, come avviene nei casi di demolizione controllata? Che cosa accadde veramente al Pentagono? Cosa lo colpì? Perché non furono trovati i resti del presunto Boeing? Come ha fatto quest’ultimo a penetrare nello spazio aereo più protetto del mondo senza incontrare alcuna resistenza? Chi sono i dirottatori? Molti di loro hanno dichiarato di essere vivi, perché non sono stati depennati dal rapporto ufficiale? E ancora: perché non sono stati ascoltati molti testimoni che avevano dichiarato di aver udito lo scoppio di ordigni all’interno delle Twin Towers e del Pentagono? O perché il nome di Bin Laden non appare nel sito dell’Fbi come ricercato per gli attentati dell’11 settembre? Sono solo alcune delle decine e decine di quesiti riportati nel film, gemello di un libro, “Zero. Perché la versione ufficiale sull’11/9 è un falso”, due prodotti con i quali Giulietto e il gruppo di studio chiedono sostanzialmente la riapertura delle indagini sull’11 settembre tramite l’istituzione di una commissione d’inchiesta internazionale che indaghi su quanto accaduto.
Ripartendo, appunto, da Zero. “Quello che abbiamo visto – aveva commentato Giorgio al termine del film, ascoltato molto attentamente dal pubblico in sala -è sconvolgente. E se è tutto vero, come credo che lo sia, la domanda da porsi è: perché è stato fatto? E la risposta è nella situazione internazionale. La mia speranza -aveva proseguito è che stasera con le vostre domande possiate stimolare Giulietto a spiegarvi proprio questo: cosa sta accadendo nel mondo, qual è la situazione in cui versano gli Stati Uniti d’America, attualmente il Paese più indebitato di tutto il pianeta, perché sono state scatenate due terribili guerre dopo l’11 settembre e perché non cambiamo il nostro tenore di vita?” Domande importati, aveva rimarcato, che possono aiutarci a comprendere quanto accaduto e quali menti “raffinatissime e diaboliche” si nascondano dietro a questa operazione che vuole impedirci di scoprire “la verità che tutto il mondo deve conoscere”. Il pubblico aveva applaudito spontaneamente mentre Giulietto, con un sorriso affettuoso, ringraziava Giorgio per quelle parole. Che successivamente, in risposta alle tante domande dei presenti, avrebbe ripreso: “Gli Stati Uniti, come diceva Giorgio -spiega in un passaggio -sono il Paese più indebitato al mondo e non restituiranno più i debiti che hanno accumulato”. Gli sguardi del pubblico sono visibilmente stupefatti e sconcertati di fronte all’analisi della situazione mondiale fornita da Giulietto. Lucida, dettagliata e supportata da dati e prove che non lasciano spazio all’interpretazione. “Sono oltre 200 i punti che dimostrano come la versione ufficiale sui fatti dell’11 settembre non sta in piedi. Nel film abbiamo focalizzato l’attenzione, per ragioni di spazio, solo su alcuni aspetti della vicenda poiché i filmati a nostra disposizione raggiungono le 36 ore”. Ma se è chiaro che il governo degli Stati Uniti ci ha mentito, prosegue il giornalista, “perché avrebbe dovuto farlo?”. La risposta è amara: perché l’11 settembre è servito ad iniziare la guerra. Nell’anno 2000, racconta, un anno prima del fatidico attacco trasmesso in live di fronte a 3 miliardi di persone, il segretario della Difesa degli USA Donald Rumsfeld scrisse in un documento sulla sicurezza nazionale che gli Stati Uniti d’America si preparavano alla guerra. Una “previsione fantastica”, fatta con un anno di anticipo, la previsione di una serie di attacchi che interesseranno, molto presto, anche l’Iran. Giulietto lo annuncia, inascoltato (come spesso accade per chi dice la verità), da diversi anni e per questo in molti lo hanno accusato di catastrofismo e antiamericanismo. Ma secondo un recente sondaggio negli Stati Uniti è il 51% degli americani a non credere alla versione ufficiale sui fatti dell’11 settembre mentre il 33% ritiene che l’amministrazione Bush o sia complice o abbia lasciato fare. “In sostanza – riprende Giulietto – un terzo degli americani la pensa come me: la dimostrazione lampante che non sono antiamericano”. I principali mass media questi dati però non li fanno conoscere, così come coprono la verità sull’11 settembre. “Una cosa, però, molti americani la hanno capita: i giornali mentono e le TV anche. L’anno scorso, a tre anni di distanza dall’inizio della guerra in Iraq il 40% degli americani era convinto che Saddam Hussein avesse partecipato agli attentati contro le Torri Gemelle e il Pentagono e che fosse in possesso di armi di distruzione di massa”.Una menzogna a cui inizialmente aveva creduto quasi tutto il mondo e questo perché “i mass media sono in grado di influenzare in modo radicale il pensiero. Chi ha in mano le televisioni non è che vi influenza, decide quello che voi dovete pensare. Questo è il punto. Se noi non riusciamo a riportare una democrazia nella comunicazione saremo sempre manipolati”. A questo punto il pubblico inizia ad applaudire. Non sono solo le parole di Giulietto a conquistare i presenti, ma anche il suo modo di trasmetterle, la chiarezza, l’evidente disperazione per l’attuale situazione in cui versa il nostro martoriato pianeta e la volontà di battersi, giorno per giorno, per cercare di cambiare le cose. La sua convinzione è che tutto questo sarebbe possibile se solo tutti avessero accesso alle stesse informazioni, se tutti fossero ugualmente consapevoli. E per questo chiede la collaborazione della gente per realizzare un progetto: quello di un format televisivo, libero e sganciato da ogni forma di controllo. “L’idea – dice – è quella di andare in onda verso le 10:30 di sera, di mostrare a tutti cosa hanno raccontato, nel corso della giornata, i 7 principali Tg e quindi spiegare perché ci hanno presi in giro e quale dovrebbe essere stato l’effettivo ordine del giorno”. Un format che sarà trasmesso dalle TV locali e sulla banda larga, con un pubblico potenziale di 30, 35 milioni di telespettatori. E che per garantire la libertà delle informazioni sarà finanziato solo dalla gente, 50 mila persone che dovranno dare la loro disponibilità a versare una piccola quota di circa 100 Euro. Il giorno dopo, all’arca, Giorgio e tutti noi avremmo dato la nostra adesione al progetto confermando il nostro impegno di farlo conoscere il più possibile attraverso tutti i nostri contatti. Anche molti dei presenti in sala si dichiarano subito disponibili a partecipare all’iniziativa e lasciano i propri recapiti al termine della conferenza che si protrae fino all’1 di notte. Le domande sono tantissime ed è in risposta ad una di queste che Giulietto riprende l’iniziale discorso di Giorgio nel tentativo di trasmettere la gravità della situazione mondiale. “Da quando il dollaro è stato scollegato dall’oro ed è diventato praticamente autocreantesi – dice – gli Stati Uniti hanno prodotto qualcosa come 900 trilioni di dollari, hanno invaso il mondo di dollari e hanno costruito la loro ricchezza e il loro benessere – in parte anche il nostro – attraverso una immensa produzione di materiale cartaceo che non ha nessun valore. Ma ora noi siamo arrivati alla fine, al capolinea, non c’è più sufficiente benzina per tutti e se la Cina continua a crescere all’attuale tasso di sviluppo (11,4% del Pil medio annuo) in 5 anni sarà una volta e mezza l’economia cinese di oggi”. Sottolinea, a questo punto, che ci troviamo di fronte ad una “svolta storica. E che “coloro che avevano in mano l’informazione questo lo sapevano già dall’anno 2000”, quando Rumsfeld aveva previsto la guerra. Coloro che hanno avuto e hanno a disposizione gli strumenti della conoscenza sapevano che a un certo punto avremmo dovuto “tirare le somme”. Perché “fra due, tre, cinque anni, il problema dell’accesso alle risorse energetiche diventerà grave e, per affrontarlo, occorrerà armarsi in anticipo”. Perché “quando ti troverai di fronte un miliardo e 300 milioni di cinesi che vorranno la stessa cosa che hai voluto tu fino al giorno prima dovrai essere in grado di ammazzarli, di eliminarli, se no sarai eliminato”. Catastrofismo? Si chiede Giulietto. No, “soltanto realismo. Io faccio parte della Commissione del Parlamento Europeo che si occupa dei problemi del clima e dell’energia, e ho i dati sotto mano”. L’11 settembre, continua, “non è stato fatto per combattere Bin Laden, ma perché era in preparazione una guerra con la finalità di eliminare fisicamente l’avversario”. Ma un’alternativa c’è: “Mettersi intorno a un tavolo e definire la ridistribuzione di tutte le risorse che non sono infinite ma definite. Il che significa che anche la crescita non può essere infinita e che siamo arrivati in fondo”.
Giulietto spiega quindi i meccanismi di un sistema economico destinato a crollare, poi afferma ancora: “Tutto questo nostro sistema, basato sui consumi in crescita vertiginosa si deve fermare. Altrimenti ci troviamo di fronte a due possibili risposte: la prima è quella di preparare, appunto, la guerra e questo gruppo di persone lo sta facendo! La seconda è quella di cui parlavo prima: la ridistribuzione delle risorse che parte dalla consapevolezza che siamo tutti in pericolo e che l’unica condizione è quella di dover rinunciare a qualcosa del nostro sistema di vita, che, “come qualcuno ha scritto, potrebbe anche significare un miglioramento della qualità della vita stessa. Ci sono un sacco di cose che potremmo fare consumando di meno. Quanti di voi si rendono conto che stiamo vivendo in un mondo senza senso? Ce ne rendiamo conto o no? Questo mondo è impazzito. Allora il problema di cambiarlo, seriamente, si pone. Ed è per questo che sono un pacifista , perché ritengo che l’altra soluzione sia solo una catastrofe. Moriremo tutti se questi qui vanno avanti come stanno andando avanti. Perché attaccare la Cina significa gettargli sopra 200 bombe atomiche e 200 bombe atomiche non si fermeranno sulla Cina ma gireranno in tutta l’atmosfera della Terra”. Il parallelismo con i messaggi di Giorgio è evidente. Ne avremmo parlato tutti insieme, il giorno dopo all’arca, ricordando quelle parole così importanti e ricche di senso di verità e giustizia. La conferenza stava ormai volgendo a termine, due ultime domande e poi Giulietto avrebbe lasciato la sala abbracciato da un grande applauso. Il suo messaggio finale è comunque pieno di speranza. “Io vorrei sopravvivere – dice -e vorrei che mio figlio sopravvivesse”. E se è vero che noi “siamo alla vigilia di un disastro” vero è anche che “avremmo la possibilità di evitarlo e per questo giro per l’Italia, come faccio stasera, per vedere se tutti insieme possiamo farcela. Se tutti insieme possiamo affrontare il problema della tecnologia e delle risorse alternative, che ci sono e dobbiamo imparare ad usare”. “Basterebbe battersi per avere un altro governo, capace di fare un’altra politica”. Il giorno dopo ci avrebbe chiesto di lavorare con lui per raggiungere proprio questo: la creazione di un nuovo linguaggio, unico e uguale per tutti, che possa creare i presupposti per una società diversa, basata sul principio dell’uguaglianza. Un “discorso universale”, come lo avrebbe definito Giorgio, che ora porteremo avanti anche insieme a lui.