Di Erika Pais
Siamo orgogliose espressioni spirituali dell’eternità. Riuscire ad immaginarla supera ogni limite di quello che oggi costituisce e fa parte del nostro Essere, della nostra esistenza, ora, in questo istante.
L’eternità, quella Verità che ci rende liberi, ma che ci chiede di vivere imprigionati e alla mercé di un tiranno silenzioso. Un dittatore implacabile che corre e passa. Nemico degli amanti che, baciandosi per la prima volta sotto la Luna, vorrebbero che quel bacio durasse per sempre, ma così come quel bacio è nato in un istante, in un altro istante muore. Egoista con i bambini che, giocando in un prato verde, mentre il sole che li accarezza inizia a nascondersi, e piangono dicendogli addio senza comprendere, perché tutto ha un inizio e tutto ha una fine.
Tuttavia, è amico della sorella morte. Perché quando questa arriva e passa inaspettatamente, strappandoci quei corpi che racchiudono le anime che tanto amiamo, colpendo i nostri già consunti spiriti, ci sveglia dall’ingenuità del cammino dello spirito.
Ma perché a noi? Che abbracciando con passione il concetto dell’eterno, ci siamo scoperti scintille di luce, scintille di polvere cosmica, navigatori dello spazio infinito, trasformandoci in coraggiosi soldati di Cristo, Servitori del Padre Eterno.
Perché a noi? Che conosciamo i segni, che conosciamo il finale di questa Storia, che assaporiamo ogni ferita in battaglia perché abbiamo la certezza della vittoria?
Perché a noi? Che aneliamo ritornare al Padre.
Perché a noi la morte ci fa tanto male?
Perché ci fa toccare l’effimero della creazione che siamo capaci di percepire.
Di fronte alla morte le domande ci invadono. La nostalgia della perdita ci spinge a cercare nel profondo di noi stessi. A cercare lontano, nelle stelle, nella Terra, negli sguardi degli altri. Indaga nei poemi del Cielo, nella musica, nel pensiero della filosofia cosmica che può scorgersi nelle nostre menti solamente stando in solitudine.
Lei, la morte, ci copre di una strana assenza, ci piega. Ancora ci ferisce, ci invade di silenzio, ci riempie di vuoto. Vuoti che si chiudono solo scoprendo qual è il Disegno Divino che le ha permesso di toccarci così da vicino.
Ma se non esistesse la morte, quella che ci segna, che ci fa male fino a gridare, come potremmo percepire e realizzare, nella sua più profonda manifestazione, l’antitesi della nostra eternità? Quel tiranno che ci ruba, a momenti, la gnosi dell’infinito. Quel dittatore, egoista, che ha il potere di piegarci, di fermarci, di spingerci. L’unico nemico, nella nostra dimensione di eternità, che ci definisce.
Il Tempo.
Quanto è un giorno per una farfalla?
Un minuto per un condannato a morte?
60 anni per un operatore del Cielo?
E benché potremmo parlare della non linearità del tempo, della sua non esistenza o della sua carenza di sostanza, tuttavia il Tempo è il gran sottovalutato nella nostra realizzazione dell’eternità.
La morte ce ne fa tener conto, che ci pensiamo, al suo trascorrere. In tutto quello che è stato mentre pensavi di essere libero da lui e in quello che non si è mai realizzato perché credevi di poterlo usare a tuo piacimento; e allora inevitabilmente sei consapevole delle cose che avrebbero potuto essere. Il tempo sa quanto ne possediamo e che può fermarsi per noi e fermare la nostra esistenza sulla Terra a suo capriccio.
Solo la morte è colei che può spogliare ciò che il tempo ci ruba e fargli proiettare l’ombra, che ha disegnato sul nostro cammino, ogni essere con cui viviamo, incontriamo e operiamo in questo mondo.
Da poco la morte e il tempo si sono stretti la mano e Filippo è partito lasciandoci qui tutti sulla Terra, la nostra trincea. Al dolore lacerante nella carne che soffre il nostro amico Giorgio, si aggiunge quello dello spirito dovuto all’improvviso addio, e a quello per la sorpresa, perché a volte anche le sorprese fanno male.
Quante domande, vuoti, dolore, nostalgie, ricordi, proiezioni provoca la sua dipartita. Nella sua famiglia, in suo fratello e in tutti noi, che abbiamo condiviso con lui il Messaggio e abbiamo fatto di questa Opera la ragione della nostra esistenza. Anche se a volte la strada da percorrere era la stessa ed altre sembravano essere sentieri paralleli. Ma un’unica Verità unisce tutti noi viandanti di questa Opera verso la stessa meta luminosa e brillante.
La morte non è mai una punizione. Non lo è per chi se ne va e tanto meno per chi rimane. La morte di Filippo è una necessaria opportunità di osservare le ombre che il suo cammino ha disegnato nella nostra Opera.
La sua morte è stata per noi un regalo della manifestazione del tempo. Del tempo che ci sollecita più che mai. Di un inizio o una fine, non importa quale dei due, perché l’eterno li rende una cosa sola.
Un Segno travolgente sigillato dal sacrificio, del quale non credo siamo del tutto coscienti. Perché la sopravvivenza di una madre ad un figlio è un atto contro la legge naturale della vita, pertanto se è stato necessario rompere questa legge, allora è perché era necessario trasformare quella morte in sacrificio. Misteri del TUTTO. Per il resto, c’è il Cielo.
È una risposta infinita per chi ha l’umiltà di accettare sé stesso, avendo posto la domanda. È, imperiosamente, un dono Divino della Gnosi che ci onora e ci responsabilizza.
A poco a poco il tempo cerca di divorare la nostra eternità, la nostra consapevolezza già debilitata dal mondo e vomitata nell’oscurità del non Essere. Perderlo, divulgando la Gnosi solo per amore della Verità, per fedeltà ad una promessa o per onorare un nome mantenendo vivo un ricordo, senza la lotta, senza il compromesso, senza l’intervento forte nella nostra società, non solo lo renderà sempre più forte contro di noi, ma svierà sottilmente la ragione dell’atterraggio della nostra Opera sulla Terra. La Giustizia.
La sua dipartita ha la forma di un invito, di un’ultima chiamata ai nostri fratelli Giovannei dispersi nei meandri dei pregiudizi, delle metodologie, delle incomprensioni, del possesso di un messaggio e degli ego.
Con i quali non siamo nemici se non stiamo insieme, non siamo nemmeno l’uno contro l’altro, ma se non siamo uniti, gran parte della nostra Tribù perirà.
La dipartita di Filippo è un regalo che mette in evidenza per tutti coloro che vogliono e possono vedere, che questo è il momento, siamo alle porte della fine e il tempo è il nostro gran nemico. A volte mi sembra di sentirlo, da lì, da dovunque si trovi, che ci grida con forza, con quella voce che lo caratterizzava: SIATE UNITI! SIATE UNITI!
Ora più che mai quell’espressione ripetuta continuamente in questi 50 anni nei messaggi del Cielo, dal Padre, dai fratelli delle stelle ad Eugenio, dallo stesso Eugenio e infine da Giorgio, è plasmata con una partenza.
Grazie Padre, grazie Filippo.
Erika País
17 Ottobre 2022
Allegati:
– 2-07-22 33 anni di coerenza
https://www.thebongiovannifamily.it/cronache/cronache-dalle-arche/cronache-dalle-arche-2022/9506-33-anni-di-coerenza.html
– 22-12-21 La sua presenza in tutte le cose le rende nuove di fronte a noi
https://www.thebongiovannifamily.it/cronache/cronache-dalle-arche/cronache-dalle-arche-2021/9282-la-sua-presenza-in-tutte-le-cose-le-rende-nuove-di-fronte-a-noi.html
– 24-07-21 La vita è Dio
https://www.thebongiovannifamily.it/cronache/cronache-dalle-arche/cronache-dalle-arche-2021/9136-la-vita-e-dio.html
– 13-06-21 Erika racconta la vita di un personaggio alieno
https://www.thebongiovannifamily.it/cronache/cronache-dalle-arche/cronache-dalle-arche-2021/9072-erika-racconta-la-vita-di-un-personaggio-alieno.html
– Aprile 2021 La chiamata (2ª stazione)
https://www.thebongiovannifamily.it/cronache/cronache-dalle-arche/cronache-dalle-arche-2021/9009-la-chiamata-2-stazione.html
– 30-03-21 La chiamata (1ª stazione)
https://www.thebongiovannifamily.it/cronache/cronache-dalle-arche/cronache-dalle-arche-2021/8963-la-chiamata.html