HO SCRITTO IL 23 SETTEMBRE 2010:
(APOCALISSE. CAP 17, 1-18)
NOI LO AVEVAMO SCRITTO E DIVULGATO (VEDI ALLEGATI).
LO STERCO DI SATANA, COSÌ SAN FRANCESCO CHIAMAVA IL DENARO, È PADRONE DEL VATICANO ATTRAVERSO LO IOR. E SE LO STERCO DI SATANA È PURE MACCHIATO DI ILLEGALITÀ O ADDIRITTURA DI SANGUE, DA PROSTITUTA, LA BANCA DEL VATICANO, SI TRASFORMA NELL’IDRA ANTICRISTICA DI BIBLICA MEMORIA. MA LA CAUSA DI QUESTO MALE È PEGGIORE DEL MALE STESSO.
I VERTICI DEL VATICANO, CON IL PAPA OSTAGGIO DEL LORO POTERE, SONO I COORDINATORI E GLI ORGANIZZATORI DEI MISFATTI E DEGLI ORRORI COMPIUTI DALLA BANCA DEL VATICANO. I CARDINALI E SOPRATTUTTO IL CARDINAL BERTONE DOVRANNO RISPONDERE A GESÙ CRISTO, IL QUALE PROSSIMAMENTE RIVISITERÀ IL MONDO CON GRAN POTENZA E GLORIA. ALTO TRADIMENTO NEI SUOI RIGUARDI E NEI RIGUARDI DI MILIARDI DI ANIME CREDENTI SARÀ L’ACCUSA MOSSA DAL SUPREMO GIUDICE FIGLIO DI DIO E FONDATORE DELLA CHIESA CATTOLICA APOSTOLICA.
A PROPOSITO DI ANIME CREDENTI. COSA ASPETTANO I CRISTIANI CATTOLICI AD ABBANDONARE IL VATICANO? A LASCIARE VUOTO L’OBOLO DI PIETRO E DENUNCIARE, COSÌ COME FECE CRISTO, I MERCANTI DEL TEMPIO, SPORCHI LADRONI ?
SCUSATE! MA ABBIAMO IL CORAGGIO DI PARLARE E DI GRIDARE LA VERITÀ!
GIORGIO BONGIOVANNI
Di Alberto Statera
Spesse nove metri, le mura del Torrione di Niccolò V, eretto nel 1453, rappresentarono il potente baluardo della cristianità contro i turchi. Nel terzo millennio, quel bunker protetto dalle guardie svizzere che svetta oltre la porta vaticana di Sant´Anna, sede dell´Istituto per le Opere di Religione denominato all´origine “Ad pias causas”, è giudicato se non proprio il paradiso, il purgatorio dell´offshore, dei misteriosi conti cifrati, del riciclaggio di denaro di origine opaca, di operazioni bancarie che virano sul grigio, quando non sul nero dell´inferno.
Di quelle che insomma odorano da lontano di sterco del diavolo.
Il paradosso è che dopo secoli di diaboliche e impunite frequentazioni col maligno, sembra che il divino redde rationem giudiziario giunga proprio nel momento in cui decolla un tentativo di cristiana purificazione della finanza vaticana. Con papa Ratzinger, di cui gode la stima, e con gli altri plenipotenziari in tonaca, pare che il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, il moralizzatore, fosse proprio sul punto di lanciare il suo progetto-trasparenza per restituire prestigio alle istituzioni pontificie travolte continuamente dagli scandali, quando i magistrati di Roma l´hanno indagato con l´ipotesi di riciclaggio.
Nel bunker dei conti cifrati si sono consumati gli scandali Sindona, Ambrosiano e Enimont fino al G8. Movimenti oscuri di miliardi che in passato hanno provocato un disastro etico e di immagine. Era partita l´operazione trasparenza ma è scattata l´inchiesta shock sul riciclaggio.
Su quei 200 milioni transitati dall´ex Banca di Roma all´Istituto l´ispezione si arenò.
Il moralizzatore iperliberista Gotti Tedeschi: per il Papa sarebbe degno del Nobel.
Niente più conti correnti anonimi intitolati a beati e santi, niente più pseudonimi, schermi e triangolazioni occulte, come quelle che per decenni hanno visto transitare nel Torrione miliardi e miliardi di denari talvolta d´ignobile provenienza.
Queste le promesse del banchiere che da un anno si trova a maneggiare i segreti più imbarazzanti d´Oltretevere e non solo dell´ultimo mezzo secolo. Il tutto preceduto da un´inchiesta interna, segretissima, che deve aver affrontato momenti drammatici. Quando, per esempio, ha cercato di chiarire i movimenti di denaro sul conto di un ben noto cardinale, che ha dato in escandescenze. O quando si è imbattuta nei conti di Giulio Andreotti e del gentiluomo di Sua Santità Angelo Balducci, protagonista dello scandalo G8 e referente della cricca della Protezione Civile, che dimora a palazzo Chigi negli uffici di Gianni Letta e del suo factotum Luigi Bisignani, che lo fu anche del capo della Loggia P2 di Licio Gelli.
Quello stesso Bisignani che, ancora giovanetto quasi imberbe, recava decine di miliardi della madre di tutte le tangenti (di allora) targata Enimont oltre la porta di Sant´Anna. Ben altro rispetto al miliardo e mezzo di lire attinto da Letta stesso anni prima dai fondi neri dell´Iri.
Aveva uno speciale pass Bisignani. E probabilmente lo conserva ancora, perché chi accede allo Ior, spesso con pesanti borse foderate di banconote, deve essere conosciuto per passare il vaglio della guardia svizzera. Valicata una barriera vetrata a comando elettronico – come ha raccontato in un suo libro Giancarlo Galli, che dal precedente presidente dello Ior Angelo Caloia fu condotto in visita nel Torrione blindato – si spalanca un salone moderno, un ottagono con pareti altissime, che sembrano quasi il paradiso. Il paradiso dell´offshore. In questa banca non esistono assegni con la stampigliatura Ior, solo contanti, lingotti d´oro e transazioni estero su estero via bonifico, con un clic elettronico. Niente ricevute, niente carte inutili. Chi è adeguatamente presentato può entrare portando una valigia piena di dollari di qualunque provenienza e uscirne senza ricevuta, ma con la certezza che il suo denaro andrà dove deve andare senza lasciare tracce.
L´ingresso del paradiso vero è più riservata, come si conviene.
Solo gli intimi degli intimi possono attraversare il cortile di San Damaso, il cortile del Maggiordomo, e guadagnare il ballatoio dove giunge l´ascensore che cala dall´appartamento pontificio, dove, dietro a una porticina, c´è lo studio del presidente dello Ior. Gotti Tedeschi, che Sua Santità reputa degno del premio Nobel per l´economia, non ha che da salire in ascensore per spiegargli cos´è quest´ennesimo scandalo.
Se ieri sia salito su quell´ascensore verso il cielo Gotti ovviamente non lo dice neanche a sé stesso, ma l´alta gerarchia della Curia non ignora certo che da molto tempo la procura di Roma indaga su banche e banchette, come quella del Fucino fondata dai principi Torlonia, che ogni giorno scambiano operazioni per centinaia di milioni con lo Ior, considerato uno schermo dietro il quale quasi mai c´è una persona fisica o giuridica.
E soprattutto c´è la filiale 204 dell´ex Banca di Roma, oggi Unicredit, allocata in via della Conciliazione al confine con le Mura Leonine, meno di duecento metri da piazza San Pietro, dove in due anni sono transitati su un conto Ior quasi 200 milioni di euro. Conti sconosciuti, protetti e sospetti. Di cui sicuramente, a suo tempo, non ignorava l´esistenza Cesare Geronzi. Ammesso che ne fosse all´oscuro, di certo ne fu informato il suo uomo per i rapporti con il Vaticano Marco Simeon. Ma l´ispezione interna si arenò misteriosamente.
L´Istituto per le Opere di Religione, nato una prima volta nel 1887 sulla base di quanto stabilito dalla Commissione «Ad pias causas» costituita da Leone XIII, divenne una vera banca il 27 giugno 1942 con chirografo di Pio XII, prevedendo che a usufruirne fossero dicasteri del Vaticano, conferenze episcopali, arcidiocesi e diocesi, parrocchie, nunziature, ordini religiosi, preti e monache.
Non andò proprio così, quando si scoprì che sulla riva del Tevere albergava per gli amici e gli amici degli amici una banca onshore e al tempo stesso offshore, dove tutto si poteva nel maneggiare tanto denaro in dispregio delle regole. Nel mezzo secolo successivo e se non fino ad oggi fino a ieri, stando almeno al senso di umiliazione sincera manifestato dal presidente Gotti Tedeschi per l´inchiesta che lo coinvolge, è stata una teoria ininterrotta di scandali.
Sindona, l´omicidio Calvi, la stagione di Tangentopoli, con il giovane Bisignani che versò sul suo conto proteso verso il cielo 108 miliardi di lire in certificati del Tesoro, Gelli, il denaro riciclato dei corleonesi di Totò Riina, l´ex governatore Fazio, che scambiava i ratios patrimoniali con le massime morali di San Tommaso d´Aquino, Fiorani e le scalate dei furbetti del quartierino, persino lo scandalo del calcio, con Moggi che dello Ior sarebbe uno straricco correntista. E, per finire, la cricca dei gentiluomini di Sua Santità, gonfi di ricchezze da nascondere perché ingiustificabili.
Il tutto tra guerre interne che oltre il portone di bronzo raramente filtrarono nella loro tragica povertà terrena.
«Santità – scrisse Roberto Calvi a papa Wojtyla poco prima di essere ucciso sotto il ponte dei Frati neri a Londra – sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonché delle colpe commesse dagli attuali e precedenti rappresentanti dello Ior; sono stato io che, su preciso incarico dei Suoi autorevoli rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti paesi e associazioni politico-religiose dell´Est e dell´Ovest; sono stato io in tutto il Centro-Sudamerica che ho coordinato la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l´espandersi di ideologie filomarxiste; e sono io infine che oggi vengo tradito e abbandonato».
Il cardinale Paul Marcinkus, ex capo dello Ior oggi defunto, che fu uno degli autori del disastro etico e d´immagine che ha segnato tutta la storia dell´oro del Vaticano maneggiando nel modo più indegno lo sterco del diavolo, paradossalmente mai si deve essere sentito il Maligno in clergyman, visto che quasi come un epitaffio sulla sua tomba disse: «Il denaro? No, non si può dirigere la chiesa con le Avemaria».
Ecco, è proprio questo il tragico paradosso con cui deve confrontarsi con la sua coscienza nel Torrione il nuovo banchiere papale iperliberista che dice di vagheggiare la trasparenza.
a. staterarepubblica. it
REPUBBLICA 23 SETTEMBRE 2010
Il presidente Gotti Tedeschi e il direttore generale Cipriani indagati
per violazione delle norme sull’antiriciclaggio.
Di Anna Petrozzi
Aveva assicurato massima trasparenza e piena collaborazione con i magistrati il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi quando lo scorso giugno e nel novembre 2009 un’inchiesta della procura di Roma aveva messo sotto la lente di ingrandimento alcune operazioni milionarie (in euro) avvenute tra la Banca vaticana e altri istituti di credito tra cui Unicredit, Intesa San Paolo e la Banca del Fucino.
Ora la trasparenza non sarà sufficiente, il noto economista dovrà fornire risposte precise e circostanziate ai pm Nello Rossi e Stefano Rocco Fava che lo hanno iscritto nel registro degli indagati assieme al direttore generale Paolo Cipriani per violazione della legge antiriciclaggio.
Dal 2003 infatti la Cassazione ha stabilito la competenza della giurisdizione italiana anche sullo Ior e la stessa Bankitalia con una circolare del 9 settembre scorso ha imposto controlli rafforzati anche sulla banca vaticana considerata come un istituto di credito comunitario.
In particolare la contestazione mossa ai due dirigenti riguarda i commi 2 e 3 dell’articolo 55 del decreto legislativo n.231 del 2007, vale a dire sono accusati di aver omesso di fornire le indicazioni richieste inerenti le generalità dei soggetti sul conto dei quali eseguivano le operazioni (comma 2) e gli scopi e la natura del rapporto continuativo o della prestazione professionale (comma 3).
Non vi è la prova del riciclaggio quindi, in effetti assai difficile da trovare. Ma la mancata segnalazione è comunque ritenuta ugualmente grave al punto che i due pm hanno ottenuto dal gip Maria Teresa Covatta il sequestro preventivo di 23 milioni di euro (su 28 complessivi) depositati presso un conto corrente aperto presso la sede romana del Credito Artigiano spa.
Secondo la ricostruzione si tratta del trasferimento di 20 milioni alla JP Morgan di Francoforte e di 3 alla Banca del Fucino. La transazione è stata segnalata come sospetta dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia (UIf) che ha quindi sospeso l’operazione per 5 giorni lavorativi consentendo così alla Guardia di Finanza di effettuare accertamenti.
La Santa Sede non ha esitato ad esprimere la propria solidarietà e fiducia a Gotti Tedeschi e Cipriani ribadendo il proprio impegno affinché lo Ior possa essere inserito nella cosiddetta “white list”, una sorta di lista dei buoni istituti che fanno della trasparenza un tratto distintivo.
Per quanto riguarda invece le transazioni in questione – si legge nella nota diffusa nella sala stampa vaticana – si tratta di operazioni di giroconto (cioè un trasferimento di denaro tra conti dello stesso proprietario) per tesoreria presso istituti di credito non italiano il cui destinatario è il medesimo Ior.
Questo spiegherebbe perché dietro i vari bonifici vi sarebbe solo l’acronimo della banca. I magistrati, al contrario, ipotizzano che proprio dietro la sigla Ior si possano nascondere persone fisiche o società che hanno utilizzato questi conti schermati come una via privilegiata per lo spostamento di capitali tra l’Italia e l’estero. L’indagine punta proprio a identificare gli eventuali beneficiari di titoli e operazioni per milioni di euro.
Roma, sequestrati 23 milioni. “Eluse le norme anti-riciclaggio e rischio di nuovi reati”.
Sul conto sospetto movimentati 116 milioni di euro in entrata e 117 in uscita.
CARLO BONINI
ROMA – Con una significativa e chissà se voluta cabala storica, in un lunedì 20 settembre che celebra i 140 anni della breccia di Porta Pia, per la prima volta nella storia repubblicana crolla con fragore il bastione immunitario che dal 1946 protegge penalmente il lavoro felpato di chi abita il torrione di Nicolò V, sede dell´Istituto Opere di Religione (Ior), la Banca del Vaticano. Il gip di Roma Maria Teresa Covatta, accogliendo le richieste del procuratore aggiunto, Nello Rossi, e del sostituto Stefano Rocco Fava, dispone il sequestro preventivo di 23 milioni di euro depositati sul conto 49557 acceso dallo Ior presso la filiale di Roma del “Credito Cooperativo artigiano” (banca del gruppo Credito Valtellinese), congelando due distinte operazioni di bonifico che avrebbero dovuto triangolare dalle casse vaticane 20 milioni di euro alla banca d´affari “Jp Morgan” di Francoforte sul conto corrente con Iban DE81501108006231606168 e 3 milioni di euro sul conto con Iban IT75Q0312403210000020020498 presso la filiale di Roma della “Banca del Fucino”. Di più: contestualmente al sequestro, vengono iscritti al registro degli indagati il Presidente dell´istituto, Ettore Gotti Tedeschi, e il suo direttore generale Paolo Cipriani, per il reato di «omessa osservanza» delle norme antiriciclaggio (è il decreto legislativo 231 del 2007, che ha recepito una direttiva dell´Unione Europea). «Risulta comprovato – scrive infatti il gip Covatta nel suo decreto di sequestro – il comportamento omissivo tenuto dall´istituto vaticano che, benché richiesto, ha mancato di comunicare la generalità dei soggetti per i quali aveva chiesto al Credito Artigiano di eseguire le operazioni di bonifico e non ha fornito le informazioni sullo scopo e la natura dell´operazione». Un´omissione documentata da uno scambio di fax tra lo Ior e il “Credito” e dalle comunicazioni tra il “Credito” e l´”Unità di Informazione Finanziaria” (Uif) della Banca d´Italia. Secondo la ricostruzione contenuta in un appunto del Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, il 6 settembre scorso lo Ior chiede infatti al “Credito” di disporre le due operazioni di bonifico. La banca (che in gennaio ha ricevuto come tutti gli altri istituti di credito una circolare della Banca d´Italia che la obbliga «nei rapporti con lo Ior», istituto extracomunitario, a rispettare «gli obblighi di adeguata verifica rafforzata») chiede al Vaticano di fornire informazioni sui beneficiari e lo scopo delle operazioni. Ma le risposte non arrivano e così, il 14 settembre, il “Credito” decide di segnalare quanto sta accadendo all´Uif. Il 15 settembre, da Bankitalia arriva al “Credito” l´ordine di sospensione delle operazioni di bonifico per un tempo di cinque giorni lavorativi e, contestualmente, vengono attivate Nucleo di polizia Valutaria e Procura. A quel punto – osserva il gip – il sequestro dei 23 milioni di euro diventa «dovuto», «urgente». «Per evitare – scrive – che la libera disponibilità della cosa pertinente il reato possa aggravarne le conseguenze o agevolarne la commissione di analoghi». Di fatto, dunque, l´indagine sui 23 milioni dello Ior, sui suoi beneficiari, sulla sua natura, comincia adesso. Ma non da zero. La Finanza ha infatti già accertato che sul solo conto 49557 del “Credito Cooperativo” (di cui per altro, lo scorso 19 aprile era stata dichiarata curiosamente la «cessazione»), lo Ior ha movimentato nel tempo 116 milioni di euro in uscita e 117 in entrata verso beneficiari anonimi (una scoperta simile aveva riguardato un conto presso la filiale 204 della ex Banca di Roma, dove il denaro movimentato dal Vaticano ammontava a 180 milioni di euro in 10 anni). Di più: da oltre un anno, la Procura – per iniziativa degli stessi pm che hanno chiesto il sequestro – sta esaminando con la Finanza centinaia di operazioni di triangolazione di contante condotte dallo Ior attraverso i maggiori istituti di credito italiani, in violazione degli obblighi previsti dalle norme antiriclaggio. Insomma, siamo all´inizio. E questo spiega l´irritata «sorpresa» di Oltretevere. Non fosse altro nello scoprire che nell´anno di grazia 2010, l´interpretazione generosa dell´articolo 11 dei patti Lateranensi (norma sulla “non ingerenza” dello Stato Italiano sugli affari Vaticani), quello per intendersi che, nel 1987, aveva risparmiato il carcere al presidente dello Ior Paul Marcinkus per il crac dell´Ambrosiano, è antiquariato. Anzi, è ormai capovolta dalla giurisprudenza della Cassazione (sentenza 22516 del 2003). Una pessima notizia per la Segreteria di Stato. Anche perché di questi tempi sono due le spine che affliggono il Vaticano. La prima si chiama Ior. L´altra, “Propaganda Fide” e Crescenzio Sepe.
LA REPUBBLICA 22 SETTEMBRE 2010
Link Crimini e Pedofilia in Vaticano: