L’espressione del suo volto mi trafigge il petto. Giorgio Bongiovanni, 51 anni, da 25 segnato dalle sacre piaghe della passione di Cristo, la sua vita toccata da una profonda esperienza mistica, spirituale e interamente dedicata ad una costante opera sociale. Ha percorso 12 mila chilometri per essere qui accanto ai suoi fratelli e collaboratori in questa terra di Paraguay, insieme a Suo figlio Giovanni, agli amici che lo hanno accompagnato dall’Italia e ai fratelli che lo hanno raggiunto qui dall’Argentina, dall’Uruguay, dal Cile. Dietro di Lui la famiglia Medina al completo. I fratelli, le sorelle, la mamma, il papà e la figlia maggiore di Pablo sono lì, seduti su alcune sedie sotto al gazebo. Sui loro volti marcati dal dolore, tutta la rabbia, l’impotenza, e il desiderio di una giustizia vera che non riporterà in vita il loro amato Pablo ma che potrà forse restituire loro quel briciolo di pace per continuare a vivere. Lo sguardo di Giorgio si posa una volta ancora sulle lancette dell’orologio e nuovamente dinanzi alla piazza. Duecento persone o forse poche di più attendono l’inizio dell’incontro. Cento siamo noi. In lontananza osservo i miei fratelli sfruttare gli ultimi minuti per attirare ancora l’attenzione della gente invitandola a partecipare. Altri, pronti, ognuno al proprio posto operativo, si guardano intorno. La smorfia di un aspettativa delusa nel volto dei nostri giovani mi disintegra il cuore. Dove sono le migliaia di persone che si stringono intorno al dolore di questa famiglia distrutta? Dov’è l’indignazione di un popolo schiacciato da secoli che finalmente grida: “basta!”? Intravedo alcune persone dietro alle finestre o sui balconi dei palazzi vicini. Forse vogliono ascoltare senza dare troppo nell’occhio. La situazione mi riporta purtroppo alla nostra terra. Alla nostra città: Palermo, dove la regola dell’omertà si è fatta bandiera. Ira, collera, rabbia, sgomento, si impossessano di me pervadendomi come un fiume in piena, attraversando ogni atomo del mio corpo e ogni cellula del mio spirito. Non è giusto! Grido al cielo nel silenzio.
Non è giusto! E una preghiera, rivolta a Colui che tutto guarda e ancora aspetta, esce prepotente dal profondo della mia anima. Fai scendere Padre la tua divina giustizia perché niente è giusto in questo mondo! Raccogli da questa umanità infernale i tuoi piccoli e soffia su questa terra il Tuo sacro fuoco purificatore. Solleva gli oceani che ripuliscano questo mondo affinché il germe del male sia sradicato da questa società codarda, malvagia, perversa, indifferente ed egoista. Venga il tuo regno dove finalmente potranno essere accolti i tuoi figli esuli in un mondo che non gli appartiene, gli uomini di buona volontà, i puri, i pacifici, gli assetati di giustizia. In quante altre piazze, Padre mio, dobbiamo sentire ancora gridare Barabba??? Non ti sembra ancora abbastanza?
I buoni sono pochi e anche i cattivi in verità non sono molti. Ma è la grande massa a fare la differenza. Coloro dei quali il Signore disse: I tiepidi li vomiterò dalla bocca. Sono proprio loro a fare la differenza, la gente del popolo. Pigra, paurosa, codarda, ingrata, incapace di prendere posizione, di schierarsi, di lottare per i veri ideali, di combattere coraggiosamente per il futuro dei propri figli sostenendo le battaglie dei giusti. Gesù Cristo fu lasciato solo. Tradito e ucciso dalla sua stessa gente. Uomini e donne che Lui, il figlio dell’Uomo, aveva guarito nella carne e nello spirito. Lo hanno lasciato solo. Non lo hanno difeso. Non lo hanno protetto. Vendendosi per paura, per arroganza, per meschinità. Lui, il più grande rivoluzionario di tutti i tempi, che aveva potere di vita e di morte sugli uomini, che comandava alle forze della natura di fare bonaccia e queste lo ubbidivano, che sapeva entrare nel cuore duro dell’uomo donandogli nel contempo la freschezza di un bimbo e la sapienza di un anziano, Lui che su quel cammino impolverato del Golgota cadendo sotto il peso della croce disse a sua Madre corsa per sorreggerlo: Vedi Madre io faccio nuove tutte le cose. Lui, con quel sublime sacrificio squarciò i cieli e vinse il mondo liberando gli uomini dalla morte, riconsegnando loro la chiave della coscienza. E per amore solo per amore continuò a discendere sulla terra per coloro che il Padre ha lasciato nel mondo ma che non sono del mondo, attraverso innumerevoli uomini e donne che nei secoli hanno dato la vita per difendere i Suoi ideali. Da Oriente ad Occidente si sono succeduti i martiri nella storia della nostra umanità, per giungere fino ai nostri tempi. In un copione che si ripete tragicamente identico. Tutti immancabilmente furono alla fine lasciati soli a combattere per difendere gli alti ideali di Giustizia e Verità, traditi dal proprio giuda e dalla propria gente. Alcuni nomi per tutti, Giordano Bruno, Ernesto Guevara, Martin Luther King, Giovanna D’Arco, Mahatma Gandhi, papa Luciani, Padre Puglisi, Peppino Impastato, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino. Ed ora Pablo Medina. È lunga la lista dei martiri che hanno bagnato di sangue le nostre sporche e misere coscienze.
Rivolgo gli occhi al cielo e in quel grido silenzioso una sola preghiera. Fai cadere quella croce Padre che l’uomo ha innalzato crocifiggendo il Tuo figlio prediletto, il nostro Signore, il Re degli universi, fai cadere quella croce su questa terra, quella croce che continua ad essere innalzata ogni giorno con il martirio dei giusti e la strage degli innocenti. Falla cadere affinchè l’uomo possa ricordare che Tu sei il Creatore e noi solamente il creato, e chinando il capo possa finalmente risvegliarsi da questo sonno malefico, battere il pugno sul petto chiedendo a Te perdono per averlo dimenticato, per aver violentato le Tue creature, per aver distrutto la Tua Creazione. Un occhio invisibile osserva e segna nel taccuino della vita imprimendo quelle immagini nella storia di questo tempo. Un’altra piazza. Un altro palco. Quei piedi. Quello sguardo. Gli occhi smarriti di una figlia trafitta dal dolore. La disarmante umiltà di una mamma e di un papà che trovano ancora la forza di mantenere in mano un manifesto “Giustizia per Pablo”. Mantenendolo stretto come fosse lì, in quel pezzo di carta sgualcito, quel loro figlio massacrato. Una mamma alla quale è rimasto solo il fiato per dire: giustizia. Una nuova immagine della pietà. Un nuovo figlio disceso dalla croce e adagiato nelle braccia di sua madre.
Le attività
Due settimane prima Georges Almendras giornalista di canal 4, emittente nazionale di Montevideo, anche lui isolato per questa sua caparbia ostinazione a voler sempre dire la verità, è giunto in questa terra in supporto al rappresentante di Giorgio Bongiovanni per il Paraguay, Omar Cristaldo, e al suo delegato per le attività antimafia il magistrato Jorge Figueredo. È arrivato qui Jean Georges Almendras due settimane prima, insieme alla madre di suo figlio Giorgio David, la nostra amata Erika responsabile delle arche in Uruguay, alla dolcissima Emilia, 19 anni, viceresponsabile dell’arca di Rosario, il suo papà il caro Martin e il nostro carissimo Bruno, 19 anni. Hanno preparato l’arrivo di Giorgio, messo le basi per ospitare tutti i fratelli e organizzato le attività di preparazione all’atteso evento. Giorgio, accompagnato da Giovanni, Valter, Francesco, Marco, Francesca e colei che vi scrive, posa il suo piede dopo nove anni in terra paraguaya. È il 14 novembre. É appena giunto anche il suo rappresentante per il latino America, il giudice Juan Alberto Rambaldo insieme a sua moglie Alejandra e a scaglioni arrivano anche tutti i fratelli delle varie arche dell’Argentina, dell’Uruguay e del Cile. Tre giorni intensi di incessante lavoro per tutti. La cucina, la sicurezza, il volantinaggio, la diffusione. Vorrei nominarvi tutti, preziosi quali siete, uno ad uno. I giovani primi di tutti, Bruno, Tomas, Patricio, Matias, Fermin, Ornella, Chacho, Patricia, Maria Eugenia …… Tutti nessuno escluso. 10 mila manifesti affissi e 50 mila volantini divulgati in tutta la città, la conferenza stampa e le comunicazioni ai mezzi di informazione locali e nazionali, l’intervista realizzata a Giorgio dal giornale ABC Color dove lavorava Pablo Medina e dove ora vi è una sedia vuota. Le trasmissioni radio e televisive. Le notti in bianco. Uomini e donne, insieme, dopo aver percorso migliaia di miglia lasciando lavoro e famiglia, indebitandosi per affrontare le spese del viaggio, convivendo insieme (circa 90 persone) nella casa dei carissimi Omar e Hilda, insieme ai loro bellissimi figli, Lucero, Giovanni, Julio Cesar, Andrés con le loro rispettive compagne e compagni e alla più piccola della casa la tenera Alana Maria Paz, improvvisamente circondati dentro la loro stessa dimora da una “tribù” di persone e coinvolti appieno nelle varie attività.
“Noi chiediamo di più allo stato, alla magistratura e alla politica” ha detto Giorgio Bongiovanni davanti ai microfoni di giornalisti e cronisti nei vari incontri con i mezzi di informazione “affinché si possa evitare che il potere si corrompa con la mafia. Il Paraguay è un paese straordinario, evitate che si trasformi in uno stato narcos. Vogliamo colpire la sensibilizzazione dei cittadini perché quando il popolo inizia a prendere coscienza può sollevarsi. La stampa in questo ha una grande responsabilità. In Italia abbiamo raccolto migliaia di firme per spingere il governo a promulgare leggi antimafia e per chiedere giustizia. Se qui in Paraguay non approvate una legge severa che punisca il delitto di mafia moriranno altri Pablo Medina. É importante andare nelle scuole, invitare i magistrati a parlare con i ragazzi, investire sulla educazione alla legalità, contro la droga, contro il narcotraffico. All’inizio non è necessario schierarsi apertamente contro il narcotraffico perché comprendo la paura della gente ma è sufficiente intanto stare lontani da loro. Se lo stato proteggerà i pentiti di mafia e sosterrà il lavoro della polizia non corrotta, la gente inizierà ad avere nuovamente fiducia. Noi vogliamo dare speranza alla gente”.
La mobilitazione
18 novembre. Asunción. La manifestazione ha inizio in “Plaza de la Democracia”. Juan Carlos Paolini di radio Tierra Viva Rosario (Santa Fè- Argentina) apre l’evento al quale hanno aderito il sindacato dei giornalisti, il coordinamento degli avvocati del Paraguay, il famoso giornalista e e la federazione nazionale degli studenti secondari. La parola passa al giornalista Jean Georges Almendras il quale sottolinea che l’intento della mobilizzazione è quella di richiamare l’attenzione dei cittadini del popolo paraguayo a prendere coscienza e a reagire di fronte a un fatto tanto grave come l’assassinio di un loro giornalista. Un uomo dalla schiena dritta come Pablo Medina. “Lo stato sottomette chi vuole dire la verità, noi come cittadini riaffermiamo che il responsabile diretto è il presidente della repubblica, anzi tutti e tre i poteri dello stato sono responsabili della morte di Medina” denuncia il rappresentante degli studenti, il giovane Federico Enciso mentre il giornalista di “Ultima Hora” rappresentante del coordinamento dei giornalisti ricorda che “è un dovere di giornalista e di cittadino partecipare e chiedere giustizia per Pablo e per gli oltre trenta colleghi uccisi in 25 anni di democrazia. Anche se in realtà” prosegue “democrazia non c’è e queste morti ne sono la prova. Se in Paraguay tutti i cittadini non si organizzeranno significherà che lasceremo il nostro destino nelle mani di assassini. Dobbiamo capire cosa c’è all’interno del parlamento, la narcopolitica, questa forza occulta gestisce il potere”. Padre Oliva, un sacerdote missionario che opera nella città di Asunción, si sofferma a parlare quindi della urgente necessità di una maggiore sicurezza per i giornalisti minacciati: “Dobbiamo chiedere maggiore protezione per i giornalisti in prima linea in tutto il mondo, perché spesso non viene colto il pericolo che loro corrono quando denunciano sicari e corrotti. Oggi i giornalisti vengono uccisi e noi li piangiamo, ma in realtà dovevano essere disposte prima adeguate misure di protezione”. “In questo Paese si agisce nell’impunità” sostiene ancora Kattya Gonzalez presidente del coordinamento degli avvocati paraguaiani, “La ricchezza si concentra nelle mani di pochissimi e il popolo deve mendicare pane, giustizia, diritti di base, per questo il Paraguay deve indignarsi. Quando si uccide un giornalista è un fatto molto grave, viene dato un colpo al cuore del processo democratico perché è attraverso il giornalismo che si aprono le coscienze. La Corte suprema della giustizia deve essere rinnovata”. I relatori si succedono nel palco esternando con forza la propria denuncia ed esprimendo solidarietà alla famiglia di Pablo Medina, il giornalista del quotidiano nazionale ABC Color, nostro collaboratore, amico e fratello assassinato per essersi messo da ostacolo agli interessi del potere politico-mafioso del Paraguay. “Si pensava che la droga fosse una questione localizzata” riferisce il Giudice Juan Alberto Rambaldo, “in realtà la metodologia è unica ed estesa a tutti i paesi, dal Sud America all’Europa”, prosegue. “La criminalità sfrutta le debolezze e le carenze istituzionali per portare avanti i propri affari, dietro ai sicari ci sono gli imperi finanziari, i sistemi bancari che lavano ingenti quantità di denaro e tutto ciò va a creare uno stato criminale dentro lo stato nazionale. La forza è il popolo, solo lui può vincere questa battaglia”. Anche il senatore Luis Alberto Wagner del partito liberale, ha confermato la presenza della mafia nelle istituzioni paraguayane e di un omertà diffusa. Parlando poi di Vilmar Acosta, ritenuto il mandante dell’omicidio Medina e del padre Vidal Acosta ha detto: “Sebbene nella loro tenuta abbiano trovato il corpo di persone torturate e uccise furono liberati dal ministro della corte Víctor Núñez che ratificò la libertà di entrambi.
Se non è questo un narcoministro che cos’è? Se Núñez non gli avesse dato la libertà Pablo oggi sarebbe ancora vivo” conclude il senatore. Dopo di lui Jorge Figeredo prende la parola: “Mi indigna che continuiamo a permettere che la narcopolitica si infiltri nelle nostre istituzioni, nei tre poteri dello stato. Chi ha paura muore tutti i giorni ma chi non ha paura muore una sola volta” dice il magistrato ricordando le parole di Paolo Borsellino. “Rivendico la figura dell’amico, del compagno, del fratello Pablo Medina perché veramente lui ha da dato la vita per ognuno di noi. Ma non ricordiamo Pablo morto perché Pablo non è morto, attraverso le nostre gambe, la nostra lotta continuerà a vivere, perché gli ideali non muoiono. Possono uccidere un corpo ma mai un ideale. Esigiamo dai tre poteri dello stato che combattano non solamente il crimine organizzato ma quella mafia che sta divorando la nostra società. Ma il risultato di questa lotta dipende da ognuno di noi cittadini paraguayani e sudamericani. Dobbiamo essere protagonisti del cambio, dobbiamo resistere e per mantenere la resistenza deve iniziare in questo paese una vera rivoluzione civile” conclude Figueredo con grande passione. La parola passa al direttore di Antimafia Duemila, l’ispiratore e organizzatore dell’evento, Giorgio Bongiovanni, che chiama sul palco la figlia di Pablo, Dyrsen Medina. Accanto a lei fissando le telecamere delle emittenti televisive che riprendono l’evento, si rivolge al sindaco di Ipehù, Vilmar Acosta Marques, conosciuto come “Neneco Acosta” considerato appunto il mandante dell’omicidio del giornalista e della sua assistente Antonia Almada: “Voglio dire prima di tutto al signor Acosta, all’assassino di Pablo Medina e a tutto il suo clan mafioso: -Consegnati! Dichiara alla giustizia il nome dei tuoi complici, di chi ti ha ordinato l’assassinio di Pablo! Noi sapiamo che non sei solo tu, codardo, insieme a tutti i tuoi complici, c’è qualcuno più in alto!-. – “Signor presidente Cartes, lei ha paura che Acosta faccia i nomi di tutti i suoi complici politici?-. -Consegnati Acosta se ti è rimasta ancora un po di dignità! Te lo chiedo davanti alla figlia di Pablo. Perché tu potrai sicuramente scappare dalla giustizia umana ma mai potrai fuggire dalla giustizia divina. Non avrai nessun luogo del mondo dove poterti nascondere. Consegnati, dichiara la verità e avrai salva l’anima e forse potrai liberare questo paese dai narcotrafficanti”. Bongiovanni chiede ai rappresentanti di governo che “venga finalmente istituita una legge antimafia che riconosca il delitto di appartenenza ad una associazione criminale e che tuteli i pentiti di mafia così come avviene in Italia che è la patria della mafia ma anche la patria dell’antimafia che non vuole che lo stato si trasformi in uno stato-mafia. Il popolo per questo deve lottare, protestare e questo è l’inizio di un nuovo cammino di rivoluzione civile”. Rivolgendosi poi al Ministro Núñez che aveva denigrato le inchieste giornalistiche di Pablo Medina, dice: “Signor ministro si dimetta! Io credo più al mio amico Pablo che diceva che lei è amico dei narcos che non che Pablo scrivesse falsità. Lei offende la costituzione del suo paese.” Accanto a Giorgio, Dyrsen Medina con tutta la sua rabbia e disperazione grida dal palco giustizia per suo padre: “Un grande uomo mio padre che ha dato la vita per dire la verità. Se non siamo tutti uniti siamo condannati a morire tutti. Basta all’impunità! Il Paraguay merita una giustizia, io e la mia famiglia chiediamo un processo politico, vogliamo un Paraguay pulito e questo dipende da ciascuno di noi.” (https://www.youtube.com/watch?v=YWsFpludTLY) “Mio padre ci ha lasciato un ideale valido per il quale lottare, non possiamo più tollerare altri morti.” In lacrime ha poi denunciato gridando: “Voglio fare una denuncia pubblica, all’ABC Color perché sono molto indignata che si utilizzi il nome di mio padre: Esigo e proibisco totalmente che si pubblichi e si usi il nome di mio padre. Io so molte cose delle quali parlerò a tempo debito” e continua ancora Dyrsen con tutta la sua disperazione che resterà impressa nei nostri cuori per sempre: “Perché gli avete tolto la scorta quando più ne aveva bisogno? La direzione di ABC Color sapeva bene dei rischi che correva mio padre, sapeva delle minacce, ma mai lo hanno protetto. A volte pagava di tasca sua la protezione per qualche copertura giornalistica. Lo hanno lasciato solo! Ora basta! Tre morti nella stessa casa sono troppi!.” I fratelli di Pablo, Gaspar e Francisco Medina, sostengono la nipote rimasta orfana di padre, un padre speciale, unico, che lei, la primogenita, adorava tanto. Accanto a loro anche il figlio di Salvador Medina di 13 anni. “Abbiamo già perso tre membri della nostra famiglia” proseguono i due fratelli denunciando la corruzione che sta dietro alle istituzioni che determina omicidi eccellenti di uomini liberi che “disturbano e ostacolano” il potere, “nostro padre e nostra madre hanno terminato le lacrime” dicono e rivolgendosi al ministro Núñez continuano: “Mai, signor ministro, nostro fratello ha scritto cose che non sapeva, mai è caduto in contraddizione, lui sapeva ciò che diceva perché aveva le sue fonti! Che le sue idee, le idee di Pablo continuino per sempre”. “La mafia non può continuare ad essere responsabile della vostra morte!” Conclude Gaspar in guaranì, lingua nativa, riportandoci sotto quel cielo stellato il forte grido degli antichi guerrieri indiani che si leva alto fino al Grande Spirito.
La manifestazione si conclude con le commoventi immagini del video dedicato a Pablo Medina ispirato da Giorgio Bongiovanni e realizzato da Giorgio Barbagallo tra le lacrime strazianti dei suoi cari. Al termine della mobilitazione un inviato della TV Nazionale paraguayana “Tele Futuro” intervista dalla piazza della Democracia in diretta per il TG serale Giorgio Bongiovanni e Dhirsen Medina.
Considerazioni e vittorie
Il popolo era assente nella grande piazza ma l’evento ha suscitato grande impatto per la risonanza mediatica attirata dal fatto che una delegazione di vari paesi europei e latini sia venuta ad occuparsi del caso. Per ora gli assassini sono latitanti e i mandanti dal volto coperto impuniti ma così come in Italia c’è un prima di Paolo e un dopo Paolo anche in Paraguay sta accadendo lo stesso. Dopo la morte del gionalista di ABC Color è stata istituita per la prima volta una Commisione bicamerale che indagherà sull’omicidio di Pablo, formata da tre senatori (il colorado Arnoldo Wiens, il liberale Luis A. Wagner e Miguel A. López Perito, del movimento Avanza País,) e da tre deputati (Olimpio Rojas, Pablino Rodriguez e Tomás Rivas Benítez). La Commisione lavorerá in sinergia con il Potere Giudiziario, il Ministero Pubblico e gli organi di sicurezza dello Stato. Antimafia Duemila durante questi intensi giorni di attività ha incontrato la commissione, rappresentata dal senatore del Congresso Nazionale Dr. Arnoldo Wiens e il suo collega parlamentare Arnaldo Giuzzio, alla quale ha chiesto la promulgazione di nuove leggi che possano punire la collusione di uomini delle istituzioni con il potere mafioso.
Il magistrato titolare delle indagini, Sandra Quiñónez, intanto, interrogherà l’attuale sindaco di Ypejhù, Emigdio Morel. e i suoi consiglieri, dopo la fuga del precedente sindaco, Vilmar Acosta (ritenuto mandante dell’omicidio Medina-Almada e attualmente latitante).
Il senatore Arnaldo Giuzzio, ex magistrato antidroga ora nelle file del Partito Democratico progressista, ha accusato durante il plenum del Senato alcuni politici di avere contatti con i narcotrafficanti, presentando una lista con dei nominativi, basata su intercettazioni telefoniche e altri dati raccolti dalla Senad. La polizia e la Senad (Segreteria Nazionale antidroga) hanno avviato un’operazione congiunta per eliminare la grande quantità di marijuana nella zona dominata dal clan Acosta Marques, responsabile dell’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada.
L’operativo, supportato da elicotteri, è composto da cento uomini che perlustrano la zona anche alla ricerca del clan ancora latitante.
I mezzi di comunicazione riferiscono intanto pochi giorni fa di un nuovo attentato che ha causato la morte di due poliziotti e un ferito a bordo di un mezzo della Senad , giusto pochi giorni dopo la presentazione del documento al Congresso contenente i nomi di politici che sarebbero vicini ai narcos.
Intanto si è sollevata nell’opinione pubblica la questione riguardante politici appartenenti a vari partiti, specialmente a quelli tradizionali, colorado e liberale, nonchè giudici, pubblici ministeri, poliziotti e funzionari di gran parte delle istituzioni pubbliche, che sarebbero vincolati al crimine organizzato e alla mafia. Tre miliardi e settecento milioni di dollari all’anno. È questo il guadagno stimato per difetto da parte del narcotraffico in Paraguay. Numeri impressionanti che si dividono tra la produzione di cocaina e marijuana.
Purtroppo il Paraguay è passato da anni di dittatura ad un paese sotto il controllo dei narcos divenendo un vero e proprio stato-mafia all’interno del quale molti politici finanziati dai narcotrafficanti divengono ministri.
Il presidente della corte suprema al quale Bongiovanni aveva chiesto le dimissioni Víctor Núñez si è dimesso in questi giorni e il Presidente della Repubblica del Paraguay Horacio Cartes che era stato chiamato in causa pure lui, ha dato ordine di stabilire un servizio scorta a Dyrsen Medina con la promessa di fare il possibile per punire i narcotrafficanti.
Giorgio Bongiovanni parla ai suoi
La novità in questa nuova rivoluzione non è tanto la rivoluzione in se stessa perché sempre gli uomini che la hanno ispirata hanno spinto verso quegli ideali di fratellanza, amore e giustizia, per la libertà del pensiero, per la pace nel mondo ma è il fatto che oggi tutto questo noi lo facciamo nel nome di Cristo. Non in forma laica quindi, come abbiamo fatto fino ad ora ma nel nome di Cristo. È giunto il momento che le due missioni si uniscano in una sola. Come sempre le nuove tappe della mia vita hanno inizio in Sud America. Da qui lentamente comincerò a farlo anche a Palermo. Questo significa solo una cosa, che Gesù sta per ritornare. Ancora siamo all’inizio della parte finale della mia missione. Ricordo quando Gesù in un messaggio mi disse: “Quando la lancia dell’Arcangelo colpirà l’anticristo al cuore tu lo dovrai smascherare”.
Il Cielo ci fa vivere e realizzare le cose molto lentamente. Ci prepara. Abbiamo iniziato con la diffusione del messaggio sul ritorno di Cristo, ora stiamo toccando con le nostre mani il pericolo e la morte. Vi ringrazio per la vostra fedeltà ma devo dirvi che da questo momento dovrete seriamente pensare se volete continuare a seguire questa strada perché questa è una guerra. Una guerra contro il male. Noi chiediamo al Cielo giustizia per i suoi martiri e portiamo avanti una rivoluzione politica-spirituale in nome di Dio. Noi non possiamo permetterci di essere indifferenti. Abbiamo l’obbligo di sostenere le cause giuste che lottano per la Verità e la Giustizia sociale. Non abbiamo facoltà di scelta. Noi abbiamo l’obbligo di chiedere giustizia quando ci troviamo di fronte ad una ingiustizia. Non per noi ma per gli altri. Questa si chiama guerra. Potrebbero chiederci: “Perché vi mettete dappertutto?” E voi rispondete: “Perché voi non siete forse dappertutto? Non controllate tutto? L’Economia, i pensieri della gente, le scelte…” Allora anche noi seppure in pochi vogliamo entrare in tutte le cose ingiuste. E lo facciamo in nome di Dio. In un mondo dove il valore assoluto è il denaro, dobbiamo lavorare per poter vivere, ma il resto delle ore che abbiamo a disposizione durante il giorno dobbiamo stare in battaglia. Non potete pensare alla vacanza, a prendervi due giorni per riposare , questo non esiste perché Pablo è stato ucciso. Voglio inculcare alla gente il virus della rivoluzione. Io ho paura dell’indifferenza per questo non mi fermo mai. La mia missione è provocare Dio. Dio ha bisogno di essere provocato, perché Lui vuole vedere i suoi figli reagire altrimenti non fa giustizia perché pensa che a noi sta bene così. Noi siamo i pionieri di questa nuova rivoluzione della quale in futuro gli studenti della nuova era parleranno e studieranno. Il seme del bene, il seme della rivoluzione entra lentamente, apre il suo cammino e non può essere più fermato. Il seme è Cristo. La denuncia che noi facciamo deve servire ad aprire le coscienze altrimenti non serve a niente e per poterla mettere in atto dobbiamo prima avere le prove, le evidenze, altrimenti non possiamo denunciare. Ricordatevi che se voi siete i miei amici siete anche i suoi nemici (del demonio ndr) e che lui, l’anticristo, mi ha detto: “Nel momento in cui i tuoi amici si distaccheranno da te io li divorerò”.
Paraguay. Dopo 35 anni della dittatura di Stroessner il popolo Paraguayo ha pensato di trovare la sua libertà nella democrazia che in realtà come un cavallo di troia nascondeva in se i nuovi oppressori. Il paese infatti continua ad essere schiacciato dalle organizzazioni criminali. Un popolo, così come tanti altri popoli, che ha abbandonato la speranza. Un popolo rassegnato. Questo è quello che ho visto negli occhi della gente in Paraguay, abbandonata al proprio destino in mezzo alla fatiscente città, lasciata a se stessa. L’ho vista negli occhi di quei bimbi per la strada che ritrovano il sorriso nel nostro piccolo centro “Hijos del Sol” portato avanti con grande sacrificio ed impegno ma soprattutto con grande amore dai nostri cari Omar, Hilda, Graciela, Esmilce, Alba Lucero ed altri collaboratori.
Questa volta, in questo tempo, un elemento nuovo si è aggiunto alla lotta per la libertà. Discreto. Costante. Incisivo. Risoluto. Il Segno Divino percorre il lungo cammino dei martiri giungendo fino ad oggi. Paolo Borsellino e Pablo Medina due punti estremi di un disegno divino.
Alfa e Omega. L’inizio e la fine di un tempo.
Perché non ci sia mai più una nuova piazza dei martiri.
Perché potremo essere in tanti un giorno a gridare Cristo e non Barabba.
e tutti i Martiri della Giustizia
con profonda devozione
Sonia Alea