PARADOSSI DIMENSIONALI

paradoja100Di Erika País. 
Nello spazio esterno, fin dove giunge il nostro sguardo, i cieli e le stelle scintillano per la nostra gioia e ci riempiono di paesaggi speciali che alla fine non sono niente, se paragonati con tutto il creato che sfugge alla nostra comprensione fisica e materiale.   
Dove non arriva la nostra parte fisica arriva lo spirito e tutto il nostro vissuto è semplicemente il cammino. Il cammino che tanto desideriamo, che noi stessi abbiamo deciso di seguire. Ci troviamo nel suo percorso! È questo!… per questo motivo i dolori, le sofferenze, il desiderare non averli e lamentarci significano rifiutare continuamente il sentiero che ci porta a crescere. Significa togliere valore ad ogni nostra parola, ad ogni nostra azione precedente, significa dire Barabba, Barabba.
Perché il nostro Maestro ha sofferto per noi. Quindi perché essere egoisti e non voler soffrire noi per Lui? Perché sentire la meschinità e guardarci intorno, guardare i nostri fratelli, i nostri cari, perché osservare il loro comportamento, i loro sbagli, per velare la nostra propria miseria? Perché agire in questo modo se Lui non lo fa con noi? Se il Padre ancora ci regala alcuni attimi di vita per vedere crescere i nostri figli? Lo facciamo perché siamo ancora ciechi, ma ciechi nonostante una guida che ci guida per i boschi frondosi e profumati dell’Opera, della Verità, della Vita.  

paradoja

 
Pochi giorni fa Giorgio ci ha fatto attraversare l’oceano per arrivare all’Arca d’Italia, e ritrovarci con i fratelli che tanto amiamo e che da tanti anni offrono la loro vita a noi, all’Opera; che sono stati il nostro sostentamento in questi ultimi 5 anni, il nostro sostentamento da ogni punto di vista.   
Ogni volta che  porto un boccone alla mia  bocca o a quella di mio figlio, i loro volti sorridenti ed i loro abbracci riprendono forma nella mia anima.
In principio non ero decisa, pensavo che non fosse il momento, che dovevo aspettare. Ma poi i segni ci spinsero a salire su quell’aereo, insieme a me e a mio figlio ci sono Georges, Domingo e Adriana. In questi giorni penso solo al perché mi tocca vivere questa esperienza, cosa devo imparare. Il Padre non fa le cose per caso o per capriccio, ma ogni movimento ha una causa misteriosa, una ragione sottile.  
Ad ogni modo, ancora oggi continuo a pensare e a chiedermi quali siano queste ragioni, le mie. Da una parte il balsamo di ritrovarmi con chi tanto amo si trasforma in un salvagente spirituale, perché la stanchezza attanaglia; dall’altro trovarsi alle porte del 2012 ed essere chiamata da Giorgio non è poco. Il rafforzamento dello spirito ferito è come una cerimonia indigena che suona alla chiamata universale dell’armonia cosmica, dell’unione delle anime, delle sagome disperse tra gli alberi che danza al ritmo del cosmo, del Sole, del Padre. Cosa mi porta? L’amore, l’odio, il disgusto, la speranza, la passione, il vuoto… il Tutto. Da cosa siamo veramente motivati? Cosa fa marcire la nostra anima o cosa la fa rinascere? Cosa ci aspettiamo, ma allo stesso tempo cosa diamo? Anime rotte di dimenticanze, ricostruite con ritagli di vita e luce. Arroganti nella dimensione che ci concede in prestito Colui che ha soffiato nelle nostre narici permettendoci di piangere all’uscire dal grembo materno.   
Sentendomi un nulla e sommersa nei miei sogni, nei miei vuoti, nei miei pensieri ed aspettando qualcosa, non so cosa, ho presso la macchina fotografica. Era un pomeriggio freddo e aveva piovuto. Mio padre, con il quale stavo parlando via skype, mi chiese di scattare delle foto, così sentendo dentro me un trasporto strano, perché raramente obbedisco a mio padre carnale, e con lo  stato emozionale in cui mi trovo da quando ho messo piede in terra italiana, al punto da sembrare agli occhi delle persone di star poco bene, ho iniziato a scattare delle fotografie.  
Come riuscire a descrivere a parole quello che sentivo dentro se ancora sono in fase di formazione? Mi chiedo ancora come faccio a vivere ogni giorno, come faccio ad essere felice, come faccio per amare il prossimo. Solo la certezza del Padre e l’Opera che cerco di servire mi mantiene in piedi, serena e nostalgica.  
 
Ho scattato una foto velocemente, senza inquadrature specifiche,. Vedevo solo l’edificio principale dell’Arca e ho premuto il pulsante. Quando immediatamente guardo attraverso il mirino della camera e vedo l’oggetto, alzo lo sguardo per assicurarmi che non fosse la luna. Fatto impossibile perché questa sfera si trova davanti alle nuvole. Alzo nuovamente la fotocamera per guardare attraverso la stessa, e per scattare un’altra foto da contrastare con la precedente. Scatto un’altra ancora ed entro in ufficio, ma con una sensazione dentro me di avere ricevuto una risposta, ancora non decifrata dall’intelletto, ma con la certezza nell’anima.
Ho commentato a Pier Giorgio Caria che credevo di avere una fotografia interessante e gliel’ho mostrata.
Il suono delle stelle emanano un’energia fantastica che comunica al sole l’ordine Divino, il Sole lo comunica all’Uomo, l’Uomo l’ascolta? Noi stessi che viviamo questa Opera ¿lo ascoltiamo? Cosa ci spinge a fare tutto quello che facciamo, l’amore per il Cristo, per l’Opera, per Giorgio o per noi stessi? A cosa serve spogliarsi di tutto per l’Opera se dopo non condividiamo la nostra vita con i fratelli, a cosa serve avere molta informazione se non tolleriamo coloro che sanno meno, a cosa serve essere concreti se dopo non amiamo e ci allontaniamo immersi nelle nostre passioni, a cosa serve divulgare tutto se non realizziamo dentro di noi  i concetti?   
“State uniti”, ripete Giorgio una e mille volte, amatevi, amatevi, l’amore…. Chi amiamo veramente, Giorgio o Cristo, o Giorgio più che il Cristo o il Cristo al di sopra di ogni cosa? Ci amiamo? Amiamo loro? Forse siamo “apparentemente” buoni soldati dell’Opera, ma dobbiamo riuscire ad essere soldati di Cristo e questo non ci deve stancare mai. È questo il punto su cui sento di dover lavorare di più e forse lo sente anche qualcuno dei miei fratelli. La consapevolezza è sempre l’ultimo traguardo nei percorsi formativi dei pensieri.
Prima ci sentiamo attratti da qualcosa, perché esprime quello che noi desideriamo, poi lo amiamo, poi lo elaboriamo, ma alla fine ci deve essere la presa di coscienza, la cosa più difficile da assimilare, l’espressione materiale e finale di una fase. Piango ogni lacrima di amarezza di fronte alla mia ignoranza, rido ogni sorriso di un bambino per la purezza dei loro cuori, penso ogni pensiero di luna e desidero ogni fulgore del Sole. Imploro Dio che intenerisca ogni giorno di più il mio cuore e mi dia la capacità di comprensione di questo paradosso dimensionale.  
Erika País.  
30 dicembre 2011