TUTTI SIAMO RESPONSABILI

Di Camila Ocampo

“Dio mi ha salvato molte volte, altrimenti, non sarei qui oggi con i miei figli”, sono queste le parole che ripeteva continuamente la madre di due bambini.

Ci ha raccontato anche l’esperienza che aveva vissuto a La Puna alcune settimane prima, insieme ad altri giovani. Ha parlato di cosa significa vivere isolati nelle montagne, affrontare temperature estreme, tanto il freddo che il caldo, sprovvisti di abbigliamento o calzature adeguate. Di come sia vivere in un terreno tanto arido dove la mancanza d’acqua è esasperante e di come sia vivere in case di mattone crudo dove le temperature si percepiscono doppiamente elevate.

In questa occasione erano con noi i giovani del gruppo di Rosario (Argentina), con i quali abbiamo condiviso ogni momento.

Quando la temperatura ha iniziato ad abbassarsi le persone hanno cominciato ad avvicinarsi. Siamo usciti per distribuire volantini e per parlare con tutti quelli che vivono in strada. Parlando con loro abbiamo ascoltato storie di vita che ci hanno colpito e anche insegnato. Ansiosi di poter parlare con qualcuno, ci hanno raccontato le loro esperienze vivendo nelle intemperie, senza un tetto dove rifugiarsi, neanche dal freddo, ed il motivo per cui si trovano in quella situazione.

È difficile dire quale tra tutte le storie sia stata la più forte, perché tutti vivono in modo diverso. Ma mi sono resa conto che c’è un sentimento che li accomuna tutti, ed è l’oblio, l’indifferenza e la discriminazione che subiscono ogni giorno.

Abbiamo distribuito cioccolata calda e pane, e sebbene sappiamo che una sola notte o un solo momento non cambia loro la vita, quell’istante vissuto in compagnia per loro ha un valore inestimabile. Perché la fame ritorna, ma l’amore di quei momenti rimane.

Abbiamo condiviso momenti di musica, canto, giochi e aneddoti, imparando e ricevendo molto più amore noi di quello possiamo dare loro.

Ad un certo punto si è avvicinata una giovane mamma con i suoi due figli, di 6 e 8 anni: Aron e Jónatan. Aron dormiva in una piccola automobile, coperto con una coperta e aveva molta tosse, mentre Jónatan ci osservava timidamente, finché ha acquistato fiducia e abbiamo giocato a calcio. Mi sono allontanata dal gruppo e ho parlato con la madre, di 28 anni. A lungo mi ha raccontato la sua vita e le sue sofferenze, ma non smetteva di ricordarmi perché era viva: “”Dio mi ha salvato molte volte, altrimenti, non sarei qui oggi con i miei figli”, continuava a ripetermi.

Dopo averla ascoltata sono rimasta senza parole. Come può una persona avere la forza di andare avanti se non ha niente, se non ci sono possibilità di futuro, se è discriminata perché è povera? Si regge solo sui suoi figli e vuole andare avanti per loro, per evitare che vivano quello che lei ha vissuto.

Altri ragazzi hanno iniziato ad avvicinarsi, e si è dato vita a un grande torneo di calcio in un mini campetto improvvisato. Jónatan, nonostante il freddo che sentiva, la fame e i disagi di una vita molto crudele, era felice. I suoi occhi brillavano, era contento. Per lui era come stare in un parco di divertimenti. Sono bambini che non conoscono altro che miseria e dolore. Era talmente felice che ha regalato ad una delle ragazze, Virginia, un anellino che portava al dito. Era l’unica cosa che aveva e gliel’ha donata.

È stato molto commovente sapere che nonostante il freddo e l’essere poco coperti, avevano deciso di non ritornare al posto dove di solito trascorrono la notte, preferendo condividere con noi quel momento in cui potevamo stare insieme. Dormono in un rifugio, un posto che il governo offre loro, ma che non sempre scelgono per il maltrattamento che ricevono, dove a volte perdono le poche cose che hanno.

Si sono avvicinati anche due giovani, di 21 e 22 anni, diplomati, con un livello di cultura che ci ha sorpreso. Sono rimasti con noi a lungo e abbiamo ascoltato le loro storie, imparando, scambiando sentimenti, conoscenze e rimanendo puntualmente spiazzati dalle loro parole.

Il proposito che ci anima a svolgere questa attività è informare le persone che non sanno niente di quelli che vivono in strada. Per chi rimane indifferente di fronte a questa realtà. Perché le persone che vivono in strada sanno già cos’è la sofferenza indignante di essere invisibili per il sistema e la società in generale. Ad essi vogliamo offrire amore, affinché non si sentano dimenticati.

Affinché non si sentano scartati, come si scarta la spazzatura.

Come possiamo essere tanto crudeli? Come possiamo vedere persone che vivono in strada e considerarli come fossero cani o peggio, fare finta che non esistano? Come possiamo avere un cuore tanto freddo, dire che se si trovano in quella situazione è perché la vogliono e sono loro che hanno scelto quella vita?

La freddezza, la crudeltà, il disamore e l’intolleranza aumentano sempre di più giorno dopo giorno. Allo stesso ritmo dei bambini, adolescenti, adulti e anziani in strada.

Tutti giudichiamo queste persone senza sapere perché si trovano in quella situazione. Perché pensiamo che molti di loro sono caduti nella droga, nell’alcool o nella delinquenza. Li giudichiamo senza comprenderli e, ciò che è peggio, senza sapere.

È molto difficile progredire in un Stato nel quale, se non hai un buono status sociale, non ti danno opportunità di lavoro, l’opportunità di andare avanti in questo mondo.

Per questo motivo dobbiamo lottare per un cambiamento, per un domani diverso e migliore, per aiutare quelle persone che vogliono solo amore e smettere di essere invisibili in questo mondo.

Il futuro è incerto e domani potremmo trovarci noi al loro posto, a soffrire la fame e il freddo, ed essere noi i discriminati e calpestati, gli invisibili.

Perché loro sono noi e per questo vogliamo stare con loro…

Camila Ocampo

27 Luglio 2017