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ASSOCIAZIONE CULTURALE GIORDANO BRUNO


CON LE ALI DELL’AQUILA, LO SPIRITO LIBERO DI EUGENIO SIRAGUSA CONTINUA AD ESSERE ESEMPIO DI VITA.

Senza lasciare dubbi e forse come un segno profondo in questi tempi aridi che il pianeta sta attraversando, l’ultima settimana di agosto del 2006, all’età di 87 anni, è deceduto Eugenio Siragusa, uno dei più grandi contattati dagli extraterrestri, la cui opera e messaggio è stata divulgata nel mondo a partire dal 1952, dalla città di Nicolosi, in Sicilia, Italia.
 
Definito come “L’ambasciatore degli extraterrestri” dalla stampa mondiale, nella decade degli anni ‘50 e anche nei periodi a seguire, l’apertura e lo sviluppo della sua missione hanno segnato un’epoca nel pianeta, così come sicuramente è avvenuto con la sua morte, con il suo congedo al mondo della materia, liberandosi dai condizionamenti della specie umana.
 
Non è un caso che questo suo allontanamento dal ferreo schema della struttura umana sia avvenuto proprio quando il pianeta e i suoi abitanti stanno affrontando, alcuni con indifferenza, altri no, gli effetti di una scelta distruttiva, ispirata da valori negativi dominanti ed esclusivi dei potenti di turno i quali manipolano negativamente l’esistenza di coloro che non sono così o di coloro che non condividono i principi di aggressione alla vita.
 
È così che Eugenio Siragusa se n’è andato verso la Luce, io che ho avuto la fortuna di incontrarlo in due occasioni, negli anni ‘92 e ‘93. Inesorabilmente madre natura si serve del suo consueto linguaggio per lasciarci ancora una volta il suo messaggio.
 
Sulla scia del segno della sua scomparsa fisica, sentiamo l’obbligo di trasmettere alcuni altri segni che tacitamente hanno continuato ad avallare il senso e il significato della sua opera. Segni come il suo figlio spirituale: Giorgio Bongiovanni che, seppure lontano da lui da circa sei anni, ha continuato a portare avanti la sua missione in Sudamerica, con lo stesso impeto, lo stesso sacrificio dei primi anni quando era discepolo di Eugenio e seguiva le sue direttive; come quello del mondo che attraversa un periodo di lotte e disuguaglianze; come quello che vede la terra dove Gesù predicò e fece dei miracoli oggi scenario di un conflitto bellico crudele e genocidi; come quello della civiltà che si arroga il diritto di lasciare morire di fame un bambino ogni cinque secondi; quello della intensificazione delle manifestazioni nei cieli del mondo di intelligenze di altri mondi; di prodigi celesti avvertite in tutto il mondo: nel cielo degli Stati Uniti sette astronavi si sono allineate formando una croce appena quindici giorni prima del devastante uragano Katrina.
 
Ma ci sono due eventi, che io definirei segni che proprio in questo momento non possono passare inosservati e che si aggiungono al numeroso elenco di eventi, risvegliandoci secondo dopo secondo in questo cammino di verità e di manifestazioni.
 
Il primo è che Eugenio ci ha lasciato il 27 agosto, la stessa data del 1989, quando Giorgio Bongiovanni, suo figlio spirituale cresciuto con i suoi insegnamenti e istruito nella saggezza della Luce Cristica per quasi 30 anni, partì per la città di Fatima, una tappa precedente l’istante cruciale di ricevere le stigmate. Il secondo è che tutte quelle anime fedeli ai suoi insegnamenti, tra queste il suo figlio spirituale Giorgio, sono state ispirate per realizzare un meritato omaggio a Nicolosi.
 
Un omaggio che è risultato essere una vera testimonianza della Verità, al di là dei tempi cronologici e delle differenze umane.

Un omaggio che ha preso forma. Un omaggio che “casualmente” ha riunito diverse generazioni. Un omaggio che ha raccolto più frutti di quelli che lo stesso Eugenio potesse immaginare 40 anni fa. Una giornata che ha portato irrimediabilmente alla nostra memoria l’ultimo incontro con Eugenio Siragusa, nel 1993 all’ Hotel Gemmellaro di Nicolosi.
 
Un omaggio che ha vibrato dentro i nostri cuori, non soltanto durante le oltre 12 ore in pullman attraversando il sud Italia, ma sin dal momento in cui l’idea di questo viaggio ha iniziato a prendere forma; senza dare peso alla stanchezza e alle alte temperature, abbiamo abbracciato la terra siciliana.
 
Ancora una volta ci siamo istallati nello stesso Hotel.

Ancora una volta ci siamo abbracciati a cuore aperto per perpetuare la personalità, la donazione e l’opera di uno dei contattati più famosi e più umili della storia dell’umanità, in missione per servire il Cristo, suo Maestro e nostro.

Se ieri, in quello stesso punto, sentivamo la voce di Eugenio che ci parlava con la tenerezza e la pace che gli erano caratteristici, oggi, il Cielo gli ha permesso di comunicare di nuovo con noi attraverso l’enorme aquila che sorvolava il vulcano Etna, spiegando le sue ali con aristocrazia e dominio delle alture.
 
Nella notte tutti abbiamo avvertito un altro suo segno: il fuoco e la lava che zampillavano dalle viscere del maestoso Etna, il vulcano di Eugenio. Un fenomeno che è iniziato alcune settimane prima del suo decesso.

Durante il funerale al Cimitero, alle 5 del pomeriggio del 29 agosto, alcuni fratelli presenti si sono accorti che, nel momento in cui il feretro veniva collocato nel loculo in alto del blocco 12 del cimitero, la quale non portava alcuna identificazione, due colombe, una bianca e una nera, si sono spiegate in volo in due direzioni diverse fino a perdersi all’orizzonte. Sotto, nel frattempo, si svolgeva il rito funebre: breve e privo di parole dinanzi a un piccolo gruppo di persone.
 
Giorgio Bongiovanni non ha potuto assistere al funerale per decisione della sposa del suo padre spirituale Eugenio Siragusa. In sua rappresentanza sono andati Tino Favazza, sua moglie Maria Josè, Lina Andaloro e Flavio Ciucani.

Solamente due giorni dopo, giovedì 31 agosto, quando Giorgio è partito urgentemente da Montevideo-Uruguay verso Italia, il quotidiano “La Sicilia” ha pubblicato a pagina 10 un articolo sulla scomparsa di Eugenio: “Personaggio da leggenda. Morto l’amico degli alieni. Eugenio Siragusa nel ’62 raccontò di aver incontrato gli extraterrestri sull’Etna”.

Il giornale è stato consegnato al nostro gruppo il 5 settembre al Gemmellaro. Un giorno di sole, di molto caldo. Il cielo limpido e il Vulcano Etna fumante.

Alle nove del mattino il pullman con oltre 40 persone ed alcune automobili si sono avviate verso il cimitero di Nicolosi. Le porte chiuse non sono state di ostacolo per rendere un rispettoso omaggio. Un comandante della Polizia locale, responsabile del cimitero, ci ha autorizzato l’ingresso spiegandoci che la famiglia ha proibito di fotografare il loculo di Eugenio.

Abbiamo sceso alcune scale e abbiamo visto il luogo dove giace la materia di un uomo immenso. Abbiamo notato che il numero della lapide è incompleto. Un rispettoso silenzio tra tutti noi. Giorgio si è allontanato dal gruppo per qualche istante, rivolgendo lo sguardo al Cielo.

Abbiamo sentito Eugenio vivo. Più vicino a noi. Più libero. Che ci insegna dalla Luce. In eterna sintonia col suo figlio spirituale: un Giorgio Bongiovanni che non dubitò ne dubita di amarlo come padre spirituale, amico, guida, ma sempre dopo il Cristo che mette al primo posto, donandogli la sua vita, perpetuando la sua memoria con l’esempio, con opere più che con parole e portando sulle sue spalle l’incomprensione di alcuni e l’amore di tanti altri e le cause a favore della vita e della giustizia. Esattamente tutto ciò che gli ha insegnato Eugenio da quando era adolescente.

Siamo andati via dal cimitero e prima di mezzogiorno ci siamo recati sul Monte Sona, ai piedi dell’Etna. A circa 1398 m. sul livello del mare dove, il 30 aprile del 1962, a seguito di dieci anni di preparazione Eugenio Siragusa ebbe il suo primo incontro con i due esseri di Luce, presso una piccola quercia, oggi imponente.

Una parte del gruppo è poi salito alla cima del Monte ed è sceso dentro il cratere spento da molto tempo, luogo in cui, come indicava Eugenio, è atterrata l’astronave. I componenti si sono disposti in cerchio, si sono presi per mano e poi ci racconteranno che, mentre recitavano il Padre Nostro, una farfalla si è avvicinata ad ognuna delle persone, senza allontanarsi dalla zona seguendo la linea circolare. Non è comune che una farfalla esegua un volo di questo tipo considerando la forte presenza umana in quel momento. L’episodio ha generato commenti e riflessioni.

Nell’ambito del mio lavoro giornalistico ho realizzato alcune interviste per un documentario per la televisione uruguaya. Un’opportunità per ascoltare testimonianze su questo incontro e su Eugenio Siragusa.
 
Verso le cinque del pomeriggio, ci siamo riuniti tutti in una delle sale dell’Hotel per ricordare Eugenio. Erano presenti non solo i fratelli di Porto Sant’Elpidio, ma anche di Pordenone, Bari, Catania, Siracusa, Messina e della Spagna. Alcuni di loro erano amici di Giorgio che egli non vedeva da circa dieci anni.

“Questo non è un incontro formale. Nemmeno una conferenza pubblica. E’ una riunione spirituale alla quale può partecipare chi lo desidera. E’ un re-incontro di amici”, queste sono state le parole iniziali di Giorgio.

Tredici anni prima, in quella stessa sala eravamo protagonisti di altri momenti di vita. Ma presto l’allontanamento ha segnato altre direzioni, non prive di sofferenza. Non ci sono state divergenze. Soltanto un allontanamento tra Eugenio Siragusa e il suo figlio spirituale. Ma il figlio spirituale ha continuato a divulgare l’opera di suo padre, cioè l’Opera di Cristo, l’unico che loro due e tutti noi chiamiamo Maestro.
 
“Il 99 per cento dei presenti mi conosce, sono Giorgio Bongiovanni, uno stigmatizzato. Sono una persona che porta un messaggio spirituale in tutto il mondo. Siamo qui insieme alla mia famiglia e ad altri amici e fratelli come Georges Almendras, della televisione uruguaya, per ricordare Eugenio Siragusa. Siamo pochi, ma la persona che ricordiamo meriterebbe la presenza di molti di più. Penso che se la morte di Eugenio fosse stata resa nota, tutta la Sicilia sarebbe qui. Non sono qui per rappresentare nessuno. Rappresento, se mi permettete, il rifugio eterno di tutti noi, che è Gesù Cristo”.

“Nessuno. Nessuno può impedire di amare Eugenio. Oggi siamo qui per parlare di lui. Non farò un monologo, sono pronto a rispondere alle vostre domande e invito tutti a dire quello che ognuno sente.”

Più volte Giorgio ha chiesto ai presenti di intervenire.
 
Più volte egli è intervenuto riflettendo a voce alta su momenti della vita di Eugenio ed alcune persone hanno raccontato come lo hanno conosciuto.

Prevalgono i ricordi della sua personalità, della sua saggezza. Prevalgono i ringraziamenti per averli aiutati a superare delle difficoltà che potevano condurli verso strade sbagliate.

“Eugenio vive, perché la morte non esiste. Eugenio è in ogni luogo, dentro i cuori di tutti coloro che lo hanno amato e che desiderano che si trovi nella Luce. Eugenio si trova dovunque lui desidera andare. Non ha vincoli con nessuno. Non deve chiedere permesso agli umani per farsi sentire da qualcuno”.

I sentimenti tradotti in parole risuonano con giustizia nella sala. Al momento propizio per un invito al rispetto e al ricordo verso Eugenio, Giorgio chiede 30 secondi di silenzio e il segno della Croce. Si toglie i guanti che coprono le stigmate e fa questo piccolo omaggio all’interno del grande omaggio che porta avanti ogni giorno, con la sofferenza delle stigmate e il suo intenso lavoro a favore della vita. Per finire chiede un forte applauso che fa vibrare la sala.

“Le giovani generazioni devono ricordare i grandi uomini; devono ricordare ciò che hanno fatto, soprattutto gli uomini che hanno servito una giusta causa, che hanno servito Cristo, uomini che Gli hanno offerto tutta la loro vita e che hanno commesso anche i loro sbagli, come me, il primo di tutti e come alcuni di noi. Per questo motivo gli uomini grandi sono grandi, perché seppur messaggeri di Dio, vivevano qui e dovevano soffrire qui ed hanno superato i limiti della materia. Quando un essere lascia il proprio corpo, se ha lavorato per la causa di Cristo, di Dio, ha bisogno di essere ricordato sempre”.

La serata è stata protagonista di altri momenti speciali, vecchi amici di Giorgio, della sua Sicilia, hanno condiviso molti dei suoi concetti e la loro coscienza si è risvegliata approfondendo così il senso dell’omaggio.

Per tutti noi è risultata essere una serata da tempo desiderata. La gioia nel sapere che è stata in onore di Eugenio Siragusa accresce la nostra coscienza nel mettere in pratica i suoi insegnamenti.

Abbiamo lasciato i minuti trascorrere, ottimisti e sicuri che l’omaggio non si limita a un giorno. Il giorno dopo abbiamo lasciato l’Hotel Gemmellaro coscienti che l’omaggio a nostro “Papa Eugenio” sarà ogni giorno.

Abbiamo una responsabilità molto grande sulle nostre spalle. Tanto che sicuramente Nicolosi figurerà nella nostra prossima agenda. Non per rendere testimonianza alla morte, bensì per renderla alla vita. Alla vita di un uomo le cui opere e azioni sono state e sono esempi di vita. Senza tempo e senza limiti. Libero, eternamente libero, come l’aquila che ha sorvolato l’Etna con le ali spiegate.


Jean Georges Almendras
7 settembre 2006

Sicilia (Italia)