Il Vaticano e la mafia

criminivat200HO SCRITTO IL GIORNO 9 GENNAIO 2012:

IL VATICANO E LA MAFIA

MI RIVOLGO AI MIEI AMICI E FRATELLI SPIRITUALI CATTOLICI E AI LAICI SIMPATIZZANTI DI CARDINALI, VESCOVI E DELLO STESSO SANTO PADRE.
SPESSO DURANTE CONVEGNI E INCONTRI MI AVETE UDITO GRIDARE A SQUARCIAGOLA CHE IL VATICANO È STATO CONDIZIONATO E IN PARTE VINTO DALLE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI, COSA NOSTRA IN PRIMIS. ALLA LUCE DI QUESTA INCHIESTA PUBBLICATA OGGI DAL SITO DI REPUBBLICA, A FIRMA DI VIVIANO E TONACCI, PENSO DI POTER AFFERMARE CHE NON AVEVO TORTO.
NELLA SENTENZA DI ASSOLUZIONE PER L’OMICIDIO DI ROBERTO CALVI ERA IMPUTATO FRA GLI ALTRI IL BOSS DI COSA NOSTRA PIPPO CALÒ E, PER QUANTO SIA UNA SENTENZA SENZA COLPEVOLI, VI È ABBASTANZA MATERIALE PER DIMOSTRARE MATEMATICAMENTE, GRAZIE AL PRECISO LAVORO DEL PM TESCAROLI, CHE INGENTI SOMME DI DENARO DI PROVENIENZA CRIMINALE SONO TRANSITATE PRESSO LO IOR PER USCIRNE RICICLATE. SI LEGGE TESTUALMENTE NELLA SENTENZA DEL 7 MAGGIO 2010: “COSA NOSTRA IMPIEGAVA IL BANCO AMBROSIANO E LO IOR COME TRAMITE PER MASSICCE OPERAZIONI DI RICICLAGGIO. IL FATTO NUOVO EMERSO È CHE AVVENIVANO QUANTO MENO ANCHE AD OPERA DI VITO CIANCIMINO (EX SINDACO MAFIOSO DI PALERMO, MORTO NEL 2002, NDR) OLTRE CHE DI GIUSEPPE CALÒ”. DI COME CIANCIMINO ABBIA SVOLTO UN RUOLO CENTRALE NEL REIMPIEGO DI ENORMI QUANTITÀ DI SOLDI SIA PER SUO CONTO CHE PER QUELLO DEI CORLEONESI AVEVA TESTIMONIATO ANCHE IL FIGLIO MASSIMO SENTITO NELL’AMBITO DELLO STESSO PROCESSO.
ORA MI DOMANDO: PERCHÉ IL PAPA, BENEDETTO XVI O UN SUO VICARIO DESIGNATO, NON SI DEGNANO DI RISPONDERE ALLE ROGATORIE AVANZATE DAI RAPPRESENTANTI DELLA GIUSTIZIA ITALIANA? QUAL È LA POSIZIONE DELLA SANTA CHIESA DI FRONTE AD UNA SENTENZA EMESSA DA UNA CORTE DI GIUSTIZIA ITALIANA? E QUAL È LA REAZIONE DEI TANTI FEDELI DI FRONTE A TALI TERRIBILI E ANCHE LAICAMENTE ANTICRISTICHE VERITÀ?
GRAZIE A DIO, ED È IL CASO DI DIRLO, LA CHIESA CATTOLICA NON È SOLO QUELLA INVISCHIATA IN AFFARI DI MAFIA E RICICLAGGIO, MA È ANCHE QUELLA DEI SANTI MISSIONARI DEL VANGELO COME DON CIOTTI O PADRE ZANOTELLI, MA QUESTO NON BASTA!
NOI FEDELI PER PRIMI SIAMO CHIAMATI A CHIEDERE E A PRETENDERE UNA RIFORMA, UNA PULIZIA E UNA VERA E PROPRIA PURIFICAZIONE DEI VERTICI PIÙ ALTI DELLA CHIESA SE VOGLIAMO CHE SI PRESENTI PULITA E TRASPARENTE AGLI OCCHI DEL MONDO. ANCHE PERCHÉ CHI CREDE SA CHE POTREBBE TORNARE “COME UN LADRO NELLA NOTTE” UN CERTO GESÙ CRISTO E CHIEDERE CONTO AI “MERCANTI NEL TEMPIO”.
 
GIORGIO BONGIOVANNI
 
IOR, I SILENZI DEL VATICANO
 
La procura di Roma ha inviato tre rogatorie, tra il 2002 e il 2008, all’autorità giudiziaria pontificia, indispensabili per ricostruire il flusso di denaro della mafia transitato su alcuni conti segreti dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione. Un’indagine nata da una costola del processo sulla morte di Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato a Londra nel giugno del 1982. Ma la Chiesa non risponde.

TRE ROGATORIE SUL RICICLAGGIO, MA LA SANTA SEDE NON RISPONDE
Di Fabio Tonacci e Francesco Viviano
 
Dall’inchiesta sulla morte di Roberto Calvi nascono una serie di domande imbarazzanti per il Vaticano sui rapporti dello Ior con la mafia e il crimine. Alla quale non è mai stata data risposta. Ora il neo ministro Severino dovrà riproporle. Da Oltretevere, questa volta, dovrebbero rispondere: ne va della procedura per entrare nella lista degli “Stati virtuosi” e della richiesta del Papa di una nuova trasparenza

ROMA – Tre pezzi di carta imbarazzano la Santa Sede. E potrebbero far scoppiare un grave incidente diplomatico con il governo italiano. Sono le tre rogatorie che la procura di Roma ha inviato tra il 2002 e il 2008 all’autorità giudiziaria vaticana, indispensabili per ricostruire il flusso di denaro della mafia transitato, a scopo riciclaggio, su alcuni conti segreti dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione. Un’indagine nata da una costola del processo sulla morte di Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato a Londra, sotto il ponte dei Frati Neri (Blackfriars) nel giugno del 1982.

Al Vaticano sono stati richiesti documenti bancari e atti confidenziali che pescano direttamente nel passato più torbido della “banca di Dio”, quello degli scandali Sindona e Calvi, del crack del Banco Ambrosiano, dei miliardi di dubbia provenienza nascosti al fisco e spediti all’estero sotto la direzione di monsignor Paul Marcinkus, presidente dello Ior dal 1971 al 1989, morto nel 2006. Ma nonostante i passi avanti nella trasparenza finanziaria fatti dalla Santa Sede, le rogatorie, cioè le richieste di collaborazione giudiziaria per eseguire atti processuali fuori dal territorio nazionale di competenza (tra Italia e Stato Vaticano, in questo caso), rimbalzano da un ufficio all’altro tra le mura dello stato della Chiesa, senza risposta.

Un silenzio lungo ormai dieci anni che ha spinto il magistrato romano Luca Tescaroli, titolare dell’inchiesta su Calvi, a scrivere lo scorso 16 dicembre al neoministro della Giustizia Paola Severino perché si attivi ufficialmente nei confronti del governo della Chiesa e “solleciti l’evasione delle rogatorie”. Una “rogna diplomatica” per il governo italiano, stretto tra due necessità: mantenere i buoni rapporti stabiliti con il Vaticano ma anche mandare segnali concreti di contrasto al riciclaggio e all’evasione fiscale.

Che Cosa Nostra abbia nascosto una parte dei suoi capitali nello Ior e nel Banco Ambrosiano è una realtà giudiziaria assodata dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma, nella sentenza del 7 maggio 2010 di assoluzione con formula piena per Giuseppe “Pippo” Calò, Ernesto Diotallevi e Flavio Carboni, imputati per l’omicidio di Calvi. Scrive nell’occasione la Corte: “Cosa Nostra impiegava il Banco Ambrosiano e lo Ior come tramite per massicce operazioni di riciclaggio. Il fatto nuovo emerso è che avvenivano quanto meno anche ad opera di Vito Ciancimino (ex sindaco mafioso di Palermo, morto nel 2002, ndr) oltre che di Giuseppe Calò”. Lo stesso Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ha più volte raccontato di operazioni bancarie sospette e rapporti del padre con alti prelati dello Ior. Ecco quindi perché le tre rogatorie “mai evase” assumono un ulteriore e nuovo interesse investigativo.

Con la prima, datata 28 novembre 2002, la procura chiedeva al Vaticano di “verificare i flussi finanziari intercorsi nel periodo 1976-1982” tra lo Ior e una serie di banche italiane ed estere, come il Banco di Sicilia, la Sicilcassa di Palermo, il Banco Ambrosiano (sedi italiane ed estere), la Banca svizzera del Gottardo e la rete di società ad esse collegate in Perù, Argentina, Bahamas, Nicaragua, Lussemburgo e Venezuela. Non solo, si chiede di accertare se “nell’anagrafe clienti dello Ior ci siano i nomi di persone coinvolte nelle indagini”, di individuare “quali fossero le società riconducibili allo Ior nel periodo 1975-1982”, “quali quelle interessate al rastrellamento di azioni del Banco Ambrosiano” e quali fossero “le operazioni riconducibili alla società Inecclesia (una finanziaria venezuelana, ndr)”. In pratica la Santa Sede dovrebbe accettare di aprire un cassetto tenuto sigillato per trent’anni. E svelare la ragnatela di attività e di finanziamenti dell’Istituto per le Opere di Religione, nascoste per anni dietro lo status di “soggetto autonomo in uno stato extracomunitario”, opaco al fisco e al di fuori delle normative internazionali in materia bancaria.

Nella seconda rogatoria, del 23 gennaio 2004, il magistrato italiano chiedeva di visionare i “telex riguardanti operazioni effettuate da Calvi sull’estero sfruttando le strutture materiali della Città del Vaticano”. Nell’ultima, la più recente, datata 20 novembre 2008, punta ad accertare se e quando le due lettere scritte a macchina da Calvi pochi giorni prima di morire e dirette a papa Giovanni Paolo II e al cardinale Pietro Palazzini, all’epoca prefetto della Santa Congregazione delle cause dei Santi, siano state ricevute dai destinatari. Lettere dal contenuto contraddittorio e per alcuni non autentico, nelle quali Calvi, spaventato e disperato, sentendosi “braccato” racconta nei dettagli alcune operazioni finanziare “imbarazzanti” condotte sotto copertura per conto di alti prelati.

Le domande della procura romana fino ad oggi non hanno avuto risposta. Una mancanza di collaborazione che potrebbe congelare la procedura avviata dal Vaticano per entrare nella “white list” degli stati “finanziariamente virtuosi”, cominciata nel 2009 con la firma della convenzione monetaria con l’Ue e che avrà a metà del 2012 un passaggio decisivo con la presentazione al Consiglio d’Europa del rapporto finale di un gruppo di esperti su come lo stato della Chiesa si è adeguato al sistema di antiriciclaggio vigente nell’Unione.
Con questo obiettivo il 30 dicembre del 2010, infatti, Papa Benedetto XVI ha promulgato la legge n.127, in vigore dall’aprile di quest’anno, che colpisce il riciclaggio del denaro sporco e il finanziamento del terrorismo. All’articolo 41 si legge che la neonata Autorità di informazione finanziaria pontificia “scambia informazioni in materia di operazioni sospette e collabora con le autorità degli Stati esteri che perseguono le medesime finalità di prevenzione e contrasto del riciclaggio”. Per ora, a quanto pare, solo a parole.

LINK: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/01/05/news/tre_rogatorie_sul_riciclaggio_ma_la_santa_sede_non_risponde-27639446/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2F2012%2F01%2F05%2Fnews%2Fior_i_silenzi_del_vaticano-27639454%2F

LA PROCURA DI ROMA INDAGA SUL CONTO DELLO IOR IN GERMANIA
Rogatoria per conoscere i movimenti di denaro del Vaticano
di Marco Lillo

La Procura di Roma sta indagando in Germania sulla banca del Vaticano, lo IOR. È questo l’ultimo colpo di scena che vede opposti da un lato il procuratore aggiunto Nello Rossi e il sostituto procuratore Stefano Rocco Fava e dall’altro il presidente e il direttore generale dell’Istituto Opere Religiose, rispettivamente Etto-re Gotti Tedeschi e Paolo Cipriani, indagati dal settembre del 2010 per violazione delle norme antiriciclaggio.

Siamo di fronte a una vera e propria partita a scacchi che va avanti ormai da un anno e mezzo, e che ora si sposta su uno scenario internazionale. Mentre il Vaticano cerca disperatamente di convincere gli ispettori dell’organismo internazionale Moneyval a farlo uscire dalla lista grigia degli stati poco virtuosi (il Comitato di Esperti per la valutazione delle misure di contrasto del riciclaggio è stato a Roma la settimana scorsa) i pm italiani inseguono le rotte delle sue finanze oscure fino in Germania dove lo IOR si è arroccato. I pm romani vogliono conoscere tutti i movimenti del conto corrente dello IOR presso la JP Morgan di Francoforte e hanno inoltrato una prima richiesta di rogatoria internazionale alle autorità tedesche tramite il ministero della giustizia.

Quattro mesi fa però le autorità federali tedesche hanno negato la loro collaborazione con una risposta cortese ma ferma, ispirata probabilmente più da ragioni politiche che tecniche. I magistrati romani non si sono dati per vinti e stanno tentando di ottenere il medesimo risultato utilizzando un canale alternativo: l’UIF, cioé l’Ufficio di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia, che ha già inoltrato la sua richiesta al corrispondente organismo tedesco.

Per capire la ragione di tanto interesse verso la filiale di Francoforte del colosso bancario americano bisogna partire da un dato: lo IOR, dopo decenni di ottimi rapporti, ha deciso di limitare drasticamente fin quasi allo zero l’operatività con le nostre banche. La vera ragione di questa scelta secondo gli investigatori italiani risiede nel mutato atteggiamento delle autorità del nostro paese nell’applicazione della normativa antiriciclaggio. Lo IOR, infatti, spesso opera non come una banca ma come una vera e propria società fiduciaria che scherma la reale proprietà dei fondi sui suoi conti correnti. Il caso di scuola è quello dei nove bonifici per 225 mila euro partiti da un conto IOR e destinati a un gruppo di catanesi vicini alla mafia. Quei soldi erano il provento di una truffa ma – grazie alla gentile collaborazione del nipote sacerdote di un mafioso – giungevano a Catania con la berretta papale a coprire la coppola.

Quando la Procura di Roma ha scoperto che lo schema veniva replicato da chiunque volesse nascondere l’origine dei suoi soldi grazie alla complicità di un sacerdote amico, è immediatamente corsa ai ripari.

All’improvviso nel 2010 lo IOR ha scoperto gli obblighi antiriciclaggio. Il nodo è venuto al pettine il 6 settembre del 2010 quando l’Istituto finanziario vaticano presieduto da Ettore Gotti Tedeschi ha ordinato al Credito Artigiano di trasferire 23 milioni alla Jp Morgan di

Francoforte ( 20 milioni) e alla Banca del Fucino per 3 milioni. Lo Ior pretendeva che la banca omettesse le comunicazioni previste dalla normativa antiriciclaggio italiana. Per questa ragione la Procura chiese il sequestro e da allora indaga il presidente e il direttore generale dello IOR. Per sbloccare i fondi c’è voluto di fatto un motu proprio del Papa del dicembre del 2010. La nuova legge creava l’AIF, l’Autorità di Informazione Finanziaria che avrebbe dovuto collaborare con l’UIF italiano utilizzando propri poteri di ispezione sullo IOR e gli altri enti vaticani.

Inizialmente sembrava filare tutto liscio: la prima richiesta di informazioni inoltrata dal-l’UIF ottenne una risposta a tempo di record dall’AIF, presieduta da un cardinale autorevole come Attilio Nicora. Per premiare il cambio di direzione i pm romani nel giugno del 2011 diedero il loro parere favorevole al dissequestro dei 23 milioni. Da quel momento però si è realizzato il detto popolare “passata la festa gabbato lo Santo”. Lo IOR non ha più fornito informazioni all’AIF sulle informazioni relative a rapporti precedenti all’aprile del 2011, data di entrata in vigore della legge. Poi il 25 gennaio un secondo colpo di scena: con un decreto il Vaticano, su input del Segretario di Stato Tarcisio Bertone, ingrana la retromarcia: l’Aif perde i poteri di ispezione che tornano sotto il dominio della Segreteria di Stato.

Nel frattempo la Banca d’Italia impone agli istituti italiani di chiedere allo IOR il nome del reale titolare dei soldi movimentati e la banca vaticana si disamora della penisola. Con una serie di bonifici per decine e decine di milioni di euro i soldi del Vaticano lasciano le banche italiane, come l’Unicredit ex Banca di Roma, e volano a Francoforte alla banca Jp Morgan.

Lo IOR, per effettuare i suoi bonifici milionari che alimentano l’attività delle Congregazioni usa un conto acceso presso l’unico sportello della banca americana Jp Morgan in Italia. Il conto 1365 presso la filiale di Milano però si muove in modo particolare: in forza di una clausola contrattuale il saldo di fine giornata deve essere sempre riportato a zero e il suo contenuto refluisce sul conto Ior a Francoforte. Di fatto è il cavallo di Troia attraverso il quale lo IOR opera in Italia: i movimenti nell’arco di un anno e mezzo superano il miliardo e mezzo. Nell’ottobre 2011, la Procura di Roma scopre l’inghippo e chiede all’Uif – l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia – di intervenire. Gli ispettori di Bankitalia chiedono informazioni sui reali intestatari dei soldi movimentati dallo IOR. JP Morgan gira le richieste allo Ior che risponde picche. Il 15 febbraio, per evitare guai, Jp Morgan comunica a IOR la chiusura definitiva del conto a far data dal 30 marzo 2012. Ora la banca del Vaticano si è ritirata a Francoforte, nella Germania di papa Ratzinger. Ma la Procura di Roma è arrivata fin lì.

IL FATTO QUOTIDIANO 21 MARZO 2012

 I MISTERI DELLA BANCA DI DIO
Da Sindona a Roberto Calvi

Riciclaggio. Vero o presunto. Comunque il punto debole dell’Istituto Opere di Religione. Nel maggio del 2010 la procura di Roma apre un’indagine sui rapporti sospetti tra lo Ior e dieci banche italiane, tra cui figurano i colossi Unicredit e Intesa San Paolo, oltre a realtà più modeste come la Banca del Fucino. L’istituto vaticano viene accusato di usare in modo cumulativo, senza fornire i dati per identificare i soggetti che vi facevano transitare i soldi, un conto corrente aperto nella filiale 204 dell’ex Banca di Roma (oggi Unicredit) in via della Conciliazione, a ridosso delle mura Leonine. Violando così la normativa antiriciclaggio.
In due anni su quel conto sono passati 180 milioni di euro. Il sospetto della magistratura è che soggetti con residenza fiscale in Italia abbiano usato o usino tuttora lo Ior come “schermo” per nascondere i soldi dell’evasione fiscale o i proventi di truffe. Ma tutto si ferma perché i pm italiani non hanno competenza a indagare sullo Ior senza una rogatoria internazionale, a causa della sua natura formalmente estera. Il 20 settembre 2010 ancora la procura della capitale, su segnalazione della Banca d’Italia, dispone il sequestro preventivo (non eseguito) di 23 milioni di euro depositati su un conto presso la filiale romana del Credito Artigiano spa intestato allo Ior.
Il sospetto è che anche in questo caso venga violata la norma antiriciclaggio. Nel mirino dei pm due operazioni di trasferimento di 20 milioni di euro alla JP Morgan di Francoforte e di altri tre milioni alla Banca del Fucino. Vengono indagati il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, e il direttore generale Paolo Cipriani. “La Santa Sede – sottolinea il Vaticano – manifesta perplessità per l’iniziativa della procura di Roma, i dati informativi necessari sono già disponibili presso l’ufficio competente della Banca d’Italia. Quanto agli importi citati, si tratta di operazioni di giroconto per tesoreria presso istituti di credito non italiani il cui destinatario è il medesimo Ior”.  

LINK: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/01/08/news/ior_scheda-27778425/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep%2Dit%2F2012%2F01%2F05%2Fnews%2
Fior_i_silenzi_del_vaticano%2D27639454%2F

 

QUANDO IL BANCHIERE DI DIO  DIVENNE ‘UOMO MORTO’

Nel 1947 inizia la sua carriera al Banco Ambrosiano Veneto, l’istituto di credito legato allo Ior. Fa strada grazie ai legami con la loggia massonica P2, di Licio Gelli. Quella di Roberto Calvi è una storia di banche e di cosche che si conclude tragicamente il 17 giugno 1982 a Londra. Quando fu trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri. Una prima indagine archivia la sua morte come ‘suicidio’. Nel 1992 il caso si riapre. Nel 1997 arriva il primo ordine di custodia cautelare, l’anno successivo una perizia stabilisce l’infondatezza dell’ipotesi del suicidio. Nel 2005 inizia il processo. Secondo il pm Luca Tescaroli tre sarebbero i moventi alla base del delitto: il banchiere aveva amministrato male il denaro di Cosa Nostra; si temevano rivelazioni sul sistema di riciclaggio messo in piedi attraverso il Banco Ambrosiano; uccidendo Calvi si pensava di poter mettere maggiore pressione nei confronti dei suoi ‘soci’. Nel 2007 la Corte d’Assise di Roma assolve tutti gli imputati. Nel 2010 la sentenza viene confermata in appello. Ma nelle motivazioni si legge: “Roberto Calvi è stato ammazzato, non si è ucciso”

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/01/08/news/quando_il_banchiere_di_dio_divenne_uomo_morto_-27775672/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2F2012%2F01%2F05%2Fnews%2Fior_i_silenzi_del_vaticano-27639454%2F

CALVI: “PAGAI TANGENTI PER LA CHIESA. NON POSSO TACERE FATTI COSÌ IMPORTANTI”

Il 20 novembre 2008, il magistrato Luca Tescaroli con una rogatoria chiede di accertare se e quando le due lettere scritte a macchina da Calvi, pochi giorni prima di morire, siano state ricevute dai destinatari. Le missive scritte dal banchiere erano dirette a Papa Giovanni Paolo II e al cardinale Pietro Palazzini, all’epoca prefetto della Santa Congregazione delle cause dei Santi. Il contenuto è contraddittorio. Secondo alcuni non è autentico: Calvi, spaventato e disperato, sentendosi “braccato” racconta nei dettagli alcune operazioni finanziare “imbarazzanti” condotte sotto copertura per conto di alti prelati

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/01/05/foto/le_lettere_di_roberto_calvi_al_vaticano-27640439/1/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2F2012%2F01%2F05%2Fnews%2Fior_i_silenzi_del_vaticano-27639454%2F#1

QUELLE ROGATORIE ‘DIMENTICATE’. PER CAPIRE L’AMBROSIANO E LO IOR

Sono tre le richieste di collaborazione giudiziaria che la Procura di Roma ha inviato al Vaticano senza ottenere risposta. Sono indispensabili per ricostruire il flusso di denaro della mafia transitato, a scopo riciclaggio, su alcuni conti segreti dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione. La prima è del 2002 (pag. 2-7), la seconda del 2004 (pag. 8-11) e la terza del 2008. Il magistrato romano Luca Tescaroli, titolare dell’inchiesta sull’omicidio di Roberto Calvi, lo scorso 16 dicembre (pag. 1), ha chiesto al neoministro della Giustizia Paola Severino di attivarsi nei confronti del governo della Chiesa

LINK:: http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2012/01/05/foto/quelle_rogatorie_dimenticate_per_capire_l_ambrosiano_e_lo_ior-27641307/1/?inchiesta=%2Fit%2Frepubblica%2Frep-it%2F2012%2F01%2F05%2Fnews%2Fior_i_silenzi_del_vaticano-27639454%2F#1

LO IOR PORTA 180 MILIONI VIA DALL’ ITALIA

MARCO ANSALDO
CITTÀ DEL VATICANO – Lo Ior di nuovo alla ribalta sia sul fronte finanziario che su quello mediatico. L´Istituto per le opere di religione, noto come la banca del Vaticano, da circa un anno non è più cliente di banche italiane e ha trasferito gran parte delle proprie attività finanziarie in Germania. È quanto è emerso dalla Procura di Roma nelle indagini su presunte attività di riciclaggio legate a operazioni finanziarie avviate dall´istituto, che hanno portato al sequestro di 23 milioni di euro. L´inchiesta fu avviata, nel maggio 2010, sulla base di rapporti sospetti tra lo Ior e dieci banche italiane. L´istituto vaticano è stato accusato di usare in modo cumulativo, senza fornire i dati per identificare i soggetti che vi facevano transitare i soldi, un conto corrente aperto nella filiale dell´Unicredit di via della Conciliazione, violando così la normativa antiriciclaggio. In due anni su quel conto sarebbero passati 180 milioni di euro. Il sospetto della magistratura è che soggetti con residenza fiscale in Italia abbiano usato lo Ior come “schermo” per nascondere i soldi dell´evasione fiscale o i proventi di truffe. Nell´inchiesta sono indagati quattro sacerdoti.
Della vicenda di uno di essi hanno parlato ieri la trasmissione “Gli Intoccabili” de La7 e l´Unità. Nel programma, si è sostenuto che monsignor Emilio Messina, dell´arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche, avrebbe garantito su transazioni di denaro per almeno 300mila euro effettuate da una donna con un nome falso, “Maria Rossi”. La Santa Sede ha replicato al quotidiano parlando di accuse non nuove anzi “riciclate”. “Ci si chiede – si legge nel comunicato – se l´articolo non costituisca una sorta di pubblicità per una trasmissione televisiva serale”. Al centro del programma de La7 anche un documento riguardante discussioni interne allo Ior su come rispondere a richieste “relative a operazioni sospette o per le quali sono in corso procedimenti giudiziari”.
LA REPUBBLICA 09 FEBBRAIO 2012
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/02/09/lo-ior-porta-180-milioni-via-dall.html

 CRIMINI IN VATICANO ( PRIMA E SECONDA PARTE)

http://www.giorgiobongiovanni.it/index.php/dossier-speciali/98-crimini-vaticano1.html
http://www.giorgiobongiovanni.it/index.php/dossier-speciali/97-crimini-vaticano2.html