LETTERA DI DAVIDE TECCHI ALLE AUTORITÀ DEL VATICANO
Di Davide Tecchi
Egregi Signori Cardinali Reggenti dello Stato del Vaticano e delle sue Istituzioni Interne come l’Opus Dei, lo I.O.R., la C.E.I., mentre lo scenario italiano ed internazionale ci somministra senza sosta la più drammatica situazione economico finanziaria che la civiltà di questo pianeta abbia mai conosciuto consegnando nelle mani della disperazione, della fame e dell’abbandono circa i quattro quinti dell’intera popolazione mondiale, si osserva con estremo stupore la situazione di beata serenità e di benessere che continua a pervadere le contingenti attività vissute daglli esponenti del Vaticano che dovrebbe rappresentare, con la sua classe sacerdotale pastorale,
Ma non sia di turbamento alle vostre menti, cari Signori Cardinali Reggenti, il mio prendere con “estremo stupore” il vostro sacerdotale scenario vissuto con ostentazione di tranquillità, sicurezza, benessere del tutto fuori dal comune se raffrontato all’incredibilmente apocalittico scenario che vede quasi l’intera popolazione mondiale ginocchioni perchè, vedete, ciò che voi siete realmente, ciò che l’istituzione del Vaticano e ciò che le sue interne istituzioni sono realmente lo si evince dal magistrale, ineccepibile, eccellente intervento del giornalista e scrittore più straordinario e cristallino che la storia dell’uomo abbia mai conosciuto, vale a dire Giorgio Bongiovanni.
Il tracciato del suo intervento è un tripudio di chiarezza e semplicità che inseriscono il lettore nella completa comprensione tridimensionale delle vicende vaticane.
Infatti, esimi Cardinali Reggenti, potrei cominciare col parlarvi delle carte sequestrate a Vito Ciancimino la notte del 29 settembre 1984 durante il blitz “San Michele” e depositate recentemente al processo Mori – Obinu dalle quali si può ulteriormente approfondire il grado di amicizie trasversali dell’ex sindaco di Palermo, infatti, dai polverosi archivi dell’aula bunker dell’Ucciardone spuntano nomi di noti esponenti politici del passato spesso legati a doppio filo con Cosa Nostra e sono anche taluni contatti con esponenti massonici ed alcuni uomini di Chiesa a lasciare dietro di se un’ombra inquietante che si proietta inevitabilmente nel presente.
Il sistema di potere legato ad uno dei principali protagonisti della trattativa tra Stato – Vaticano – Mafia resta più che mai attuale. Si conosce infatti che, lo scorso 21 giugno, i P.M. Sigg.ri Ingroia e Di Matteo depositavano al processo Mori – Obinu (per la mancata cattura di Bernardo Provenzano) documenti facenti parte di materiale sequestrato a Casa Ciancimino, con tanto di ordinanza, successivamente al blitz antimafia denominato “S. Michele” di 27 anni fa che vedeva l’arresto di coinvolti in numero di 366 in tutta Italia: il materiale sequestrato in Casa Ciancimino consta prevalentemente di una fitta corrispondenza costituita da lettere, biglietti augurali, e biglietti da visita indirizzata allo stesso Vito Ciancimino e comprende pure una ricca raccolta di fotografie dell’epoca. La busta dell’ex vescovo di Trapani, mons. Emanuele Romano (in carica dal 1978 al 1988), spicca decisamente tra tutte: la data è quella del 25 gennaio 1982 e nella lettera si evince che uno dei temi trattati riguarda una sorta di raccomandazione nei confronti di un tale Dottor Rizzo.
Monsignor Romano scrive con una calligrafia sottile un pò all’antica ed inclinata verso destra: “Carissimo Ingegnere, ho il piacere di presentarle il Signor Dottor Rizzo che lei già conosce. Egli attualmente presta servizio di 11 CV. M.N.U. ruolo amministrativo col grado di gruppo terzo”. Il cardinale specifica la ragione del suo interessamento “in vista delle promozioni in rapporto alla nuova sistemazione degli organici” facendo un riferimento ad una “ristrutturazione dei servizi ingranditi”. “Il Signor Rizzo – prosegue mons. Romano nella sua missiva – ha molte attestazioni di benemerenze ed altri documenti relativi alla sua carriera ed aspira ad aver riconosciuto il grado superiore a quello attuale”. Comunque – conclude il presule – egli le relazionerà più compiutamente”. Il cardinale ringrazia anticipatamente Don Vito Ciancimino per “il suo particolare interessamento” e gli invia i suoi saluti. Ma il mons. Romano non è l’unico alto esponente religioso che scrive a Don Vito. Un salto temporale anteriore di otto anni ci fa comparire il biglietto dell’ex arcivescovo di Palermo, Salvatore Pappalardo, recante data 12 febb. 1974, dal contenuto alquanto esplicito: sul foglio, con tanto di stemma della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, l’ex cardinale Pappalardo scrive ringraziamenti a Don Vito per il suo interessamento nei confronti di una chiesa palermitana e, anche in questo caso, il termine “ingegnere” apre la missiva: “Gentile ingegnere – scrive il Pappalardo – ho ricevuto la copia del decreto per la notifica del piano regolatore per la chiesa di S. Francesco di Sales. La ringrazio vivamente del suo fattivo interessamento. Con ossequi ed auguri”. È ovvio che dietro la corale condanna nei confronti di Vito Ciancimino e più recentemente nei confronti di suo figlio Massimo si nasconde prevalentemente il tentativo di mettere una pietra sopra un pezzo di storia italiana che coinvolge troppi poteri e soprattutto che mette in pericolo la stabilità, per così dire, raggiunta a suon di bombe ed a suon di trattative dal nostro Paese.
E dopo questo piccolo assaggio, egregi Cardinali Reggenti, potrei parlarvi di un’altra vostra celebre conoscenza di nome Gian Piero Fiorani, noto per essere introdotto a soli 19 anni alla Banca Popolare di Lodi come uomo brillante e carismatico dove conquisterà la fiducia personale del grande patron Angelo Mazza il quale, affidandogli incarichi sempre più delicati in svariate parti d’Italia, gli farà salire i gradini della gerarchia interna per farne poi uno dei suoi prediletti: il giovane Fiorani viene infatti a conoscenza dei conti segreti esteri di cui dispone la banca ed apprende con grande celerità il sistema per guadagnare, far guadagnare intraprendendo una sfolgorante carriera.
Dopo la morte di Mazza nel 1997, a questo gli succederà Ambrogio Sfondrini per soli 2 anni fino al 1999, dopodichè dallo stesso anno il Fiorani diverrà l’amministratore delegato della Banca di Lodi fino al 2005 portandola agli onori dei primi 10 istituti finanziari del Paese fino a sfidare il Golia europeo dell’olandese ABN AMRO nella scalata della Banca Antonveneta, il colpo grosso della sua carriera, che avverrà tuttavia, come dimostrerà la magistratura, truccando le carte, violando ogni regola e naturalmente non da solo. Infatti il Fiorani si avvarrà, oltre ai suoi fidati Gianfranco Boni (“mago della finanza”), Attilio Savarè (suo alter ego in amministrazione), Giovanni Vismara (suo consigliere in strategie) e Donato Patrini (sua longa manus nei delicatissimi rapporti con i politici), di alleanze fondamentali che nell’estate del 2004, quando il Fiorani rivelerà la sua intenzione, avranno i nomi di Emilio Gnutti (che attraverso la sua creatura Hopa – Holding di Partecipazione – doveva aiutare il Fiorani), Luigi Grillo (esponente di Forza Italia che doveva informare il Berlusconi), Ennio Doris (presidente della berlusconiana Mediolanum), Bruno Bianchi (uno degli ispettori di Bankitalia), Fabio Palenzona (vice presidente di Unicredit, consigliere di Mediobanca, esponente della Margherita e molto utile per i suoi contatti con la famiglia Benetton che detiene quote di Antonveneta), Don Gianni Bignami (prete esperto di finanza molto ben introdotto in Vaticano) e soprattutto il suo interlocutore più importante, Antonio Fazio, Presidente della Banca d’Italia, dalla cui firma dipende il successo del suo piano. Il prosieguo della scalata Antonveneta, già agli atti della Magistratura, è ormai storia con l’acquisizione da parte di ABN AMRO. A parte, si è raramente parlato di alcuni cruciali passaggi della carriera di Gian Piero Fiorani alle cui origini c’è una naturale predisposizione da parte sua agli ambienti cattolici e della D.C., infatti, ancor prima di entrare in banca il citato scriveva su quotidiani come Il Cittadino di Lodi e su, guarda caso, l’Avvenire perchè fu proprio grazie alla frequentazione di Antonio Fazio che viene introdotto nelle alte sfere episcopali.
Nel 2000, poco dopo essere diventato amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi, entra in contatto con il Cardinale Ruini, presidente della C.E.I. (la Conferenza Episcopale Italiana ossia il parlamento del Vaticano), con il quale mette a punto una serie di progetti per la ristrutturazione e la costruzione di parrocchie: per similitudine, si potrebbe paragonare il ruolo di Fiorani e della Banca di Lodi a quello che ebbero Roberto Calvi e l’Ambrosiano anche se in proporzioni minori e fortunatamente con un epilogo meno drammatico, tuttavia sono stati entrambi banchieri spericolati che si sono fatti strada nel mondo della finanza anche attraverso il giusto, altolocato contatto con la finanza vaticana, infatti, della reale entità del rapporto di Fiorani con il Vaticano si conosce appena un accenno, ossia, quello che lo stesso banchiere rivela ai magistrati di Milano che lo interrogano il 10 luglio 2007: all’epoca Fiorani introduce l’argomento con una lamentela “Io ho perso ogni tipo di credibilità, di referenza con la Chiesa – spiega al P.M. Sig. Fusco – Mi dispiace dirglielo, l’ho persa completamente … (…) L’ho contestato al Cardinale Re (nota bene per chi legge), che ho rivisto, l’ho contestato ad altri personaggi perchè ho detto: -“voi siete un’associazione che è la peggiore che c’è al mondo, no un conto è la fede, un conto è la Chiesa”- (…) – “Voi vedete uno che vi da i soldi, come io vi ho sempre dato i soldi in contanti, contabile che ho, ma andava tutto bene. Dall’altra parte quando una persona poi è in disgrazia, non fate neanche una chiamata a sua moglie per sapere se sta bene o male”-. Io l’ho apertamente detto. Sa cosa mi hanno risposto? Che la chiesa è fatta di uomini e gli uomini sbagliano” ; lo sfogo prosegue con una confessione ed una pseduo minaccia di vendetta: ” … io contesterò nelle sedi opportune … perchè io i primi soldi neri li ho dati al Cardinale Castillo Lara, quando ho comprato la Cassa Lombarda, che mi ha chiesto di dargli 30 miliardi delle vecchie lire possibilmente su conto estero, non sul conto del Vaticano. Io allora beh, tranquillo, con Mazza dico: -“Allora, mi dia il conto del Vaticano che bonifichiamo la somma”-, -“No, bonifichiamo B.S.I. (Banca Svizzera Italiana) Lugano”- mi dice”. Com’è ovvio, alle domande del P.M. Fusco, Fiorani chiarisce tutto l’antefatto, così si conosce che la quota del 30% della Cassa Lombarda è di proprietà dell’A.P.S.A. (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica) di cui dal 1989 è presidente il cardinale venezuelano Rosario Josè Castillo Lara il quale, secondo la ricostruzione di Fiorani, avrebbe chiesto di far transitare il denaro tramite conti esteri per farlo poi depositare in un conto presso la B.S.I. di Lugano.
La quota del Vaticano fu infatti prima intestata ad una società della Banca Svizzera poi girata alla famiglia Trabaldo Togna proprietaria della Cassa Lombarda che poi avrebbe venduto alla Lodi; e la ragione di questo giro è espressa dallo stesso cardinale: “Noi abbiamo dichiarato un valore troppo basso, paghiamo troppe plusvalenze, allora facciamo un’operazione estero su estero”; così Angelo Mazza, nel 1995, patron di Banca Popolare di Lodi, ordina al giovane pupillo Gian Piero Fiorani di eseguire: “Va beh, vai là, fallo”: in tal modo Fiorani trasferisce con un bonifico bancario i 30 miliardi della vecchie lire su questo conto svizzero ed aggiunge al magistrato: “Ci sono tre conti del Vaticano (alla Banca Svizzera Italiana di Lugano) che erano su, penso, non esagero, dai due ai tre miliardi di euro“. Con sommo dispiacere, non è stato possibile effettuare accertamento di alcun genere sulle dichiarazioni di Fiorani che riguardano la finanza Vaticana come, d’altro canto, in nessuno dei casi che in passato hanno coinvolto i vertici color porpora, intoccabili, ingiudicabili, improcessabili, qualsiasi sia il crimine o l’ingiustizia da essi commessa.
Egregi Signori Cardinali, per vostro piacere di lettura continuo nella descrizione di eventi che hanno visto e vedono tuttora il Vaticano in prima fila parlando ora delle carte riservate conservate da mons. Renato Dardozzi, uno di voi prelati vaticani, che si occupò delle vicende dello I.O.R., venute alla luce dopo la sua morte: in effetti tali carte sono di un valore del tutto straordinario poichè, per la prima volta nella storia, si possono leggere documenti con la carta intestata dello I.O.R., la banca vaticana ovviamente, i carteggi riservati dei più alti prelati e monsignori con missive indirizzate direttamente a Papa Giovanni Paolo II che rivelano retroscena a dir poco inquietanti e, egregi Signori Cardinali, voi sapete che questa documentazione è reale ed esistente, conservata in un sicuro luogo del ticinese, in Svizzera. Il mons. Dardozzi scopre tardi la sua vocazione, a 51 anni, nel 1973, laureato in matematica, ingegneria, filosofia, teologia, parla 5 lingue, lasciando la sua brillante carriera alla direzione generale della SIP e lasciando l’incarico di direttore della Scuola Superiore per le telecomunicazioni REISS Romoli. Conosce il segretario di Stato Vaticano, Agostino Casaroli, che sarà determinante per la sua ascesa ai vertici della Santa Sede dove collabora già l’anno successivo della sua vocazione: Casaroli lo introduce subito nell’intricata questione Ambrosiano dopo aver avuto immediatamente accesso ai segreti dello I.O.R. Mons. Dardozzi, schivo, silenzioso, riservato, svolge il suo lavoro con assoluta lealtà nei confronti delle alte sfere vaticane, annota e conserva in apposite cartelline gialle lettere, documenti, cedole bancarie tenendo tutto al sicuro fino dopo la sua morte avvenuta il 3 giugno 2003. Siamo nell’era di Marcinkus, a capo dello I.O.R., di Michele Sindona, del crack dell’Ambrosiano, dell’omicidio di Roberto Calvi, della P2 di Licio Gelli, dei soldi di Cosa Nostra siciliana ed americana e dell’assassinio di Giorgio Ambrosoli: è il tempo del grande scandalo della banca vaticana che, guarda un pò, si trova proprio al centro di queste fosche trame. Tra i documenti del mons. Dardozzi vi è l’originale che svela la costituzione della Commissione mista composta da rappresentanti dello Stato Italiano e della Santa Sede incaricata di analizzare la vicenda I.O.R. – Ambrosiano: chi ne fa parte? Per conto del Vaticano, l’avvocato di Marcinkus, professor Gambino, il professor Capaldo e proprio il monsignor Dardozzi. La firma in calce è quella di mons. Agostino Casaroli.
Come risaputo lo I.O.R accetterà di versare la somma dei 406 miliardi di lire, di molto inferiore rispetto a quella dovuta, stimata in 1159 miliardi di lire dal ministro del Tesoro di allora, Beniamino Andreatta. Ma nonostante il versamento della cifra riparatrice, all’interno delle mura vaticane si comprende che la questione va al di là della sua apparente delicata struttura : infatti i tre delegati ai lavori della Commissione mettono per iscritto la loro preoccupazione, archiviata successivamente da Mons. Dardozzi, che ce la restituisce nella sua forma originaria, inedita fino ad oggi: -“Tale contenzioso, oltre a tenere presumibilmente lo I.O.R. alla ribalta della cronaca internazionaleper lungo tempo, rischia di portare in crisi lo I.O.R. medesimo a causa dei possibili sequestri di cui potrebbero essere oggetto i suoi beni, compresi i depositi presso le banche italiane e straniere (…)
In questo quadro, i membri di parte vaticana valutano positivamente l’opportunità di assecondare iniziative volte ad un componimento amichevole della questione, in termini che non configurino attribuzioni di colpa, siano finanziariamente accettabili, e tali inoltre da condurre alla definitiva chiusura dell’intera vertenza”-. Ecco, cari Signori Cardinali Reggenti, come risolvere col minor danno possibile e far spegnere i riflettori al più presto silenziando ogni questione all’interno delle mura leonine sia il modo per voi migliore da seguire. Dopo le morti di Sindona e di Calvi, per ventanni spacciate per suicidi, lo I.O.R. quindi si accorda per una soluzione di comodo e comincia una capillare operazione di restauro in Italia e nel resto del mondo: la dirigerà Angelo Caloia, da tutti ritenuto uomo rigoroso, onesto, trasparente, la persona giusta al posto giusto ma, purtroppo, anche in questo caso i documenti del mons. Dardozzi riscrivono la storia …: a parte qualche parentesi un po’ delicata, come le fastidiose richieste della Procura di Milano sulla tangente Enimont, si tracciava un bilancio tutto sommato molto positivo relativamente agli sforzi compiuti dallo I.O.R. per apparire una banca per bene, nonsotante gli indubbi vantaggi fiscali e di riservatezza che consente, ma vi era uno I.O.R. parallelo, una sorta di sezione speciale della banca vaticana, gestita dalle più alte sfere, completamente al di sopra delle regole, delle procedure, della legge.
L’eminenza grigia che gestisce conti e mirabolanti cifre al di fuori di ogni controllo è mons. Donato De Bonis, nel cui curriculum dominano la presenza ed i sistemi di Marcinkus. Il Caloia non spende molto tempo a capire che il prelato si muove protetto da un alone di impenetrabile impunità contro il quale le sue denunce prima al Segretario di Stato Angelo Sodano e poi direttamente al Papa non sortiscono alcun effetto. Il Caloia scopre che, dietro lo pseudonimo di “Roma”, il De Bonis movimenta centinaia di miliardi di lire attraverso l’utilizzo di fittizie fondazioni a scopo benefico: la movimentazione più significativa è di certo quella intestata al cardinale Francis Spellman, il potentissimo presule americano che fece la fortuna di Paolo VI cui raccomandò Marcinkus. Solo due persone avevano diritto di firma sul fondo n. 001 3 147747 C: uno era ovviamente il de Bonis e l’altro era lo pseudonimo “Omissis” che era il nome in codice di Giulio Andreotti: non è uno scherzo poiché è tutto riportato fedelmente su uno dei documenti del Dardozzi. Il Caloia, compresa l’intricata matassa, redige accurata relazione Top Secret sui conti delle varie fondazioni di stessa matrice e ne informa direttamente il segretario particolare di papa Wojtyla, mons. Stanislao Dziwisz, allegando il suo rapporto: è evidente che il Caloia non si fidasse di nessun altro ed è altrettanto palese che il De Bonis agiva con potere ed autonomia instillategli dalle alte cariche del Vaticano per lo svolgimento di compiti estremamente cruciali così, ad esempio, il sistema di conti parallelo andava coperto poiché tra di essi vi era quello di “Omissis”, candidato al Quirinale.
In questo blocco di potere vaticano specifico, oltre il De Bonis non va dimenticata né sottovalutata la figura del cardinale José Rosalio Castillo Lara, tra i più dotti giuristi vaticani, ma soprattutto colui che gestisce direttamente il portafoglio personale del Papa: Castillo Lara era colui che accompagnava allo I.O.R. di De Bonis i cardinali dei paesi dell’est a prelevare soldi su incarico del Papa poiché il crollo del comunismo, il finanziamento di solidarnosc hanno svolto un ruolo centrale nella politica estera di Wojtyla che, sicuramente per questi motivi, è sceso ai patti. Questa, com’è ovvio, è una rivelazione senza precedenti perché viene documentata una consapevolezza del Pontefice degli affari “off shore” del De Bonis sui quali tuttavia Sua Santità non proferirà mai alcun commento lasciando tutta la vicenda in un desolante silenzio che è pure la migliore risposta per il povero Caloia il quale ultimo si troverà, dopo pochi anni, a dover sbrogliare una matassa ancora più complicata, frutto dei traffici spericolati del De Bonis: infatti, nel 1993, bussa al portone di bronzo del Torrione Nicolò V il capo della Procura di Milano, Francesco Saverio Borrelli, che sta indagando sulla tangente Enimont le cui carte in suo possesso lo portano a dedurre che almeno una parte della madre di tutte le mazzette sia transitata dallo I.O.R. Di questo particolare episodio, è incredibile come la documentazione del Dardozzi ci indichi l’enorme lavorìo che impegna lui stesso, Caloia, e gli alti vertici dello I.O.R. a produrre una documentazione che da una parte corrisponda ai bonifici di cui il Borrelli ha chiesto spiegazioni e dall’altra tenga ben nascosti gli altri di cui il pool di Milano forse sospetta ma di cui non ha alcuna indicazione: dalla documentazione di mons. Dardozzi emerge chiaramente che la tangente Enimont che transita dallo I.O.R. è molto più considerevole di quanto sia stato accertato (ossia 108 miliardi di lire) e che il numero dei politici coinvolti è ben più vasto, ma purtroppo per noi, e bene per voi, cari Cardinali Reggenti, non è più possibile aprire processi a causa della sopraggiunta prescrizione.
E così, cari Cardinali Reggenti, con un altro piccolo assaggio, ecco dimostrato come il Vaticano sia una potenza economica arricchitasi con ogni mezzo lecito ed illecito; inoltre un’intervista a Massimo Ciancimino, figlio di Don Vito, lo dimostra : il Ciancimino spiega il sistema attraverso cui la corrente andreottiana in Sicilia da lui rappresentata e la Mafia di Bernardo Provenzano si spartivano le tangenti e facevano transitare i loro denari nelle cassette di sicurezza del Vaticano; spiega Massimo Ciancimino “Allo I.O.R. i movimenti finanziari verso stati esteri erano molto più economici di altri canali, come i classici “spalloni”. Si poteva operare nella totale riservatezza, lasciando una minima offerta alla banca del Papa. (…) Mio padre mi ripeteva che queste cassette erano impenetrabili perché era impossibile poter esercitare una rogatoria all’interno della banca dello Stato del Vaticano …”. Il sistema di cassette indicato dal Ciancimino si sovrappone al periodo indicato dal Dardozzi e che una di quelle cassette di sicurezza di competenza del padre di Ciancimino sia stata chiusa solo pochissimo tempo fa sta a significare che quei controlli minimi di cui una banca come lo I.O.R. dovrebbe dotarsi non sono ancora stati eseguiti.
Insomma, cari Signori Cardinali Reggenti, il Vaticano ha sapientemente vissuto i vari periodi storici traendone costantemente gli immensi profitti, infatti, volendone estrarre un breve excursus cronologico, si può definire quanto segue. A cominciare dal 1870, i rapporti diplomatici tra Regno d’Italia e Stato Pontificio si erano bruscamente interrotti a causa della “breccia di Porta Pia”; il 10 settembre dello stesso anno, il Re Vittorio Emanuele invia un emissario per informare il Pontefice Pio IX (papa Ferretti 1846 – 1878) che le truppe reali avrebbero marciato su Roma espropriando le terre che da un millennio erano della Chiesa rispettando sovranità papale, lasciando libertà al Pontefice di mantenere relazioni estere ed offrendo un risarcimento in denaro per compensare la perdita dei territori: Pio IX rifiuta con forza ordinando alle guardie pontificie di resistere ma l’esercito regio si apre un varco in 10 giorni. Plebiscito, gli ex sudditi del Pontefice votano l’annessione al Regno, il Papa li scomunica e si dichiara “prigioniero del Vaticano” rifiutando qualsiasi colloquio. La situazione ingenera malcontento tra i cattolici che preoccupa il governo italiano dando vita alla legge delle Guarentigie, su disegno papale pre invasorio, ma il Pontefice è inamovibile. Si genera una crisi perdurante che non cambia nulla fino a quando, dal 1922, Mussolini non si rende conto di quanto potesse essere basilare avere dalla propria parte il Vaticano per dare avvio alla follia fascista: incaricato Primo Ministro, nel 1926 vara serie di provvedimenti a favore della Chiesa: educazione religiosa nelle scuole elementari, i crocifissi negli uffici pubblici, fondi statali per restauro chiese e soprattutto un massiccio intervento per risanare il Banco di Roma presso cui il Vaticano ha notevoli interessi finanziari.
Di più, Mussolini vuole risolvere la spinosa questione della posizione politica del Papa in ambito italiano a cui vuole garantire totale indipendenza: ed ecco la stesura dei Patti Lateranensi del 1929 che, in tre documenti, sanciscono la nascita dello Stato indipendente e neutrale del Vaticano, stabiliscono le relazioni tra Stato e Chiesa in Italia, garantiscono rimborso finanziario per compensare gli espropri del secolo precedente. Di fatto, un ammodernamento delle guarentigie e, stavolta, il Papa di turno Pio XI (papa Ratti, 1922 – 1939) decide che è giunto il momento di ridare lustro al potere temporale del Vaticano, contrariamente al suo predecessore, e saluta con gran favore la presa di potere del Duce, contro poche e debolissime opposizioni. Il Vaticano incoraggia gli accordi col Duce contrastando tenacemente qualsiasi forza politica di stampo cattolico che si opponesse alla dittatura emergente a partire dal Partito Popolare Italiano il cui ispiratore, l’antifascista Luigi Sturzo, viene costretto a lasciare il Paese.
Nel 1924 viene vietato ai clericali di appartenere a qualsiasi partito politico, il papa prende pubblicamente la distanza dal Partito Popolare che si scioglie definitivamente poco dopo ed è ben accorto a voltarsi dall’altra parte quando il regime ricorre alla violenza per reprimere i suoi nemici: non per l’assassinio Matteotti e per la conseguente crisi che ne scaturisce il papa spende una parola di più della semplice denuncia per l’omicidio salvo poi prendere le difese del Duce dagli addebiti che gli vengono mossi. Tuttavia, il matrimonio tra Chiesa e Regime è pur sempre di convenienza e la luna di miele finisce nel momento in cui gli interessi mutano, infatti, sistemata la “questione romana” che rappresentava punto di debolezza per il regime, il Duce comincia a mal tollerare l’ingerenza religiosa nel suo territorio anche perché le associazioni cattoliche sono di fatto le uniche fuori dal controllo fascista e, così come aveva fatto per la mafia, il Duce comincia a sbarazzarsi di quel potere “altro” attaccando l’Azione Cattolica fino al punto di portare Pio XI, nel 1931, all’emissione dell’enciclica “Non Abbiamo Bisogno” nella quale difende il mondo cattolico e muove le prime critiche alla violenza ed all’ingerenza del fascismo nella vita dei cittadini. Tuttavia il pontefice non adotta una aperta azione di ostilità verso il regime ma sostiene la “necessità” di resistere con un fronte unico (clerico-fascista) alle schiere dei partiti sovversivi. Per il resto si limita a difendere la dottrina cattolica, i beni ecclesiastici dal paganesimo hitleriano e dal grande nemico, il comunismo, e siccome Pio XI ha un passato da ambasciatore e grandi doti da mediatore politico, aveva rinsaldato i rapporti tra il Vaticano e molti paesi esteri allo scopo di rinforzarne la sovranità ma anche privilegi e concessioni soprattutto di ordine economico degne di un qualsiasi governo, questo per stabilire che il pontefice è da trattarsi al pari di ogni capo di stato e che chiunque attenti alla sua persona è punito con la morte: in tal modo il papa poteva dedicarsi agli affari interni.
Così in quegli anni nascono e prosperano, tra le mura vaticane, tanti esercizi commerciali creando notevole flusso economico della cui gestione si occupa il C.O.R. (Commissione per le Opere di Religione) come vero e proprio istituto bancario. Nel contesto, allo scopo di far fruttare gli ingenti gettiti di denaro ricevuti in indennità da Mussolini, il papa fonda appositamente l’Amministrazione Speciale affidandola ad uno scaltro e soprattutto laico esperto, l’ingegnere, ma soprattutto finanziere, Bernardino Nogara, fratello di un vescovo, che accetta l’incarico a patto di poter investire il denaro santo in tutto il mondo senza alcun condizionamento religioso: via libera che ottiene partecipando, privo di qualsiasi scrupolo, alle più redditizie speculazioni gettando le basi del potentissimo capitalismo cattolico che più tardi verrà definito (forse ironicamente?) finanza bianca; Italgas, Breda, Dalmine, Reggiane, Ferrorotaie, Società Elettriche Italia Centrale, Società Agricola Lombarda di Milano non furono che le prime aziende di cui Nogara acquisisce le quote, ma verranno seguite nientedimeno che dall’IRI e dall’accurata rete di strettissime relazioni con gli istituti bancari più prestigiosi e potenti del mondo: Hambros Bank, Morgan Guarantee, Trust, Chase Manhattan, Continental Illinois … i frutti degli investimenti si moltiplicano all’infinito, altro che pani e pesci …
Con quell’abnorme massa di denaro, Nogara parte alla conquista delle più importanti ed influenti aziende pubbliche e private d’Italia e d’Europa, comprese le aziende che fabbricano armi e contraccettivi quindi prodotti come contraccettivi, bombe, carri armati possono essere condannati dal pulpito ma le azioni che Nogara compra aiutano a riempire le casse di S.Pietro. La Santa Sede, nel 1935, appoggia la campagna di Mussolini in Etiopia con una partita di armi proveniente dalla fabbrica acquistata da Nogara, mossa che non è di solo ordine economico ma pure politico per ottenere in cambio il sostegno volto alla evangelizzazione russa. Tuttavia, l’avanzante ferocia della Grande Guerra fa avvertire al papa l’esigenza di intervenire direttamente, così, nel 1939, in ricorrenza della conciliazione tra Stato e Vaticano, Pio XI chiama in assemblea tutto l’episcopato italiano per il preludio del discorso che avrebbe fatto dove vuole denunciare la violazione dei Patti Lateranensi da parte del Governo Italiano e le persecuzioni razziali nella Germania nazista, ma non lo pronunciò mai a causa della morte sopraggiunta la notte precedente l’incontro, una morte “al momento giusto” come spesso accade e ne approfitta il cardinale Tisserant per scrivere un memoriale dove si afferma che il pontefice è stato avvelenato per iniezione da Francesco Petacci, padre di Claretta nota amante del Duce, su ordine diretto di quest’ultimo che temeva la scomunica: altro giallo tra i tanti delle mura vaticane; ma il conclave, ultrarapido, elegge Pio XII, Eugenio Pacelli, che aveva contribuito a far rompere le relazioni con la Germania durante il pontificato precedente, ma Pio XII media nell’epoca più tragica segnata dalla guerra e dalle follie razziali, tant’è che viene ancora ricordato come il papa dei dittatori e molti lo difendono ricordando che salva la vita a molti ebrei e perseguitati facendoli rifugiare nelle chiese e che accorre, incurante della sua incolumità, tra le rovine dei bombardamenti a S.Lorenzo fuori le mura, ma gli stessi storici cattolici lo ricordano per il suo minimo intervento, fatto malissimo, per incidere sulle cause delle grandi tragedie dittatoriali del periodo, come il messaggio inviato nel 1939 alla Spagna di Franco, i cui massacri di migliaia di cadaveri dimentica, felicitandosi invece con “la parte sana del popolo spagnolo” per essere entrata in guerra allo scopo di “difendere l’ideale della fede e della civiltà cristiana”, insomma giustificando la guerra ritenendola come “la prova più alta che si possa dare sulla supremazia della ragione e dello spirito”.
Per non parlare del 1941, anno in cui Hitler invade la Jugoslavia aprendo la strada per il potere ai croati fascisti, ossia gli ustascia che, guidati da Ante Pavel, dichiarano la propria indipendenza e la ferma volontà di instaurare una Croazia cattolica che, però, ottennero con lo sterminio massivo e sistematico di serbi ortodossi, zingari, ebrei e comunisti contati in 800.000 persone e 100.000 solo nei campi di concentramento di Jasenivac: e pensare che, due anni prima, mentre si intratteneva a Roma con l’arcivescovo Alojzije Stepinac, papa Pio XII aveva definito gli ustascia “l’avanguardia del cristianesimo“. Benchè informato dallo stesso arcivescovo del genocidio occorso, il Papa non proferisce parola e, di più, l’arcivescovo di Zagabria viene beatificato da Giovanni Paolo II nel 1998 e il dittatore Pavel col suo vice Andria Artukov si nascondono in Italia in un monastero romano sotto la personale protezione del vicesegretario di Stato, Giovan Battista Montini, il futuro papa Paolo VI, per poi riparare in America Latina a godersi l’immenso patrimonio depredato alle loro vittime: dunque un drammatico revival della Santa Inquisizione contro gli eretici ed i dissidenti e pensare che era stato scritto “NON UCCIDERE!!!”. Ma l’operato di Pio XII viene addebitato severamente dall’interno, dai fedeli, che in quegli orribili, terrificanti anni di persecuzioni e campi di concentramento invocano posizioni dure e forti da parte del vicario di Cristo (vicario? magari !!!) e persino l’offerta del martirio spontaneo da parte del papa pur di evitare, ridurre, scongiurare lo sterminio: cose che, ovviamente, non si verificano per opportunismo eppoi la condanna morale definitiva di Pio XII viene dalle parole del teologo gesuita Alfred Delp, arrestato nel 1944, dopo il fallito attentato a Hitler, e impiccato a Ploetzense nel 1945 senza che dal Vaticano si alzasse un sussurro. Pio XII decide per il silenzio contro i crimini nazisti, guardandosi bene dal minacciare almeno una qualsiasi scomunica in difesa dei martiri cristiani e di milioni di innocenti, ma non manca invece di far sentire forte e chiara la condanna, benchè a ragione, contro le persecuzioni dei cristiani nei paesi dell’Est, vittime dell’odiato comunismo dei senza-dio, infatti fa affiggere in tutte le parrocchie la scomunica per chiunque aderisce o si avvicini al Partito Comunista e trasforma l’anno santo in una dichiarazione di guerra fredda agli infedeli. A Pio XII va senza dubbio attribuito il “merito” di aver restituito allo Stato pontificio l’antica potenza, tutte le alleanza politiche e non, necessarie a far tornare il Vaticano ad essere un soggetto politico ed economico con cui dover fare i conti su piano nazionale ed internazionale, ed il “merito” della nascita dello I.O.R. in sostituzione del C.O.R. nel giugno 1942: in tale periodo, infatti, vengono concesse alla Banca vaticana tutte quelle scappatoie che da una parte l’hanno resa immensamente ricca e dall’altra in pari misura ancora oggi guardata con sospetto: a guidarla un altro spregiudicato mago della finanza, il principe Massimo Spada affiancato da altri due personaggi che faranno molto parlare di se, ossia, Luigi Mennini e Pellegrino de Stroebel.
E, cari Signori Cardinali Reggenti, continuo a parlare dello I.O.R.
A metà degli anni ’80, il consenso goduto da Chiesa Cattolica è in netto declino e Papa Paolo VI (papa Montini 1963-1978), dopo aver dato apparente continuità all’apertura sociale del vangelo voluta fortemente da Giovanni XXIII (papa Roncalli 1958-1963), si ritira su posizioni conservatrici che tuttavia non preserva la Chiesa dagli scandali di quel tempo, infatti, prima il banchiere Michele Sindona e poi il banchiere Roberto Calvi entrano in stretta e pericolosa relazione con lo I.O.R. che li stritolerà in un turbinìo di loschi affari tra mafia, massoneria, traffici illeciti e speculazioni finanziarie dal tragico epilogo e, purtroppo, l’extraterritorialità del Vaticano non ha mai consentito di accertare con esattezza le responsabilità dello I.O.R. e nemmeno dei protagonisti di questa faccenda come mons. Marcinkus che rimane al riparo delle mura leonine il tempo necessario per fare placare le acque per poi andare a morire nella natia America come un comune curato, infatti, c’è da dire che la segretezza che da sempre circonda le vicende di santa romana chiesa non ne hanno certo favorito la reputazione e le dichiarazioni di molti testimoni e collaboratori di giustizia che vi convergono pericolosamente e sono rimaste incontestate: con un’esperta manovra di maquillage si cerca prima di minimizzare le accuse e poi di restituire prestigio alla banca vaticana chiamando a dirigerla Angelo Caloia, da tutti riconosciuto come “gentiluomo della finanza bianca” il quale spiega le ragioni della finanza cattolica nata, appunto, per contrastare quella laico-massonica una volta rappresentata da Enrico Cuccia e Mediobanca e per tutelare gli interessi economici (e si aggiunga di potere, com’è ovvio) della Chiesa Cattolica: punto di vista che mal si adatta ai fatti emersi successivamente, seppur a fatica, perchè Caloia non si cura di spiegare perchè la banca vaticana viene considerata dagli esperti dell’UNICRI (Organismo delle Nazioni Unite per la prevenzione del crimine) una delle “lavanderie” di denaro di provenienza illecita e soprattutto perchè Francesco Marino Mannoia, collaboratore di giustizia di Cosa Nostra ritenuto da Giovanni falcone tra i più attendibili, sostiene che Licio Gelli, massone di nota fama, investiva nello I.O.R. anche i capitali dei corleonesi, versione confermata anche da un’altra decina di cosiddetti “pentiti” anche di epoche più recenti. Da Francesco di Carlo a Salvatore Cancemi, a Enzo Calcara e da ultimo Antonino Giuffrè affermano con certezza che sia Calvi che Sindona avevano riciclato i soldi della mafia anche nelle segrete stanze dello I.O.R. In effetti, quella torre del ‘400 fatta costruire da Nicolò V, rimasta pressochè inalterata nel tempo a cui si accede tramite anonima porticina priva di insegna, dotata di unico sportello e di unico bancomat, in cui le transazioni di denaro avvengono solo tramite bonifico, contante o lingotti d’oro, è quanto di meglio la riservatezza possa richiedere, così non v’è da meravigliarsi che siffatta istituzione attiri correntisti molto facoltosi con esigenze di un certo riserbo e, in questo senso, la clientela non scarseggia visto che nei misteriosi caveaux sono stimati depositi per circa 5 miliardi di euro.
Persino Angelo Caloia si trova nella imbarazzante posizione di dover raccontare a Francesco Saverio Borrelli, capo della Procura di Milano, per fare luce su quella tranche della maxi tangente Enimont di 108 miliardi di lire in certificati del tesoro che transitò dallo I.O.R. per poi finire su un conto cifrato per ordine di Luigi Bisignani, vecchio cliente, piduista, giornalista, legato al Gruppo Ferruzzi e condannato per la questione Enimont a tre anni e quattro mesi e di recente rispuntato nell’inchiesta why not condotta dall’ex P.M. Luigi de Magistris. Che può fare, dunque, lo I.O.R. cari Signori Cardinali Reggenti? Per dirimere la faccenda, lo I.O.R. si trincera dietro la rogatoria internazionale visto che è tutelato dal Concordato come “ente fondante della Città del Vaticano”: un muro fino ad oggi risultato totalmente impenetrabile, anche questa una garanzia unica offerta ai propri clienti. Dietro quei misteri mai svelati, hanno lavorato uomini, padri di famiglia, mariti, figli che, per avere avuto l’ardire di andare oltre il laborioso maquillage citato poc’anzi, hanno perso la vita come il commissario liquidatore della banca di Sindona, Giorgio Ambrosoli. I fatti di quel tempo, aggiunti al referendum per l’aborto e per il divorzio, intaccano pesantemente il consenso popolare della Chiesa per cui, oltre ad un rilancio di immagine, culminato poi con la carismatica e molto mediatica figura di Giovanni Paolo II, vi è il bisogno impellente di rimpinguare le casse perchè, qualunque cosa se ne dica, il dissesto Ambrosiano aveva trascinato anche lo I.O.R. che deve versare 406 milioni di dollari ai liquidatori giacchè il povero Ambrosoli non si fa incantare dai loquaci giochi di prestigio dei monsignori e dichiara la banca vaticana insolvente: una cifra considerevole, ma nulla in confronto a quanto dovuto, stimato dall’allora Ministro del Tesoro Beniamino Andreatta in 1.159 milioni di dollari di allora, quindi occorre correre ai ripari urgentemente, ma come opera la Provvidenza in tal caso, cari Signori Cardinali Reggenti? Tramite la firma del Concordato siglato da Bettino Craxi che, dietro il paravento socialista “libera Chiesa in libero Stato”, assicura nelle mani dell’abile amministrazione vaticana lo strumento che l’avrebbe risollevata dal tracollo e le abili mani, nella fattispecie, sono quelle del card. Camillo Ruini insediatosi a capo della C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) nel 1986, e lo strumento è il tanto famoso quanto sconosciuto 8 per mille che Bettino Craxi, per l’appunto, più che lambìto dal caso Calvi, stabilisce dovesse andare alla Chiesa Cattolica quale quota parte del gettito IRPEF nazionale, infatti lo scopo è di sostituire la “congrua” ovvero lo stipendio dei sacerdoti così come assicurato dai Patti Lateranensi e, nei primi anni di entrata in vigore dei nuovi accordi, lo Stato si impegna ad integrare le entrate dell’8 per mille fino alla cifra di 407 miliardi di lire nel caso il “raccolto” non fosse stato sufficiente per sostentare i preti. Da parte sua, il Vaticano si impegna ad accettare che una commissione apposita valuti l’ipotesi di ridurre quella cifra qualora non fosse più stato necessario.
Dal 1990 il sistema del 8 per mille entra a pieno regime e, fino al 2007, l’incasso per la C.E.I. è quintuplicato mentre la spesa per i preti è dimezzata a causa della crisi vocazionale: neanche a dirlo, non vi è mai stato alcun adeguamento. Statisticamente, solo il 40% degli italiani dichiaranti reddito esplicita la donazione del proprio 8 per mille mentre del restante 60% degli italiani, che lo sappia o no, che lo voglia o no, il 90% dei propri 8 per mille non espressi va comunque alla Chiesa Cattolica ed a stabilirlo è l’astuto art. 37 del Concordato in cui è sancito che le quote non espresse vadano riassegnate in base alla percentuale delle scelte invece espresse e, nel caso dell’Italia, la maggioranza delle donazioni è alla Chiesa Cattolica. Come se questo non bastasse, lo Stato anticipa alla C.E.I. il 90% sull’introito dell’anno successivo cosa che le altre religioni si possono solo sognare, in evidente violazione della Costituzione che pone sullo stesso livello tutte le confessioni religiose e, ad oggi, si calcola che le casse del Vaticano ottengano in questo modo circa 1 miliardo di euro.
Ma la domanda che ci si pone, cari Signori Cardinali Reggenti, è : quale uso fa, il Vaticano, di questo denaro prelevato dagli italiani volenti o nolenti? E la risposta è niente affatto facile poichè, come si è già detto, di bilanci chiari e trasparenti del Vaticano, (ai quali sono obbligati tutti gli enti del terzo settore cosi come quelli del primo e del secondo), in Italia neanche a parlarne. Tuttavia, il Vaticano non lesina in quanto alla pubblicità megaspot dell’8 per mille a proprio favore: tragedia dello tsunami, musica di Ennio Morricone, magistrali riprese suggestive del mare minaccioso e i poveri superstiti che cercano di ricominciare a vivere con esigui mezzi: per realizzare tale capolavoro da cinefili intenditori, secondo il sondaggio del Sole 24 Ore, la C.E.I., avvalendosi della compagnia pubblicitaria di fiducia SAATCHI & SAATCHI, multinazionale esperta, ha speso 9 milioni di euro mentre alle vittime dello tsunami è andato 1/3, pari a 3 milioni di euro (fonte C.E.I.) e pari allo 0,3% di quanto raccolto con l’8 per mille mentre, lo stesso anno, l’U.C.E.I. (Unione delle Comunità Ebraiche in Italia) versa a Sri Lanka ed Indonesia l’importo di € 200.000,00 pari al 6% di quanto destinatogli dall’I.R.P.E.F. in proporzione 20 volte superiore.
Quindi gli italiani sono convinti che i soldi raccolti con l’8 per mille siano completamente devoluti in opere di carità sia interne che nel Terzomondo ma, in realtà, solo 1/5 del raccolto va in quella direzione (fonte Avvenire) mentre i restanti 4/5 rimangono alla Chiesa Cattolica, infatti, tolto il 20% in opere di carità e stipendiati i circa 39.000 sacerdoti, nelle casse C.E.I. permane mezzo miliardo di euro sul cui scopo si hanno notizie imprecise relativamente ad “esigenze di culto” e, confrontando il tutto con chiese tedesche e statunitensi, si osserva che queste ultime sono ricchissime grazie alle apportazioni volontarie mentre qui in Italia si è consapevoli che si raccoglierebbe poco o nulla, infatti, calcolando i soli contributi volontari non si toccano i 20 milioni di euro l’anno e, per quanto riguarda il più recente 5 per mille, un trattamento nemmeno lontanamente paragonabile a quello precedente viene riservato alle associazioni di volontariato che, nel 2006, vede l’iniziativa di successo con l’adesione, questa sì volontaria, del 61% degli italiani per un complessivo di oltre 400 milioni di euro, ma la finanziaria del 2007 fissa un tetto massimo di 250 milioni e ciò che eccede viene trattenuto dall’erario, vale a dire, lo Stato con una mano regala 600 milioni di euro di quote non espresse alla CEI mentre con l’altra sottrae 150 milioni di quote espresse a onlus e ricerca, e tutto questo sotto gli occhi, ma soprattutto sopra le spalle, degli italiani ignari. Insomma, per attenersi a prudenti stime di pochissimi anni fa, la Chiesa Cattolica costa ai contribuenti italiani quattro miliardi e mezzo di euro tra finanziamenti diretti dello Stato e degli enti locali e mancato gettito fiscale : infatti, la voce dell’otto per mille sottrae il miliardo di euro poc’anzi citato, poi 950 milioni di euro per gli stipendi dei 22.000 insegnanti dell’ora di religione, altri 700.000 dagli enti locali per le convenzioni di scuola e sanità, ma quest’ultima cifra sarebbe in realtà di gran lunga superiore perchè solo nel 2006 la finanziaria tagliava i finanziamenti alla scuola pubblica, stanziando 532,3 milioni di euro a quella privata, mentre le convenzioni con gli ospedali cattolici ammontavano ad 1 miliardo di euro, quelle con gli istituti di ricerca a 420 milioni di euro e quelle con le case di cura a 250 milioni di euro. Inoltre, a questa mirabolante cifra vi sono da aggiungere almeno altri due miliardi revenienti da vantaggi fiscali di ogni genere: infati, con assoluta circospezione, si calcola tra i 400 ed i 700 milioni per il mancato incasso dell’I.C.I., poi 500 milioni lo sconto del 50% su I.RE.S. , I.R.A.P. ed altre imposte ed infine 600 milioni per l’elusione fiscale legalizzata del mondo del turismo cattolico.
In seguito ad una sentenza della Cassazione emessa nel 2004, la Chiesa Cattolica avrebbe dovuto pagare quanto dovuto allo Stato, arretrati compresi per cinque anni ma, con pronto intervento vincolato alla fiducia, il governo Berlusconi decide l’esenzione totale dell’I.C.I. dalle attività commerciali degli enti religiosi e delle O.N.LU.S. mentre, nel 2006, il governo Prodi fa finta di porvi rimedio mentre in realtà ripristina la sola I.C.I. delle associazioni perchè un provvidenziale avverbio consentiva e consente tuttora al Vaticano di raggirare la legge: l’art. 39 dell’allora decreto Bersani, infatti, prevede che l’I.C.I. vada pagata per gli immobili in cui vengono svolte “esclusivamente” (questo è l’avverbio truffaldino) attività commerciali, il che significa che è sufficiente che presso il medesimo immobile in cui è presente l’esercizio commerciale vi sia anche un luogo di culto, magari un altarino con Madonnina presso cui recitare un veloce Ave Maria, per essere esentato da I.C.I.: ovviamente sono inutili i tentativi di emendamenti riparatori e tanto meno i richiami dell’Europa per il rispetto delle leggi sulla concorrenza sleale.
Il piccolo ma lucrosissimo inghippo permette alla Chiesa, ad esempio, di offrire alla propria clientela lussuose camere di albergo con vista mozzafiato sulla città eterna a prezzi assolutamente imbattibili : esiste il sito istituti religiosi.org per raccogliere tutte le informazioni sugli istituti religiosi, le case di accoglienza e le case per ferie di proprietà della Chiesa Cattolica disseminate su tutto il territorio nazionale; si tratta di antiche case o di monasteri ristrutturati e trasformati in hotel e bed & breakfast, ad esempio, l’albergo delle Brigidine nella bellissima Piazza Farnese a Roma che, al catasto romano, di 4.000 mq con terrazzo nella zona più cara di Roma, è registrata alla categoria “convitti” e non paga un centesimo di I.C.I. Ovviamente una stima precisa dei reali possedimenti della Chiesa Cattolica non è ancora stata raggiunta ma il sapere, cari Signori Cardinali Reggenti, che il 20 – 22 % circa degli immobili presenti solo in Italia sono di proprietà vaticana fa insorgere quanto meno la pelle d’oca perchè il mancato introito dell’I.C.I. e quant’altro diventa a dir poco disonesto. Per non parlare della nomina, nel 2002, a Presidente dell’A.P.S.A. (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) del cardinale Attilio Nicora che nel giro di tre anni, interessandosi al mercato immobiliare in cui pare essere più ferrato, fa fruttare alla Santa Sede quasi 50 milioni di euro mediante vendita di sostanziosi cespiti. Le donazioni dei beni immobiliari a favore della Santa Sede raggiungono nel 2006 quota 11.200 cespiti, infatti, il gruppo RE S.P.A. che fa da intermediario fattura da questa sola attività trenta milioni di euro. Ma il Vaticano ha pure il primato di più grande imprenditore medico italiano nel 2008, sotto l’attenta direzione del card. Javier Lozzano Barragan, con i suoi 4712 centri di assistenza fra cui si annoverano il Policlinico Gemelli, il Bambin Gesù e Casa Sollievo della Sofferenza, fondata da Padre Pio da Pietrelcina.
Ma c’è di più: nel 2008 la Regione Lazio stanzia 550 milioni di euro per il solo Gemelli, 16 milioni per il D.E.A. (Dipartimento di Emergenza Sanitario) e 71 milioni di euro al Campus bio medico dell’Opus Dei. E si può non parlare, cari Signori Cardinali Reggenti, del grande business del Vaticano rivolto al turismo religioso? Al 2008, un’indagine di Trademark quantifica all’anno un traffico di quaranta milioni di individui, 19 milioni di pernottamenti, ecc. per un giro d’affari complessivo annuo di 4,5 miliardi di euro (tre volte più del maggior tour operator italiano) e, ovviamente, tale successo di introito è come al solito dovuto al godimento di regime di extraterritorialità del Vaticano che non turba nel sottostare alle leggi italiane di fisco, igiene, prevenzione e neppure di presentare bilanci (!!!), infatti lo Stato Italiano favorisce la Chiesa anche su I.R.PE.F. ed I.R.A.P. e, d’altro canto, l’O.R.P. (Opera Romana Pellegrinaggi) a cui il Vaticano demanda dal 1933 tale colossale gestione, si avvale dell’operato di suore, preti, volontari che, nonostante i massacranti turni di lavoro, a dire poco, non rappresentano un costo per le imposte sul lavoro dipendente poichè le leggi pontificie sono semplicemente imprecise sull’aspetto contrattuale lavorativo. Ecco come si altera il mercato del turismo e, a far andare a gonfie vele tale ramo d’azienda, ci si mettono anche i Comuni e gli Enti Italiani a cui sono demandati gli oneri per il mantenimento ed il restauro di cotanto patrimonio storico – artistico costituito da migliaia di chiese sparse su tutto il territorio: nel 2008, ad esempio, la Lombardia stanzia dieci milioni di euro mentre la Puglia ne stanzia 12 e non si conta la beffa, oltre al danno, poichè i beni rimessi a nuovo vengono rivenduti con profitti enormi per il Vaticano.
E come non parlare dei mostruosi introiti revenienti dalle strutture di S.Giovanni Rotondo, che il frate con le stigmate, Padre Pio da Pietrelcina, ha reso famosa in tutto il mondo? Si stima che tra il 1995 ed il 2005 siano sorte circa 400 strutture tra alberghi, ristoranti, parcheggi e persino una sala bingo. Per non parlare del progetto di edificazione di un santuario da mille posti a S.ta Maria di Leuca, sull’ultimo lembo di terra italiana che gli ambientalisti hanno ribattezzato “teomostro” (mostro di Dio) accusando l’impatto ambientale che la sua mastodontica struttura apporterebbe alla delicata e magnifica costa ma, naturalmente, il Comune è daccordo avendo fiutato da lontano il grande business che si prospetta. Non parliamo del Giubileo che, inizialmente apportatore di prosperi introiti, ha visto col tempo scemare il “miracolo” determinando danni enormi agli imprenditori (svariate decine) che si sono visti finanche precludere la possibilità di convertire la destinazione d’uso in edilizia privata a causa dell’iniqua convenzione stipulata con il Comune che li vincola per almeno 25 anni mentre, come al solito, chi riesce ad aggirare l’ostacolo è il Vaticano che, inviato il commissario speciale Domenico D’Ambrosio, ottiene di cambiare la destinazione d’uso di un importante gruppo di cespiti.
Ma, Signori Cardinali Reggenti, come non parlare dell’Opus Dei? Sono molti esperti a sostenere che, senza l’aiuto dell’Opus Dei, la Chiesa Cattolica non si sarebbe ripresa dal crack dell’Ambrosiano, infatti, la sua caratteristica principale è la segretezza, come voluta dal fondatore Josè Maria Escrivà de Balaguer che assicura essere stato ispirato direttamente da Dio per quest’ultima sua missione: la sua fulgida carriera inizia durante la seconda grande guerra allorquando fa affiancare all’esercito tedesco, impegnato in Unione Sovietica nella strenua lotta contro i senza-Dio, 40.000 volontari membri della prelatura che si arruolano nella Divisione Azul per essere destinati dallo stesso dittatore Francisco Franco che ha così modo di ricambiare Hitler per il suo appoggio durante la guerra civile spagnola e allo stesso tempo di mantenere posizione neutrale sul campo di battaglia. Tale “fervore” viene visto benevolmente da Pio XII che accoglie Escrivà a Roma nel 1946 dandogli il permesso di fondare il Collegio Romano della Santa Croce, un istituto di formazione pastorale per i fedeli dell’Opus Dei.
I suoi obiettivi sono chiari, il primo è di ottenere dal papa l’ammissione all’Opus Dei di persone sposate così come di raccogliere l’adesione di sacerdoti diocesani che operano all’interno del collegio, un altro impone agli associati il segreto, la proibizione assoluta di rivelare il numero dei membri a chicchessia, neppure alla propria famiglia o al proprio ambiente di lavoro, mentre la tappa successiva è la prelatura personale: Escrivà vuole disporre di un ordine proprio che gli consenta di erigere un seminario internazionale incardinando gli alunni e promuovendoli agli ordini con il titolo di servizio della prelatura, per questo fonda nel 1953 il Collegio Romano di Santa Maria destinato alla formazione teologica ed apostolica delle donne. Dovrà purtroppo attendere ancora per le sue mire vescovili che invece, nella sua terra natìa, ottiene direttamente da Franco col titolo di Marchese di Peralta, carica che fa conquistare potere al suo movimento sotto la diretta protezione del dittatore che interviene finanche a difenderlo da uno scandalo finanziario.
A Roma fonda E.L.I.S. (Educazione, Lavoro, Istruzione e Sport), strumento di formazione d’eccellenza attraverso cui l’opera comincerà il suo lavoro di penetrazione nei centri di potere economico e finanziario italiani ed internazionali e, trasformandosi poi in CEDEL (Cooperativa Sociale Educativa ELIS), nel 1991 può ricorrere a convenzioni ed accordi con organismi pubblici e privati ed in particolare con enti che operano nel privato sociale per promuovere e gestire attività di formazione professionale e di sviluppo nell’occupazione anche mediante ricorso a fondi pubblici e privati: lo scopo è di mettere a disposizione di un gruppo di imprese personale altamente qualificato e formato e favorire l’accesso a corsi esclusivi: nel 1992, infatti, viene fondato il Consorzio ELIS con firmatari la Stet, l’Italcementi, Ericsson, la CEDEL ovviamente ed altre 34 aziende comunali e statali ed è molto difficile credere che il succitato complesso aziendale, considerati i componenti, fosse senza fini di lucro: questo non è che un accenno al potere che l’opera acquisirà negli anni insediandosi ai vertici dei maggiori potentati economici e politici della cerchia cattolica ma Escrivà non potrà ammirarne il salto di qualità poiché nel 1973 viene chiamato al cospetto di Dio. Ma il suo fedelissimo Alvaro de Portillo ne saprà portare a compimento il progetto originario.
Il 13 maggio 1981 cominciano i 153 giorni di convalescenza di Giovanni Paolo II ed è da questo momento che l’Opus Dei comincia a muovere le sue pedine: a cominciare dal card. Paul Marcinkus che, già presidente dello I.O.R., è nominato pro-presidente della pontificia commissione per lo Stato del Vaticano, ossia, è divenuto governatore della Santa Sede e dispone di tutte le finalità politico-finanziarie del Vaticano e la ragione di tanto affidamento di potere si chiama Polonia, poiché liberare la sua terra natìa dal comunismo è un obiettivo prioritario del Santo Padre. Trova il modo di finanziare Solidarnosc attraverso i rapporti palesi ed occulti interlacciati con Calvi e l’Ambrosiano che decreta la leadership di Lech Walesa, mentre il capitano delle guardie svizzere, Alois Estermann, membro dell’Opus Dei, si reca più volte a Varsavia per coordinare l’arrivo delle armi dalla Scandinavia destinate alla succitata rivoluzione: il tutto, ovviamente, sotto un’accurata coordinazione di intelligence coadiuvata da Opus Dei. Nel marzo 1982, Alvaro del Portillo è nominato prelato e siamo in pieno scandalo I.O.R.-Ambrosiano: Calvi capisce di essere in grave pericolo e gioca tutte le carte in suo possesso pur di salvarsi e, dopo il crollo in borsa dei titoli dell’Ambrosiano, si rifugia a Londra dove tenta il tutto per tutto: tra le persone che contatta vi è anche il finanziere venezuelano Alberto Jaimes Berti a cui chiede di liberare un fondo segreto di 2.200 milioni di dollari costituito per conto dello I.O.R. e dell’Opus Dei, quindi si capisce che per Calvi non c’è più nulla da fare, è diventato uomo pericoloso, ha maneggiato i soldi della mafia, dell’alta finanza, della Chiesa e dell’Opus Dei in castello di carte crollato miseramente e che rischia di trascinare con sé i suoi soci più occulti e non può succedere; infatti, il cadavere del banchiere viene ritrovato appeso sotto il ponte dei Frati Neri a Londra: per 20 anni si voleva far credere il suicidio ma solo di recente si è potuto procedere al processo per omicidio.
Durante il pontificato di Giovanni Paolo II, la Chiesa Cattolica deciderà per il potere mediatico e politico, ma avrà un rigurgito estremo della medievale santa inquisizione che condannerà all’“ossequioso silenzio a tempo indeterminato” alcuni teologi ideatori e sostenitori della “Teologia della Liberazione”, ossia, una riforma della dottrina Cristiana che concepisce la povertà come atto di solidarietà ma anche come atto di protesta liberatrice che si intende articolata nei passaggi di liberazione politica e sociale (eliminazione delle cause immediate di povertà ed ingiustizia), liberazione umana (emancipazione dei poveri, emarginati ed oppressi da ciò che limita la loro capacità di sviluppare se stessi liberamente e dignitosamente) e la liberazione teologica (liberazione dall’egoismo del peccato per ristabilire la relazione con Dio e l’umanità): il primo a subire la condanna nel 1984 è Gustavo Gutierrez che vuole praticare questa teoria di riscatto e libertà frutto della difficile battaglia che si combatte a protezione delle vittime delle furiose dittature sudamericane che hanno determinato decine di migliaia di morti e martiri come mons. Romero, ma è chiaro che il Vaticano ha tra gli esponenti dei suoi più alti vertici dittatori e assassini con cui è stato spesso connivente (basti ricordare le foto di Eduardo Massera e del gen Pinochet insieme a Giovanni Paolo II) quindi la corrente dottrinale rivoluzionaria gioca a favore dei piani strategici temporali del Vaticano.
La definitiva svolta politica del Vaticano, con la presa di potere dell’Opus Dei, condannata dal teologo Leonardo Boff e dal vescovo brasiliano Helder Camara, è sigillata dalla beatificazione di Josè Maria Escrivà de Balaguer nel 1992 e 10 anni dopo, il 2002, l’apoteosi che lo dichiara santo.
La Opus Dei che conta, nel 2008, 1956 sacerdoti, 37 sacerdoti ordinari, 351 seminaristi maggiori, 86.305 laici su 1828 chiese e centri parrocchiali desta scalpore in quanto a condizioni di vita dei cosiddetti numerari, ossia, membri che hanno fatto voto di celibato e vivono in comunità: storie di soprusi, di grandi sacrifici e privazioni, di punizioni corporali, di lavoro durissimo, di mortificazione personale e di totale donazione dei propri beni e del proprio stipendio oltre che dei propri talenti e della stessa vita; certo, ognuno è libero di fare la scelta che vuole, ma colpisce la differenza di trattamento dei soprannumerari, ossia, laici che hanno moglie e figli ma che hanno scelto la via della castità e sono, nella maggior parte dei casi, professionisti affermati e facoltosi inseriti in aziende, studi professionali, politica, imprenditoria, finanza, vale a dire i centri dove sono prese le decisioni che determinano gli andamenti del potere in numerose parti del pianeta, tuttavia, per quanto tali soprannumerari siano aspiranti alla santità, vengono coinvolti in scandali recenti e passati alcuni dei quali dai risvolti a dir poco drammatici : ricordiamo la chiamata in causa di OPUS DEI nell’assassinio del finanziere francese Jean De Broglie, scomparsa relazionata con le vicende di Banque des Intéres Francais, partecipata al 35% da due membri spagnoli dell’Opus Dei, Andrea Rueda Salaberry e Rafael Termes e, fra l’altro, il governo spagnolo mette tutto a tacere.
Poi ricordiamo che nel 1992 i mercati valutari mondiali subiscono forte shock speculativo che porta il nostro governo a svalutare la lira del 7% mentre lo I.O.R., che alcuni mesi prima acquistava marchi tedeschi trascinando con se molti ordini religiosi, si trova prontissimo al momento della crisi; per questo, Giuliano De Bernardo, gran maestro dell’Oriente d’Italia, non esita ad accusare il card. R.J. Castillo Lara, presidente A.P.S.A., di speculazione denunciando a mezzo stampa l’Opus Dei che ha invaso come polipo la finanza internazionale e quella italiana: ecco il motivo del ribattesimo in “Octopus Dei” di cui si sente parlare. È così che alcuni deputati italiani cominciano a domandarsi sulla natura occulta e sui loschi intrecci di quella che viene definita “società segreta” da Rino Formica (capogruppo socialista della Camera dei Deputati): i servizi segreti aprono un’inchiesta ma, guarda caso, senza esito.
La figura di Marcello dell’Utri, poi, meriterebbe un approfondimento molto accurato: soprannumerario dell’Opus Dei, condannato in primo grado a nove anni e mezzo per concorso esterno in associazione mafiosa e coinvolto nelle indagini per la ricerca dei mandanti esterni delle stragi del 1992 e del 1993 quando morirono Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli agenti delle loro scorte. Ma l’Opus Dei è tornato alla ribalta in tempi abbastanza recenti: un evento è sollevato da Sabrina Minardi, ex amante di Enrico De Pedis, detto Donatino, boss della banda della Magliana legato a Pippo Calò (esponente di spicco della Cosa Nostra dei corleonesi), che dopo 25 anni confessa il coinvolgimento del suo ex compagno nel rapimento della povera Emanuela Orlandi, figlia di un dipendente del Vaticano e sparita nel nulla il 22 giugno 1983, un caso su cui ha lungamente investigato il giudice Ferdinando Imposimato le cui considerazioni sono raccolte nel libro “Vaticano, un affare di Stato”: le dichiarazioni di tale super teste chiamano in causa Marcinkus in persona nel rapimento della ragazza; ma il De Pedis risveglia un altro scandalo: il criminale, infatti, è stato sepolto nella basilica di Sant’Apollinare su concessione del prelato Javier Echevarria dove riposano fior di alti monsignori e la sua messa funebre è stata officiata da mons. Pietro Vergari, rettore della basilica.
E voglio continuare, cari Signori Cardinali Reggenti, ricordandovi il 1894 come l’anno in cui in Italia nasce il sistema bancario italiano che si presenta come un complesso intreccio di alleanze, di solidarietà, di interessi, in cui sono pienamente coinvolti i potentati finanziari internazionali con i loro addentellati ebraici, nonchè massonici per diffusa convinzione, ed è per contrastare lo strapotere finanziario laico-massonico che nasce il Banco Ambrosiano, ma le distinzioni nette non sono la caratteristica principale del mondo vaticano, persino questa pretesa presa di distanza dall’oscura massoneria e, benchè il canone 2335 del Codice di Diritto Canonico decreti che nessun prelato possa essere affiliato alla massoneria, la storia non la racconta così poichè, partendo da Marcinkus, lo stesso atipico presidente dello I.O.R. dal 21 agosto 1967 entra a far parte della massoneria con il numero di matricola 43/649 con il soprannome di Marpa, secondo quanto denunciato dal giornalista Mino Pecorelli sulla sua temutissima rivista “OP – Osservatorio Politico”. Il 3 novembre 1978 viene pubblicata una lista ove il suo nome stavolta appare affiancato a quello di jean Marie Villot, segretario di Stato della Santa Sede (matricola 041/3, soprannome Jeanvi), a quello di Agostino Casaroli, capo del Ministero degli Esteri della Santa Sede (matricola 41/076, soprannome Casa), Sebastiano Baggio, presidente della pontificia commissione per lo Stato della Città del Vaticano (matricola 85/2640, soprannome Seba), Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Palermo (matricola 234/07, soprannome Salpa), Don Virgilio Levi, direttore dell’Osservatorio Romano (matricola 241/3, soprannome Vile), Roberto Tucci, direttore della Radio Vaticana (matricola 42/58, soprannome Turo) ed il braccio destro di Marcinkus, Donato De Bonis (matricola 321/02, soprannome Dondebo) che rimarrà dominus incontrastato della finanza vaticana anche dopo l’era Marcinkus e considerato il vero antagonista occulto di Angelo Caloia nel suo progetto di riformare la banca vaticana. Il De Bonis ha un bell’ufficio e ci passano le più diverse personalità come mons. Fiorenzo Angelini, poi diventato cardinale, Francesco Cossiga che lo chiama “Donatino”, Giulio Andreotti che lo teneva in massima considerazione. Così, mons. De Bonis ha rapporti con tutta la Roma che conta, politica e mondana con aristocratici, finanzieri ed artisti come Sophia Loren: questo spiegherebbe perchè tra i conti accesi presso la banca si trovassero anche quelli di personaggi laici che devono confrontarsi con la giustizia italiana, ma doveva bastare un cenno del De Bonis per aprire un conto presso l’istituto vaticano, più riservato degli svizzeri, una sorta di paradiso finanziario e fiscale in Terra …
E l’accusa di appartenenza del gotha del Vaticano alla massoneria non provocò alcuna reazione da parte della Santa Sede che, senza mai preoccuparsi di smentire alcunchè e nemmeno di fornire spiegazioni, relegò l’intera faccenda nell’elenco delle dicerie malevole. Ed è provato ormai da anni ed anni di indagini accurate che Sindona e Calvi strinsero il proprio sodalizio criminale tramite Gelli e che, attraverso i comuni collegamenti con massoneria ed alta finanza, nelle casse vaticane ed ambrosiane circolavano i soldi della mafia. E nella Cisalpine Overseas Bank, fondata da Calvi, Sindona e Marcinkus alle Bahamas, e nel cui consiglio di amministrazione figura Licio Gelli, vengono infatti stoccati i fondi neri e riciclato il denaro sporco, ed è un procedimento che avviene in tre tempi: per primi i capitali della mafia, di partiti politici e di grandi industrie sono versati nelle banche di Sindona; in un secondo momento passano allo I.O.R., che trattiene gli interessi, e quindi vengono trasferiti con l’aggiunta di soldi della Santa Sede nelle banche estere di Sindona, la Franklin Bank di New York e le sue filiali alle Bahamas ed a Panama: il giudice Imposimato, che a lungo ha indagato su questi temi, paga molto caro il suo coraggio attraverso l’assassinio di suo fratello Francesco ad opera della banda della Magliana, coinvolta in tutta la vicenda, in data 11 ottobre 1983. Il denaro sporco è utilizzato per precisi scopi: il finanziamento di governi dittatoriali, secondo le esigenze politiche, e la compravendita di beni immobili: l’immenso patrimonio del Vaticano, che occupa circa un quarto di Roma, deriva perlopiù dalle transazioni illegali di mercato degli anni ’70; la Santa Sede, attraverso lo I.O.R. ed il denaro sporco, gestisce quella che, in fondo, risulta essere l’impresa più legale perché apparentemente compiuta alla luce del sole, ovvero la compravendita di immobili dentro Roma che, ovviamente, non pagano tasse oppure vengono assegnati a nomi di comodo di enti religiosi alcuni dei quali nascono e muoiono nel giro di pochi anni mentre altri diventano lucrosi affari.
E mi scompiscio dalle risate, cari Signori Cardinali Reggenti, quando le migliaia di militanti di Comunione e Liberazione accolgono sempre in festante tripudio al gran raduno di Rimini il senatore a vita Giulio Andreotti, il “grande statista” che, come ha definitivamente confermato la Cassazione, trattò con la mafia anche al prezzo della vita di Pier Santi Mattarella e non sono da meno i cosiddetti Memores Domini, braccio d’acciaio di C.L., di cui un illustre rappresentante, il Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, è finito al centro di uno scandalo per le presunte irregolarità dell’operazione delle Nazioni Unite,Oil for Food, petrolio in cambio di cibo, durante l’embargo iracheno, diventata la solita ghiotta occasione di far fioccare mazzette.
Papa Giovanni Paolo II: l’inizio stesso del suo pontificato è contrassegnato da un mistero, la morte del suo predecessore, Papa Giovanni Paolo I (Luciani, 1978), rimasto al soglio pontificio per soli 33 giorni poiché deceduto in seguito ad arresto cardiaco, sostiene la versione ufficiale. Avvelenato, affermano con certezza storici ed investigatori che individuano il movente del delitto nella ferma intenzione del pontefice di attuare alcune riforme nette all’interno del Vaticano a partire dai vertici dello I.O.R. Karol Wojtyla, invece, non solo lasciò intatte le gerarchie vaticane ma, come visto in precedenza, si avvalse delle spericolate relazioni di mons. Marcinkus per contrastare il minaccioso espandersi del comunismo con ogni mezzo. Ci ricordiamo di quando Wojtyla si affacciò al balcone per benedire la folla in compagnia dei sanguinari Videla e Pinochet, mentre Padre Romero ed i tanti preti e suore che si schieravano dalla parte dei più indifesi venivano assassinati in silenzio.
Sappiamo che Karol Wojtyla è stato un grande attore (come in effetti da giovane era), un uomo di grande carisma, l’ideale per architettare una perfetta operazione di marketing ed a contribuire l’edificazione della sua beata figura vi è anche il Terzo Segreto di Fatima e la sua presunta rivelazione rilasciata in pompa magna nel 2000 dalla Congregazione della dottrina della Chiesa presieduta da Ratzinger: la visione di Lucia, tenuta occulta per decenni in violazione della espressa richiesta della Vergine Maria che chiedeva di renderla nota nel 1960, sarebbe la previsione dell’attentato al Papa nel 1981 ad opera del terrorista turco Ali Agca ma, in realtà, secondo i molti studiosi che si sono occupati per anni del Segreto di Fatima, tra i quali annovero in primis Giorgio Bongiovanni che è stato stigmatizzato durante una visione della Madre Celeste proprio a Fatima il 2 settembre 1989, il messaggio è incompleto perché, infatti, assieme alla trascrizione della visione della giovane pastorella manca il messaggio della Madre Celeste che invece accompagna le due precedenti visioni e che contemplerebbe eventi ben più gravi per il futuro dell’uomo di quanto non sia accaduto al papa.
Invece è vero che sia sull’attentato al pontefice, sia sull’intrigo tra mafia, questa volta quella turca dei lupi grigi, affari sporchi ed interessi politici che delineano il quadro di mandanti e moventi non si è mai fatta luce, quindi sussistono tali ombre che, volenti o nolenti, impediscono alla luccicante immagine di questo papa di splendere come si vorrebbe, in ogni caso non deve essere comunque facile per il suo successore suscitare uguale clamore e soprattutto essere amato dal popolo dei cattolici che, seppure vasto, pare assottigliarsi col tempo, anzi, a dire la verità non sembra che Benedetto XVI (Ratzinger 2005) sia granchè preoccupato del consenso visto che le sue prime direttive in materia di questioni sociali (contraccezione e fine vita) e persino dottrinali, come la celebrazione della messa in latino, siano state del tutto impopolari e giudicate anche dai fedeli veramente troppo conservatrici e, purtroppo per papa Ratzinger, oltre ad un’eredità di fama assai ardua da eguagliare, papa Ratzinger si trova a dover affrontare uno degli scandali più delicati e difficili da gestire nella storia della Chiesa Cattolica, infatti, sepolta da un muro di omertà per secoli, la piaga dell’abuso sessuale ai danni di minori perpetrata da un numero notevole di prelati è scoppiata alla fine in tutta la sua purulenza: da Giovanni XXIII fino a Giovanni Paolo II l’unico atteggiamento ufficiale è stato sempre quello di coprire il colpevole e di spostarlo di diocesi in diocesi in modo da tenerlo al riparo dalle già rare denunce che una volta erano considerate tabù insormontabile. Il fenomeno è esploso soprattutto negli U.S.A. dove lo scandalo ha coinvolto i vertici stessi delle diocesi, ossia, vescovi, arcivescovi, cardinali, parroci noti ed influenti che si sono visti accusare del più orrendo dei crimini: la pedofilia.
E le statistiche sono impietose: dagli studi condotti sulle vittime, ma anche sui carnefici, soprattutto da psicologi e psichiatri, il numero complessivo dei giovani violati negli U.S.A. tra il 1950 ed il 2004 oscillerebbe tra i 40.000 ed i 60.000 mentre i sacerdoti “solo” dichiarati colpevoli sono 5.214 e, ovviamente, tali cifre sono di difficoltosa definizione se si considera l’enorme sacrificio che per la maggior parte degli abusati significa parlare e raccontare, ma sono necessarie due precisazioni, la prima delle quali è che gli abusi non avvengono solo all’interno della Chiesa Cattolica, sebbene ne detenga il macabro primato di denunce, poichè ne sono state sposte anche nei confronti dei rabbini ebrei, ministri musulmani, monaci buddisti e maestri Hare Krishna; e la seconda, che può sembrare un’inutile sottolineatura ma è giusto specificarla, è che le vittime sono per la maggior parte dei casi ragazzi maschi di età compresa tra gli undici ed i diciassette anni, ossia, in età pre e post puberale per cui i loro carnefici vengono definiti efebofili, ed è un dettaglio niente affatto trascurabile per comprendere i profili criminali tracciati da molti esperti clinici e terapeuti che hanno esaminato le migliaia di casi. Stando a quanto emerge dagli studi, le origini di questa orribile devianza sono da ricercarsi in molteplici e diverse direzioni: se da una parte sono dovute a violenze subite in età infantile, dall’altra la tendenza agli abusi sarebbe da ricercare nella proibizione imposta a giovani seminaristi attraverso la castità proprio in quell’età che tanto li attrae sessualmente quando diventati uomini.
La scelta di giovani in età puberale sarebbe dovuta proprio ad un’identificazione con le vittime considerate sostanzialmente dei pari a livello sessuale. Al contrario per le vittime, il fatto che ad abusare di loro sia il parroco, in molti casi un sostituto del padre, in altri un amico di famiglia, li paralizza e li spinge a tenere dentro di se un segreto terribile per anni ed i danni fisici e psicologici subiti dai bambini vittime di questo tipo di abusi sono gravissimi e spesso irreversibili, quindi, se per qualche sacerdote potrebbe valere una seppur minima attenuante che deriva da una patologia, tutt’altra cosa è la violenza che deriva dalla posizione di potere e dall’inevitabile senso di impunità di cui la maggior parte dei prelati violentatori gode, infatti, che il prete cattolico si ponga come unico intermediario ed interprete del rapporto del fedele con Dio, lo colloca in una posizione privilegiata che può indurre il credente a ritenerlo come un’autorità intoccabile nei confronti della quale può nutrirsi un sentimento di inadeguatezza, inferiorità ed infine dipendenza; si faccia inoltre un paragone tra il sacerdozio cattolico ed il predicare itinerante di Gesù Cristo che transitò in ogni luogo, senza bene alcuno né fissa dimora e che offre un rapporto con Dio tramite il perdono dei propri peccati e la formazione di una personalità indipendente che trova in se stessa la sorgente della vita spirituale: Gesù non sta mai a lungo in una casa, presso una famiglia. Congeda in fretta le folle che si radunano intorno a Lui. In questo modo, dopo la sua rapida apparizione, le persone vengono lasciate alla loro responsabilità ed alla loro libertà.
In effetti, cari Signori Cardinali Reggenti, la tentazione del potere materiale e psicologico sul prossimo è una caratteristica delle gerarchie ecclesiastiche che, considerandosi “tutt’altro” rispetto alle genti, si ritengono al di sopra delle leggi e delle regole approfittando a piene mani della loro extraterritorialità a questo punto non solo vaticana, ma anche pienamente soggettiva ed individuale e molti osservatori di tale tematica sono concordi nel ritenere che lo scandalo degli abusi sessuali negli U.S.A. abbia avuto origine in Luoisiana a Henry quando, nel 1983, padre Gilbert Gauthe fu accusato di molestie: un caso emblematico di un prete carismatico e dinamico impegnato soprattutto con i giovani, specialmente maschi tra gli 11 ed i 15 anni, che nutrono nei suoi confronti rispetto e fiducia, infatti, appena conquistato un ragazzo viene introdotto al rapporto sessuale e, se il crimine viene scoperto e denunciato dalla vittima stessa, le conseguenze possono essere di due tipi. Fino a qualche anno fa, raramente la denuncia veniva presa in considerazione e la vittima veniva accusata di voler gettare “fango sulla Chiesa”, tant’è che il suo peccato era considerato peggiore di qualsiasi altra cosa un prete potesse aver fatto e quindi veniva ridotto al silenzio oppure, nel peggiore dei casi, all’esclusione dalla comunità. Eppoi, nel buio delle sacrestie, il sacerdote viene invitato a non peccare più e, dopo qualche tempo, mandato altrove dove però rimane a contatto con altri giovani cosicchè la storia ricomincia daccapo. Solo con il passare di molti anni e con la pressione pubblica sui vescovi affinchè prendessero provvedimenti seri e reali, alcune dolorose testimonianze hanno scatenato qualche effetto riuscendo ad ottenere almeno il patteggiamento con risarcimento.
Il merito di aver prodotto ampi squarci nel fitto muro dell’omertà clericale è in gran parte dovuto al lavoro dei mezzi d’informazione che sono stati in grado di svolgere il loro ruolo di controllo del sistema restituendo così uno spiraglio di speranza alle vittime, infatti, proprio grazie ai media ed al coraggio delle vittime, oggi lo scandalo assume proporzioni gigantesche; per la citazione: nel 2002 viene chiamato in causa il card. di New York, Edward Egan, che fino al 2000 regge la diocesi di Bridgeport, nel Connecticut, accusato di aver coperto decine di casi di abusi sessuali perpetrati da sacerdoti che il cardinale si è limitato a destinare ad altri incarichi. Il suo successore si è dovuto accordare con le famiglie delle vittime per milioni di dollari di risarcimenti. Segue a ruota la vicenda del card. Bernard Law di Boston additato dal Boston Globe per aver protetto due sacerdoti pedofili dalla denuncia e dai processi che poi li hanno condannati. Sul New York Times delle ultime due settimane di marzo 2002 si legge “Almeno 55 sacerdoti di 17 diverse diocesi sono stati rimossi, sospesi o licenziati, tra i quali 6 a Philadelfia, 7 del New Hampshire, 2 a St. Louis, 2 nel Maine, uno in North Dakota e 12 a Los Angeles; in particolare si segnalano il reverendo Michael Hands di Long Island, riconosciuto di aver avuto rapporti sessuali con un tredicenne nel 1999 e nel 2000 ed Anthony J. O’Connel, vescovo di Palm Beach in Florida, denunciato per aver molestato un seminarista nel Missouri negli anni settanta, che si è dimesso e per il quale la diocesi ha pagato un risarcimento di 125.000,00 dollari”.
Non si finisce mai, tra il 2005 ed il 2007 salgono alla ribalta della cronaca altri casi agghiaccianti poiché i giornali di Chicago attaccano il card. Francis George, arcivescovo della metropoli e Presidente della Conferenza Americana dei Vescovi Cattolici per non aver preso alcun provvedimento nei confronti di padre Daniel Mc Cormack di cui si sono accertati i crimini, ma poi si scopre che il vescovo è molto più impegnato a nascondere la storia raccapricciante di un altro sacerdote di nome Kenneth Martin, colpevole di abusi su bambini. Nel 2007 viene reso pubblico un dossier su padre Nicholas Aguilar Rivera che ha violentato 26 ragazzini ed è stato fatto fuggire in Messico dal vescovo ausiliare di Los Angeles, Thomas Curry, dove ha seguitato col molestare innocenti. Ma non ci sono solo gli U.S.A. di mezzo. In Australia ha fatto scalpore il caso di due sorelle che hanno subìto violenze da padre Kevin O’Donnel tra il 1988 ed il 1993 in cui una delle due ragazze si è suicidata mentre la seconda ha problemi con l’alcool e, in seguito ad incidente stradale, ha riportato danni cerebrali.
Ma, Signori Cardinali Reggenti, parliamo anche dell’Italia dove non sono pochi né marginali i casi di violenze ed abusi. Nel 2004 Mauro Stefanoni, il parroco di Laglio sul Lago di Como, è processato e condannato, per aver abusato di un ragazzino affetto da ritardo mentale, ad 8 anni di reclusione ed al risarcimento di 180.000 euro. Nel settembre del 2007 è stato pubblicato il provvedimento assunto dal Vaticano nei confronti di Don Lelio Contini, parroco fiorentino, ritenuto responsabile di delittuosi abusi sessuali su alcune ragazze negli anni dal 1973 al 1987, in cui a margine è emersa una storia di orge e festini hard che avrebbero coinvolto addirittura il vescovo ausiliario di Firenze, Claudio Maniago, insinuazioni che però non hanno trovato riscontro.
E dal marzo 2009 la notizia delle dimissioni del vescovo irlandese John Magee, anch’egli colpevole di aver coperto abusi sessuali su minori, ed è particolarmente eclatante vista la caratura del personaggio, infatti, prima di occuparsi della diocesi di Cloyne, nel sud dell’Irlanda dove sono avvenute le decine di violenze, Magee è stato segretario privato di tre papi, ossia, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II e, in particolare, fu il primo sacerdote ad entrare nella stanza di papa Luciani il giorno del suo decesso ed a dare l’allarme ma, quando iniziano a circolare le prime illazioni sulle reali cause della morte del pontefice, Giovanni Paolo II lo rimuove e lo destina ad altro incarico anche perchè il vescovo è tra i pochi a testimoniare che il defunto pontefice aveva accusato almeno due malori durante la giornata precedente la morte. Lo scandalo irlandese è stato documentato in un dossier di 270 pagine fitte di racconti drammatici che coinvolgono 100 sacerdoti, 350 vittime e 40 anni di omertà assoluta scalfita da coraggiose denunce ed il suicidio del parroco Sean Fortune incriminato per abusi.
Un altro grattacapo per la Chiesa arriva direttamente sulla scrivania del papa alla metà del 2009 che decide di inviare una visita apostolica, ossia un’ispezione, presso la sede dei legionari di Cristo, una congregazione di diritto pontificio che avrebbe la missione di “estendere il Regno di Cristo” nella società, poichè nel 1988 il fondatore Marcial Maciel Degollado è stato accusato di abusi sessuali e persino di aver sedotto e derubato ricche ereditiere con alcune delle quali avrebbe addirittura avuto figli e, dal 2006, papa Ratzinger, invece di sottoporlo a processo canonico,, gli impone di ritirarsi in buon ordine a vita riservata e rinunciando ad ogni ministero pubblico. L’atteggiamento dei vertici vaticani è proprio questo : evitare i processi e le punizioni, piuttosto, se proprio non se ne può fare a meno, meglio pagare; la Corte di Cincinnati, però, con una sentenza senza precedenti ha dato il via libera al chiamare in giudizio la Santa Sede perchè ritenuta corresponsabile dei delitti commessi dai religiosi della diocesi di Louisville in Kentucky. Nel solo anno 2008, la Chiesa U.S.A. ha sborsato 436 milioni di dollari per risarcire le vittime da sommarsi ai 526 milioni dell’anno precedente, una cifra enorme, vergognosa nel suo essere spropositata ed allo stesso tempo assolutamente inadeguata per porre rimedio al dolore ed alla devastazione provocate. Il card. Roger Mahoney, deputato dalla Santa Sede a cercare di gestire l’entità del danno, ha assicurato che l’intera somma verrà corrisposta ricorrendo alle casse della Chiesa, che sappiamo ben pingue, e dalla vendita di numerosi edifici : in effetti, possedere immani ricchezze può essere di grande aiuto in caso di emergenza e le colpe si possono facilmente lavare anche con la carta moneta. Del resto la Santa Sede non sembra registrare alcun cedimento nemmeno in tempo di crisi globale e, a fare da eco, rassicura il Presidente dello I.O.R., Caloia: “Il nostro patrimonio è solido e non abbiamo carenze di liquidità. Abbiamo evitato ogni ricorso ai derivati ed abbiamo fatto solo investimenti chiari, semplici, eticamente fondati”.
… domando: eticamente fondati come gli investimenti sulle multinazionali produttrici di armi che siete soliti fare?
“Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!” (Matteo 18, 6-7)
“Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi ed i farisei. Quanto vi dicono, fatelo ed osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli nemmeno con un dito” (Matteo 23,2-4)
“Guai a voi scribi e farisei ipocriti che pagate la decima della menta, dell’aneto e del cumino e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!” (Matteo 23, 23-24)
“Voi fate della mia casa di preghiera un covo di ladri” (Giovanni 2,16; Marco 11,15-17; Luca 19,45-46; Matteo 21,12-13).
E così, cari Signori Cardinali Reggenti, definite voi stessi delle guide spirituali per coloro che sono veri ricercatori della più sublime delle realtà esistenti?
– Voi, definite voi stessi ministri dell’Assoluto, di Nostro Signore, il Cristo Gesù?
Quasi chiunque sa che i veri ministri del Cristo, Nostro Signore, erano gli apostoli ma, come le Sacre Scritture ci tramandano, gli apostoli erano umili e privi di ogni ricchezza mondana, essi servivano il Cristo perché avevano realmente compreso con il loro cuore che era il Dio Vivente, finanche Giuda Iscariota il traditore che, nonostante il suo più grave errore, lo ravvisò tanto da decidere di compiere l’estremo gesto del suicidio con l’intento di riparare.
– Voi, che affamate ed uccidete intere popolazioni speculando sulle vite di queste per arricchire i vostri forzieri, i vostri conti correnti, attraverso investimenti stratosferici nei confronti di produttori di armi?
– Voi, che siete capaci di trarre guadagni e privilegi abnormi persino da anacronistiche esenzioni di tasse, come quella dell’I.C.I. e delle altre, scaricandole sulle spalle di centinaia di migliaia di famiglie bisognose di cui aumentate le necessità affamandole ulteriormente?
– Voi, che allacciate rapporti persino coi più efferati criminali appartenenti alla criminalità organizzata pur di non perdere la benchè minima possibilità di guadagno facendo in modo finanche di eliminare fisicamente, servendovene, chiunque ostacoli la vostra inarrestabile brama di ricchezza e di potere?
Non si è mai sentito parlare delle Sacre Scritture che tramandino anche un solo episodio di arricchimento illecito o supportato da corruzione e da criminalità da parte di ciascuno degli apostoli, a parte Giuda Iscariota, il traditore, che, guarda caso, si rivolse proprio ai ministri spirituali di quel tempo, tanto corrotti, criminali e paurosi del nuovo culto insorgente del Cristo che si sarebbe inevitabilmente frapposto alla loro brama di potere.
Ma nei vostri forzieri, nei vostri innumerevoli conti correnti possedete tante e tante di quelle ricchezze che potreste annullare la fame e la disperazione sull’intero pianeta non una volta sola ma almeno cinque volte!!! E voi, che vi dichiarate portatori del Verbo di Cristo, Nostro Signore, il cui Amore Incommensurabile vuole il bene del prossimo, non fate che poco o niente per contribuire a togliere da tale stato infernale milioni e milioni di persone tra cui primeggiano bambini e donne!!!
Ma non provate neppure un’ombra di rimorso per questo.
Vivete fianco a fianco col fior fiore della gioventù che anela ad un futuro radioso, sereno che voi gli negate, corroborati come siete da tutti i poteri economici in primis e politici di conseguenza che pensano esclusivamente al profitto per se stessi a detrimento dell’altrui dignità, per prima quella dei giovani che si vedono negare la vita del loro stesso comune futuro. A quanti crimini dovremo ancora assistere prima che cambi il vostro atteggiamento ateo? Perché è proprio questo che siete: atei. Nonostante i vostri scintillanti paramenti sacerdotali, in realtà nel vostro cuore non alberga la benchè minima convinzione dell’esistenza di un Dio Creatore poiché siete più che convinti che sia la materia tangibile, ricca, la vera natura di ogni cosa, di ogni creatura ed i vostri cosiddetti sacri riti non diventano altro che una tormenta di sacrilegi ogni volta che si ripetono.
Ritengo me stesso estremamente fortunato quando penso che il Padre Eterno e Suo Figlio il Cristo non mi hanno riservato lo stesso destino di quelle innumerevoli persone che lottano ogni giorno per la sopravvivenza e mi chiedo perchè, perchè mio Signore, io che sono del tutto indegno del Tuo Amore … E forse la risposta è sotto i miei occhi perchè penso che questa lettera a voi indirizzata sia un’ultima possibilità che il Padre vi offre di redimervi, di cambiare il vostro cuore … forse l’ultima definitiva coincidenza prima che si abbatta la Sua Ira Divina su noi tutti come ha preannunciato nell’Apocalisse di Giovanni nel cui contesto troviamo la descrizione dell’imminente ritorno di Suo Figlio che tornerà per il Giudizio Definitivo con grande potenza e gloria: si, se volete veramente, potete ancora cambiare lo stato perverso delle cose che avete maturato fino ad oggi, incluso lo status di guerre pressochè perenni in cui versano circa 40 nazioni su tutto il pianeta e, se veramente lo vorrete, se veramente cambierete in meglio la nostra civiltà che fino ad oggi avete solo sfruttato ad esclusivo vostro uso e consumo, allora sarà come se il Padre vedesse nuovamente il realizzarsi del Suo Disegno e così forse non tarderà a farvi e farci percepire la Sua Misericordia.
– Voi, che nella perversione di cotanto potere e ricchezza violentate, stuprate bambini innocenti ?
È del tutto inutile che io parli degli apostoli menzionandoli nuovamente, poichè il loro agire cristallino e trasparente parla per loro; invece, devo dire che solo degli individui perversi, esseri abominevoli, orchi mostruosi possono perpetrare crimini di stampo così efferato nonostante tutti i disordini e disturbi mentali, psicologici che se ne vogliano portare in superficie.
Devo dire che siete proprio dei buffoni vestiti da sacerdoti, anzi, mi correggo, che i veri buffoni circensi mi perdonino di averli tirati in ballo, loro sì davvero sanno far ridere i bambini; voi, invece, abominevoli criminali, esseri privi di cuore e di cervello, i bambini li violentate e li stuprate.
I bambini certamente non li manderò in seminario a costruire le fondamenta della loro conoscenza e della loro educazione, considerato l’enorme rischio che correrebbero nell’incontrare orrendi orchi in abiti sacerdotali; invece, li manderei molto volentieri ad iniziare la loro educazione e la loro conoscenza presso monaci Shaolin dove la disciplina della conoscenza non tralascia in alcun modo la nostra spiritualità Cristica ed è accompagnata dalla rigorosa disciplina del Dharma (rettitudine) supportata dagli esemplari e meravigliosi esercizi fisici della nobile arte marziale del Kung Fu Shaolin, per l’appunto, il cui scopo non è solo quello di crescere un corpo sano ma soprattutto quello di elevare il proprio spirito mettendone alla luce i difetti per correggerli e trasformarli in virtù essenziali non solo alla propria esistenza ma all’altrui. Tali bambini compiono veri e propri prodigi di trasformazione fisica e, ad un’età approssimativa di dieci anni, sono in grado di compiere mirabolanti evoluzioni aeree in tecniche di gambe e braccia che potrebbero esercitare fino a svariate decine di chilogrammi di forza d’urto sul punto d’impatto e, se un malcapitato sacerdote pedofilo dovesse incappare in uno di questi bambini, non oso pensare cosa potrebbe succedere della sua mascella oppure delle sue costole oppure del suo radio ed ulna, per non parlare di tibia e perone, oppure, più degli altri, della sua colonna vertebrale …
– Voi, non avete già dato ordine ai vostri amici mafiosi di eliminare fisicamente lo stigmatizzato Giorgio Bongiovanni perché rappresenta per voi un assai notevole fastidio sia perché direttore di una rivista che denuncia i vostri orrendi crimini pressochè impuniti, sia perché avete timore che la sua purissima ed assolutamente cristallina personalità possa sovvertire l’ordine da voi costituito nella Chiesa Cattolica per formarne uno suo proprio?
È abbastanza semplice riuscire a capire cosa alberga nel più profondo accesso di una mente criminale che vuole eliminare chi lo ostacola demandando ad appositi “messaggeri di morte” tale compito.
Giorgio Bongiovanni è conosciuto da un tale numero di persone che non si riesce neppure ad immaginare, basti dire che solo in Italia se ne contano almeno 19 milioni circa che certamente condividono il suo operato e, per quanto riguarda l’intero pianeta, non credo di sbagliare di molto a dire che siamo complessivamente circa 4 miliardi e 900 milioni a conoscere il portatore delle ferite sanguinanti di Nostro Signore, Gesù il Cristo.
Se avete deciso di ucciderlo, allora dovete uccidere anche me perché mi associo al 100% alla esternazione di Giorgio Bongiovanni per quanto riguarda i crimini del Vaticano, anzi, se me ne fosse concessa l’opportunità, prenderei il suo posto anche subito.
E voi credete che uccidendolo avreste risolto i vostri problemi di continuità e credibilità ?
Credo che ci siano fior di persone che stanno guardando con estremo interesse lo scenario delle vostre lungimiranti prospettive: avete mai provato a pensare quali effetti provocherebbe la sua morte? Avete mai valutato la devastanza psicologica che potrebbe avere su alcune persone particolarmente sensibili che si troverebbero improvvisamente disperate? Non credete che la disperazione di tali persone possa trasformarsi in una travolgente rabbia il cui unico sfogo potrebbe essere solamente quello di farvi la pelle per conciarne e farne sandali sacerdotali ed accessori “all’ultimo grido” ?
PERVERSE, IMMONDE, ABOMINEVOLI, ASSASSINE BESTIE LUCIFERICHE.
Non avete alcun valore né come spiriti né come materia se non fosse per quei pochi grammi di sali minerali che si ottengono bruciando i corpi che forse potrebbero aiutare a concimare un piccolo fazzoletto di terra.
È per colpa di quelli come voi che Nostro Signore, il Figlio di Dio, il Cristo Gesù, è stato ucciso, ed è per questo che ora ci ritroviamo in una civiltà luciferica coma mai l’uomo ha conosciuto prima d’ora. Se invece aveste aperto il cuore ed aveste compreso il Suo messaggio di amore e di giustizia, vivremmo in una civiltà dove regna l’amore, la fratellanza, la solidarietà, la giustizia e la pace e dove l’unico anelito sarebbe verso l’evoluzione alle superiori dimensioni spirituali senza tralasciare l’aiuto alle creature meno fortunate che faticano a capire la Vera Luce della Legge della Creazione: ecco perché avete commesso l’altro gravissimo crimine di avere ostacolato l’evoluzione spirituale degli esseri umani.
Ed anche voi avete contribuito a formare la crisi economica mondiale di questo pianeta: il debito che ogni individuo si ritrova sulle spalle a dover pagare, apparentemente senza conoscerne la ragione, è dovuto anche alla vostra passiva posizione di reddituari possidenti e speculatori che nulla devono ma a cui tutto è dovuto.
E mi metto a ridere quando vedo le vostre facce oggetto delle interviste dei rotocalchi più letti dove scorgo “SAN RAFFAELE, MAZZETTE IN CONTANTI”, “TROVATI A MADEIRA I SOLDI DISTRATTI DAL SAN RAFFELE” e “SAN RAFFAELE, BUFERA SU DON VERZÈ TRE MILIONI E MEZZO SPARITI ALL’ESTERO”; ma in data 23 novembre 2011 leggo anche il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato, proferire “Oggi la crisi economica pone in evidenza l’insostenibilità di un mercato totalmente autoreferenziale e, mentre solleva nuove questioni circa la responsabilità e l’etica dei processi finanziari, ripresenta con stringente attualità una domanda fondamentale di senso circa il destino, la dignità e la vocazione spirituale della persona umana”: ma siete voi per primi a trarre lucrosi guadagni da quel mercato e, d’altro canto, se voleste davvero un cambiamento del mercato finanziario verso un miglioramento in senso etico e spirituale, non dovreste fare altro che proporlo in tutta la sua evidenza alle istituzioni del caso, è ovvio, e cosa vi fa pensare che non si possa cambiare veramente in senso etico e spirituale il mercato finanziario? È sufficiente la volontà di tutti. E che dire dell’intervento di papa Ratzinger durante il recente convegno della comunità di S. Egidio del 30 novembre 2011 dove ha rivolto un appello per “incoraggiare le iniziative politiche e legislative promosse in un numero crescente di paesi per eliminare la pena di morte”? È una cosa ridicola: come pretende il papa di liberare i paesi rimasti dalla pena di morte con un semplice appello di ordine estemporaneo? Ci sono fior di organizzazioni sul pianeta a cominciare da Amnesty International, forse la più conosciuta, i cui membri si sbattono da mattina a sera pur di non far procedere le varie sentenze di condanna a morte in tutto il mondo con raccolte immani di firme di solidarietà, interventi in loco, manifestazioni pacifiche e chi più ne ha più ne metta … e papa Ratzinger crede di avere assolto il suo compito di liberare dalla pena di morte il mondo con quelle due parole?
Avete deciso di scomunicarmi? Potete risparmiare carta, inchiostro, tempo ed energia perchè io non riconosco alcuna delle autorità che vengono attribuite nell’ambiente del Vaticano. Riconosco solamente l’autorità di Pietro Apostolo, di papa Celestino V e di papa Giovanni Paolo I, vera reincarnazione di Pietro Apostolo, e di quei sacerdoti e sacerdotesse veri missionari dell’Opera del Cristo come Madre Teresa di Calcutta, Padre Pio da Pietrelcina stigmatizzato, tutti gli stigmatizzati esistenti incluso il più conosciuto, GIORGIO BONGIOVANNI, ed altri che non cito perchè non subiscano persecuzioni a causa vostra come i già citati hanno subìto, e la storia ne parla ampiamente …
VERITAS VINCIT: come sempre, la verità da sotto al moggio viene alla luce.
Pesaro, 4 dicembre 2011
Davide Tecchi
Via Isonzo, 12
61121 Pesaro PU