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L'ARMENIA AVRÀ LA SUA NUOVA CENTRALE NUCLEARE (RUSSA)
Nonostante l'opposizione delle associazioni ambientaliste, l'Armenia ha dato il via libera alla costruzione sul suo territorio di una nuova centrale nucleare. Il governo di Erevan ha approvato la creazione di Atomstroyexport, una joint-company russo-armena che dovrebbe realizzare il nuovo impianto entro il 2016, che dovrebbe avere una vita lunghissima (60 anni) e sostituire la decrepita centrale di Metsamor (Nella foto), che produce il 40% dell'energia del piccolo Paese.
Sevak Sarukhanyan, un'economista e vicedirettore del think tank Noravank ha detto ad Armenianow.com che «Senza la centrale nucleare, l'Armenia sarà in gran parte dipendente dal gas importato dalla Russia o dall'Iran. La nuova centrale nucleare diventerà una zona di sicurezza per l'Armenia nel sistema energetico. Un reattore nucleare è necessario come risorsa energetica in grado di garantire l'autosufficienza del Paese. Il nuovo impianto sarà cruciale per gli sforzi per rilanciare l'economia dell'Armenia, che ha sofferto tanto a causa del crollo post-sovietico e del blocco imposto da Azerbaigian e Turchia. Poi, se non costruiremo la centrale nucleare, naturalmente, la nostra posizione competitiva peggiorerebbe in modo significativo».
Sarukhanyan e il governo non convincono assolutamente i gruppi ecologisti armeni. Secondo il capo dell'Unione dei Verdi, Hakob Manasaryan, Erevan ha avuto troppa fretta di approvare la centrale  nucleare e non ha preso in considerazione altre forme di energia. I verdi sono  preoccupati per la costruzione di un impianto nucleare in un Paese soggetto a forti terremoti che potrebbe portare ad un disastro nucleare come quello che ha colpito il reattore di Chernobyl in Ucraina 23 anni fa.
«Ho l'impressione che i funzionari pensino solo ai prossimi 15 o 20 anni - dice Manasaryan  - Una nuova struttura, con una capacità di 1.200 megawatt dovrebbe essere ad almeno 100 -150 chilometri dalle grandi città. L'impianto esistente di Metsamor, che è a soli 20 km in linea d'aria dalla capitale, non soddisfa nemmeno questa condizione. Non esiste un reattore che lavori in sicurezza. Naturalmente è un bene che sia  super-moderno, il che significa che è meno pericoloso, ma chi può garantire questo? Con una potenza di  1.200 megawatt, le conseguenze del rischio potrebbe essere ancora più significative. La costruzione di un nuovo reattore nello stesso luogo è ancora più pericolosa».
La centrale elettrica Metsamor è stata costruita nella valle dell'Ararat, nel cuore dell'Armenia, ed vicinissima alle città di Armavir, Echmiadzin e Metsamor. La sua prima unità ha iniziato a produrre energia nel 1976, e la seconda nel 1980. Secondo il dipartimento di Stato per il controllo atomico dell'Armenia, la struttura è stata rafforzata dopo il devastante terremoto del 1988. Le scorie non vengono stoccate in modo permanente nel sito, ma inviate in Russia per lo smaltimento.
Per Areg Galstyan, il vice ministro armeno delle risorse naturali, gli ambientalisti non dovrebbero preoccuparsi perché i nuovi reattori verranno costruiti con nuovi standard di sicurezza molto superiori a quelli di centrali nucleari del tipo Chernobyl.
Dalle pagine di  Caucasus Reporting Service dell' Institute for War and Peace Reporting, Sarukhanyan  spiega che una centrale atomica è probabilmente l'opzione più pulita possibile per l'Armenia, rispetto non solo ai combustibili fossili ma anche all'idroelettrico e che questo consentirà al Paese di diventare un grande esportatore di energia nei Paesi confinanti. Il nuovo business nucleare punta soprattutto alla normalizzazione dei rapporti con i "nemici" turchi. E il presidente armeno Serzh Azati Sargsyan lo sostiene con argomentazioni geopolitiche: «Cosa accadrebbe in Armenia, se ci sarà un'altra guerra in Georgia? Si può dire la stessa cosa per l'Iran. Se, a causa della situazione politica tesa, le nostre forniture di gas fossero o tagliate, poi ci troveremmo ad affrontare un collasso energetico».
Attualmente la rete elettrica armena è in grado di esportare 200 megawatt verso la Turchia, se i due Paesi normalizzeranno le loro relazioni Erevan ed i russi potrebbero modernizzare la rete di distribuzione elettrica e farla diventare una fonte importante di rifornimento energetico per la Turchia orientale in rapida crescita.
E' d'accordo anche Stepan Safaryan, un deputato del partito Zharangutyun dell'opposizione liberaldemocratica, che è convinto che l'energia nucleare potrebbe diventare una delle principali fonti di entrate per l'Armenia: «Tutte le previsioni sulle risorse energetiche mondiali, e in particolare per l'energia elettrica, nel prossimo decennio, mostrano una tendenza alla crescita. Ci sono Paesi in via di sviluppo nella regione, quindi, a lungo termine, avremo non solo un mercato, ma anche la possibilità di produrre la nostra  elettricità».
Ma proprio il possibile coinvolgimento di imprese turche nell'affare per la costruzione dell'impianto, che fa riaffiorare il ricordo del genocidio degli armeni proprio nelle zone dove ora si vorrebbe esportare l'energia nucleare,  è costato pesanti critiche a Sargsyan. I nazionalisti armeni si sono detti scioccati dall'apertura ai turchi, ma Sarukhanyan spiega che non devono preoccuparsi, dal momento che l'unica corporation a fare offerte è per la realizzazione del progetto é stata quella statale russa perché «Le aziende occidentali non sarebbero disposte ad investire grandi quantità di denaro in cambio di un ritorno economico non garantito. Tuttavia, per la Russia si tratta di una decisione realistica, dal momento che avrà una posizione di leadership nel settore energetico dell'Armenia. Per una società francese o americana, si tratterebbe di un contratto molto dubbio, fino a che l'economia armena resterà chiusa».
E questa è esattamente l'unica preoccupazione sul nucleare dell'opposizione di centro-destra armena: secondo Safaryan  il Paese dipende eccessivamente dalla Russia, che già domina gran parte dell'economia armena, compresi i settori delle telecomunicazioni e dell'energia elettrica: «Questo porterà ad una più profonda dipendenza dal nostro paese, con tutte le conseguenze politiche inerenti. In questo, come in qualsiasi altro settore, l'esistenza di un'alternativa e di una diversificazione è una questione di indipendenza e di sovranità».
4 gennaio 2010  -  Greenreport