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MAREA NERA, NUOVO TENTATIVO "MA LA FALLA NON SI CHIUDE"
La Casa Bianca: i responsabili pagheranno tutto. Sospesa l´operazione "Top Kill" che sembrava aver bloccato il greggio I tecnici: siamo ancora ottimisti.
FEDERICO RAMPINI
dal nostro corrispondente
NEWYORK - L´operazione Top Kill della Bp per tappare la falla sottomarina è stata interrotta ieri sera a 24 ore dal suo inizio. L´intoppo tecnico ha ritardato l´otturazione e il petrolio continuava a uscire anche ieri. Per Barack Obama la marea petrolifera nel Golfo del Messico è «una tragedia senza precedenti, la più grave catastrofe ambientale della storia, di cui pagheremo le conseguenze per generazioni». Il presidente licenzia la dirigente responsabile delle ispezioni, blocca (stavolta davvero) le nuove trivellazioni, si dice «furioso e frustrato». Per mostrare come la chiazza di greggio sia diventata un´ossessione personale, racconta un aneddoto: «Mi stavo facendo la barba, mia figlia Malia bussa alla porta del bagno e dice: hai tappato il pozzo papà?» Non è detto che questo squarcio di vita familiare basti a placare l´esasperazione degli abitanti della Louisiana, che oggi attendono la visita di Obama.
Al 37esimo giorno dall´esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater, ieri anche il primo spiraglio di speranza ha avuto breve durata. Sembrava partito bene Top Kill, l´intervento iniziato mercoledì per rovesciare 22 tonnellate di liquidi ultra - densi e tappare così lo squarcio da cui esce petrolio. Dopo 24 ore la Guardia costiera era pronta ad annunciare vittoria, quando è arrivato l´improvviso stop. I tecnici della Bp hanno notato che i liquidi versati per arrestare il petrolio stavano schizzando via insieme allo stesso greggio. Il problema è stato definito «non grave», ma l´esito finale dell´operazione è stato ulteriormente ritardato. Intanto si è scoperto che la vera quantità di petrolio diffusa in mare è quattro o cinque volte superiore rispetto alle stime della multinazionale. Il ritmo di fuoriuscita è tra i 2 e i 4 milioni di litri al giorno. Sono già finiti in mare almeno 75 milioni di litri. La più grave marea nera del passato, il naufragio della superpetroliera Exxon Valdez in Alaska nel 1989, aveva sparso 41 milioni di litri. Di qui il tono drammatico del presidente: «Certi danni sono irreparabili, come le vite distrutte».
Per l´entità del disastro e la lentezza dei rimedi, Obama ieri ha dovuto affrontare la più difficile conferenza stampa dall´inizio del suo mandato. Si moltiplicano le accuse di inefficienza, col rischio che questa diventi la «Katrina di Obama». Il presidente ha difeso l´azione del governo ricordando che «è in corso la più vasta operazione nella storia americana» per contenere la marea: 22.000 uomini mobilitati, 1.300 navi, 1.000 chilometri di cordoni di boe. Ha negato di avere delegato tutto alla Bp. «Fin dal primo giorno seguiamo questa emergenza - ha detto - e i responsabili delle operazioni siamo noi». Anche se in concreto sono i tecnici della Bp al lavoro, «perché dopo il naufragio Exxon Valdez dal 1990 la legge impone che sia la compagnia petrolifera a rimediare ai propri danni, sotto la supervisione del governo».
Obama è apparso sulla difensiva. Ha dovuto giustificare la sua precedente decisione di dare via libera alle trivellazioni sottomarine. «Continuo a pensare - ha detto - che abbiamo bisogno di estrarre petrolio, perché nel breve termine serve a diminuire la nostra dipendenza dall´estero». Tuttavia ha annunciato lo stop immediato a 33 piattaforme esplorative nel Golfo del Messico, sottoposte a sei mesi di verifiche e ispezioni. Altre decine di permessi sono congelati, compreso l´importante progetto della Shell in Alaska.
Come spiegare che la sua precedente moratoria era stata ignorata, e nelle ultime settimane sono arrivati nuovi permessi? Obama ha detto di essere prigioniero di «vecchie leggi fatte su misura per favorire gli interessi dei petrolieri». Come quella che impone allo Stato di esaminare le nuove domande di trivellazione in 30 giorni, passati i quali scatta un silenzio - assenso. Obama ha denunciato «relazioni incestuose e talvolta corruzione vera e propria, tra le compagnie petrolifere e gli uffici governativi che dovevano regolarle». In effetti, ha concluso, si può dire che «finora erano i petrolieri a regolare se stessi». Ne ha fatto le spese ieri Elizabeth Birnbaum, la direttrice del Minerals Management Service (Mms), agenzia federale responsabile delle ispezioni di sicurezza sulle piattaforme petrolifere. «Ora bisogna accelerare la transizione verso le energie rinnovabili», ha concluso Obama. Ma oggi per lui arriva un altro difficile esame, in Louisiana, tra quelli che sono in prima linea.
LA REPUBBLICA 28 MAGGIO 2010