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OBAMA AMMETTE LA CATASTROFE "LA PIÙ GRAVE DELLA STORIA USA"
Louisiana, altri tre mesi per fermare la marea nera. Il nuovo piano prevede l´approntamento di due condotte alternative.
ANGELO AQUARO
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK - Chi troverà il coraggio di dire la verità all´America? Come in una pesca sfortunata la Casa Bianca e la Bp scartano l´ennesima pallina, la numero 5, affidandosi a un nuovo «cappuccio» per tappare la falla che sta trasformando il Golfo del Messico in un oceano di petrolio. Barack Obama ammette che «Top Kill», l´iniezione di fango e detriti, l´opzione numero 4, è servita giusto il tempo della sua passeggiata sulle spiagge della Louisiana, venerdì scorso: «Mentre all´inizio avevamo avuto buone notizie adesso è chiaro che non ha funzionato». Il suo consigliere Carol Browner va in tv a dire che quella del Golfo del Messico «è la più grande catastrofe ambientale degli Stati Uniti ed è possibile che il petrolio continui a fuoriuscire fino ad agosto: quando i pozzi di contenimento saranno realizzati».
La Bp lo aveva detto dal 20 aprile, quando la piattaforma Deepwater è saltata in aria cancellando undici vite umane: la soluzione più sicura sarebbe costruire due pozzi alternativi che intercettino il petrolio in uscita dalla falla. E allora perché lo scavo del primo pozzo è cominciata soltanto il 2 maggio? E perché siamo andati avanti prima con la telenovela dei robottini che dovevano chiudere la perdita, poi con la calata del «cupolone» sottomarino, poi con il siringone che ha provato a risucchiare il petrolio dalla falla e infine con quell´iniezione di fango tragicamente fallita? Non solo. La tecnica - due, tre mesi di costruzione - prevedeva sin dall´inizio l´identificazione, appunto, di due nuovi pozzi vicino alla perdita: il secondo entra in funzione nel caso di fallimento del primo. Ma perché la Bp ha aspettato che fosse l´Amministrazione a ordinare, appena una settimana fa, il secondo trivellamento?
Troppe cose non tornano nella tragedia in cui sta annegando, sostiene il New York Times, anche la fiducia che l´America ha sempre avuto nella scienza. Obama dice che la vicenda «fa venire rabbia» e «spezza il cuore». Promette giustizia alla gente «vittima di questo disastro frutto dell´uomo». E spiega che è stata Mary Landry, il contrammiraglio designato dalla Casa Bianca a supervisionare le operazioni, «a guidare la Bp nel lancio di una nuova procedura».
Il cambiamento di marcia è evidente. Fino alla settimana scorsa la Casa Bianca aveva sempre sottolineato come la responsabilità della ripulitura e della riparazione del danno spettasse tutta alla Bp. La questione è delicata. Se esautorata, la multinazionale potrebbe anche tirarsi indietro di fronte al conto stratosferico che gli Usa - le prime azioni legali sono già partite - stanno presentando. Ma le critiche da destra e sinistra - Thomas Friedman ha scritto che ci voleva Malia («Papà, hai riparato il pozzo?») a svegliare Barack, Frank Rich che per Obama Deepwater è peggio di Katrina - hanno spinto il presidente a mostrarsi più deciso. Carol Browner ha detto in tv che è stato il ministro dell´ambiente Steve Chu a chiedere a Bp di fermare l´operazione «Top Kill»: l´iniezione di fango e detriti rischiava di scaricare troppa pressione sul pozzo e «avrebbe potuto peggiorare la situazione». Insomma la Casa Bianca sta prendendo finalmente il comando.
Ma anche l´opzione numero cinque ha grandi rischi. In termini tecnici si chiama "Lmrp": la sigla sta per Lower Marine Riser Package. Lmrp è il cappuccio che verrebbe posto sul tubo che perde. Il tubo difettoso però va tagliato per appoggiarci sopra la guarnizione nuova. Poi da qui un altro tubo lungo un chilometro e mezzo dovrà riportare il petrolio fino a quella Discover Enterprise che la Bp ha piazzato sul luogo del disastro e che fin qui ha intercettato l´intercettabile col siringone. Ma tra il taglio del tubo e la calata del nuovo cappuccio passeranno dai quattro ai sette giorni. E nel frattempo la fuoriuscita di petrolio potrebbe aumentare del 20 per cento al giorno.
Tony Hayward, l´amministratore di Bp, finalmente si dice «dispiaciuto per la terribile distruzione causata». Il direttore delle operazioni, Bob Dudley, si dice invece fiducioso. Ma suggerisce che se neppure questa tecnica dovesse funzionare si potrebbe piazzare una nuova supervalvola sopra la guarnizione. È l´opzione numero sei.
LA REPUBBLICA 31 MAGGIO 2010