Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024
Dc71BUCO NELL' OZONO, RECORD SULL' ARTICO LO SCUDO ANTI-UVA MAI COSÌ SOTTILE
ROMA - A 21 anni dall' accordo di Londra contro l' overdose di raggi ultravioletti, la rarefazione della fascia di ozono è tornata a raggiungere il picco sul Polo Nord.
Secondo i dati dell' Organizzazione Meteorologica Mondiale (Omm), lo scudo che a 25 chilometri di altezza ci protegge dall' eccesso di radiazione solare è diminuito del 40 per cento: un fenomeno che è andato al di là della fluttuazione naturale arrivando a toccare i livelli record del 1997. E rischiando di moltiplicare i casi di cancro alla pelle, cataratta e danni agli ecosistemi marini in una zona che comprende l' Alaska, la Siberia e l' alta Scandinavia. Sempre colpa dei cfc, i clorofluorocarburi utilizzati per decenni per far funzionare i frigoriferi, le bombolette spray e i sistemi di pulizia dei computer? Sono state concesse troppo proroghe al divieto di uso? «E' stato un processo di dismissione graduale perché si è tenuto conto delle difficoltà dei paesi in via di sviluppo, ma dal protocollo del 1997, che ha perfezionato l' accordo, il passaggio ai sostituti dei cfc è stato massiccio», risponde Guido Visconti, docente di fisica dell' atmosfera a l' Aquila. «Il problema è che quando si parla del governo di sistemi complessi come l' atmosfera non si può pensare di seminari sconquassi per decenni e poi risolvere tutto con un colpo di bacchetta magica. Le molecole di cfc restano in atmosfera a lungo e per tornare ai livelli pre industriali di ozono bisognerà aspettare il 2050». Dunque il processo di guarigione dell' atmosfera, almeno sotto questo profilo, è in corso. Perché allora il riacutizzarsi improvviso della malattia? Colpa, rispondono all' Omm, di una serie di circostanze meteorologiche, di venti insolitamente forti, il vortice polare, che «hanno isolato la massa stratosferica sul polo Nord impedendole di mischiarsi con l' aria delle medie latitudini e generando temperature molto basse». Creando cioè le condizioni che favoriscono la distruzione delle molecole di ozono. Ma c' è anche un altro f a t t o r e c h e contribuisce a rallentare il risanamento del m a n t e l l o d i ozono che protegge la vita sulla Terra: il riscaldamento climatico. «Una delle conseguenze dell' aumento di emissioni di anidride carbonica», continua Visconti, «è che nella parte bassa dell' atmosfera il calore viene intrappolato, mentre in quella più alta, nella stratosfera, la CO2 favorisce la dispersione della radiazione infrarossa facendo diminuire la temperatura e contribuendo alla dissoluzione dell' ozono». Al di là delle fluttuazioni determinate dal meteo, il processo che ci restituirà la piena funzionalità del filtro naturale anti ultraviolettiè dunque ormai avviato. Ma per goderne pienamente gli effetti bisognerà aspettare ancora a lungo. Ed evitare di fare passi indietro continuando ad alterare con i gas serra la composizione dell' atmosfera. –
ANTONIO CIANCIULLO
06 aprile 2011 —  
La Repubblica, 6 aprile 2011