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"RADIOATTIVITÀ FUORI NORMA" E ORA LA CALABRIA HA PAURA

Nave dei veleni, la commissione ecomafie: sequestrate il carico
La prevenzione fai da te è l´ultima spiaggia dei cittadini che non credono nello Stato
PAOLO GRISERI
AMANTEA - Sono arrivati dal Nord, «sono scesi» come si dice da queste parti. «Importanti professionisti paolani che vogliono mantenere l´anonimato», dice il dottor Cosimo De Matteis, medico condotto. Hanno agito senza dare nell´occhio, mischiati agli ultimi turisti: «Sono andati con dei rotoli di stagnola, hanno raccolto sette chili di sabbia sulla spiaggia». Poi li hanno portati «a dei loro conoscenti. 
Gente importante sa? Professori che lavorano in un laboratorio che ha esaminato i campioni di terra di Cernobyl». Eccola l´ultima spiaggia della paura della Calabria, la prevenzione «fai da te», risorsa estrema di una popolazione che non ha molte ragioni per fidarsi delle istituzioni locali e nazionali, quando si scoperchiano le navi dei veleni. «Viviamo nella paura che nessuno si accorga del pericolo», sintetizza De Matteis. E racconta di come lui «e altri otto medici di base di Paola» abbiano deciso di «mettere insieme su un computer i dati sui tumori della popolazione. Per scoprire che nella fascia tra i 30 e i 34 anni si ammala di cancro il 2,9 per cento dei ragazzi contro una media nazionale che non supera l´1 per cento». Un´anomalia vistosa. Ma, avverte De Matteis, «non fa statistica». E si capisce: 7 casi sono molti ma troppo pochi per fare tendenza: «Il problema -conclude il medico - è che al Sud non si fa uno screening sistematico sulle neoplasie». Non è strano che nel paese dove anche i medici devono produrre statistiche fatte in casa, la storia dei veleni di mare e di terra stia creando un clima molto pesante. La rabbia di chi è stato inquinato per quindici anni andrà in piazza domani, nella manifestazione che gli ambientalisti e le amministrazioni locali hanno organizzato ad Amantea, luogo simbolo perché qui, nel ‘93 si arenò la Jolly Rosso con il suo carico di veleni. Due giorni fa il sottosegretario all´ambiente, Roberto Menia, è stato assalito dai  pescatori di Cetraro, quelli che vivono e lavorano nel mare dell´ultimo relitto scoperto grazie alle dichiarazioni di un pentito: «Non ci basta andare a vedere la nave, bisogna tirare fuori quella  schifezza». Naturalmente non è cosa semplice. Perché i tecnici che stanno operando sulla Mare Oceano (ieri ha dovuto interrompere le ricerche per la burrasca) non possono prelevare i fusti dal relitto di quella che potrebbe essere la Kunsky. Se infatti i fusti contengono materiale radioattivo, non si possono tirare su con una corda come un secchio da un pozzo. Ma dire queste cose può essere impopolare. Così è meglio cavalcare la rabbia come ha fatto ieri Gaetano Pecorella, presidente della Commissione parlamentare sulle ecomafie, che ha sorvolato in elicottero il Tirreno e ha solennemente promesso di «sequestrare almeno un fusto» del relitto di Cetraro. Pane e cioccolata per tutti. Nelle stesse ore in Parlamento il sottosegretario Menia confermava che la situazione dell´inquinamento nella zona di Amantea è gravissima: «Nell´area del fiume Oliva i 
livelli di radioattività sono da tre a sei volte superiori alla norma». Solo chi non conosce la storia dei fusti della Jolly Rosso, misteriosamente spiaggiata e altrettanto misteriosamente smaltita nelle discariche della zona, può stupirsi delle affermazioni del sottosegretario.
Da anni, spesso con il sistema del monitoraggio «fai da te» medici e scienziati della zona segnalano inascoltati queste gravi anomalie. Ora la popolazione di questi paesi teme che, dopo la fiammata mediatica di questi giorni, tutto torni sotto terra. A evitare questo rischio serve la manifestazione di domani, con un occhio all´orizzonte dove la Mare Oceano potrebbe scoprire quali segreti nasconde il relitto di Cetraro.
LA REPUBBLICA 23 OTTOBRE 2009