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THAILANDIA, BANGKOK VUOL RIMPATRIARE 142MILA RIFUGIATI BIRMANI
La maggioranza dei quali sono Karen, che vivono lì da oltre venti anni Il governo thailandese vuole rispedire a casa gli oltre 100 mila rifugiati birmani che dagli anni Ottanta vivono nei campi di confine e già si è mosso per mettersi d'accordo con le autorità di Naypyidaw. Lo ha ammesso oggi un ufficiale del governo di Bangkok, dopo che già la scorsa settimana si era sparsa la voce arrivando a gettare inquietudine tra i rifugiati. "Vivono in Thailandia da più di 20 anni e per noi sono diventati un fardello", ha dichiarato Tawin Pleansri, segretario generale del Consiglio di sicurezza nazionale, aggiungendo: "Non so quando chiuderemo i cambi, ma abbiamo intenzione di farlo, anche se so che non sarà facile". Una decisione che sarebbe dettata dal "processo democratico" appena compiutosi in Birmania, dopo le elezioni dello scorso novembre e la recente entrata in carica di un governo civile sotto il presidente Thein Sein (un ex generale), e il contemporaneo scioglimento della giunta militare alla guida del Paese dal 1962. E questo nonostante l'intero processo sia considerato poco più di una farsa dalla comunità occidentale. Il problema sono gli enormi affari che diversi Paesi asiatici hanno con la Birmania, che li spingono a porre un accento di comodo sul "cambiamento" in atto nel Paese.
Stime ufficiali parlano di 142 mila rifugiati birmani, la maggior parte dei quali sono di etnia Karen, molti di religione cristiana. Impossibilitati a lavorare e a muoversi liberamente nel Paese, vivono in campi diventati con il tempo veri slums: la struttura più grande (Mae La) ospita 60 mila persone. Lo scorso novembre, poco dopo le elezioni, una nuova ondata di combattimenti tra una fazione ribelle Karen e l'esercito birmano aveva provocato la fuga oltre confine di altri 20 mila civili in due giorni, poi tornati nelle proprie case nonostante la tensione nell'area rimanga alta.
11 aprile 2011
Peace Reporter