Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024

02ruanda-4-giugnoRUANDA, LE LEGGI ANTIGENOCIDIO CHE TAPPANO LA BOCCA
Libertà di espressione |
Agnes Nkusi Uwimana e Saidati Mukakibibi, direttrice e vicedirettrice del tabloid settimanale Umurabyo, condannate il 5 febbraio a 17 e a 7 anni di carcere per minaccia alla sicurezza dello stato, ideologia genocida, divisionismo e diffamazione. Bernard Ntaganda (nella foto, a destra, durante il suo processo), presidente del partito di opposizione PS-Imberakuni, condannato a 4 anni di carcere per manifestazione non autorizzata, divisionismo e attentato alla sicurezza dello stato.

Agnes Nkusi Uwimana e Saidati Mukakibibi avevano denunciato la corruzione presente ai vertici delle istituzioni, ipotizzato possibili divisioni tra le forze armate e lamentato il clima d’insicurezza prevalente nel paese. Bernard Ntaganda aveva fatto comizi pre-elettorali.
Anche questo è oggi il Ruanda, dove secondo un rapporto pubblicato da Amnesty International, le leggi che proibiscono e puniscono l’ideologia genocida e il divisionismo vengono usate per sopprimere il dissenso politico e limitare la libertà d’espressione. 
Il Fronte patriottico ruandese di Paul Kagame, che lo scorso agosto ha rivinto le elezioni presidenziali, aveva introdotto queste leggi per far sì che mai potessero riproporsi le condizioni del genocidio del 1994 in cui vennero assassinate 800.000 persone (soprattutto tutsi, ma anche hutu che si opponevano allo sterminio). Tuttavia, la loro formulazione vaga e soprattutto l’applicazione ampia hanno dato luogo a una vera e propria criminalizzazione di espressioni che non solo non costituiscono incitamento all’odio e alla divisione ma che, in molti casi, costituiscono mere critiche alla politica governativa. Critiche che il governo preferisce affrontare tappando la bocca a chi le esprime.
Si pensava e sperava che i mesi che avevano preceduto la campagna elettorale dello scorso agosto sarebbero stati il culmine di questa foga repressiva. C’erano stati anche i morti; Jean-Leonard Rugambage, vicedirettore del quotidiano “Umuvugizi”, assassinato a giugno nella capitale Kigali; e André Kagwa Rwisereka, vicepresidente del Partito verde, ucciso a luglio a Butare, nel sud del paese. Si pensava e sperava che, dopo aver stravinto le elezioni col 93 per cento dei voti, il governo del presidente Kagame allentasse la presa. Al momento, così non è.
Agnes Nkusi Uwimana, Saidati Mukakibibi e Bernard Ntagamda attendono l’esito dell’appello, sperando che l’impegno a modificare la legge antigenocidio e la legge sui media, proclamato dal governo ruandese a gennaio di fronte al Consiglio Onu dei diritti umani, sia sincero.
di Riccardo Noury
Corriere della sera