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TELEPREDICATORI MILIONARI ANTI-CORRUZIONE
In India sono i guru i nuovi paladini della società civile  
di Carlo Antonio Biscotto
I movimenti di protesta che fanno sentire la loro voce in ogni parte del mondo sembrano avere una cosa in comune: il risveglio della società civile e della coscienze critiche. I profondi cambiamenti in alcuni Paesi del mondo arabo sono stati il frutto di dimostrazioni spontanee e non organizzate, estranee persino ai movimenti di ispirazione islamica; in Spagna gli “indignados” presidiano le piazze delle maggiori città senza avere alcun rapporto con i partiti tradizionali; dietro alle violente dimostrazioni in Grecia non ci sono né sigle sindacali né organizzazioni politiche, ma solo la rabbia e la frustrazione dei giovani.
Coinvolti anche i divi di Bollywood
QUALCOSA di analogo si sta verificando in India, come scrive The Hindu, quotidiano indiano in lingua inglese ripreso dal Guardian. Per tradizione, che si può far risalire a Gandhi, le manifestazioni di protesta in India hanno un carattere pacifico e sovente festoso. A Delhivi sono persino alcuni luoghi deputati dove, alla maniera di quanto avviene a Speakers’ Corner a Londra , i dimostranti riuniscono i loro seguaci e formulano le loro richieste alle autorità. In questi luoghi pubblici nei quali la polizia non interviene quasi mai, in genere si svolgono contemporaneamente dozzine di manifestazioni di protesta sui temi più disparati che vanno dalla fame nel mondo al pacifismo, dal mancato risarcimento delle vittime di Bhopal alla tutela dell’ambiente.
Il fatto nuovo è che negli ultimi tempi si sono moltiplicate le manifestazioni contro la corruzione. Ad aprile Anna Hazare, 71 anni, attivista sociale, aveva iniziato uno sciopero della fame con l’appoggio di buona parte della popolazione, dei divi di Bollywood e degli intellettuali riuscendo a ottenere da parte delle autorità importanti concessioni in materia di normativa anti-corruzione.
All’inizio di giugno è sceso in campo un dimostrante di ben altro peso mediatico: il guru Swami Ramdev che tutti chiamano Baba. Il guru è un telepredicatore Hindu che gestisce un impero fondato su una catena di ashram (luoghi di meditazione, ndr) e sulla vendita capillare di farmaci alternativi. Il suo impero si estende dalle rive del Gange all’isoletta scozzese dove si trova un castello lasciatogli in eredità da un ricchissimo seguace.
Baba è arrivato all’aeroporto di Nuova Delhi il 4 giugno con il suo aereo personale accolto da una folla di seguaci e anche da diversi ministri che hanno tentato di dissuaderlo dal suo intento. Ma invano. Dopo aver piazzato una enorme tenda in un grande spiazzo al centro della capitale indiana ha annunciato che avrebbe portato avanti lo sciopero della fame fino alla morte se il governo non avesse accolto le sue richieste per combattere la dilagante corruzione. Naturalmente Baba  poteva contare su milioni di seguaci. Ogni giorno la sua trasmissione televisiva ha una audience di circa 30 milioni di persone ed è diventata la tribuna dalla quale il guru non si stanca di accusare il governo e i suoi ministri di tollerare la corruzione che sta soffocando il Paese.
“I corrotti non hanno religione; sono demoni che vanno sconfitti ed espulsi dalla società”, ha dichiarato prima di iniziare lo sciopero. La principale richiesta avanzata da Baba riguardava il rientro dei “fondi neri” dalle banche estere, fondi neri utilizzati per pagare le tangenti o per altre operazioni illegali. “Il rientro di queste ingenti risorse ci consentirà di sconfiggere la fame e la disoccupazione”, ha aggiunto. Un po’ eccessiva è sembrata la richiesta della pena di morte per i funzionari pubblici corrotti. D’altro canto Baba Ramdev è fortemente omofobo, nemico della medicina moderna e convinto sostenitore delle terapie yoga e naturali anche per la cura del cancro e dell’Aids.
Accuse alla polizia violenta
Ma la manifestazione di protesta ha avuto un esito imprevisto.Un ordine di sgombero della magistratura è stato eseguito da centinaia di agenti e il telepredicatore è stato costretto a fare ritorno nel suo “ashram” di Haridwar, nel nord dell’India da dove, parlando con la stampa,ha lanciato accuse di fuoco: “la polizia dopo aver tentato di assassinarmi ora sta distruggendo le prove del suo comportamento criminale. Il mio sciopero continua”.
“Solo il mio senso di responsabilità ha impedito spargimenti di sangue. L’intervento della polizia e’ stato di una inaudita violenza e io ho invitato la mia gente a non reagire”, ha aggiunto. “Ho l’appoggio dei rappresentanti di tutte le religioni e della società civile. Vogliamo che il governo approvi un decreto per dichiarare che i “fondi neri” nascosti nei paradisi fiscali sono di proprietà dell’India e dei cittadini indiani”.
Anche se Swami Ramdev nelle dichiarazioni pubbliche cerca in tutti i modi di prendere le distanze, il Rash Swayamsevak Sangh (Rss) si è schierato apertamente a fianco di Baba. Una vicinanza scomoda e un alleato ingombrante: lo Rss è infatti un movimento paramilitare di estrema destra che si richiama al nazionalismo hindu. “Ramdev e Hazare sono populisti”, spiega il professor Jayati Ghosh della Jawaharlal Nehru University di Nuova Delhi. “Il loro è sostanzialmente un messaggio dai connotati politici e sociali estremamente conservatori”.
Swami “Baba” Ramdev, gestisce una catena di luoghi di meditazione e vendita di prodotti collegati.
IL FATTO QUOTIDIANO 17 GIUGNO 2011