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armas_no07"AVERE ARMI È DIRITTO DI OGNI AMERICANO"
La Corte Suprema annulla le limitazioni imposte da alcuni Stati. È polemica. La sentenza dice che il possesso è una libertà prevista dalla Costituzione
FEDERICO RAMPINI
dal nostro corrispondente
NEW YORK - I ragazzi di Columbine sono morti invano, decenni di stragi compiute nelle scuole, negli uffici pubblici, negli shopping mall non insegnano nulla. Il possesso delle armi è sacro e guai a chi lo tocca: di fronte a quel diritto intangibile retrocede perfino il federalismo, la potestà legislativa dei singoli Stati non vale. E´ la sentenza sconvolgente - ma non sorprendente - uscita ieri dalla Corte suprema di Washington. Un´enorme vittoria simbolica per la lobby delle armi, guidata dall´industria militare e rappresentata politicamente dalla National Rifle Association.
La sentenza afferma che il possesso di armi da fuoco è «una libertà americana fondamentale». Inserita dai padri fondatori nel Secondo Emendamento della Costituzione, a un´epoca in cui gli Stati Uniti avevano bisogno di milizie popolari per difendersi, la norma salvaguarda il diritto di un folle a sterminare i colleghi di ufficio o i clienti di un MacDonald´s, con un kalashnikov comprato nell´armeria a fianco. «L´autodifesa è un diritto fondamentale» ha scritto il giudice Samuel Alito nel parere che accompagna il voto. Insieme a lui hanno votato il presidente della Corte John Roberts, Anthony Kennedy, Antonin Scalia e Clarence Thomas: la più formidabile pattuglia di giudici conservatori nella storia contemporanea degli Stati Uniti.
Il voto si è chiuso 5 a 4. I voti contrari sono quelli dei tre giudici di nomina democratica (Stephen Breyer, Ruth Ginsburg, Sonia Sotomayor) più John Paul Stevens. Quest´ultimo è repubblicano e fu nominato dal presidente Gerald Ford ma col passare degli anni si è dissociato dalla deriva di destra dei suoi colleghi di maggioranza. Proprio Stevens mise in guardia sul fatto che una sentenza come quella di ieri avrebbe provocato «uno tsunami di incertezze legali, confusione e caos negli Stati».
La sentenza boccia proprio una legge locale, varata dalla città di Chicago, per controllare il possesso delle armi. Ora la lobby pro-armi può fare centinaia di ricorsi contro altri Stati o città che hanno tentato di introdurre delle restrizioni. Spesso le leggi locali si limitano a imporre che l´armeria faccia dei controlli sull´identità dell´acquirente, oppure impongono una tassa sul porto d´armi. A nulla è servito il dato citato dai giudici democratici Breyer Ginsburg e Sotomayor: le armi da fuoco provocano 60.000 tra morti e feriti ogni anno in America. Né è valso dimostrare che la normativa introdotta dalla città di Chicago ha salvato centinaia di vite da quando entrò in vigore nel 1983. Wayne LaPierre, vicepresidente della National Rifle Association (Nra), esultando per la sentenza ha promesso che la lobby delle armi ora darà battaglia per spazzare via tutte le restrizioni locali: «La Nra vigilerà perché questa vittoria non venga svuotata da un labirinto di regole bizantine a livello locale». Il pronunciamento sul possesso di armi è l´ultimo di una serie di sentenze con cui questa Corte si mette "di traverso" all´Amministrazione Obama. In un caso altrettanto clamoroso, di recente la Corte ha dato libertà illimitata alle grandi imprese per finanziare le campagne elettorali. Ieri un´altra sentenza ha dato una vittoria all´industria del tabacco contro il governo. Per Obama questo rende ancora più cruciali le audizioni al Senato per la nomina della sua candidata alla Corte, Elena Kagan. Anche se non altera gli equilibri politici della Corte (sostituirebbe Stevens che già votava con la minoranza democratica) si spera che la Kagan possa fare la differenza per la sua autorevolezza, la competenza e la combattività.
LA REPUBBLICA 29 GIUGNO 2010