Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024
Ban_tayikistan01VENTI DI GUERRA IN TAGIKISTAN
Dopo tredici anni, torna la guerriglia islamica nell'ex repubblica sovietica. Dopo l'uccisione di 25 soldati, il regime del presidente Rahmon mobilita esercito e aviazione. Per ora Mosca sta a guardare
A tredici anni dalla fine della guerra civile tra il regime post-comunista del presidente Emomali
Rahmon - tutt'oggi saldamente al potere - e l'opposizione armata islamica, l'ex repubblica sovietica del Tagikistan rischia di precipitare in una nuova stagione di violenza.
Domenica scorsa, almeno venticinque soldati dell'esercito tagico sono stati massacrati in un attacco della guerriglia islamica, proprio in quella che era la storica roccaforte dei ribelli dell'Oto (Opposizione unita del Tagikistan) durante il conflitto civile del '92-'97: la Valle di Rasht, terra di ribelli fin dai tempi delle rivolte antizariste dei basmachi musulmani, e da anni via di transito del traffico di eroina afgana.
Gli autori della clamorosa azione militare sarebbero uomini di Mullo Abdullo Rakhimov, un irriducibile comandante delle forze islamiche tagiche che, dopo la fine della guerra civile, si era rifugiato in Afghanistan e poi nelle Aree Tribali pachistane, e che l'anno scorso è tornato in patria per riorganizzare - sostengono le autorità di Dushanbé - una nuova ribellione armata contro il regime di Rahmon.
Le truppe cadute nell'imboscata di domenica erano penetrate nella Valle di Rasht a caccia di un nutrito gruppo di ribelli evasi a fine agosto di prigione uccidendo sei poliziotti.
L'estate scorsa, infatti, dopo le prime azioni di guerriglia messe a segno dagli uomini di Mullo Abdullo, le forze di sicurezza tagiche avevano reagito con prontezza, catturando decine e decine di membri del gruppo: in maggioranza uzbechi, afgani, pachistani e ceceni.
Durante la sua permanenza afgane e pachistana, infatti, l'ex esponente dell'Oto avrebbe stretto legami con i talebani, con esponenti di al Qaeda e in particolare con il Movimento islamico uzbeco (Miu), il più potente gruppo jihadista dell'Asia centrale. Da qui la composizione 'internazionalista', tipicamente qaedista, della sua nuova armata.
Secondo gli esperti occidentali di antiterrorismo, Mullo Abdullo Rakhimov sarebbe tornato in Tagikistan nel maggio 2009 per rovesciare il regime di Rahmon, reo di aver concesso alle forze armate Usa, giusto un mese prima, il permesso di utilizzare il territorio tagico come rotta di rifornimento alternativa per le truppe d'occupazione in Afghanistan - anche se, finora, nessun convoglio militare americano è mai stato attaccato.
Dopo i fatti di domenica, il governo tagico ha rinviato massicci rinforzi militari nella Valle di Rasht, con truppe corazzate e elicotteri da guerra. Ma c'è già chi, come Ibrahim Usmonov, consigliere del presidente Rahmon, invoca l'intervento delle forze armate russe o della neonata Forza di reazione rapida della Csto (Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva): l'alleanza militare a guida russa che dal 2002 lega nuovamente a Mosca l'ex repubbliche sovietiche dell'Asia centrale, più l'Armenia e la Bielorussia.
Per la Russia, già impegnata a contrastare la dilagante guerriglia islamica nel Caucaso settentrionale, l'apertura di un nuovo fronte jihadista ai margini meridionali del suo (ex) impero rappresenterebbe un bel problema. Per ora i generali del Cremlino stanno a guardare, sperando che le truppe tagiche se la sappiano sbrigare da sole.
Enrico Piovesana
21-9-10  Peace Reporter