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LA DIFFICILE IMPRESA DI NASCERE IN AFRICA E NON ESSERE VENDUTI
Molti diventano schiavi per i lavori nei campi, nelle miniere o nei bordelli.
Aprire gli occhi alla vita — in una parola: nascere — in Africa. Un dato geografico per riassumere un destino diverso da tutti gli altri possibili in questo mondo: stenti, fame, sopraffazione. E la piaga del traffico dei minori, una vergogna che ai nostri occhi appare inconcepibile. Ma esiste, è reale. Spesso quasi «normale» in certi Paesi. Perché significa guadagni facili per gli sfruttatori che vendono i loro chili di merce umana come schiavi.
Schiavi per i lavori nelle miniere e nei campi, o per i bordelli che aprono in spregio a ogni simulacro di legalità. Soprattutto in questi mesi, in queste settimane. Soprattutto in Sudafrica. Paradosso delle opportunità. Il Paese di Mandela, uscito dall’apartheid a testa alta, la nazione — nonostante le inevitabili sacche di povertà e le diseguaglianze - più ricca dell’Africa, ha cercato di utilizzare i Mondiali di calcio come volano per fare un salto ancora più deciso verso lo sviluppo. Ma i soldi, gli investimenti, non hanno portato soltanto lavoro. Le organizzazioni criminali si sono moltiplicate. Il traffico di migranti e di minori ha riempito le statistiche.
I bordelli si sono affollati di ragazzine e ragazzini in attesa dei turisti del sesso. Molti dei quali — nonostante le leggi che prevedono dure pene ai trasgressori anche nei Paesi d’origine — arrivano anche dal prospero Occidente. Naturalmente, in Sudafrica come in Mozambico, nello Zimbabwe come nell’Africa Subsahariana, sono tanti i volontari che con le loro forze, spalleggiati da ong locali o internazionali, si provano a combattere questo fenomeno. Non è facile. Ma è possibile e doveroso farlo. Come dimostra la campagna di Terre des Hommes che, con la Ecpat (End Child Prostitution, Pornography and Trafficking), la più grande organizzazione internazionale che contrasta il fenomeno del turismo sessuale minorile, avvia il 22 aprile, con una conferenza stampa presso la sede Rai di viale Mazzini 14 a Roma, la campagna: «Mondiali 2010: tutti in campo contro il traffico di bambini».
La campagna prevede la diffusione di un filmato sul turismo sessuale, che verrà presentato dalle diverse trasmissioni Rai dedicate allo sport e all’attualità; pagine stampa che verranno pubblicate da oggi fino all'inizio dei Mondiali in spazi gratuiti ceduti dalle aziende pubblicitarie che hanno voluto sostenere l’iniziativa; banner per web (anch'essi ospitati in spazi gratuiti da portali e blog) che rimandano al sito www.tuttincampoperibambini.it, all’interno del quale si potranno approfondire i temi della campagna e scaricare un video e un'applicazione per Facebook «il campionato della solidarietà», da «girare subito a tutti coloro che, tifosi e non, vogliono dire "Io tifo per i bambini e ci metto la maglia"». La campagna entrerà anche negli stadi grazie alla collaborazione di tifoserie e società calcistiche. Prime ad aderire: l’Udinese, la Salernitana, il Torino, il Cesena e la Fiorentina, che sosterranno il turismo responsabile e la difesa quotidiana dei diritti dell’infanzia. «Questa iniziativa — dice Raffaele Salinari, presidente di Terre des Hommes Italia — confida anche nella creatività dei tifosi italiani che, al servizio della difesa dei bambini nel mondo, si sfideranno in una grande gara di solidarietà e partecipazione e, aspettando i Mondiali, insieme tiferanno per i bambini».
Sensibilizzazione e azioni concrete. Questa è da sempre la cifra di Terre des Hommes. Da una parte denunciare le violazioni contro l’infanzia. Dall’altra aiutare i bambini in Africa a conquistarsi un destino diverso e più degno: studiando. Certo, spesso le risorse permettono di seguire soltanto qualche migliaio di giovani sparsi nei villaggi più poveri, o magari la trasformazione di una capanna di paglia in una stanza in muratura, da adibire a edificio scolastico. Ma tutto questo, una goccia nel deserto, è sufficiente a regalare una speranza a molte famiglie. Perché un bambino che studia avrà la possibilità di strappare sé e i suoi cari alla miseria. Anche in Africa il destino non è necessariamente scritto nella pietra. Ma sui banchi: di scuola.
Paolo Salom
21 aprile 2010 (ultima modifica: 22 aprile 2010)
Corriere della Sera