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STRAGI NEGLI ASILI. LA CINA HA PAURA PER I SUOI BAMBINI
SETTE BIMBI UCCISI IERI, È IL QUINTO MASSACRO IN DUE MESI
Gli assalti a scuole e nidi a opera di squilibrati si sono verificati in tutto il Paese. Il governo ha censurato il dibattito sugli eccidi per paura di nuovi mitomani.
PECHINO. Non si tratta più di rari incidenti, di azioni di uno o due pazzi isolati, lontano dal resto del Paese e del mondo, è ormai il seme di una malattia, un virus profondo dell’anima che spaventa e inquieta la nuova Cina. Ieri un uomo armato di un coltellaccio da cucina ha fatto irruzione in un asilo della città di Hanzhong, nella provincia interna dello Shaanxi, e ha ucciso l’insegnante, sette bambini e ne ha feriti altri venti, di cui due sono ora in gravi condizioni. Ferita nell’attacco anche la madre ultraottantenne della direttrice della scuola, morta poi in ospedale. Wu Huanmin, 48 anni, è poi tornato a casa e si è suicidato. I vicini parlano di lui come di un uomo mite, senza problemi economici: era il proprietario dei locali dell’asilo di cui aveva chiesto lo sfratto.
Questo è soltanto l’ultimo di una serie di attachi mortali contro gli asili e le scuole elementari, cominciata il 23 marzo scorso, quando Zheng Minsheng, un signore apparentemente squilibrato di 42 anni, uccise otto bambini nella provincia costiera del Fujian. L’uomo, medico, spiegò il suo gesto con il fatto di essere stato abbandonato dalla moglie.
Zheng venne condannato e giustiziato il 28 aprile, lo stesso giorno in cui ci fu il secondo attacco, con 16 bambini accoltellati in una scuola elementare della provincia meridionale del Guangdong. Il 29 aprile è toccato poi a un asilo di Taixing, nella provincia del Jiangsu: 29 bambini e tre insegnanti sono stati feriti a colpi di coltello. Il 30 aprile l’ondata di follia è arrivata nella provincia dello Shandong, con un signore che prima ha preso a martellate cinque bambini e un insegnante e poi si cosparso di benzina e si è dato alle fiamme tenendo due bambini abbracciati a sé.
Dopo questo ultimo episiodio il governo ha imposto una specie di silenzio stampa: le notizie degli attacchi vengono riportate dai quotidiani e dalla televisione, ma sono proibiti i commenti e dibattiti su Internet riguardo a questi episodi atroci. Pechino teme che altri mitomani possano seguire l’esempio degli assassini, istigati dalla notorietà mediatica concessa ai loro predecessori.
In realtà gli attacchi ai bambini toccano l’anima più profonda della società cinese. In una cultura che da sempre ha un senso della metafisica molto blando, i figli sono il vero concreto contatto con il futuro e con il cosmo, sono la promessa carnale se non di immortalità almeno di prolungamento della vita.
Il bambino viene tirato su con l’idea che darà onore agli antenati, perché poi attraverso di lui i genitori e gli altri avi continueranno a vivere. In antichità la punizione peggiore era lo sterminio di una intera linea familiare, la fine di tutti quelli che avevano uno stesso cognome. Era non solo la morte del colpevole ma la condanna sua e dei suoi congiunti alla morte eterna, al girone più basso degli inferi. Oggi i sentimenti profondi sono gli stessi, e per di più la maggior parte delle famiglia ha solo un figlio, a causa della politica della riduzione delle nascite. Il bambino così diventa il concentrato di affetti e di speranze di un intero nucleo familiare. Chi attacca i bambini, in questa maniera si vuole vendicare con i loro genitori e i loro nonni.
Le autorità non hanno fornito i profili psicologici degli assassini. Uno degli assassini ha spiegato il suo gesto con una «protesta» contro la società che l’aveva lasciato disoccupato. I primi commenti sui media cinesi indicavano tra le possibili cause delle stragi la mancanza di valvole di sfogo sociali. Il suicidio e l’omicidio sono gesti tradizionalmente legati nella cultura cinese alla volontà di affermare di avere subito un torto.
I giornali in queste settimane riferivano di un aumento dei disturbi mentali fra la popolazione. Fino al 17 per cento dei cinesi soffre di forme più o meno gravi di depressione e un numero sempre maggiore di persone si rivolge alle cure di medici e psichiatri. In effetti, questi numeri sono addirittura bassi se si pensa ai cambiamenti radicali e drammatici avvenuti in Cina negli ultimi vent’anni. È quasi come se 200 anni di storia dell’Occidente si precipitassero in pochi anni in Cina, in una rivoluzione che di fatto obbliga oltre un miliardo di persone a cambiare modi e modelli di vita rapidamente e radicalmente. Molta gente semplicemente non ce la fa e scoppia.
Fino a un mese fa queste esplosioni avvenivano quasi sempre in privato. Dalla fine di marzo invece sempre più persone hanno deciso di sfogare il loro malessere e colpire dove fa più male, nel futuro della Cina, tra i bambini che crescono in questo mondo in mutazione turbinosa.
Difficile che il silenzio stampa elimini i rischi di «contagio» di follia di questi gesti. Le scuole cinesi oggi stanno aumentando i sistemi di sicurezza, e forse fra un po’ anche l’ondata di omicidi si placherà. Resterà invece e si approfondirà probabilmente il malessere dell’anima di tutti i cinesi i quali avanzano a grandi passi verso un futuro che il mondo dice appartenga a loro, ma di cui alcuni di loro evidentemente hanno paura e vorrebbero distruggere uccidendo con i bambini il futuro proprio e degli altri.
FRANCESCO SISCI
LA STAMPA 13 MAGGIO 2010