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pobreza_05DIMEZZARE I POVERI ENTRO IL 2015 IL NUOVO OBIETTIVO DEL MILLENNIO
All´Onu summit sul piano dei Paesi ricchi per debellare la fame nel mondo
Centoquaranta Stati a confronto sugli impegni assunti nel 2000 e sui risultati finora ottenuti
FEDERICO RAMPINI
dal nostro corrispondente
NEW YORK - Ogni giorno nel mondo muoiono 22 mila bambini: di fame, o delle malattie che ne derivano. Eppure il costo degli interventi per salvarli - acqua potabile, vaccini, razioni di alimenti salvavita - è una modesta frazione dei capitali che si scambieranno solo nella prima ora di apertura della Borsa, oggi a Wall Street. È lo scandalo del Millennio. Con la "m" maiuscola, perché questo è il nome del piano lanciato dieci anni fa alle Nazioni Unite per debellare il flagello della fame e della povertà estrema nel mondo, migliorando sostanzialmente l´accesso all´istruzione e le condizioni sanitarie nei paesi sottosviluppati. Un piano continuamente disatteso dai Paesi ricchi. Per esempio rispetto ai fondi che furono annunciati nel 2005 al G8, sono stati spesi solo 119 miliardi di dollari, 26 miliardi in meno di quelli che erano stati annunciati. Altre promesse sono state sempre disattese. L´impegno solenne dei Paesi ricchi di destinare agli aiuti lo 0,7% del Pil viene tradito da tutti fuorché dai paesi scandinavi. Ora per aggirare l´ostacolo della mancanza di fondi c´è sul tappeto una proposta innovativa, sostenuta dalla Francia e dal Giappone: creare una tassa mondiale su tutte le transazioni finanziarie, e versarne una parte del gettito per gli aiuti allo sviluppo. Basterebbe una micro-tassa, quasi impercettibile, visto che il volume delle transazioni finanziarie è un multiplo del Pil mondiale. Ma la lobby dei banchieri è troppo forte da Wall Street alla City di Londra e il veto angloamericano su quest´idea è un ostacolo insormontabile.
Perciò lo scetticismo è di rigore oggi, all´apertura della conferenza Onu che deve aggiornare e rilanciare gli obiettivi del Millennio, con un piano d´azione scadenzato fino al 2015. La messa in scena è imponente: tre giorni di lavori al Palazzo di vetro di New York, 140 capi di Stato e di governo, un´affluenza di leader ancora più numerosi di quelli che a fine settimana interverranno all´Assemblea generale delle Nazioni Unite. Parteciperà personalmente Barack Obama, in segno di attenzione di questa Amministrazione. Un gesto importante che sottolinea il cambio di atmosfera rispetto a George Bush. Obama gode di una popolarità immensa in Africa e con lui hanno ripreso a salire gli aiuti allo sviluppo. Ma anche l´America pratica un "vizietto" comune a tutti i Paesi ricchi (Italia inclusa): la tendenza a presentare come nuovi aiuti dei fondi che in realtà sono stati già promessi a più riprese, nei vertici precedenti (G8 e G20). Un trucco ormai noto, che alimenta scetticismo nelle ong umanitarie e disillusione nei Paesi dell´emisfero Sud. Il segretario generale dell´Onu Ban Ki-moon ha fissato come obiettivo di questa conferenza nuovi stanziamenti pari a 45 miliardi di dollari: ma saranno davvero risorse aggiuntive o ancora una volta i leader delle nazioni ricche "ricicleranno" promesse già fatte in passato? Tra gli scettici c´è l´economista Jeffrey Sachs, pur essendo uno dei più autorevoli consulenti di Ban Ki-moon. Sachs sottolinea che "non esiste un piano d´azione dettagliato per attuare gli obiettivi proclamati". Sottolinea che Obama annuncerà qui all´Onu 63 miliardi di aiuti, ma di questi 32 miliardi in realtà sono già stati spesi dal 2008. «Ed è un serio errore di politica estera - aggiunge Sachs - che l´America quest´anno spenda 100 miliardi per la guerra in Afghanistan, contro soli 10 miliardi per gli aiuti all´Africa che conta 800 milioni di abitanti». Il guaio è che l´Obiettivo Millennio è un piano giuridicamente non vincolante, sprovvisto di qualsiasi sanzione per chi non mantiene le promesse. L´unico tribunale di fronte al quale i governi devono rispondere è la loro opinione pubblica nazionale: quest´ultima evidentemente non assegna una priorità molto elevata alla lotta contro la povertà mondiale. Salvo subirne le ripercussioni anche in casa propria, per esempio attraverso le ondate migratorie dai Paesi più poveri.
Eppure ci sono almeno due traguardi che gli esperti considerano realisticamente raggiungibili entro il 2015: dimezzare il numero di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno e dimezzare la popolazione mondiale che non ha accesso all´acqua potabile. La situazione anche in Africa è tutt´altro che statica. A chiazze, in modo diseguale, si osservano dei progressi confortanti. Ai quali però fanno da contrappunto anche dei peggioramenti. Il Ghana è una storia positiva: ha ridotto del 75% la popolazione che soffre di sotto-alimentazione. In Etiopia il numero di abitanti sotto la soglia della povertà estrema è scesa dal 60% al 16% della popolazione. All´estremo opposto in Nigeria - nonostante la ricchezza petrolifera - coloro che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno sono balzati dal 49% al 77% della popolazione in vent´anni. A ostacolare le azioni del Millennio intervengono anche polemiche ideologiche: la destra americana, in coalizione con tante forze religiose conservatrici nel mondo intero, fa una guerra spietata contro ogni aiuto al Terzo mondo che includa fondi per l´aborto. Bersagliano di accuse il segretario di Stato Hillary Clinton, per avere "osato" includere tra i destinatari degli aiuti alcuni ospedali africani dove l´aborto è legalmente praticato.
REPUBBLICA 20 SETTEMBRE 2010