Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024
onu_02L´ONU CHIEDE 40 MILIARDI CONTRO LA FAME
Obama sferza i Paesi ricchi: "Basta con le promesse vuote, onoriamo gli impegni" Secondo Ban Ki-moon così riusciranno ad essere salvate 16 milioni di persone
FEDERICO RAMPINI
dal nostro corrispondente
new york - È un´alleanza trasversale, pubblico-privato, capitalismo filantropico e ong non profit; unisce Barack Obama, Bill Gates, Amnesty International. È la coalizione di forze che si sono mobilitate a conclusione della conferenza Onu per mettere in campo 40 miliardi di dollari di nuovi aiuti per salvare 16 milioni di vite umane. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, applaude: «Sappiamo cosa serve per salvare le vite di donne e bambini, oggi siamo testimoni del genere di leadership di cui c´è bisogno». Obama chiude il summit sugli obiettivi del Millennio, il piano lanciato dieci anni fa per sconfiggere la fame entro il 2015, con un appello: «Agli altri paesi ricchi dico: smettiamola con le promesse vuote, che non saranno mantenute. Onoriamo i nostri impegni. Impegniamoci ad essere trasparenti come lo chiediamo agli altri. E ai paesi in via di sviluppo dico: questo deve essere anche il momento della vostra responsabilità». Attinge alla sua biografia, ricorda che ha toccato con mano le difficoltà della battaglia contro la povertà: «L´ho visto quando mia madre aiutava i contadini poveri in Indonesia e in Pakistan, l´ho visto quando ero un attivista nei quartieri degradati di Chicago». Il presidente americano affronta a viso aperto le resistenze che frenano gli aiuti allo sviluppo nei paesi ricchi, l´America per prima. «Con le nostre economie in difficoltà - dice Obama - con tanti disoccupati, tante famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, c´è chi può chiedersi perché proprio adesso un vertice sullo sviluppo? La risposta è semplice: il progresso dei paesi più poveri può migliorare la prosperità e la sicurezza di tanti altri, inclusi i miei concittadini americani». Ricorda che il sottosviluppo non è un destino inesorabile, come dimostrano i tanti paesi emergenti che in Asia e America latina sono diventati oggi i veri "leader della crescita globale". Ammette che i progressi verso gli obiettivi del Millennio sono insoddisfacenti. «Ogni anno centinaia di migliaia di donne muoiono ancora del parto, milioni di bambini soffrono di malnutrizione, quasi un miliardo di esseri umani vivono sotto la soglia della povertà assoluta». Annuncia il lancio della nuova U. S. Global Development Policy, una strategia di aiuti allo sviluppo che è «una novità assoluta per un´Amministrazione americana». Tre le sue linee guida. Primo: mettere al servizio dello sviluppo non solo gli aiuti ma anche le politiche di commercio estero e di investimento. Secondo: cercare quelle forme di cooperazione che innescano uno sviluppo autonomo, per liberare i paesi poveri dalla dipendenza e dal circolo vizioso dell´assistenzialismo. Terzo: incoraggiare la nascita dell´imprenditorialità locale, la forza che «ha innalzato il tenore di vita dall´India al Brasile». Conclude con un appello simile a quello che aveva lanciato alla vigilia Angela Merkel: «Le nazioni prosperano quando i governi devono rendere conto di ciò che fanno ai loro popoli», il principio di responsabilità che è alla base di una sana democrazia. E´ un discorso ispirato, e tuttavia il contesto è diverso da quello in cui Obama parlò alle Nazioni Unite un anno fa. Il crollo di popolarità all´interno del suo paese appanna anche il suo carisma all´estero. I leader mondiali che lo ascoltano al Palazzo di Vetro - e con lui si riuniranno di nuovo oggi per l´Assemblea generale Onu - si chiedono se nel secondo biennio del suo mandato il presidente avrà ancora una maggioranza parlamentare, per mantenere le sue promesse. Soprattutto, la debolezza dell´economia americana impone un prezzo al resto del mondo. Non solo il dissesto dei conti pubblici rende Washington più "avara" di aiuti allo sviluppo, ma inoltre i paesi poveri vedono indebolirsi gli sbocchi all´esportazione sul mercato Usa. La leadership internazionale di Obama è legata alla forza del motore economico americano, che non ha ripreso a girare a pieno ritmo. La quota della popolazione umana che soffre di fame era scesa dal 20% del 1990 al 16% del 2005. Poi l´effetto combinato dell´inflazione alimentare, e della recessione, ha invertito la tendenza: nel 2009 si è risaliti al 19%.
REPUBBLICA 23 SETTEMBRE 2010