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3bambiniprofughiLA TRAVERSATA DEGLI INNOCENTI. L’ODISSEA DEI PROFUGHI BAMBINI
Spesso soli, a volte accompagnati dai loro genitori, i minori sono i protagonisti dimenticati del grande esodo che corre lungo le rotte incerte del Mediterraneo. L’allarme è di Save the Children. Cosa si può fare per loro?

Racconta una guardia costiera da settimane in servizio ininterrotto nel Canale di Sicilia che «quando recuperi in mare tanti bambini come in questi giorni non ti stacchi più di dosso i loro occhi avidi di perché». E’ dai tempi della guerra nei Balcani che sulle coste italiane non approda un numero così alto di minori soli o in compagnia di mamma e papà. Lo conferma l’organizzazione umanitaria Save the Children secondo cui, da gennaio a oggi, sono arrivati a Lampedusa circa 1.500 piccoli profughi, 544 dei quali solo nell’ultimo mese.
«I nuclei famigliari sono la novità di questo nuovo esodo, negli anni passati sbarcavano soprattutto maschi adulti in cerca di lavoro ma adesso la maggiore percorribilità del braccio di mare e la pressione della guerra spinge alla traversata mogli e figli che un tempo avrebbero aspettato» nota don Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana.
L’incertezza della crisi libica ha reso incandescenti le rotte dei clandestini. Eppure nelle carrette vecchie e malandate che salpano da Zanzur o dal porto di Tripoli gli spregiudicati trafficanti di uomini caricano ormai di tutto: il viaggio è stato ribassato parecchio rispetto ai 1200 dollari originari e ogni tre o quattro passeggeri c’è posto per un paio di bimbi che però, come dimostra ancora una volta il naufragio di ieri, sono i più vulnerabili, quelli che scompaiono in un attimo nella notte nera pece del Mediterraneo.
Dal 2008 i volontari di Save the Children fanno base in Puglia e in Sicilia per occuparsi del progetto del Ministero dell’interno Praesiudium. Hanno seguito passo dopo passo l’aumento dei barconi alla deriva a partire dal 26 marzo scorso, quando raccolsero con coperte e caffè caldi i primi migranti salpati dalla Libia. Da allora, insieme ai colleghi dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, hanno contato 14 mila disperati, il 10% dei quali piccolissimi o adolescenti. Molti, soprattutto giovani tunisini e libici, non s’imbarcano sulle orme dei genitori ma soli, sperando nel futuro di cui la primavera araba non è riuscita a fornire garanzie sufficienti. La legge italiana riconosce loro il diritto all’accoglienza in specifiche comunità alloggio e, successivamente, un permesso di soggiorno fino alla maggiore età. Ma, insiste Save the Children, la maggior parte resta «parcheggiata» a oltranza «in strutture inadeguate»: «A Lampedusa e nel resto della Sicilia abbiamo ancora 425 minori non accompagnati, in prevalenza sedicenni e originari del Mali, del Ghana e della Costa d’Avorio, in attesa di collocamento da oltre quindici giorni. A porto Empedocle ben 109 aspettano dal 13 maggio».
Lasciarsi alle spalle la tenebre per vedere l’alba rinviata «sine die» spegne gli sguardi più vivaci. Così i 219 ragazzini ospiti «temporaneamente» presso la Base Loran e il Cpsa di Lampedusa interrogano il domani senza chiedere nulla. Dieci di loro hanno appena undici anni e pare che abbiano osservato muti alcuni dei fratelli maggiori commettere «atti di autolesionismo», estremo tentativo infantile d’attrarre l’attenzione degli adulti.
Nessuno degli operatori umanitari vuole ancora sentir parlare d’emergenza, ma preme la richiesta di «strutture ponte» per tamponare la fase intermedia. Monsignor Nozza invita a recuperare la lezione vincente dei Balcani: «Allora sperimentammo con successo l’idea di distribuire i migranti in centri minori anziché concentrarli massicciamente con il rischio di aumentare le problematiche della sicurezza e le tensioni con le comunità di accoglienza. Il risultato fu un atterraggio più morbido, più dignitoso, più umano». La Caritas lavora dal principio di questo nuovo flusso al dislocamento dei profughi in diverse diocesi e piccole comunità.
Cosa resterà dopo i punti di domanda negli occhi dei più piccoli tra coloro che sfidano il Canale di Sicilia? Per i cinque fotunati piccoli della congolese Kamil Fuamba, che alla fine di aprile sono naufragati con la mamma sulle coste impervie di Pantelleria per essere fiabescamente adottati dagli isolani, ce ne sono migliaia perduti alla ricerca dell’orizzonte incapaci d’individuare un perché.
LA STAMPA 4 GIUGNO 2011