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PETRAEUS: VIA DALL’AFGHANISTAN, MA SENZA FUGGIRE
IL GENERALE AMERICANO DA’ FIDUCIA AL CAMBIO DELLA GUARDIA CON I SOLDATI DELLA MISSIONE INTERNAZIONALE
È difficile la strada verso la fine della guerra in Afghanistan. Per gli Stati Uniti è la campagna militare più lunga della sua storia.

10 anni di guerra, migliaia di morti e feriti. Ma con l’arrivo di luglio, qualcosa si muove: è cominciata la fase di transizione che coincide con la restituzione della responsabilità della sicurezza in mano all’esercito afgano. Un processo che parte con 7 territori, tra i quali la municipalità di Herat ora sotto controllo dei militari italiani che presidiano la zona ovest dell’Afghanistan. Il traguardo sarà il 2014 quando, almeno in teoria, le truppe Nato dovrebbero cominciare il ritiro; fino ad allora ci saranno riposizionamenti per concentrarsi dove ancora si combatte. 
“DI FATTO AD HERAT, la transazione è già avvenuta, le forze afgane hanno dimostrato di essere in grado di rispondere da soli ai Taliban. Lo abbiamo visto recentemente negli attacchi a Herat, sono state le forze afgane a rispondere per prime. E lo hanno fatto con sicurezza, capacità e competenza. Gli attacchi non hanno raggiunto il loro obiettivo, non sono riusciti a penetrare nel compound del Team   di Ricostruzione provinciale (Prt) e gli afgani hanno stanato quegli individui uno per uno”, ci dice il generale David Petraeus, comandante delle Forze Usa e Nato in Afghanistan. “Gli italiani hanno ‘reinvestito’ nelle province di Farah e Baghdis”.
Per il generale Petraeus, invece, la guerra è finita, quella sul campo per lo meno, nel giro di qualche settimana traslocherà da Kabul a Langley come capo della Cia. “Ancora non me ne rendo conto, tutto si sta svolgendo velocemente, ma sono contento di continuare a dare   il mio contributo, l’ho fatto in Iraq e in Afghanistan, e ora potrò farlo in altre parti del mondo”. Un lavoro che non sarà facile per unofranco come lui, in un momento in cui gli Usa soffrono un’opinione pubblica che con la morte di Bin Laden ha voglia di chiudere i conti con l’Afghanistan. “Sul ritiro la decisione importante la dovrà prendere il presidente: io gli presenterò alcune opzioni e una valutazione sui rischi associati ad ognuna di queste opzioni”.
Secondo fonti militari c’è ancora tempo prima di pensare al ritiro, la   situazione nella regione è ancora precaria, e i rapporti con il Pakistan restano difficili.
“È comprensibile l’irritazione pachistana – ci spiega un alto ufficiale statunitense – ma l’America è decisa a difendere i suoi interessi ovunque. Senza contare che spesso sono gli interessi di tutti. In Waziristan (Pakistan) è stato catturato un Taliban tedesco che avrebbe potuto rappresentare un serio problema per la Germania. I pachistani forse non vogliono, ma sicuramente non riescono, a fare quello che serve: altri devono intervenire”. 
La morte di Bin Laden ha rappresentato una sorpresa per al Qaeda, di sicuro i militari non credono che i possibili sostituti siano della stessa levatura del fondatore dell’organizzazione del terrore e sono convinti che aver mostrato Bin Laden in una casa e non in una caverna, che viveva con moglie e figli lo abbia, reso “un perdente agli occhi dei suoi”.
DEGLI ITALIANI, il generale Petraeus che ieri ha incontrato il ministro degli Esteri Frattini, parla volentieri: “dovete essere orgogliosi dei vostri figli e delle vostre figlie che sono in Afghanistan, hanno fatto lavoro magnifico. Vi faccio una confessione, prima di arrivare a Roma, ho chiesto al mio staff e a Washington se c’era qualcosa da chiedere all’Italia. E la risposta è no. L'Italia ha fatto quello che ha detto che avrebbe fatto. Gli addestratori stanno arrivando, i carabinieri stanno facendo un lavoro magnifico. I vostri soldati, marinai, piloti, diplomatici e operatori umanitari stanno   facendo un gran lavoro. Lo sforzo coordinato, la cooperazione nel Comand della Regione Ovest fra li diversi contingenti di truppe guidati dall'Italia e con i nostri partner afgani sono un esempio da seguire”.
di Barbara Schiavulli
IL FATTO QUOTIDIANO 11 GIUGNO 2011