Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024
UN PICCOLO, GRANDE CRATERE DA IMPATTO
I crateri da impatto causati da meteoriti piccoli sono molto rari in quanto vengono erosi rapidamente, tanto che quelli noti con diametro sotto i 300 metri sono solo 15.
E' quello che si direbbe un cratere "perfetto": nonostante i secoli o forse i millenni trascorsi dalla sua formazione, mantiene ancora perfettamente conservate tutte le sue strutture. La cavità, del diametro di 45 metri e profonda 16, è stata scoperta nel deserto dell'Egitto meridionale da una equipe di ricercatori italo-egiziani.
Finora tutti i crateri da impatto conosciuti presentavano deterioramenti prodotti dagli agenti esogeni, come ad esempio acqua, vento, vegetazione. Tutti, tranne questo: il suo stato di conservazione, probabilmente agevolato dal clima desertico e da una coltre di 6 metri di sabbia che lo ricopre, è paragonabile a quello di strutture simili osservate nel sistema solare su pianeti privi di atmosfera o coperti da ghiaccio.
La conservazione delle strutture primarie di impatto, associate alla presenza degli abbondanti resti di un meteorite metallico e di tipiche strutture metamorfiche (metamorfismo da shock) nelle rocce in cui si trova incassato (delle arenarie del Cretaceo), contribuiscono a fornire un'immagine unica sui crateri da impatto causati da meteoriti a piccola scala. Questi ultimi sono infatti molto rari sulla superficie terrestre in quanto vengono erosi rapidamente e i pochi identificati fino ad ora (15 inferiori ai 300 metri di diametro contro i 176 di diametro maggiore ai 300 chilometri) mostrano assenza di alcune o tutte le loro strutture primarie.
Inoltre, al contrario di quanto finora supposto dai modelli geofisici, rappresenta la dimostrazione che masse meteoritiche metalliche superiori alle decine di tonnellate possono penetrare l'atmosfera terrestre senza che avvenga una frammentazione significativa. Studi statistici prevedono che la frequenza di impatto sulla superficie terrestre di oggetti simili a questo avvenga su una scala di tempo decennale-secolare.
In base alle analisi effettuate, il meteorite è stato classificato come una ataxite ricca in nichel, con dimensioni pari a circa 1,3 metri di diametro e di massa presunta pari a 5-10 tonnellate (rispetto a una massa originaria all'impatto con l'atmosfera circa 20-40 tonnellate). La velocità di impatto calcolata è risultata pari a circa 3.5 chilometri al secondo, ossia quasi 13.000 chilometri all'ora (rispetto a iniziale di entrata di circa 65.000) con angolo di entrata di 45°.
Il cratere è stato identificato per la prima volta nel 2008 dal Vincenzo De Michele, curatore del Museo civico di storia naturale di Milano, nel corso di un sorvolo virtuale dell'area effettuato su Google Earth. Nel febbraio 2009 una prima spedizione esplorativa condotta dal Mario Di Martino dell'INAF ha confermato di essere in presenza di un caso unico di studio sui crateri meteoritici di dimensione medio-piccola.
"Sul sito inoltre abbiamo raccolto una tonnellata di meteoriti metalliche, composte prevalentemente di ferro e nichel. Il frammento più grande è un masso di 83 chili, staccatosi in atmosfera prima dell'urto a Terra e rinvenuto a circa 200 metri dal cratere".
Nel febbraio di quest'anno, nell'ambito degli accordi di collaborazione EISY 2009 (Egyptian-Italian Year of Science and Technology), una spedizione ufficiale congiunta italo-egiziana è partita allo scopo di studiare le caratteristiche uniche di quest'oggetto. Della spedizione fanno parte anche parte i geologi Stefano Urbini e Iacopo Nicolosi, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che si sono occupati in maniera particolare dell'esplorazione geofisica del sito effettuando un modello digitale del terreno tramite rilievo differenziale GPS, un rilievo tramite Ground Penetrating Radar e un rilevo magnetico allo scopo di individuare l'eventuale presenza di un corpo principale del meteorite sepolto al di sotto dell'area del cratere. (gg)
22-7-10  Le Scienze