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IL POETA CHE SFIDA I NARCOS NEL NOME DEL FIGLIO STRANGOLATO
Javier Sicilia ha guidato la «carovana della pace»
WASHINGTON — Si intitola «Ode per Juanelo» . Il famoso poeta messicano Javier Sicilia l’ha dedicata al figlio Juan, 24 anni, strangolato in marzo dai narcos. Dopo aver letta in pubblico, Sicilia ha annunciato: «Questa è l’ultima. La poesia non mi appartiene più» . Una scelta che ha portato lo scrittore a un nuovo impegno. Sicilia si è trasformato in un simbolo di ribellione contro la violenza dei cartelli e le strategie del governo Calderon. Ha organizzato una prima marcia sulla capitale, poi un'altra che si è chiusa ieri in un luogo simbolico di questa guerra. Ciudad Juarez, una delle città più violente al mondo, con 3100 omicidi nel 2010 e centinaia di desaparecidos. Al suo fianco un migliaio di persone. Poche ma coraggiose, pronte a sfilare nelle vie dove regnano non meno di 9 mila «sicari» . Cuore a sinistra, cattolico, capace di grandi provocazioni, Javier Sicilia ha usato il dramma del figlio per raccontare quello delle migliaia di vittime senza nome. Persone rapite e poi sepolte in fosse comuni. Solo in primavera tra Tamaulipas e Durango sono stati rinvenuti i resti di 429 assassinati. Vittime delle faide oppure persone che si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato. Come ha scritto il giornalista Charles Bowden, prima c'era sempre un motivo per un delitto, oggi non c'è più. E il figlio del poeta è stato ucciso per errore su ordine di due capetti locali, «El Negro» e «El Jambon» . Sicilia ha lanciato «una rivoluzione pacifica» che vuole essere anche «una rifondazione dello Stato» . Un grido di dolore ma non di rassegnazione. E qualcosa si è mosso. Parliamo di millimetri, non metri. Il presidente Felipe Calderon lo ha ricevuto, ha promesso iniziative. Soprattutto nel sistema giudiziario: esercito e polizia hanno arrestato decine di migliaia di narcos, ma solo una minuscola parte è stata processata. Senza contare le collusioni. A Tijuana hanno appena arrestato l'ex sindaco Jorge Hank Rhon. Ricchissimo, molto chiacchierato, sospettato di essere il mandato di molti omicidi eppure sempre sulla scena. Stivali da minatore, cappello da cow boy, una sigaretta perennemente accesa, Sicilia ha la forza dell'immagine e della parola. Non fa sconti. Al governo rimprovera di aver militarizzato la lotta alla droga, agli Usa contesta la grande domanda per coca e marijuana, ai generali gli eccessi nella repressione. Uno studio -controverso -ha mostrato che gli omicidi sono aumentati dove sono stati schierati i soldati. Ha risposto Juan Leyzaola, responsabile da tre mesi della sicurezza a Ciudad Juarez e uomo dai metodi brutali: da quando ci sono io i delitti sono diminuiti. Solo 152 nel mese di maggio. Il poeta, che si definisce «un anarchico nel senso buono del termine» , si batte in difesa della gente comune. «Siamo noi cittadini a finire nel mezzo» di una battaglia dove i trafficanti sono meglio armati dei talebani. Di recente sono comparsi i «mostri» . Blindati artigianali costruiti dai cartelli per attaccare gli avversari. Macchine da guerra alla «Mad Max» che esprimono il senso di impunità delle gang. Javier Sicilia non le può fermare. Ma vuole evitare che i messicani si abituino all'orrore quotidiano.
Guido Olimpio
12 giugno 2011 - IL CORRIERE DELLA SERA