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"PENTAGON PAPERS", L´ULTIMA VERITÀ I SEGRETI DEL VIETNAM TUTTI ON LINE
A 40 anni dallo scoop che sconvolse la diplomazia Usa
L´Archivio Nazionale ha reso disponibili ieri i 47 volumi del dossier svelato da Ellsberg
Queste carte sono considerate una sorta di antenato dei cable di WikiLeaks
FEDERICO RAMPINI
dal nostro corrispondente
NEW YORK - È una resa simbolica del governo al principio di trasparenza, esattamente 40 anni dopo. Un gesto storico: l´Amministrazione Obama ha reso pubblici ieri nella loro versione integrale i Pentagon Papers, 47 volumi in carta stampata e in versione online, le carte segrete sulla guerra del Vietnam che cambiarono l´America. Nel bene e nel male: furono l´inizio della fine per il conflitto nel sudest asiatico, segnarono una sconfitta della Casa Bianca nella sua battaglia contro la libertà di stampa; ma seminarono anche i germi di una sfiducia profonda nell´attività di governo, nella cultura della segretezza e dei corpi separati, che avrebbe alimentato teorie del complotto a non finire. E lo stesso Daniel Ellsberg, la "gola profonda" che il 13 giugno 1971 diede quelle carte esplosive al New York Times, oggi intima a Barack Obama: «Gli americani devono vedere gli Afghanistan Papers. Oggi, non fra 40 anni». Alla soglia degli 80 anni, Ellsberg è stato arrestato nel marzo scorso quando manifestava davanti al carcere di Quantico, in difesa del soldato Bradley Manning: l´autore della gigantesca fuga di notizie finita su WikiLeaks, che Ellsberg considera a tutti gli effetti il suo erede.
Aveva 39 anni Ellsberg, all´epoca in cui mise a nudo le bugie di Stato sulla guerra. Era un beniamino del segretario di Stato Henry Kissinger, che lo definì «il più brillante dei miei allievi» (per poi cambiare parere dopo il botto dei Pentagon Papers, e chiamarlo «l´uomo più pericoloso d´America»). Lavorava alla Rand Corporation dal 1967, e quell´importante think tank geostrategico era coinvolto in uno studio top secret commissionato da Robert McNamara, il segretario alla Difesa dei due presidenti democratici John Kennedy e Lyndon Johnson. Intitolato «Relazioni Stati Uniti-Vietnam dal 1945 al 1967», quello studio conteneva documenti di intelligence riservati, la ricostruzione delle decisioni politiche che avevano portato all´intervento militare americano. C´erano lì dentro le prove dei numerosi errori e fallimenti delle Amministrazioni Usa. C´era una descrizione dell´andamento della guerra ben diversa dalle versioni ufficiali che la Casa Bianca e il Pentagono fornivano alla stampa. C´era infine la prova che in diverse occasioni i presidenti avevano mentito al popolo americano e al Congresso. Una delle bugie più gravide di conseguenze riguardava il celebre "incidente del Tonchino", il presunto attacco nordvietnamita contro la US Navy nel Golfo del Tonchino.
Una montatura, che nel 1964 servì a Johnson per convincere il Congresso ad approvare la sua escalation militare. Con la pubblicazione integrale, risulta evidente che gli autori dei Pentagon Papers erano perfettamente consapevoli del contenuto controverso e potenzialmente destabilizzante di quel rapporto. In un memorandum firmato da Leslie Gelb, allora capo della task force incaricata da McNamara di stendere quello studio, si legge: «Scrivere la storia, specialmente quando si mescola con gli eventi attuali, è un esercizio ad alto rischio». Ellsberg cominciò a passare al New York Times una parte di quelle carte all´inizio del 1971. Tenendo fuori alcuni documenti, per esempio sui negoziati di pace con Hanoi, per non compromettere quello sforzo diplomatico.
Il New York Times studiò le carte per mesi, prima di iniziarne la pubblicazione il 13 giugno. La reazione dell´allora presidente Richard Nixon fu durissima. Anche se i Pentagon Papers compromettevano i suoi predecessori, Nixon cercò di mettere il silenziatore alla stampa, avviò un giro di vite contro tutti i suoi collaboratori che parlavano alla stampa. La sua sconfitta resta una pagina memorabile: la Corte suprema diede ragione al New York Times con una sentenza storica in cui si afferma che «solo una stampa del tutto libera e senza restrizione può vigilare contro gli inganni del governo». Ellsberg, trascinato in tribunale per spionaggio e con dodici capi d´accusa per i quali venivano chiesti 115 anni di carcere, venne scagionato perché vittima di «abusi da parte del governo».
Nixon ne trasse la lezione sbagliata: cominciò una politica di spionaggio interno, anche a danno di Ellsberg, poi sfociata nello scandalo del Watergate che gli sarebbe costato la presidenza. Obama è figlio di un´America post-Watergate e ne ha sposato la trasparenza. È lui ad avere istituito presso l´Archivio di Stato un nuovo ufficio, il National Declassification Center, che ha per compito proprio quello di accelerare la divulgazione pubblica dei segreti di Stato. Ma è lo stesso Obama che ha perseguito con durezza il soldato Manning per le fughe di notizie su WikiLeaks. «Il dibattito interno a quest´Amministrazione - denuncia Ellsberg - ha portato all´escalation militare in Afghanistan in condizioni di opacità, e di manipolazione delle informazioni da parte dei militari, analoghe a quanto accadde in Vietnam. Il meccanismo è sempre lo stesso: un presidente viene trascinato in guerra per non esporre il fianco alle accuse di debolezza da parte dei generali e degli avversari politici. E per controllare le gole profonde, grazie al Patriot Act e alle norme antiterrorismo varate dopo l´11 settembre, oggi la Casa Bianca ha più strumenti che ai tempi di Nixon».
REPUBBLICA 14 GIUGNO 2011