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lorenzoA DON CIOTTI LA CITTADINANZA ONORARIA DI JESI
di Lorenzo Baldo - 7 gennaio 2010
Jesi. “A Don Luigi Ciotti per la tenacia e l’impegno profuso nella lotta alle mafie quale testimone e rappresentante di una società civile che non si arrende alla sopraffazione e all’illegalità”. E' il sindaco di Jesi, Fabiano Belcecchi, a leggere la motivazione della cittadinanza onoraria contenuta nella pergamena consegnata mercoledì 6 gennaio al fondatore del Gruppo Abele, nonché presidente di Libera.
Il palazzetto dello sport è stracolmo. Don Luigi arriva puntuale all'appuntamento. I segni di stanchezza presenti sul suo volto scompaiono immediatamente appena comincia a parlare dal palco.
Francesco Coltorti, referente di Libera-Jesi, promotore dell'iniziativa insieme all'assessore alla cultura del comune di Jesi Valentina Conti e alla Consulta della Pace di Jesi, introducono la nuova edizione de la Festa della Pace (trasmessa in diretta online dalla radio del centro di aggregazione giovanile, Radio Tlt).
Si tratta di un'iniziativa che nel corso degli anni ha visto protagonisti uomini e donne che si sono distinti per l’impegno nella pace, nella giustizia e nella solidarietà tra i popoli. Tra questi Gino Strada, padre Alex Zanotelli, i ragazzi di Locri e le Madri della Plaza de Mayo.
Prima dell'intervento di don Luigi è la volta di alcuni rappresentanti dell'Area di Progetto che illustrano il loro libro “Lo specchio del giudice” contenente l'intervista al giudice Alessandra Camassa. Sono ex studenti del liceo scientifico di Jesi “Leonardo da Vinci” che spiegano il motivo per il quale si sono occupati di Paolo Borsellino e di quei “giudici ragazzini” che lavoravano con lui a Marsala, tra cui la stessa Alessandra Camassa.
Tullio Bugari della Consulta della Pace di Jesi affronta successivamente il tema della tratta degli esseri umani. Ed è il sindaco di Jesi a ricordare ai presenti l'impegno quarantennale di don Ciotti a salvare chi era finito nel baratro della droga. La storia di don Luigi è un racconto senza esclusione di colpi di una lotta contro i responsabili della morte di centinaia di migliaia di ragazzi: le mafie in primis. Una lotta che fin dal primo momento lo ha esposto ad attacchi di ogni genere, dalle minacce di morte fino ai tentativi di delegittimazione per la raccolta delle firme sulla legge per i beni confiscati (oltre 1 milione di firme raccolte), attacchi dai quali ne è sempre uscito vincente con la forza del “Noi”. Ed è sull'importanza del “Noi” che ruota tutto l'intervento del presidente di Libera. Don Ciotti non cede minimamente alla retorica e grida l'importanza di unire le forze in una battaglia comune. Riprende con vigore le parole di Norberto Bobbio “la democrazia vive di buone leggi e di buoni costumi” per chiedere alla politica di “fare le politiche” che rispondano ai bisogni delle persone. “I buoni costumi dobbiamo essere noi con le nostre scelte e il nostro coraggio” ribadisce con forza don Luigi per poi rimarcare che è “la fame e la sete di giustizia” che deve essere il nostro obiettivo. “Non è la legalità l'obiettivo, ma è uno strumento che insieme alla solidarietà, alla corresponsabilità, serve per raggiungere la giustizia!”.
La voce di questo moderno Savonarola tuona per tutto il palazzetto mentre denuncia l'oscenità delle nuove leggi sull'immigrazione vigenti in Italia. “Il problema del nostro Paese non sono le mafie, ma le collusioni, le forme di illegalità!”, quella continua “mediazione” tra ciò che è lecito e ciò che illecito che di fatto rappresenta “il viatico alla mafia”. Don Ciotti ricorda che per la questione dei reati contro l'ambiente “da anni si chiede che entrino nel codice penale” senza avere ottenuto alcuna risposta in tal senso.
Per il presidente di Libera il problema di fondo resta quello “culturale”, che di fatto è una vera e propria “grande sfida per il nostro Paese”. Il tempo scorre veloce mentre il fondatore del Gruppo Abele riprende il documento dei vescovi del '91 sulla legalità e lo intreccia con le parole di don Tonino Bello sulla “chiesa che è per il popolo e non per se stessa”. E nell'augurio di “spendere l'Io per la vita e non la vita per l'Io” don Ciotti ricorda l'esempio di don Diana, il suo omicidio e l'immediata delegittimazione ad opera di un quotidiano locale, incriminato successivamente per essere stato al soldo della Camorra. L'epilogo del mistero sulla scomparsa di Pierantonio Sandri scuote ulteriormente i presenti. Don Ciotti racconta la storia di Antonietta Burgio, maestra in pensione di Niscemi (CL), che dal 3 settembre del '95 non si dava pace per la misteriosa scomparsa di suo figlio Pierantonio, un odontotecnico di 19 anni senza precedenti penali. Lo stesso copione si era ripetuto anche quella volta. Dopo la scomparsa del ragazzo si erano materializzati pettegolezzi e malignità sulla figura di Pierantonio, fino ai sospetti più calunniosi nei suoi confronti. Si erano succeduti anni di oblio senza il minimo chiarimento. Ma poi finalmente, appena 4 mesi fa, è arrivata la verità su quella scomparsa. Improvvisamente è giunta la confessione di uno dei killer di Pierantonio che si trovava già in carcere per altri reati. L'omicida ha raccontato in preda ai rimorsi che il ragazzo era stato ucciso perchè aveva visto alcuni ragazzi che bruciavano una macchina e questi per timore che lui parlasse lo avevano assassinato e seppellito malamente nella zona. Il funerale verrà celebrato da don Ciotti a Niscemi nei prossimi giorni, ma per il fondatore del Gruppo Abele quel che conta è l'essere arrivati una volta per tutti alla verità. Don Luigi ripete per l'ennesima volta che “non c’è Pace senza Giustizia e non c’è Giustizia senza ricerca della Verità”. Quella stessa verità che, come lo stesso presidente di Libera sottolinea, “vince” e per la quale bisogna combattere ogni giorno, “impegnandosi, tutti”, parlando “anche a chi non la pensa come noi”. Con l'appello al “coraggio della denuncia e della parola” don Ciotti conclude il suo intervento. “Noi non possiamo ne dobbiamo tacere – scandisce lentamente il fondatore del Gruppo Abele per poi rivolgersi ai ragazzi autori del libro presentato all'inizio – avete fatto solo il vostro dovere...”. La gente si alza in piedi in un lunghissimo applauso, mentre la forza di quel “Noi” rimbomba ancora all'interno del palazzetto.

Per vedere le immagini della manifestazione di Jesi:
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/23618/78/