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caza_italianoVOGLIA DI BOMBE
La proposta di armare con bombe i nostri caccia in Afghanistan conferma solo la natura bellica, quindi incostituzionale, di quella missione.
E non ha nulla a che fare con la protezione dei nostri soldati, bensì con ragioni politiche ed economiche
Sfruttando cinicamente il lutto nazionale per i quattro soldati italiani caduti in Afghanistan, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, propone di armare con bombe i nostri caccia impegnati in missione per fornire maggior protezione alle truppe a terra.
Una decisione che, obiettano le opposizioni, trasformerebbe la natura della missione militare italiana, da missione di pace a missione di guerra incostituzionale. Come se sganciare bombe dagli aerei fosse un atto di guerra, mentre lanciare razzi dagli elicotteri Mangusta o usare i loro micidiali cannoni rotanti, bombardare con mortai da 120 millimetri o sparare cannonate con i carri cingolati Dardo - tutte cose che le forze italiane in Afghanistan fanno regolarmente - fossero invece azioni pacifiche.
Ciononostante, c'è chi continua ipocritamente a difendere il carattere 'pacifista' della missione militare. ''E' sbagliato parlare di guerra - ha dichiarato domenica il responsabile Esteri del Pd, Piero Fassino - perché c'è una differenza sostanziale tra chi fa la guerra e una missione di pace: nel primo caso si spara per primi, nel secondo si spara solo se attaccati e per tutelare la popolazione. Dei 34 soldati morti in Afghanistan nessuno è caduto in un'azione bellica offensiva. Noi non siamo là per fare la guerra a nessuno''.
L'onorevole Fassino non sa, o finge di non sapere, che finora le forze italiane in Afghanistan non si sono limitate a rispondere al fuoco quando attaccate. Da anni i nostri militari - non solo le forze speciali della Task Force 45 - 'sparano per primi' partecipando attivamente alle prolungate offensive congiunte pianificate dai comandi Nato. Come quella del novembre 2007 nel distretto del Gulistan, o quelle ripetute (agosto 2008, maggio 2009 e giugno 2010) nella zona di Bala Murghab: offensive durate anche settimane, con bombardamenti aerei e d'artiglieria e con decine e a volte centinaia di 'nemici' uccisi.
Sgomberato il campo dall'ipocrisia della missione di pace, rimane l'interrogativo sul motivo che spinge la Difesa a voler armare di bombe i nostri aerei. Scartata la spiegazione ufficiale della maggior protezione per le truppe a terra - un bombardamento aereo non fornisce di certo uno scudo alle imboscate, servono semmai blindati più resistenti - rimangono una ragione politica e una economica.
La prima riguarda i rapporti con i nostri alleati della Nato, Stati Uniti in testa, che da anni chiedono all'Italia di impegnarsi senza restrizioni in questa guerra. Dopo il ritiro dei Tornado tedeschi, anch'essi vincolati dal 'caveat' che impedisce l'uso di bombe aeree, gli Amx italiani rimangono gli unici caccia senza bombe della missione Isaf. Un'eccezione politicamente imbarazzante per i rappresentanti del nostro governo, e anche per quelli dell'opposizione (che nel 1999, per non sfigurare, mandarono i nostri Tornado a bombardare Belgrado).
L'altra ragione, quella economica, tocca invece gli interessi dell'industria bellica italiana.
A fine gennaio la Oto Melara, azienda del gruppo Finmeccanica, ha acquistato dall'americana Boeing i componenti per assemblare nelle officine Breda di Brescia cinquecento bombe aeree 'bunker-buster' Gbu-39 da 130 chili l'una (le stesse usate dagli israeliani nell'operazione 'Piombo Fuso' a Gaza) che ora giacciono in magazzino pronte all'uso.
"Perché comperare da Boeing, per 34 milioni di dollari, cinquecento bombe - scriveva lo scorso 20 settembre su Panorama l'esperto militare Gaiandrea Gaiani - se poi non le imbarchiamo sui nostri jet in Afghanistan? Che senso ha spendere centinaia di milioni di euro per aggiornare i cacciabombardieri Amx e Tornado se poi non li si impiega per bombardare il nemico?".
Enrico Piovesana
11-10-10 – Peace Reporter