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"AFGHANISTAN, NESSUN RITIRO DAL 2011"
L´inviato Usa Holbrooke gela l´Italia. Il rappresentante Onu: ora la guerra sarà più dura "Ci sono stati equivoci sulle date È possibile solo una riduzione dei militari sul campo"
VINCENZO NIGRO
ROMA - Acqua gelida sulle speranze di un ritiro dall´Afghanistan già dal 2011. Questo è quello che da sabato il generale David Petraeus e l´inviato diplomatico Richard Holbrooke hanno iniziato a comunicare ai governanti italiani. Alla vigilia della riunione di Roma degli «inviati speciali Af-Pak», ieri Holbrooke ha aggiunto le sue parole a quelle che, in privato, il capo militare Usa in Afghanistan aveva detto a Milano al ministro della Difesa Ignazio La Russa.
Il diplomatico americano, intervistato da Lucia Annunziata su Rai3, prova a dare la sua interpretazione sul balletto di numeri e date che in verità è stato avviato dalla sua amministrazione. Un dibattito che naturalmente ha coinvolto tutti gli alleati che (come l´Italia) hanno intenzione di lasciare Kabul il prima possibile. Per Holbrooke «la presenza dei contingenti stranieri in Afghanistan sarà necessaria fino al 2014, è sbagliato pensare al 2011 come all´anno di un ripiegamento massiccio delle forze internazionali».
L´ambasciatore sostiene che «ci sono stati degli equivoci sulle date: il presidente Obama aveva annunciato che entro luglio del 2011 vi sarà l´inizio di una riduzione molto graduale delle forze americane ma sulla base delle condizioni sul terreno. Quello non sarà l´inizio di un ritiro, ma solo una possibile riduzione delle forze di combattimento». Holbrooke spiega agli alleati quello che lui e i militari Usa hanno spiegato agli stessi strateghi elettorali del Partito democratico, che vedono con terrore avvicinarsi la data delle elezioni di mid-term.
Obama sperava di poter fissare l´estate 2011 come vero inizio del ritiro, ma le condizioni sul terreno in Afghanistan sono ancora assolutamente aperte: «Siamo convinti che non possiamo ripetere gli errori del passato», aggiunge poi Holbrooke, «e anche dopo il 2014 dovrà esserci un impegno continuo per lo sviluppo economico e sociale dell´Afghanistan da parte della comunità internazionale».
Il diplomatico assieme al generale Petraeus partecipa stamane alla riunione di Villa Madama fra gli inviati speciali per Afghanistan e Pakistan. È una delle verifiche semestrali fatte regolarmente dalla comunità internazionale, e questa volta capita alla vigilia del vertice Nato di Lisbona (novembre). Da ieri è in Italia anche il rappresentante dell´Onu a Kabul, Staffan de Mistura, che ha spiegato con grande diplomazia quello che molti iniziano a comprendere vedendo i numeri (in crescita) dei bombardamenti Usa e degli attacchi dei Taliban. I prossimi mesi potranno essere molto pericolosi, perché i tanto attesi negoziati fra il governo Karzai e i capi dei Taliban sono entrati in una fase cruciale. Per de Mistura «i militari della coalizione accelerano il loro impegno per convincere i Taliban a trattare, e gli insorti rispondono con più forza». Per questo secondo l´inviato Onu «la sicurezza di tutti i soldati impegnati nel teatro di guerra è più a rischio».
De Mistura, un italo-svedese che da sempre lavora per le agenzie Onu, a Kabul sta portando il suo contributo nel, momento in cui inizia il negoziato Karzai-Taliban: «In tutti i 18 conflitti che ho vissuto come inviato Onu il momento più difficile è stata la fase cosiddetta «hot negotiation», negoziazione calda, cominciata in Afghanistan da circa due settimane, in cui i rischi di attentati e di vittime aumentano». La Nato attacca, «ma di contro i Taliban contrattaccano per alzare la posta e per dimostrare di non essere deboli».
REPUBBLICA 18 OTTOBRE 2010