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victor_butL’AMERICA SI PRENDE IL “SIGNORE DELLE ARMI”
Girava il mondo con otto identità fornendo arsenali a guerriglieri e narcotrafficanti Bangkok estrada il russo Viktor Bout
Protesta del Cremlino: gesto “illegale”
de ALESSANDRO URSIC
BANGKOK
L’America, con un film ispirato alle sue gesta, ha conferito a Viktor Bout lo status di «Signore della guerra» con la esse maiuscola. E ora sarà probabilmente anche la sua destinazione finale. La Thailandia, dove il baffuto trafficante d’armi russo era alla fine caduto in trappola, dopo una telenovela lunga due anni e mezzo l’ha infatti estradato ieri negli Usa. Dove lo aspettano quattro accuse di terrorismo, mille domande sui segreti di intelligence di una Russia che già trema, e un probabile ergastolo.
Non sarebbe dovuta finire così, nei piani di questo ex ufficiale dell’aeronautica sovietica accusato di gestire un «supermercato delle armi» della globalizzazione, rifornendo i più sanguinosi conflitti africani (Liberia, Congo, Ruanda, Sierra Leone, Sudan), l’Afghanistan e la Colombia. Ma il camaleonte senza scrupoli a cui si richiama Nicholas Cage in «Lord of War» nel marzo 2008 si fece sorprendere quando era «in vacanza» - dice Bout - a Bangkok. Quei ribelli colombiani delle Farc venuti nel suo albergo per trattare l’acquisto di un arsenale, in realtà erano agenti americani.
Gli Stati Uniti hanno dovuto però penare per portarselo oltreoceano. La Thailandia, muovendosi con tempi e logiche impenetrabili, non ha avuto nessuna fretta di consegnare Bout a un Paese di cui sarebbe pure l’alleato storico. Nel 2009 un tribunale ha negato l’estradizione, spiegando che il caso era «politico». Un’altra corte l’ha invece concessa, dando però 90 giorni di tempo. Mentre la Russia prometteva di «fare il possibile» per riportare Bout in patria, un aereo americano era sulla pista di Bangkok per prelevare la preda tanto attesa.
Ma il governo thailandese di Abhisit Vejjajiva si è poi messo in mezzo con una serie di cavilli: in molti l’hanno interpretato come uno stratagemma per alzare la posta. Dopo aver visto Obama lo scorso weekend al vertice Apec, agli sgoccioli di quella finestra di tre mesi di tempo, Abhisit ieri ha deciso di accontentare gli Usa. Tre ore dopo Bout era già in volo, senza aver neanche potuto salutare la moglie.
Per mettere le mani sulla corpulenta figura di Bout - che in carcere però ha perso 30 chili - Washington e Mosca si sono superate nella pressione su Bangkok. Non è difficile capire perché: emerso dal torbido sottobosco degli ambienti militari dopo il collasso dell’Urss, Bout è diventato «il mercante di morte» - titolo di una biografia ovviamente non autorizzata - con armi e aerei dell’ex arsenale sovietico. E’ impensabile che più di 15 anni di affari - anche se si è sempre professato un innocente imprenditore di logistica aerea - siano avvenuti senza la protezione dei servizi russi.
Non sorprende che il Cremlino ora tuoni, definendo l’estradizione «illegale» e «senza spiegazioni razionali», e che gli Usa non vedano l’ora di fare quattro chiacchiere con questo poliglotta (parla sei lingue) che girava il mondo con otto diverse identità. Il «Signore della guerra» ha pregato Abhisit di non mandarlo negli Usa perché lì la sua sicurezza sarebbe stata a rischio. Ma agli americani, con ogni probabilità, il super-ricercato serve più da vivo.
LA STAMPA 17 NOVEMBRE 2010