IL PARADISO PERDUTO DEI DANNATI DELLO ZIMBABWE
Ridotti alla fame. Il Sudafrica chiude la porta a chi fugge dal regime di Mugabe. Il fiume Limpopo, visto dallo Zimbabwe, è l'ultimo ostacolo da superare per migliaia di persone in fuga dal regime di Robert Mugabe. Ridotti alla fame, con una moneta senza valore e afflitti dal colera, è facile intuire i motivi che spingono a scappare in direzione del Sudafrica.
I numeri variano: le stime dell'Organizzazione mondiale per le migrazioni dicono che sono da uno a 3 milioni i profughi zimbabwani in Sudafrica. Per tutti il passaggio obbligato sono le organizzazioni che gestiscono l'attraversamento del Limpopo. Qui, fra coccodrilli e corrente, è necessario pagare per evitare di finire nelle mani della polizia di frontiera o in quella degli alligatori. Si viene portati di notte nei punti di passaggio dove ad attendere ci sono dei pulmini che arriveranno a Musina. Da qui i clandestini, dopo un passaggio nello ““showground”, finiscono a lavorare nelle fattorie dei bianchi, come camerieri nelle grandi città o stallieri nelle ville dei ricchi. Ma non sempre le cose vanno per il verso giusto. Il pagamento del racket non è garanzia di sicurezza. Spesso sono gli stessi trafficanti a rapinare, vessare o stuprare uomini, donne e ragazzi (sempre più alta la percentuale dei minori non accompagnati) che attraversano il Limpopo. Per loro però non c'è alcuna possibilità di ottenere giustizia e l'impunità regna sovrana. Se Pretoria per anni ha sostenuto un approccio morbido nei confronti di Mugabe, meno lo è stata nei riguardi di chi fuggiva. La proposta di garantire uno speciale permesso d’ingresso dallo Zimbabwe è stata bocciata. Il campo di prima accoglienza di Musina è stato chiuso, così come sono rigettate il 90% delle richieste di asilo politico. Le organizzazioni umanitarie hanno denunciato il rischio sanitario di lasciare senza sostegno migliaia di persone in fuga anche da ospedali senza medicine, cerotti o garze e con patologie contagiose come l'Hiv e la tubercolosi. Le associazioni di assistenza legale stigmatizzano il fatto che senza un centro di raccolta i diritti dei migranti sono sempre più alla mercé di sfruttatori, in divisa e non. Chiudere il campo profughi di Musina ha solo spostato altrove il problema. In particolare gli zimbabwani sono arrivati nelle grandi città come Johannesburg dove hanno trovato rifugio e alloggio ormai da anni nella chiesa Metodista centrale o nelle bidonville. Ma anche qui l'accoglienza non è stata delle migliori. L'ondata di attacchi a sfondo razziale nelle township contro i migranti africani ha rischiato di seppellire per sempre il sogno della “Nazione Arcobaleno”. Nel frattempo lo Zimbabwe si chiede quando finirà l’incubo. “Solo quando il vecchio se ne andrà”, è la risposta che rimbomba da Harare. E Mugabe, per ora, sembra non averne alcuna intenzione.
di Emanuele Piano
IL FATTO QUOTIDIANO 10 GIUGNO 2010