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hambre_06A 10 ANNI DALLA PROMESSA GLOBALE DI SRADICARE LA POVERTÀ
Obiettivi del Millennio. Tanti slogan, pochi fatti. “Perché non possiamo perdere questa sfida”. 
Gran parte dei soldi serve a coprire danni ambientali o finisce addirittura in armi
«Aumenta il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri»
«Milioni di bambini sono stati lasciati indietro»
FRANCESCO SEMPRINI
NEW YORK
Il 20 settembre, dieci anni dopo il primo Millennium Summit, i leader del Pianeta si incontreranno di nuovo a New York per capire quali e quanti successi sono stati raggiunti nella campagna a favore dei più deboli da cui prendono forma gli otto grandi impegni contenuti nella Dichiarazione del Millennio. Il quadro appare assai complesso, con pochi spunti di ottimismo e tante incertezze, specie in vista della scadenza del 2015. Nonostante gli aiuti da parte dei Paesi sviluppati siano cresciuti, oltre la metà sono destinati alla riduzione del debito pubblico delle Nazioni più povere, mentre la restante parte arriva sempre più spesso ai destinatari nella forma di aiuti contro i disastri naturali, o sostegno militare, due capitoli che non contribuiscono direttamente a innescare un effetto di crescita.
Secondo il dipartimento per gli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite, i 50 Paesi più poveri ricevono solo un terzo degli aiuti erogati nell’ambito del Mdg, a conferma del fatto che spesso i fondi non vengono trasferiti in base alle necessità prioritarie dei Paesi ma sulla base di rapporti bilaterali e alleanze incrociate. Inoltre molti esperti mettono in discussione il modello dell’Mdg di trasferire direttamente capitali dai governi delle nazioni ricche a quelli delle nazioni povere, talvolta eccessivamente burocratizzati o corrotti.
In un quadro di generale incertezza si inserisce la riunione di domani dei leader dell’Unione europea, alla quale parteciperà il premier italiano Silvio Berlusconi, primo passo in vista del confronto generale di settembre promosso dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Il vertice di Bruxelles serve ai 27 Paesi per confrontarsi sugli otto obiettivi del Millennio e concordare un approccio comune. Una larga intesa in seno al Vecchio continente è essenziale per consentire ai Grandi della Terra di accelerare il processo di sviluppo visto che la mancanza di coesione rischia di minare un percorso reso già complicato dai pochi risultati raggiunti, e le obiezioni di alcuni Paesi come gli Stati Uniti.
È quanto emerge anche nel rapporto che il Segretario generale dell’Onu ha preparato in vista dell’appuntamento di settembre. «La riduzione della soglia della povertà dal 1990 è dovuta quasi esclusivamente alla crescita economica della Cina, mentre nello stesso lasso di tempo è aumentato il numero dei poveri cronici, in particolare in Africa», spiega Ban. Inoltre è cresciuto il numero delle persone a rischio sicurezza alimentare, l’agenda della piena occupazione resta largamente incompiuta, la parità fra i sessi si è rivelata uno degli obiettivi più difficili da raggiungere, mentre sul piano della mortalità infantile e prenatale gli indicatori sono quelli meno dinamici. Inoltre anche laddove si registrano progressi, come l’istruzione primaria e la lotta all’Aids e alle altre malattie endemiche, si è ben lontani dal raggiungimento degli obiettivi.
«È necessario moltiplicare gli sforzi», ammonisce Ban. In particolare sollecita un maggior ruolo dei governi dei Paesi in via di sviluppo partendo da più ampi spazi di manovra in politica fiscale e monetaria per cui è però necessario un riesame del quadro macroeconomico di riferimento. Al Palazzo di vetro si percepisce ottimismo sul sostegno dei leader europei, in linea con la tradizionale politica dell’Unione. Le incertezze vengono dagli Usa, specie su alcuni approcci programmatici. Tuttavia non è escluso uno sblocco delle posizioni grazie anche alla maggiore sensibilità mostrata dal presidente Barack Obama, promotore sui banchi del Senato americano di diversi provvedimenti a favore della lotta alla povertà.Domani, i leader dell'Unione europea si riuniscono a Bruxelles per discutere la loro posizione sull'attesissimo Summit sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio di settembre, promosso dal Segretario Generale dell'Onu: otto impegni chiave ispirati alla Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, che dieci anni fa ha lanciato un movimento globale senza precedenti per costruire un mondo più pacifico, più prospero e più giusto per tutti. L'incontro di Bruxelles è un'opportunità per l'Ue di riaffermare il suo storico impegno a favore dei diritti dell'infanzia, in particolare dei bambini più dimenticati ed emarginati del mondo. Noi dell'Unicef riponiamo in questo grandi speranze.
Oggi, mentre il mondo fa il punto sui progressi verso gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, appare sempre più chiaro che milioni di bambini sono stati lasciati indietro. I dati iniziano a mostrare l'aumento del divario tra Paesi ricchi e poveri e palesi disparità all'interno delle nazioni in via di sviluppo.
Ad esempio, in Paesi come l'Afghanistan e la Repubblica democratica del Congo, il tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni non è sceso di un solo punto percentuale, anche se il tasso mondiale è calato del 30% tra il 1990 e il 2008.
In Niger una donna ha una possibilità su 7 di morire per cause legate alla gravidanza e al parto. Nei Paesi più ricchi questo tasso è in media di uno su 8000. Nel mondo in via di sviluppo, i bambini appartenenti al 20% più povero della loro società rischiano 2-3 volte di più di essere sottopeso rispetto ai loro coetanei appartenenti al 20% della fascia più ricca; rischiano 2-3 volte di più di soffrire di ritardi nella crescita e hanno da 2 a 3 probabilità in meno di frequentare la scuola.
In alcuni Paesi queste disparità stanno aumentando, e riguardano maggiormente le bambine, i bambini indigeni e quelli appartenenti a minoranze etniche.
Tutto questo è motivo di allarme e richiede interventi immediati. Se concentriamo i nostri sforzi sul raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio nelle aree e per le popolazioni più facilmente raggiungibili, possiamo ottenere un successo statistico, ma nascondiamo un fallimento morale: lasciare indietro quelli che hanno più bisogno. Dobbiamo concentrare i maggiori sforzi sui bambini dimenticati.
La comunità internazionale ha affermato nel 1948 che tutti siamo «nati liberi ed eguali in dignità e diritti». Questo impegno fondamentale è al centro della Convenzione sui diritti dell'infanzia, è stato ribadito nella Dichiarazione del Millennio, riaffermato nella Dichiarazione di Parigi del 2005, nell'Agenda d'Azione di Accra del 2008 e in molte dichiarazioni internazionali sui diritti dell’uomo.
In questo momento decisivo, la frazione più bassa del reddito dovrebbe diventare la priorità assoluta del mondo. Con questo spirito, ci auguriamo che, domani a Bruxelles, l'Unione Europea coglierà l'occasione di farsi campione dei diritti dell'infanzia e far sì che si compia ogni sforzo necessario per porre i bambini più bisognosi del mondo al centro dell'agenda del mondo a settembre.
LA STAMPA 16 GIUGNO 2010