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I BAMBINI FANTASMA DI HAITI 800 MILA VAGANO ANCORA NEI CAMPI
L´Unicef a sei mesi dal sisma. Clinton: "Ricostruzione lenta". Molti sono orfani e non hanno cibo Le scuole sono crollate, manca l´acqua potabile.
DANIELE MASTROGIACOMO
Ci sono 800 mila bambini che vagano tra i campi spontanei di Port-au-Prince. Molti sono orfani, altri hanno dei parenti sopravvissuti al terremoto ma non sanno dove e come trovarli. A sei mesi di distanza dallo spaventoso sisma che ha scosso e distrutto il 60% di una città tra le più povere del mondo, l´Unicef traccia un bilancio illuminato da importanti successi ma offuscato da ombre di rassegnazione. L´emergenza non è finita. Ci sono stati 220 mila morti, altrettanti sono rimasti sotto le macerie e non verranno mai più ritrovati. Un milione e 600 mila sono sfollati. Trecentomila persone hanno subito ferite importanti: 4 mila hanno perso una gamba, un braccio, spesso entrambi. Ma sono i bambini quelli più deboli e più vulnerabili. Fanno parte di quel 46% della popolazione che ha meno di 18 anni. Rappresentano la Haiti del futuro. Ma sono anche quelli che non hanno sempre accesso alle strutture sanitarie, che vengono utilizzati nei lavori più duri, che subiscono le violenze fisiche e sessuali, che sono nel mirino di turpi commerci per i traffici di organi e adozioni improvvisate. «I bambini hanno ancora bisogno della nostra totale attenzione - scrivono i responsabili di Unicef - troppi vivono in condizioni inaccettabili, senza acqua e senza servizi igienici. Molti restano esposti a malattie prevenibili con le vaccinazioni».
L´incubo delle epidemie è per il momento scongiurato. Ma le condizioni generali restano precarie. Basti pensare che solo 333 mila persone hanno accesso all´acqua potabile, che c´è una latrina ogni 145 abitanti, che solo 62.800 bambini sono realmente seguiti e accuditi, che cinquemila scuole sono state distrutte e non ancora ricostruite, che l´intero sistema di educazione stenta a decollare. In tanti vivono ancora nei 1342 insediamenti spontanei. Accampamenti costruiti con teli e stracci, in mezzo alle strade, con l´acqua che sgorga dalle condotte spezzate o le pozzanghere che diventano serbatoi quando cessa l´erogazione. «Mezzo milione di bambini sono a rischio», dice l´Unicef.
E´ stato soprattutto grazie alla rete di ong se l´isola degli schiavi non è sprofondata tra le sue macerie. Nove miliardi è la spesa stimata per ricostruire Port-au-Prince e i paesi che sorgono lungo la faglia che ha provocato il terremoto. Ma Bill Clinton, inviato speciale degli Usa ad Haiti, denuncia i ritardi nella ricostruzione. E il presidente Renè Preval, nella sua rassegnazione, riesce ad essere realista: «Il destino dell´isola resta legato agli aiuti della Comunità internazionale».
LA REPUBBLICA 12 LUGLIO 2010