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L´INCUBO SI CHIAMA EPIDEMIA "SULLE CARRETTE ANCHE CADAVERI E A TERRA ORMAI È UN INFERNO"
L´isola allo stremo. "Se si apre il fronte libico per noi è finita" Il viaggio verso l´Italia dura giorni: per disperazione molti bevono acqua di mare
Etiopi, eritrei, somali partono da Bengasi e Misurata sfidando la guerra
FRANCESCO VIVIANO
LAMPEDUSA - Da un punto lontano del Canale di Sicilia arriva un messaggio di morte. Una telefonata da un barcone con 150 nordafricani a bordo raggiunge la capitaneria di porto di Lampedusa: «Siamo in 150, stiamo per arrivare, ma a bordo ci sono dei morti, due nostri connazionali che non ce l´hanno fatta, i loro cadaveri sono con noi, non li abbiamo buttati a mare, vogliamo seppellirli…».
Il barcone giunge nel porto dell´isola a tarda sera. Un´isola sprofondata nell´inferno, al collasso, tra il rischio epidemie (paventato anche dal governatore Lombardo) e gli arrivi a ripetizione, senza sosta, delle ultime ore.
Dal barcone scendono prima i vivi, stremati dal viaggio, poi si recuperano due giovanissimi tunisini, morti da oltre due giorni.
La notizia di un´altra tragedia arriva dalla vicina isola di Linosa, a poco meno di 30 miglia da Lampedusa. Un bambino somalo - partorito da una delle centinaia di donne arrivate negli ultimi due giorni con i barconi salpati dalla Libia - è morto. Altri due sono morti ancor prima di nascere. Qualche donna incinta viaggiava insieme al marito, come la madre del bimbo nato sabato sul barcone e salvato dall´elicottero della Marina, molte erano da sole: «Purtroppo queste donne - dice una volontaria che assiste i migranti arrivati sull´isola - vengono sistematicamente violentate dai libici, sia dai loro padroni dove lavorano che da militari e poliziotti».
A Lampedusa ormai arrivano da tutte le parti: dai porti di Bengasi e Misurata dove si combatte strada per strada, migliaia di etiopi, eritrei, somali, sfidano la guerra per salire a bordo di un barcone. Il temuto fronte libico dell´emigrazione ora è una realtà: altri "bersagli", barconi stracarichi di disperati, sono stati avvistati al largo. L´ultimo, a una quarantina di miglia da Lampedusa: più di 300 persone, soprattutto donne e bambini. Erano partiti otto giorni fa da un piccolo porto di Bengasi, avevano smarrito la rotta. Sono stati intercettati da un peschereccio di Mazara del Vallo che pescava al largo di Pantelleria. «Erano stravolti, affamati ed assetati - racconta il capitano del peschereccio, Antonino Grimaudo - quando mi sono avvicinato ho visto l´inferno. Erano ammassati, li vedevo gettare in mare bottiglie di plastica che riempivano con l´acqua salata. Non gli ho lanciato acqua perché se avessi tirato delle bottiglie, quei disperati avrebbero fatto capovolgere l´imbarcazione e sarebbero morti tutti annegati». Il barcone è stato recuperato dalle vedette della Finanza e della Guardia Costiera e portato con il suo carico di migranti a Linosa.
Le previsioni lasciano intravedere che questa massiccia ondata di sbarchi continuerà: dall´inizio dell´anno A Lampedusa ne sono arrivati oltre 18mila, un numero che dà la cifra dell´emergenza se confrontato con i 27 migranti che sono giunti nello stesso periodo, un anno fa.
I barconi arrivati ieri si aggiungono a quelli provenienti dalla Libia, poco meno di 800, che non hanno messo piede a Linosa perché sono in maggioranza cristiani. Mischiarli insieme alle migliaia di tunisini di fede musulmana, già presenti sull´isola, aumenterebbe la tensione e il rischio di una guerra tra poveri.
I tunisini sono a Lampedusa, somali, eritrei ed etiopi nella piccola isola di Linosa. Ma la separazione degli immigrati per motivi religiosi, non risolve l´emergenza scattata sull´isola ormai da settimane.
Il Centro di accoglienza non riesce mai a svuotarsi: per 1.500 migranti che vengono smistati in altre strutture, ne arrivano 2 mila. Il numero delle presenze di migranti sull´isola - oltre 5400 - ormai supera l´intera popolazione residente. Più della metà ora sono sul molo e sulla collina che sovrasta la stazione marittima, dove è stato allestito un accampamento improvvisato. E ieri si è sfiorata la tragedia anche nel porto: un barcone appena approdato con una cinquantina di tunisini, ha cominciato a ondeggiare. In dieci sono finiti in mare e salvati a fatica evitando l´ennesima tragedia.
LA REPUBBLICA 28 MARZO 2011