Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024
AFRICA: PER QUANTO TEMPO ANCORA POVERTÀ E FAME CONTINUERANNO AD AFFLIGGERE IL NOSTRO CONTINENTE?
In occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione e della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Povertà, l’arcivescovo africano Njongo Ndungane, fondatore di African Monitor, rileva come il sogno del raggiungimento dei Millennium Development Goals (MDG) entro il 2015 resti una chimera irrealizzabile, mentre oltre 200 milioni di persone in Africa continuano a soffrire la fame
Il 16 ottobre è la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, proclamata nel 1979 dalla Conferenza della Food and Agriculture Organization (FAO). Nel 1980, l’Assemblea generale dell’ONU approvò la celebrazione di questa Giornata in considerazione del fatto che il cibo è essenziale per la sopravvivenza e il benessere degli esseri umani, ed è una necessità umana fondamentale.
Il 17 ottobre 2009 il mondo si appresta a commemorare la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Povertà. Essa segna esattamente ventidue anni, da quando oltre un centinaio di migliaia di persone si radunarono al Trocadéro a Parigi per onorare le vittime della povertà estrema, della violenza e della fame. Esse proclamarono che la povertà è una violazione dei diritti umani e affermarono la necessità di riunirsi per garantire che questi diritti siano rispettati. Queste convinzioni sono inscritte in una lapide commemorativa presentata quel giorno. Da allora, persone di ogni provenienza, di ogni credo religioso e di ogni estrazione sociale si sono radunate ogni anno, il 17 ottobre, per rinnovare il loro impegno e mostrare la loro solidarietà con i poveri.
Mi chiedo che cosa il mondo dice o dirà in questi due giorni. Sarà la solita retorica? O si interrogherà sull’utilità di celebrare questi due giorni, mentre oltre 200 milioni di persone in Africa continuano ad andare a dormire affamate ogni giorno?
La tragedia in Africa è che abbiamo parlato di povertà talmente a lungo, che essa ha perso il suo significato. Il fatto che l’idea di bambini malnutriti e di persone che muoiono di fame non ci spaventi più è una calamità! La voglia di combattere e porre fine alla povertà sta rapidamente svanendo e il senso di urgenza si è completamente perso tra gli attori chiave di questa questione. Il sogno del raggiungimento dei Millennium Development Goals (MDG) entro il 2015 resta un sogno irrealizzabile per molti paesi in Africa. Nel rapporto delle Nazioni Unite sugli MDG per l’anno 2008, si stima che i lavori a bassa retribuzione lascino un lavoratore su cinque, nei paesi in via di sviluppo, impantanato in condizioni di povertà, mentre la percentuale di persone occupate che vivono con meno di 1 dollaro al giorno tra il 1997 e il 2007 è aumentata dal 51,4% al 55,5%. Per milioni di persone nel mondo di oggi, specialmente in Africa, i posti di lavoro forniscono una qualche forma di sollievo dalla povertà, ma essi dovrebbe anche fornire un certo grado di sicurezza per i poveri.
Dimezzare la popolazione che vive in condizioni di povertà e porre fine alla fame entro il 2015, come sancito negli MDG, è un obiettivo estremamente importante per i nostri governi, e senza di esso i rimanenti obiettivi sono irraggiungibili. Ciò rende quindi il cibo la questione a cui dovrebbe essere data la massima priorità, prima che ogni altro obiettivo possa cominciare ad avere un senso. Ad esempio, a una donna il cui figlio sta piangendo per la mancanza di cibo non si può dare una zanzariera per combattere la malaria!
I governi e i donatori devono applicare alle persone che vivono in povertà assoluta lo stesso senso di urgenza che hanno applicato in risposta a calamità come la guerra, le inondazioni e altre catastrofi naturali.
L’Africa ha dovuto confrontarsi con quello che alcuni hanno definito un “doppio” fardello: quello dell’obesità e quello della fame, dato che milioni di persone assumono uno stile di vita sempre più sedentario nelle città, mentre la crisi finanziaria globale colpisce la sicurezza alimentare delle popolazioni rurali.
La sottoalimentazione continua ad affliggere l’Africa subsahariana, dove vive il 32% degli affamati del mondo. Eppure, secondo la recente ricerca del Congresso Internazionale della Nutrizione (ICN) a Bangkok, coloro che migrano dalle campagne verso le città mangiano troppi cibi grassi, e ciò porta a più elevati tassi di obesità, diabete, ipertensione e pressione alta.
In Madagascar, ad esempio, circa l’1,6% dei bambini era sovrappeso nel 1992, mentre il 35,5% era sottopeso e il 60,9% aveva subito ritardi nello sviluppo. Nel 2004, il 6,2% dei bambini era sovrappeso, mentre il 36,8% era sottopeso, e il 52,8% era sottosviluppato. Il tasso delle donne sovrappeso e obese è anch’esso raddoppiato tra il 1997 e il 2004, raggiungendo l’8,1% complessivo. Nel 1987, il 5,5% dei bambini marocchini era sovrappeso; nel 2004, tale cifra era aumentata al 13,3%.
Non solo è moralmente inaccettabile, ma è un crimine contro l’umanità permettere alle persone di andare a dormire affamate ogni giorno, soprattutto laddove ci sono persone sovrappeso che vivono fianco a fianco con persone che sono profondamente malnutrite e denutrite.
Siamo anche consapevoli del fatto che la fame estrema e la malnutrizione sono stati determinati dall’incuria a cui è stata abbandonata l’agricoltura. Come africani ci siamo impegnati; abbiamo terreni abbondanti, alcuni dei quali li stiamo svendendo, e abbiamo un sacco di retorica e di buone politiche sulla carta. Ma con le parole – parole e ancora parole – non si sfamano i poveri! Abbiamo bisogno di azione, di implementare i progetti, di una politica forte, e della volontà di nutrire gli affamati.
Almeno cinque paesi africani stanno facendo passi avanti nel loro modo di governare e nel garantire la sicurezza alimentare delle famiglie: Malawi, Burkina Faso, Mali, Senegal ed Etiopia. Mentre altri, come Mozambico e Zambia, sono anch’essi tra quelli che mostrano segnali positivi. Tuttavia, mi rendo conto che una delle principali sfide derivanti dalla crisi della povertà è l’assenza di governi africani che tengano fede ai loro impegni in materia di sviluppo, in particolare a quelli legati a settori chiave come l’agricoltura. La tendenza che emerge è che, anche se le persone producono sempre più abbondanza di cibo, gran parte di esso viene esportato in altri paesi, mentre la gran parte delle famiglie rimane senza il necessario per sfamarsi.
Ci sono ancora oltre 17 paesi in Africa che spendono meno del 5% del loro bilancio per l’agricoltura. Non c’è nessuna scusa per il fatto che le persone soffrono la fame in mezzo ad abbondanti risorse naturali e umane. In effetti, se e quando un governo nutre con successo la sua popolazione dovrebbe essere considerato come uno degli indicatori chiave di un buon governo. Non possiamo permetterci di lasciare che milioni di persone soffrano la fame ogni giorno. Dov’è l’energia e il senso di urgenza che la comunità della fede aveva durante le campagne del Giubileo contro il debito? Perché non dedicare un altro Giubileo all’obiettivo di porre fine alla povertà?
African Monitor invita i governi africani ad essere più sensibili alle necessità dei poveri, in particolare creando meccanismi o reti di sicurezza che proteggano i poveri e i più vulnerabili dallo sprofondare sempre più nella povertà. Gli impegni che i governi hanno profuso verso l’agricoltura sono lodevoli, ma il loro denaro deve essere investito laddove sono le bocche delle loro popolazioni. I miliardi di dollari ammassati nelle banche svizzere potrebbero essere rimpatriati in Africa per sfamare i milioni di persone che vanno a dormire affamate ogni sera.
Celebrando la Giornata Mondiale dell’Alimentazione e la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Povertà, ribadiamo che il diritto al cibo è un diritto umano fondamentale, e che quindi incombe su tutti noi il dovere di porre fine alla fame ora. E ciò può essere fatto in modo da elevare la dignità dei poveri e salvaguardare il loro futuro e quello delle prossime generazioni.
L’arcivescovo Njongo Ndungane è fondatore e presidente di African Monitor; è stato arcivescovo di Città del Capo dal 1996 al 2007; questo articolo è apparso sul sito All Africa il 15/10/2009

by Njongo Ndungane / 17-10-09 - Medarabnews