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reactores100ANSA/ NUCLEARE: IL 5 MAGGIO GIAPPONE SPEGNERÀ ULTIMO REATTORE
EST S0B QBXB ANSA/ NUCLEARE: IL 5 MAGGIO GIAPPONE SPEGNERÀ ULTIMO REATTORE CRISI FUKUSHIMA E TIMORI SICUREZZA BLOCCANO RIAVVIO IMPIANTI
(di Antonio Fatiguso).
(ANSA) - TOKYO, 25 APR- A poco più di un anno dal disastro di Fukushima, il Giappone si appresta a uscire di fatto dal nucleare a uso civile, anche in assenza di un referendum «all' italiana», come auspicato dal premio Nobel per la Letteratura Kenzaburo Oe: l'ultimo reattore attivo sui 54 totali, il n.3 di Tomari, sarà spento il 5 maggio, «verso le ore 23».

amnesty-internetionalPENA DI MORTE I DATI DELLA CINA “SEGRETO DI STATO”
Il rapporto annuale: 676 condanne accertate nel mondo. La denuncia di Amnesty: impossibile sapere

di Francesco Semprini - 27 marzo 2012

Roma. Decapitazioni, impiccagioni, fucilazioni e iniezioni letali. Sono state almeno 676 le esecuzioni capitali praticate lo scorso anno in tutto il mondo al netto della Cina. Perché, come spiega il rapporto «Death Penalty 2011» di Amnesty International,
 il regime di Pechino considera la «pena di morte» un segreto di Stato e per questo non rende disponibili statistiche ufficiali. Dal dossier emerge un dato «allarmante», le 149 esecuzioni in più rispetto al 2010, (imputabile totalmente a Iran e Arabia Saudita). Ma anche un altro positivo, ovvero la riduzione di un terzo negli ultimi dieci anni delle nazioni che ricorrono alla pena capitale, 20 su 198. Alla fine del 2011 infine erano 18.750 le persone su cui pendeva una condanna a morte. «La grande maggioranza dei Paesi ha preso le distanze dalla pena di morte», avverte Salil Shetty, segretario generale di Amnesty.
 
Diversi i capidi imputazione per cui si viene giustiziati. In Iran si può morire per adulterio e sodomia (ricordiamo il caso di Sakineh), in Pakistan per blasfemia (è in attesa di esecuzione la cristiana Asia Bibi). In Arabia Saudita si muore per stregoneria, mentre in dieci Stati la condanna può essere emessa per reati di droga. Secondo Amnesty nella maggior parte dei Paesi dove è prevista la pena capitale, i procedimenti giudiziari non hanno rispettato gli standard internazionali sui processi equi mentre in alcuni casi, il giudizio si è fondato su confessioni estorte con tortura o altri metodi coercitivi, come in Arabia Saudita, Cina, Corea del Nord, Iran e Iraq.
 
I cittadini stranieri sono stati più colpiti dalla pena di morte in Arabia Saudita, Malesia, Singapore e Thailandia. In Bielorussia e Vietnam invece i condannati non sono neanche stati avvertiti della loro imminente esecuzione.
 
Il dato più inquietante arriva dal Medio Oriente dove c’è stato un aumento del 50% delle esecuzioni rispetto al 2010. In cima alla lista nera c’è l’Iran con almeno 360 persone finite al patibolo, segue l’Arabia Saudita con 82, l’Iraq con 68 e lo Yemen con 41. Queste quattro nazioni da sole contribuiscono al 99% delle condanne a morte praticate tra Medio Oriente e NordAfrica, in tutto 558. I dati più incerti riguardano la Repubblica islamica, dove in realtà le esecuzioni sarebbero il doppio e dove almeno tre persone sono state giustiziate per reati commessi prima della maggiore età in violazione alle leggi internazionali.
 
La Cina rappresenta il buco nero nel rapporto di Amnesty secondo cui migliaia di persone sarebbero state giustiziate nel 2011. Gli Stati Uniti sono la pecora nera in ambito Osce assieme alla Bielorussia unica a praticare la pena di morte in Europa. Negli Usa sono state giustiziate 43 persone, in 13 dei 34 stati dove è ammessa la pena capitale.
 
Il rapporto offre anche spunti positivi. In Cina il governo ha eliminato la pena di morte per 13 reati. Negli Stati Uniti il numero delle esecuzioni e delle nuove condanneamorte (78) è diminuito notevolmente rispetto a 10 anni fa. L’Illinois è diventato il 16esimo stato abolizionista e l’Oregon ha annunciato una moratoria. Tra i paesi di religione islamica, Algeria, Giordania, Kuwait,Libano,Marocco,Sahara occidentale e Qatar limitano molto le esecuzioni, così come alcune realtà dell’Africa subsahariana. «Possiamo notare graduali progressi, piccoli passi ma visibili», spiega Salil Shetty secondo cui «non avverrà certo nel giro di una notte mia un giorno la pena di morte sarà consegnata alla storia».
 
Tratto da: lastampa.it

mineria a cielo abierto100

Argentina, esplode la rabbia della gente contro le concessioni minerarie ai privati
di Emiliano Guanella - 29 marzo 2012
Buenos Aires. C’è una nuova febbre dell’oro e degli altri minerali preziosi sulle montagne innevate della Cordigliera delle Ande, spina dorsale dell’Argentina. Decine di miniere a cielo aperto, molti progetti pronti a partire, avallati dal governo della presidente Cristina Fernandez de Kirchner, nonostante l’opposizione di buona parte dell’opinione pubblica, soprattutto nei centri interessati.

BAMBINA FALLUJA100I NEONATI DI FALLUJA, SOTTOMMESSI AD UN NUOVO TIPO DI ASSEDIO
Dahr Jamail - Alzazeera - 6 gennaio 2012
I medici ed abitanti di Falluja incolpano le armi degli Stati Uniti dei catastrofici livelli di malformazioni congenite nei neonati di Falluja.    
Mentre, da una parte, i militari degli Stati Uniti si sono ritirati formalmente dall'Iraq, dall’altra, i medici ed abitanti di Falluja ritengono le armi all’uranio impoverito e al fosforo bianco, usate durante due devastanti attacchi statunitensi contro Falluja nel 2004, responsabili di ciò che viene descritto come “catastrofici” livelli di difetti e malformazioni alla nascita.    

uebanderaSIPRI: L’UNIONE EUROPEA È IL MAGGIOR ESPORTATORE MONDIALE DI ARMAMENTI

L’Unione Europea nel suo insieme è oggi il principale esportatore mondiale di armamenti. Lo si apprende analizzando con attenzione uno studio dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), uno degli istituti tra i più autorevoli del settore, che ieri ha presentato i dati sui trasferimenti internazionali di armi convenzionali relativi al quinquennio 2006-2010

Nonostante la crisi finanziaria e la successiva recessione globale, nel quinquennio dal 2006 al 2010 il volume medio dei trasferimenti globali di sistemi militari è cresciuto del 24% rispetto al quinquennio precedente. Ed è soprattutto nell’ultimo quinquennio che – se si analizzando attentamente i dati forniti dal SIPRI Arms Transfers Database – i paesi dell’Unione Europea superano ampiamente gli Stati Uniti e la Russia nel commercio mondiale di armamenti.

Va tenuto presente che le cifre riportate dal SIPRI sono molto contenute rispetto a quelle presentate nei rapporti ufficiali internazionali e dei singoli paesi in quanto si riferiscono solo agli armamenti convenzionali e soprattutto ai “grandi sistemi d’arma” (aerei, elicotteri, navi, cannoni, missili, blindati ecc) e non riportano i dati relativi alle cosiddette “piccole armi” ad uso militare e nemmeno quelli delle singole componenti dei sistemi militari. Le cifre, inoltre, cercano di misurare “il trend del volume dei trasferimenti” più che il “valore del commercio internazionale” che nei report annuali dell’istituto di ricerca svedese è segnalato in cifre ampiamente superiori.

Il SIPRI – pur riportando nell’Arms Transfers Database i dati annuali – analizza nel suo studio i valori quinquennali del commercio di armamenti in quando i dati annuali possono variare significativamente a seconda delle diverse commesse. Come mostra la Figura 1 del Factsheet (in .pdf), dal 2001 il trend dei trasferimenti dei principali sistemi di armamento convenzionali è in crescita e nel 2010 si è attestato attorno ai 25 miliardi di dollari: nel 2002, con meno 18 miliardi di dollari, era sceso al minimo storico dal periodo della Guerra Fredda, ma già dall’anno successivo – a seguito dell’effetto 11 settembre – era tornato a crescere fino al 2008 quando segnava un decremento a causa della crisi finanziaria internazionale.

I PRINCIPALI ESPORTATORI MONDIALI

Se nel quinquennio 2006-2010 le esportazioni di sistemi militari degli Stati Uniti si sono attestate (in valori costanti del 1990) attorno ai 37 miliardi di dollari ricoprendo il 30% del totale, e quelle della Russia a poco più di 28 miliardi di dollari (pari al 23%) la somma anche solo delle esportazioni di Germania (13 miliardi), Francia (8,8 miliardi), Regno Unito (4,9 miliardi), Paesi Bassi (4,1 miliardi), Spagna (3,6 miliardi), Italia (2,7 miliardi) e Svezia (2,4 miliardi) supera i 39,6 miliardi di dollari e ricopre più del 32,3% del commercio mondiale di armamenti. Tra i principali esportatori mondiali va collocata anche la Cina che presenta valori in forte crescita e nel quinquennio ha esportato oltre 4 miliardi di armamenti pari al 3,3% del totale.

Tra i maggiori acquirenti di armamenti degli Stati Uniti figurano, nell’ultimo quinquennio la Corea del Sud, l’Australia e gli Emirati Arabi Uniti; quelli della Russia sono invece l’India, la Cina e l’Algeria. Per i tre principali esportatori di armamenti europei, i maggiori acquirenti risultano, per la Germania la Grecia, il Sudafrica e la Turchia; per la Francia, Singapore, gli Emirati Arabi Uniti e ancora la Grecia e per il Regno Unito gli Stati Uniti, gli Emirati Arabi Uniti e la Grecia.

“Vi è una forte concorrenza tra i fornitori per le principali commesse in Asia, Medio Oriente, Nord Africa e America Latina” – spiega Paul Holtom, direttore del settore Arms Transfers del SIPRI. “Il consorzio Eurofighter (composto da Germania, Italia, Spagna e Regno Unito), Francia, Russia, Svezia e Stati Uniti sono in competizione per gli ordini di caccia da combattimento in queste regioni, con gare importanti in Brasile e in India”.

I MAGGIORI IMPORTATORI MONDIALI

E proprio l’India è oggi il principale importatore di sistemi militari. Tra il 2006 e il 2010 New Delhi ha infatti acquisito armamenti per oltre 11 miliardi di dollari pari al 9% del totale mondiale: tra i maggiori fornitori di New Delhi vi sono la Russia (82%), il Regno Unto e Israele (3%). Al secondo posto figura la Cina che con oltre 7,7 miliardi di acquisti ricopre il 6% delle importazioni mondiali: la Russia (84%) è il tradizionale fornitore militare di Pechino, ma negli ultimi anni anche la France (5%) e la Svizzera hanno assunto un certo ruolo.Nel rapporto si sostiene che il sorpasso di New Delhi nei confronti di Pechino è stato favorito sia da rivalità regionali sia da problemi di sicurezza interni.

Sempre tra i maggiori importatori d’armamenti va segnalato che la Corea del Sud, con 7,4 miliardi di dollari di acquisizioni nel quinquennio mantiene il terzo posto. Ma è soprattutto il Pakistan che si sta profilando tra i principali acquirenti di armamenti: in cinque anni le importazioni di Islamabad sono praticamente decuplicate passando dai 275 milioni di dollari del 2006 ai quasi 2,6 miliardi del 2010 e nel quinquennio sommano ad oltre 5,6 miliardi di dollari. Negli ultimi anni anche la Grecia è stata tra i maggiori importatori di armamenti: sebbene il picco sia stato toccato nel 2007 (1,8 miliardi di dollari) Atene nel quinquennio ha realizzato acquisti di sistemi militari per oltre 4,8 miliardi di dollari pari al 4% del totale mondiale.

NORD AFRICA E MEDIO ORIENTE

“Gli stati del Medio Oriente e del Nord Africa sono stati considerati come mercati potenzialmente redditizi per gli esportatori di armi, grazie alle entrate in questi ultimi anni del petrolio e di altre risorse” – affermano i ricercatori del SIPRI nella presentazione dello studio. “Le tensioni interne e tra stati forniscono incentivi alla domanda, nonché motivo di preoccupazione”. Un caso citato è quello di una commessa della Marina militare algerina che sta alimentando la competizione tra aziende francesi, tedesche, inglesi e italiane. Altri ordinativi in esecuzione, per altro, confermano il rafforzamento degli apparati bellici di Marocco e Arabia Saudita.

Diversi i riferimenti alla Libia, dove milioni di persone restano ostaggio del conflitto armato tra le forze del colonnello Muammar Gheddafi e i rivoltosi che controllano le regioni dell’est. “Sebbene dopo la revoca dell’embargo dell’Onu abbia effettuato solo ordini limitati – si legge nel rapporto – in tempi recenti la Libia è stata un esempio eccellente della competizione tra i grandi fornitori di Francia, Italia, Russia e Gran Bretagna per aerei da combattimento, carri armati, sistemi di difesa aerea e di altre armi”.

Come segnalato da un nostro studio per Unimondo, il Rapporto dell’Unione Europea certifica che l’Italia negli ultimi anni è stata il principale rifornitore europeo di armamenti al regime di Gheddafi: oltre alle autorizzazioni per oltre 205 milioni di euro rilasciate nel biennio 2008-9 alle ditte italiane, vanno ricordate le 11mila armi semiautomatiche della Beretta destinate alla Direzione Armamenti della Pubblica Sicurezza del colonnello Gheddafi. Da quanto si è appreso inoltre a seguito di una recente interrogazione parlamentare, nel 2010 l’Italia ha esportato armamenti alla Libia per circa 100 milioni di euro.

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